da Daniele Poto | Mag 30, 2020
Non abbiamo un metro universale di paragone ma questo è il primo e unico libro delle nostre esperienze di lettura risolto tutto in un dialogo. Si apre e si chiude con una domanda insieme ingenua e profonda. “Ma tu sei felice?”. E questo è il cordon rouge attraverso cui si snodano oltre duecento pagine di batti e ribatti di due protagonisti maschili che possiamo immaginare milanesi, borghesi, over 60, ben pensanti, con qualche deriva demenziale per l’ironia che l’autore Baccomo profonde a piene mani nelle loro divagazioni, a tratti da bar sport. Non è un caso che Claudio Bisio e Gigio Alberti, amici inseparabile da un quarantennio rievocando una certa atmosfera del Derby meneghino ne abbiano tratto 25 godibilissime puntate diffuse su youtube. Dunque è più che un audiolibro, è teatro ed è da ammirare la faccia di gomma di Bisio che ribadisce una volta di più il proprio mestiere i cui primi passi sono stati ispirati dall’arte del mimo. Guardatelo soprattutto quando non parla ma commenta le affermazioni dell’amico: una goduria! I due non aspettano Godot ma intessono una dialettica ovvia sugli argomenti più disparati del loro vivere quotidiano anche se il sesso appare una calamita imbarazzante per il loro senso comune. Vincenzo e Saverio (questi sono i loro nomi) sono come tanti, forse un po’ più fatui. Due anti eroi del nostro tempo. E nei giorni del Covid-19 l’operazione passatempo funziona. Il dialogo è perturbante ed innesta climi da commedia dell’assurdo. Beckett e Ionesco sono leggermente rievocati da un senso dell’assenza che è angosciante. Fino a rimbalzare alla fatidica irrisolta domanda finale. La filosofia di Saverio nella risposta iniziale si condensa così: “Se per felice intendi uno che è soddisfatto di sé, di quello che fa, ed è felice, allora no, non sono felice. Ma se per felice intendi uno che è soddisfatto di sé, di quello che fa, anche se non è proprio felice, allora sì, posso dire che sono felice”. Chiaro, no?
data di pubblicazione:30/05/2020
da Antonio Iraci | Mag 26, 2020
Macarena, istigata dal suo capo ed ex amante, commette diversi illeciti fiscali e appropriazione indebita di denaro ai danni dell’azienda in cui lavora. Condannata a sette anni, viene rinchiusa nella prigione di Cruz del Sur, presso Madrid: già al suo ingresso nel penitenziario dovrà affrontare tutta una serie di situazioni che metteranno a rischio la sua stessa incolumità e che la porteranno a cambiare il proprio modo di essere. Ben presto da ragazza ingenua e tranquilla, incapace di fare del male, diventerà spietata e crudele verso le altre detenute così determinate a renderle la vita impossibile.
Tra le serie più riuscite attualmente in programma sulla piattaforma Netflix, Vis a Vis è senza dubbio quella che più di tutte sta riscuotendo un successo strepitoso, forse al di là delle normali aspettative. Ideata da Alex Pina insieme a Ivàn Escobar, Esther Martìnez Lobato e Daniel Ecija, è stata presentata a partire dal 2015 da Antena 3, emittente spagnola, ed ora Netflix la sta proponendo in Italia e si è già classificata tra le più seguite dal proprio pubblico. Come in tutte le serie tv che si rispettino, bisogna armarsi sin dall’inizio della giusta dose di buona volontà per affrontare i quaranta episodi che compongono l’intera opera ma, seppur apparentemente ardua, l’impresa si dimostra al contrario molto piacevole per l’indiscussa bravura degli attori che riescono quasi tutti a tenere in tensione il pubblico televisivo. I personaggi sanno muoversi bene in un ambiente ostile, come quello di un carcere femminile, dove dietro un apparente atteggiamento di permissivismo, si nasconde invece una efferata crudeltà, da cui non sono esenti neanche le figure deputate al mantenimento dell’ordine. Protagoniste indiscusse sono Macarena e Zulema (rispettivamente Maggie Civantos e Najwa Nimri, pluripremiate per la loro interpretazione) che devono lottare per conquistarsi un posto di tutto rispetto nel microcosmo carcerario dove vivono e dove vigono rigide regole. Il loro perenne conflitto non prevede tentennamenti: uno scontro violento per assicurarsi una salvezza e soprattutto il rispetto delle altre recluse. In questa serie la sceneggiatura ha saputo ben imbastire gli intrecci narrativi che coinvolgono i vari personaggi facendoli interagire, tra l’interno e l’esterno delle mura penitenziarie, in un susseguirsi di situazioni degne di thriller.
La buona riuscita di questo lavoro risiede quindi nell’aver saputo raccontare varie storie, a volte contraddittorie a volte al limite della pura finzione, che però nel loro equilibrato ginepraio rendono il tutto facilmente credibile. Alla fine di ogni singolo episodio si rimane con il fiato sospeso e non ci si può sottrarre alla tentazione di passare automaticamente a quello successivo, creando in tal modo una tele-dipendenza dalla quale non risulta facile disintossicarsi. Inevitabile, dopo la conclusione della quarta stagione, l’annuncio di uno spin-off della serie dal titolo Vis a Vis: El Oasis, che vede ancora impegnate le due citate protagoniste, già presentato su FOX (Spagna) lo scorso mese di aprile, e prossimamente nel catalogo Netflix.
Una serie nella serie da cui sarà quasi impossibile esimersi.
data di pubblicazione:26/05/2020
da Rossano Giuppa | Mag 25, 2020
La nona settimana digital del Teatro di Roma, dal 18 al 24 maggio, ha continuato ad arricchire l’offerta del palinsesto di proposte virtuali su tutti i suoi canali social (Facebook, Instagram e YouTube) per condividere nuove forme alternative d’arte e teatro attraverso il web. Da segnalare la prosecuzione dei racconti tratti da Centuria a cura di Massimo Popolizio e l’incontro di Giorgio Barberio Corsetti con la regista brasiliana Christiane Jatahy.
La programmazione settimanale si è arricchita del contributo del Gruppo Acea, che diventa mecenate del Teatro di Roma sostenendo il palinsesto di iniziative virtuali del Teatro di Roma a partire dall’opera digitale Centuria diretta da Massimo Popolizio.
In questa settimana due appuntamenti con gli attori della compagnia di Un nemico del popolo in programma giovedì e domenica alle ore 16. Veramente straordinarie le narrazioni tratte dai brevi racconti dello scrittore Giorgio Manganelli grazie alla costruzione drammaturgica ed all’intensità dei giovani attori. Giovedì è stata la volta di Luca Mascolo, Cosimo Frascella, Maria Laila Fernandez, Gabriele Zecchiarioli, Francesco Santagada, Martin Chishimba, Tommaso Cardarelli, Duilio Paciello, Massimo Popolizio, mentre domenica abbiamo ammirato ed ascoltato Maria Paiato, Francesco Santagada, Luca Mascolo, Maria Laila Fernandez, Martin Chishimba, Flavio Francucci, Gabriele Zecchiarioli, Cosimo Frascella, Michele Nani ed ovviamente Massimo Popolizio.
Tra gli appuntamenti settimanali, martedì alle ore 16 c’è stata la presentazione del libro di Valentina Valentini, Teatro contemporaneo 1989-2019,edito da Carocci Attraverso il suo volume l’autrice cerca di portare in luce le mutazioni e le contraddizioni che attraversano la scena contemporanea teatrale degli ultimi trent’anni, sia a livello artistico che della critica.
Il dialogo diretto avviato da Giorgio Barberio Corsetti con la comunità di artisti nazionali e internazionali lo ha portato sabato alle ore 21 ad incontrare la regista brasiliana Christiane Jatahy, raffinata artista riconosciuta e premiata in tutto il mondo per la sua ricerca su originali forme teatrali e scenografiche, da sempre impegnata nell’esplorazione di nuove frontiere tra realtà e finzione, teatro e cinema.
Le prime informazioni richieste da Barberio Corsetti alla Jatahy riguardano la situazione in Brasile che è catastrofica per l’epidemia e per l’operato aggressivo e militare del governo di Bolsonaro. Ha deciso di rimanere in Brasile con i suoi amici e con la sua famiglia e capire cosa può fare. Basterebbe avere la possibilità di parlare visto che ci sono ragioni economiche per le quali tutto ciò sta accadendo, degli interessi economici molto grandi in Brasile e su l’Amazzonia in particolare. E per il teatro vale la stessa cosa visto che si è fermato tutto perché il governo ritiene gli artisti dei criminali che possono potenzialmente criticare il governo. Non ci sono notizie su una eventuale riapertura ed in questo momento si sopravvive grazie a piccoli aiuti forniti da associazioni o a donazioni. La sua compagnia è residente in Brasile, chiede Barberio Corsetti. Sì e sarà molto difficile trasferirsi e lavorare in Francia con la questione delle frontiere. Si può uscire ora in Brasile? E’ raccomandato di stare in casa, si lavora e non si esce se non per andare al supermercato; tra l’altro non ci sono informazioni concrete e spesso sono contraddittorie. Può succedere di tutto e la gente ha necessità di uscire per lavorare e per questo il numero di contagi cresce in maniera esponenziale, proprio perché non è possibile garantire il distanziamento sociale. Il rischio di contagio poi per la popolazione indigena è altissimo. Sono appesi tra la vita e la morte visto che probabilmente vorrebbero sterminarli per avere libero accesso all’Amazzonia e questo sarebbe una sorta di genocidio, una tragedia per il mondo intero. In un presente sospeso il lavoro è utopistico, pur avendo un’agenda piena; un progetto con il teatro di Ginevra ha una prima fissata per ottobre poi posticipata a gennaio 2021 e pertanto si sviluppa e modifica la sceneggiatura lavorando sulla questione del presente, come Penelope che fa e disfa la tela. Si pensa, si scrive pensando di fare qualcosa di utile; a tal proposito Barberio Corsetti chiede come possa essere integrato il presente nei suoi spettacoli. Il pubblico è parte integrante e tutto dipende da quanto e se il pubblico ci sarà e cosa potrà succedere sul palcoscenico.
Il suo prossimo progetto si ispira al film Dogville di Lars Von Trier con protagonista Giulia un’attrice brasiliana che lascia il Brasile con la speranza di trovare una situazione diversa, in una sorta di conflitto tra realtà e finzione. Ora il mondo intero sta partecipando ad una guerra invisibile e bisogna approfittare di questa situazione per liberare lo spettacolo, la società e il mondo intero dall’idea del consumismo esasperato, dal concetto che tutto sia in vendita, senza cadere nel nazionalismo e nel protezionismo. Come vede il dopo, chiede Barberio Corsetti, tra mascherine e distanza di sicurezza? Questa epidemia col tempo si stabilizzerà e in questo contesto il teatro sarà più necessario che mai, perché teatro vuol dire festa, stare con le persone, l’uno accanto all’altro per vivere insieme l’esperienza. Sarà una bella sfida con dei limiti nel processo creativo che diventano fonte di ispirazione. Il pubblico è parte integrante degli spettacoli, c’è una sorta di cerchio magico tra quanto rappresentato e la partecipazione attiva del pubblico. Tutti i lati del palcoscenico convergono verso lo spettatore. Vorrebbe portare un suo spettacolo a Roma ma ora tornerà sicuramente in Francia, il quando dipende dalle aperture delle frontiere. Sarà difficile, chiede Barberio Corsetti, stare lontano dal Brasile in questo momento così complicato? La regista crede sia molto complicato perché ogni giorno le cose cambiano e non sa cosa succederà, ma si prende la responsabilità di parlare, denunciare, lottare e resistere. Ci sono progetti anche in Brasile ma non si sa se potranno essere portati avanti vista la situazione, si sente un po’ come Il visconte dimezzato di Italo Calvino. In Italia c’è la possibilità di aprire con un pubblico ridotto dal 15 giugno e con un distanziamento all’interno del teatro e si sta studiando possibilità per fare degli spettacoli in estate, poi in autunno non si sa se si resterà così o se sarà meno restrittivo si lavora giorno per giorno ma la situazione. Bisogna ricominciare comunque per dare lavoro a più persone possibil,i attraverso un dialogo attivo tra teatri perché si è un po’ tutti soli in questo momento ed il teatro, seppure con tutte le restrizioni dovute, è luogo della collettività anche se questa collettività non e più così assoluta, è più piccola, ma è pur sempre una collettività.
Radio India è sempre live tutti i giorni, dalle ore 17 alle 20, in diretta streaming su www.spreaker.com, poi in podcast anche su spotify e social del Teatro di Roma. Le cinque compagnie residenti del Teatro India – DOM-, Fabio Condemi, Industria Indipendente, MK, Muta Imago, alle quali per quest’occasione si aggiunge Daria Deflorian – hanno trovato in questo mezzo una modalità per far fluire le proprie pratiche artistiche dai rispettivi paesaggi domestici. Oltre alla programmazione consueta, lunedì c’è stato appuntamento con la rubrica The Performer – dall’insorgenza alla scomparsa dei corpi, uno spazio di riflessione collettivo attorno a corpo e liveness; nell’Extra di martedì Attilio Scarpellini ha presentato Giornale, stralci dal diario mattutino scritti dall’inizio della quarantena fino ad oggi; mentre venerdì Daria Deflorian, in Persone, ha incontrato Martina Badiluzzi.
Il Laboratorio Integrato Piero Gabrielli ha proposto venerdì alle ore 16, un doppio affaccio video su due progetti e processi creativi, che hanno mantenuto coesa e in connessione la comunità dei ragazzi con e senza disabilità, arricchendo anche lo scambio tra insegnanti e teatranti, le occasioni di incontro con le famiglie e le opportunità di lavoro per attori con e senza disabilità. Emozioni e storie, piene di successi, desideri, aspirazioni e delusioni, attraverso le immagini del Monologo degli insiemi, video-documentario dello spettacolo Asimmetrie emotive, che raccoglie la ricchezza di esperienze e testimonianze su temi forti legati alla disabilità; mentre con La storia senza storia, parte dello spettacolo Un cabaret poetico, i versi di Gioacchino Belli, Nicola Cinquetti, Bernard Friot, Alda Merini, Moliere, Er Pinto, Silvia Roncaglia, Sergio Tofano e Trilussa in un interessantissimo cabaret musicale.
Domenica infine alle ore 12 è stata riproposta una delle quattro Conversazioni sulle Rovine, organizzate nel 2016 al Teatro Argentina, in occasione della mostra La forza delle Rovine al Palazzo Altemps, per ripercorrere il significato di “rovine”, sentinelle del passato, luoghi della memoria, macerie del presente e fonte di energia creativa del futuro.
data di pubblicazione:25/05/2020
da Daniele Poto | Mag 23, 2020
Coraggiosa scelta quella di uscire con un libro di poetica quotidiana nei giorni confusi del coronavirus. Supremo sprezzo del pericolo? Ilaria Grasso non ha paura di lanciare il cuore oltre l’ostacolo, come si direbbe con linguaggio vintage perché la voglia di osare è nelle sue precipue corde. Il libro lancia un senso di sfida ai luoghi comuni del mainstream ricollegandosi a quell’importante filone di poesia civile che ha due nomi di riferimento, pur diversi, come Franco Fortini e Nanni Balestrini. Senso delle cose da fare e sguardo più lontano e consapevole rivolto a un’utopia sullo sfondo. Un acuto senso di libertà pervade le pagine. L’ampio numero delle dediche è funzionale ad ancorare alla sua personalissima poetica e alle cornici di riferimento: donne in minoranza, lavoratori indifesi e, appunto, gli indomabili utopisti che si ribellano al tran tran del quieto vivere di una borghesia nazionale più che mai insidiata dalla crisi e dalla obsolescenza valoriale. Il libro è impreziosito dalla prefazione di Aldo Nove ma si potrebbe dire in un senso più generale dall’ampia filiera di riferimento culturale dell’autrice movimentista. Una poesia che non è ferma ma è atto politico, indice di movimentismo, occasione per scuotere radicalmente le coscienze. Un sasso nello stagno e scagliato con consapevole violenza. Scene di vita quotidiana irrituale, lampi di poesia nel buio di esistenze prosaiche. Il libro non ha sinossi di contro copertina perché ambisce a farsi giudicare solo per i suoi contenuti. Ma è anche un testo ironico, privo della serietà politicante, dei complottisti, dei molto diffusi profeti di ventura e di sventura. La Grasso maneggia il verso con padronanza lessicale. Accelera e frena con proprietà e lo stesso montaggio dei contributi poetici obbedisce a una questione di intima e delicata grazia interna. In copertina un rider, potrebbe anche essere quello che si è tolto la vita lanciandosi da un ponte a Firenze, dopo un licenziamento improvviso.
data di pubblicazione:23/05/2020
da Antonella Massaro | Mag 21, 2020
Tampa, Florida, 2018. Un centro di accoglienza e riabilitazione di giovani soldati di ritorno dalla guerra. Una terapista entusiasta del suo lavoro e un capo ossessivo e ossessionato. Una calma e una perfezione pronti a rompersi e ad esplodere al primo segnale di cedimento.
L’Homecoming Transitional Support Centre è una struttura che a Tampa, in Florida, accoglie veterani di guerra, allo scopo di riabilitarli fisicamente e psicologicamente, preparandoli così a un rientro indolore nella normalità della vita civile.
Il percorso terapeutico è diretto e monitorato da Heidi Bergman (Julia Roberts), i cui slanci entusiastici nella “missione” della quale si sente investita sono spesso frenati da Colin Belfast (Bobby Cannavale), un capo oppressivo, che comunica solo telefonicamente e che pare orientato da scopi non propriamente altruistici.
L’edificio che ospita il centro è all’apparenza impeccabile: le geometrie simmetriche degli ambienti (e delle inquadrature) e gli arredi “moderni, ma virili” restituiscono l’impressione di una perfezione esteriore che, come tutti gli ordini troppo esibiti, nasconde meccanismi non del tutto trasparenti. Proprio come avviene nell’acquario di pesci rossi che compare nella prima inquadratura del primo episodio: niente è come sembra o, forse, tutto è come vogliono farci sembrare.
Un reduce in particolare, Walter Cruz (Stephan James), emerge dal resto del gruppo: sembra reagire bene al trattamento e, soprattutto, instaura un rapporto di complice fiducia con Heidi Bergman. Proprio il percorso intrapreso insieme da Walter e Heidi porterà alla rottura di uno degli ingranaggi su cui si regge il meccanismo di Homecoming, innescando una catena di progressivi disvelamenti che, anche grazie all’apporto decisivo di Thomas Carrasco (Shea Whigham), “antieroe” impiegato del Dipartimento della Difesa, accompagnano lo spettatore lungo il crescendo adrenalinico che scandisce le tappe della storia.
Le cadenze di Homecoming sono quelle del thriller psicologico fondato su una trama forse non proprio originale, ma sorretto da una messa in scena certamente di prim’ordine. La regia è di Sam Esmail (Mr. Robot), la sceneggiatura è firmata da Eli Horowitz e Micah Bloomberg (autori dell’omonimo podcast da cui è tratta la serie), mentre al centro del palcoscenico campeggia Julia Roberts, che assume anche il ruolo di produttrice esecutiva. Si trattava del debutto di Julia Roberts sul piccolo schermo e la scommessa può certamente considerarsi vinta: in molte scene torna a brillare quella luce che, ormai da qualche tempo, risulta leggermente appannata nei suoi lavori cinematografici.
La durata degli episodi è contenuta, attestandosi su una media di 30 minuti. Ogni episodio dei dieci che compongono la prima serie è armonicamente e solidamente legato agli altri, con un tempo della narrazione che, alternando il passato e il presente, contribuisce a consolidare il pathos del racconto.
A partire dal 22 maggio 2020 sarà distribuita su Amazon prime Video la seconda serie che, speriamo, sia all’altezza della prima.
data di pubblicazione: 20/05/2020
da Rossano Giuppa | Mag 17, 2020
La settimana digital del Teatro di Roma, dal 12 al 17 maggio, ha continuato ad arricchire l’offerta del palinsesto di proposte virtuali su tutti i suoi canali social (Facebook, Instagram e YouTube) per condividere nuove forme alternative d’arte e teatro attraverso il web. Da segnalare gli incontri di Giorgio Barberio Corsetti con Massimo Popolizio e con Stéfan Braunschweig.
Tra le novità di questa settimana va segnalato il lavoro di Massimo Popolizio che ha raccontato il labirinto folgorante di Centuria, l’opera più ingegnosa di Giorgio Manganelli, portando in voce trenta dei Cento piccoli romanzi fiume, che compongono la raccolta di queste pagine stranianti e sortileghe. Una vera e propria produzione digitale del Teatro di Roma, affidata alle letture del gruppo di 13 attori della compagnia di Un nemico del popolo, per una galleria di 6 puntate da 5 centurie ciascuna, a partire da giovedì 14 maggio alle ore 16 su #TdRonline. Una raccolta di microstorie fantastiche e narrazioni enigmatiche – tutte rigorosamente della lunghezza di una pagina – per comporre non una trama ma un ritmo oscillante di narrazioni. Capeggiati da Massimo Popolizio e Maria Paiato, il gruppo di attori (Tommaso Cardarelli, Martin Chishimba, Francesca Ciocchetti, Maria Laila Fernandez, Flavio Francucci, Cosimo Frascella, Luca Mascolo, Michele Nani, Duilio Paciello, Francesco Santagada, Gabriele Zecchiaroli) racconterà progressivamente un surreale bestiario di personaggi che affollano la raccolta, a più voci e in sequenza sparsa, per riscoprire un piccolo capolavoro della letteratura italiana, pubblicato nel 1979 da Rizzoli.
Martedì 12 maggio alle ore 16 in occasione della Giornata internazionale dell’Infermiere, il Teatro di Roma ha portato sul web le storie vere di chi si prende cura di noi in momenti e condizioni di fragilità, con L’arte di curare e di raccontare, una raccolta di vissuti, esperienze, competenze e testimonianze di uomini e donne esposti in prima linea in questi giorni di emergenza. Tre racconti di professionisti, sempre al fianco di pazienti e cittadini, che fanno parte di alcune storie raccolte a novembre, prima dell’epidemia, e che insieme a quelle del Covid-19 diventeranno presto un testo teatrale.
Giorgio Barberio Corsetti ha continuato a tenere aperto il dialogo diretto con artisti italiani e internazionali, incontrati virtualmente per rinnovare la conversazione sul teatro e immaginare il teatro che verrà. Questa settimana si è registrato un doppio appuntamento con due grandi protagonisti della regia contemporanea: mercoledì 13 alle ore 19 l’incontro con Massimo Popolizio, maestro di sapienza e inventiva scenica, dallo sguardo rivolto alla tradizione del nuovo, su cui si rinnova la continuità produttiva del TdR, da Furore di Steinbeck ai versi affilati di Belli, fino a Un nemico del popolo di Ibsen (premiato con un doppio Ubu al miglior spettacolo e alla migliore attrice Maria Paiato), per finire con Ragazzi di vita (tre Premi Ubu alla regia).
Periodo da considerare agli arresti domiciliari, in cui il tempo è cambiato per l’atmosfera per quanto successo intorno, in cui Popolizio ha letto molti copioni. Era in tournee a Torino e doveva andare a Piacenza, poi il lockdown, con una strana e non piacevole quotidianità da affrontare. In tale periodo si è mantenuto un rapporto attivo con gli attori e con tutti i lavoratori delle compagnie. Manca la cassa integrazione per tali lavoratori, ma è molto difficile dare una pioggia di soldi a tutti, il covid ha fatto una radiografia a tutto ciò che non funziona.
Il progetto Centuria promosso dal teatro di Roma è certamente un’idea molto forte ed anche innovativa per lo streaming, con attori fantasmi per 30 racconti di 3minuti e mezzo l’uno, secondo una struttura pensata proprio per lo streaming. Il dopo per Popolizio a metà tra regista e attore, è in realtà ancora con il coronavirus, in quanto non basta il rispetto della distanza, ma occorre un’invenzione creativa per rendere alcuni testi credibili, una drammaturgia ad hoc tra tamponi e certificati settimanali. Abbiamo il dovere di inventarci qualcosa per attrarre, ci sarà un’ondata di chi vuole essere presente, ma il problema sarà rappresentare uno spettacolo che non può essere amputato. Bisognerà provare con la mascherina che diventa una maschera. Popolizio sta pensando ad un’idea di spettacolo, un albergo a due piani con quattro stanze ad un piano e quattro ad un altro. Una storia possibile fatta di stanze e di intimità, otto stanze ed otto storie, uno scrittore, una coppia di assassini, una donna ricca con abiti griffati che ha subito un lutto. Dopo questa frenata vistosa, qualcosa sarà cambiato nel modo di vivere e di essere consumatori; sicuramente una diversa consapevolezza, non tutti pagheranno le tasse o leggeranno, la percezione del dolore sarà diversa, anche se non sarà visto come distruzione totale. Il dopo varierà alcune cose ma non cambierà la realtà. La gentilezza è sicuramente aumentata, una piccola cosa commuovente, che aiuta a vivere meglio. E’ sintomo di un desiderio di stare insieme, un sintomo di fragilità. C’è sicuramente necessità di teatro, ma bisogna togliersi dalla retorica, ci sarà bisogno di teatro sano, non di un museo di cultura, un porto dove approdare e il virus deve portare una spinta a fare.
Sabato 16 alle ore 21 ancora un incontro di Giorgio Barberio Corsetti con il regista francese e direttore dell’Odéon di Parigi, Stéphane Braunschweig, autore di numerose messinscene sia per il teatro che per la lirica, che affianca all’appassionata ricognizione dalla letteratura, eguale slancio per il teatro musicale.
La situazione è molto complicata per i direttori di teatro anche se all’esterno ci sono situazioni più drammatiche per le persone che hanno avuto lutti e per interi settori dell’economia. All’inizio era piuttosto felice di stare a casa per leggere e pensare a progetti, mentre ora il tempo è fagocitato dalle riunioni online. C’era un progetto di regia a Stoccolma per il Festival Ingmar Bergman per una versione teatrale del film Un mondo di marionette; il testo era contestualizzato ad oggi, ma purtroppo è stato accantonato. La situazione di crisi è comune a tutti i teatri d’Europa, con l’annullamento di tutti gli spettacoli. Sarà difficile fare teatro in queste condizioni a cui si aggiunge la questione prettamente finanziaria per la copertura dei costi; forse non si potrà andare in scena ma è importante continuare con le produzioni e le coproduzioni: l’attività artistica deve continuare in qualche modo anche con le sovvenzioni riflettendo sulle condizioni sanitarie in cui lavorare.
Cosa fare se vogliamo riaprire, chiede Barberio Corsetti. Con pubblico ridotto, in uno spazio enorme occorrono formule ambiziose e non una soluzione di ripiego; attori e pubblico in mascherina, tutti distanziati ma con un messaggio positivo ovvero stare tutti sulla stessa barca e nella stessa crisi. Nel rispetto delle norme di protezione si pensa ad un progetto in cui ci siano più attori, che preveda la sostituzione se qualcuno si ammala, una sorta di cast doppio con ruoli modificabili con condivisioni di ruoli e responsabilità compreso anche il compenso. Si può in autunno pensare e lavorare per far sì che il teatro diventi anche una sorta di fabbrica di rappresentazioni, anche se molto dipende se la gente verrà o meno, c’è tanta voglia di uscire e di fare le cose commenta Barberio Corsetti. La forza del teatro è stupefacente, continua Braunschweig; lo spettacolo La scuola delle mogli messo online da circa un anno ha avuto nelle ultime sei settimane un incremento rilevante di nuovi spettatori.
Dopo il virus si dice che tutto cambierà, prosegue Barberio Corsetti, ci saranno delle cose a cui bisognerà rinunciare e cambiare lo stile di vita anche in ambito artistico. Da persona pragmatica e realistica Braunschweig crede che la crisi causata dal virus arrivi in un momento particolare di presa di coscienza generale circa la crisi climatica. Per vivere in un mondo globalizzato dobbiamo agire sul clima. Bisogna migliorare i comportamenti degli artisti che viaggiano, bisogna pensare anche a questo, nel nord Europa esistono dei protocolli rigidi, delle prassi importanti in tal senso. Il teatro europeo ha una parte della programmazione internazionale con grosse problematiche per i prossimi mesi legate agli spostamenti, a possibili ulteriori ondate di contagi, il problema delle frontiere, ma è importante in questo momento riaffermare una solidarietà culturale tra artisti, una collaborazione dai teatri d’Europa per parlarsi, riflettere e reinventare tutti insieme.
Radio India ha continuato a trasmettere live, tutti i giorni dalle ore 17 alle 20, e in diretta streaming su www.spreaker.com, poi in podcast anche su spotify e social del Teatro di Roma. Tra le novità della settimana la rubrica The Performer – dall’insorgenza alla scomparsa dei corpi, in onda lunedì, con i contributi di Ilaria Benini e Chiara Bersani; oltre alla programmazione consueta, le strisce quotidiane accolgono altri ospiti d’eccezione: Asia Argento, mercoledì, nella rubrica Disco, ci ha guidato nell’ascolto di Wild is the Wind di Nina Simone; mentre Daria Deflorian in Persone, venerdì, ha intervistato Andrea Pizzalis.
Da ricordare infine l’appuntamento domenicale con Luce sull’Archeologia alle ore 12 sul tema La conquista del Lazio, tra storia, mito e religione.
data di pubblicazione:17/05/2020
da Daniele Poto | Mag 17, 2020
Dalle note editoriali sembrerebbe un libro stampato per la prima volta in Italia e dunque inedito dall’originaria pubblicazione americana del 1942, in piena guerra mondiale. In realtà c’è stato un lancio con Fanucci, avveduto primo scopritore dell’autore di Getaway. Ora una riedizione globale a cura di un editore strapotente sul mercato. Ma non è un Thompson in gran forma. La narrazione appare a tratti sfilacciata ed incongruente anche se la potenza d’impatto del plot è sempre in agguato, vivida e pronta a risvegliarsi. Un Thompson che sembra afflitto dal bisogno economico nel pubblicare una storia che avrebbe meritato ben altra asciugatura e taglio. Comunque per metafora c’è il climax di una società americana avanzante ma pure pregna di dubbi con la deriva incombente di conflitti sociali, di una difficile quadratura familiare e varie tentazioni di fuga psicotica. Se è vero che un popolo di nevrotici è sempre sul punto di crollare e di sconfinare nella follia qui la deriva borderline è una continua minaccia alle pieghe della narrazione. Si può pensare a John Fante, alla difficoltà di sbarcare il lunario. Un noir a tratti violento che non sottintende un colpevole se non chi ha contribuito a disegnare questo tipo di relazioni, cioè alla fine lo Stato più potente del mondo. La suspense tende angosciosamente a tenere continuamente in ansia un lettore sospeso in un clima di incertezza del futuro, un po’ come tutti i protagonisti di questo variopinto bozzetto d’America. Thompson si conferma scrittore pieno di tensioni, dai risvolti inquietanti. L’insoddisfazione è la costante del protagonista e riverbera un senso di distruzione sul sogno americano. Vuoto e inconsistente perché poggiato su valori fragili e minimali (il denaro, il successo, l’affermazione sociale?). Tensioni che lo portano sempre sull’orlo della improvvisa esplosione con conseguente vendetta. L’uomo comune che esce dalla cronaca minimale ed entra nella cronaca nera. E c’è molto Jim Thompson e tanti dei patemi di scrittore. Affermazioni e riconoscimenti sofferti, in una carriera piena di alti e bassi. Ricompensata solo dall’acquisto dei diritti filmici su alcuni suoi romanzi più riusciti.
data di pubblicazione:17/05/2020
da Giovanni M. Ripoli | Mag 15, 2020
Nella City del 2011, Massimo Ruggero è l’emergente della finanza: lavora per la NYLB di Londra, il cui CEO ,Dominic Morgan è considerato il drago planetario degli Hedge fund, in grado , per la sua spregiudicatezza nell’alta finanza di sconvolgere persino i destini di alcuni paesi. Fra finzione e realtà, nell’arco di 10 episodi, i diavoli della finanza si affrontano senza respiro…
L’inizio è dei migliori, il Ceo, Dominic Morgan (un viscido, ma fascinoso, Patrick Dempsey) spiega ai propri dipendenti l’essenza della finanza, ricorrendo a una storiella raccontata dallo scrittore David Foster Wallace nel suo discorso ai laureandi del Kenyon Collage. La metafora è che la finanza è invisibile e inodore come l’acqua per i pesci, ma le sue conseguenze possono condizionare ogni momento delle nostre esistenze. La fiction, deriva da un libro di successo di Guido Maria Brera, dal titolo I Diavoli, uno che ha conosciuto di persona le dinamiche “dell’ambientino”. Pur in una confezione eccessivamente patinata, tipica delle produzioni, ad alto budget, vengono mostrati gli inganni della finanza, ora con espliciti riferimenti alle reali crisi economiche di quegli anni, ora con avventure decisamente più romanzate, tra il thriller e la spy story. Al grande pubblico e alle gentili signore lo spettacolo è piaciuto: i due protagonisti maschili, Dempsey (il cattivo Morgan) e il nostro Alessandro Borghi (il meno cattivo, ma ombroso Massimo Ruggero) si sono divisi equamente il gradimento del gentil sesso. Le figure femminili, sono state affidate alla sofferente Signora Morgan, (una smunta Kasia Smutniak, da massimo due espressioni) e a Eleonor Burg (la longilinea Pia Mecher), fidata collaboratrice di Ruggero. La dolce anarchica, Sofia Flores, è interpretata da una spontanea, Laia Costa in un ruolo significativo di vera co-protagonista. La storia che non racconto, ma che sintetizzo, ricca di tradimenti, omicidi, pentimenti and so on, si muove al tempo della terribile crisi dell’Euro che coinvolse i così detti “paesi Piigs”, ovvero Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna, e che costò sangue, sudore e lacrime a tanta gente. A gestire le dieci puntate, in verità, un po’ discontinue tra loro, due registi, Nick Hurran e Jan Maria Michelini. Come accennavo, la produzione non si è fatta mancare niente: scene credibili, per lo più, londinesi, ma non manca la piacevole parentesi di Cetara, monitor giganti, fuoriserie, ragazze da urlo; tutto in linea con altri prodotti similari (stile,1992,1994). Certo, vedere i filmati dei disordini seguiti al fallimento dei Tango Bond argentini, o quelli della Grecia, “massacrata” dalla Troika o, l’attacco speculativo all’Italia, con l’aria che tira, qualche perplessità la suscitano.
In definitiva una fiction popolare su splendori e miserie morali della losca finanza.
data di pubblicazione:15/05/2020
da Daniele Poto | Mag 12, 2020
Un testo di 107 anni fa può apparire singolarmente profetico sullo stato di conservazione e gestione di una capitale a cui il tempo non ha offerto miglioramenti rispetto alla visione d’antan di questo noto polemista. Trattasi di pamphlet nella forma delle provocatorie stroncature di uno scrittore sulfureo, in questo caso prefato dal più pacato Raffaele La Capria. L’aspetto anche editoriale più divertente del libro è che il puntuale report del discorso pronunciato nel 1913 al Teatro Costanzi di Roma (oggi Teatro Argentina) fu subissato di fischi e costellato di interruzioni. E tutti gli improperi degli astanti sono fedelmente riportati, mostrando anche il coraggio dell’oratore che sfida la platea con accenti sanguigni e una implicita forte derisione del valore della capitale. Verrebbe di riesumare l’antico detto: “Capitale corrotta, nazione infetta”, slogan figlio della cultura de Il Mondo. Qui siamo alla vigilia della partecipazione alla prima guerra mondiale e il Paese è in subbuglio, assolutamente non pronto per un evento del genere. Persino Mussolini era a quel tempo un “non interventista”. Papini vuole sinceramente far arrabbiare l’uditorio con un discorso – invettiva che ha il precipuo scopo di scatenare la polemica. Papini interpreta e giudica una Roma decadente e passatista, sentina di vizi e malvagità. Allo sfogo pubblico è abbinata un’intemerata su Benedetto Croce, giudicato troppo condizionante per la cultura dell’epoca nei tanti (troppi?) ruoli giocati: storico, filosofo, letterato, opinionista ante litteram. Come si legge Papini vuole togliersi di dosso sagome ingombranti: rispettivamente la città più rappresentativa del Paese e l’ideologo che sta formando una generazione. Definisce Roma “brigantesca e saccheggiatrice”, la descrive come una città povera d’ingegno e di capacità artistiche chiedendosi in effetti quale pittore e/o scultore di pregio abbia mai avuto la città eterna. Papini è un dinamitardo e le sue accuse non sparano a salve. Riveduti e corretti (traffico, decoro, corruzione, degenerazione della burocrazia) i problemi della capitale non sembrano poi enormemente cambiati.
data di pubblicazione:12/05/2020
da Rossano Giuppa | Mag 11, 2020
Prende il via TIC ON LINE, un progetto di iniziative digitali condiviso dai Teatri in Comune –Teatro Biblioteca Quarticciolo, Teatro Tor Bella Monaca, Teatro Lido di Ostia e Teatro Villa Pamphilj, coordinato dal Teatro di Roma e promosso da Roma Capitale – Assessorato alla Crescita Culturale. La programmazione on line dei TiC, ha come obiettivo il consolidamento di percorsi di inclusione sociale e culturale che puntano alla sperimentazione di nuovi linguaggi artistici per immaginare un futuro insieme alle comunità di riferimento. Letture, interviste, musica dal vivo, progetti inediti per il web, interventi teatrali, tutorial, video, attività per piccoli e ragazzi, e tanti appuntamenti live compongono questo cartellone di proposte virtuali, tutti fruibili attraverso i canali social dei quattro Teatri (Facebook, Instagram e siti web), e inseriti nella programmazione digital #TdROnline del Teatro di Roma, aderendo alla campagna #iorestoacasa e al programma #laculturaincasa di Roma Capitale – Assessorato alla Crescita culturale.
TEATRO BIBLIOTECA QUARTICCIOLO: TBQVOICES
TBQvoices, online dal 5 maggio 2020, nasce da un’idea di Valentina Valentini come trimestrale del Teatro Biblioteca Quarticciolo e prevede due edizioni, sul web – in italiano e in inglese – e stampato su carta, solo in italiano. Si tratta di un dispositivo di comunicazione capace di creare spazi di immaginazione e relazione, non riempitivi dello “stare in casa” del fruitore, né compensativi di altre esperienze, ma pensati ad hoc per il web. Resta centrale la vocazione del TBQ alla creazione di comunità, all’ascolto del territorio che lo ospita accanto all’attenzione per i linguaggi del contemporaneo. In questo senso il palinsesto TBQvoices coniuga formati sperimentali e pluridisciplinari. Gli appuntamenti, con programmazione settimanale, prevedono rubriche di teatro; documentari; progetti storici di videodanza accanto a produzioni recenti, nate e concepite per il digitale, accompagnate da approfondimenti critici; una rassegna sui video d’autore dedicati ad artisti video commentati da studiosi (tre a Bill Viola, due a Giacomo Verde, uno a Studio Azzurro e uno a Mario Martone); TBQlab, progetto di ricerca e sperimentazione di creazioni rivolto a giovani artisti; una rassegna letteraria che apre lo sguardo a romanzi sulle periferie delle città in dialogo con gli autori; Vocali in orbita, Voci in podcast di una scuola a distanza a cura di Luca Lotano, un progetto radio che mette in connessione diverse realtà di accoglienza nel Lazio realizzato tramite gli smartphone per tenere viva la lingua italiana dei rifugiati e richiedenti asilo. Particolare cura è riservata alla programmazione di Teatro ragazzi che nasce da testimonianze, desideri e suggerimenti degli insegnanti e dei genitori del Municipio V: video didattici sugli spettacoli delle ultime stagioni del TBQ, con interventi di studiosi di Teatro Ragazzi e interviste al cast; La scatola dei ricordi, una sorta di “scatola virtuale” che bimbi e ragazzi delle scuole possano riempire di “pensieri e desideri”; Tutti in carrozza! Storie e filastrocche per viaggiare con la fantasia, per raccontare la magia delle storie e della poesia per i più piccoli; Letture teatrali in lingua inglese a sostegno della didattica a distanza. Direzione artistica Giorgio Andriani, Antonino Pirillo e Valentina Marini _ Coordinamento scientifico Valentina Valentini
TEATRO TOR BELLA MONACA
Il Teatro Tor Bella Monaca presenta il Diario di un non intubabile di Alessandro Benvenuti che dal primo giorno del lockdown ha iniziato a scrivere, con la sua abituale ironia le sue riflessioni sulla forzata “quarantena” a causa del coronavirus. “All’inizio dell’emergenza che ha travolto le nostre vite – spiega Alessandro Benvenuti, Direttore artistico del Teatro Tor Bella Monaca – ho pensato ad un modo di comunicare affettuoso con i frequentatori del mio fan club su facebook e con tutti coloro che, da nord a sud, mi vengono a trovare in teatro per dirgli che l’uomo resiste, che continua a pensare e non si fa abbattere dalle avversità. Un modo assai radicale per dire ‘Largo ai giovani’. Il Diario di un non intubabile sarà trasmesso tutte le domeniche alle 18 in diretta sulla pagina Facebook del Teatro e sugli account instragram e twitter; i video saranno disponibili, successivamente, sul sito e sul canale youtube. Tanti i progetti in cantiere al Teatro Tor Bella Monaca alla luce del rinnovo triennale dell’affidamento che, adesso, hanno subito uno stop forzato a causa dell’emergenza. Ormai il Tor Bella Monaca è considerato sempre più un punto di riferimento, uno spazio attrattore. Molte compagnie giovani si rivolgono a tale teatro con nuove proposte, grazie anche alla possibilità di avere un accesso molto celere. Direttore artistico Alessandro Benvenuti _ Direttore del teatro Filippo D’Alessio
TEATRO DEL LIDO DI OSTIA. UN PONTE PER I TUOI SOGNI
Dal 6 marzo 2020, anche il Teatro del Lido ha dovuto chiudere i propri cancelli al pubblico, agli artisti, ai tecnici, agli operatori, privando temporaneamente il territorio di un punto di riferimento socio-culturale importantissimo. Successivamente alla chiusura e al generale momento di smarrimento, è iniziata ad avanzare la necessità di proporre delle attività che potessero rendere reale, anche in questa particolare situazione, lo slogan scelto per la stagione 2020: Un ponte per i tuoi sogni. Sono stati immaginati una serie di eventi digitali che possano servire ‘da ponte’. Un raccordo che porti tutti verso un sogno più grande: rianimare la sala di via delle Sirene, nella convinzione che il teatro trovi la sua ragione più profonda nell’essere luogo fisico di ritrovo e condivisione per la comunità. Il web e i suoi strumenti saranno i ponti ‘informatici’ per colmare le attuali distanze tra il teatro e il suo pubblico e assieme per rimanere al fianco delle compagnie e degli artisti, che il Teatro del Lido avrebbe dovuto accogliere e che hanno visto svanire i propri impegni e con essi le proprie risorse economiche. Non lasciare indietro nessuno è il principio guida, per evitare il rischio che la spina dorsale dell’arte performativa si spenga, perché tornare indietro sarebbe molto difficile. Il programma e il calendario degli eventi non sono ancora definiti nel dettaglio, è possibile però anticipare tra le varie attività online: laboratori destinati all’infanzia e all’adolescenza; incontri con le associazioni del territorio, tavoli partecipati 2.0 attraverso la condivisione di esperienze, riflessioni e idee per affrontare insieme le nuove sfide all’orizzonte; mostre virtuali, che permettano di esplorare gli spazi espositivi del teatro con l’ausilio delle tecnologie digitali; appuntamenti legati al cinema, per riproporre via web il seguitissimo appuntamento con il cineforum a cura di Donato Di Stasi, organizzato dall’Associazione L’Occhio Estraneo; didattica a distanza per adulti/e, proseguendo online i cicli formativi iniziati negli spazi del teatro; una rassegna di pillole teatrali, con interviste veicolate attraverso dirette radio o podcast, realizzate in collaborazione con una webradio del territorio nata proprio a ridosso di questo periodo di emergenza.
TEATRO VILLA PAMPHILJ “TVP ONLINE PRIMAVERA 2020” #TVPonline
Prosegue la programmazione di Teatro Villa Pamphilj per i prossimi tre anni, e questa è una bellissima notizia. Il pensiero artistico per il triennio 2020-2022 di programmazione è Prendersi Cura: delle parole, del linguaggio, del pensiero. Ma anche delle persone, dei luoghi, dell’ambiente. E dei diritti, della Costituzione, della bellezza. Prendersi cura del Teatro, del pubblico, perché il Teatro è uno strumento fortissimo e irrinunciabile di conoscenza, aggregazione, coesione e poesia. E’ statoideato un programma settimanale on line (sui nostri canali social) di Teatro, Musica, Poesia, Arte varia, per tutte le età. Per i più piccoli due appuntamenti, il martedì alle ore 18 (dal 12 maggio) con A ME GLI OCCHI (E LE ORECCHIE) Favole e storie tra parole e immagini e SING-A-LONG, inglese e musica per piccolissimi, un progetto rivolto alla fascia 0-48 mesi e ai genitori con Diego di Vella e Livia Adinolfi. Due gli appuntamenti settimanali anche per la drammaturgia contemporanea, con le CONVERSAZIONI DI SCENA a cura di Giancarlo Sammartano e lL PALCOSCENICO DELLA LEGALITA’ – storie 2.0 un racconto in pillole dello spettacolo Dieci storie proprio così – Terzo Atto per non abbassare la guardia sulle atrocità compiute dalla criminalità organizzata e per non dimenticare le tantissime storie di riscatto (con Emanuela Giordano e CO2). Per la musica, il giovedì alle 18.30 con DIALOGHI MEDITERRANEI, incontri a distanza tra Stefano Saletti e gli artisti del Festival Popolare Italiano: Lucilla Galeazzi, Riccardo Tesi, Gabriele Coen, Gabriella Aiello, Jamal Ouassini e Luigi Cinque. La rassegna si concluderà il 4 giugno con l’intervista di Francesco Saverio Galtieri, Direttore della SPM Donna Olimpia a Stefano Saletti. Francesco Galtieri dialogherà inoltre sul metodo e la bellezza della musica (sotto tutti i punti di vista e a tutte le età) anche attraverso le Conversazioni Musicali (date da definirsi). Il venerdì alle ore 15, #JAZZHOME Il jazz non sarà messo in quarantena, il diario di un musicista jazz nei giorni di isolamento in Italia a cura della batterista Cecilia Sanchietti, in collaborazione Istituto Italiano di Cultura di Stoccolma. Per la didattica musicale, dal 15 maggio, ogni venerdì alle 18 “DIDATTICA, che spettacolo!” un ciclo di incontri sul metodo “Musica in Culla” per la prima infanzia, con Paola Anselmi e Beth Bolton, in collaborazione con il Festival di Amalfi. Ogni domenica alle ore 12, verrà pubblicata LA VIGNETTA di Fabio Magnasciutti: una vignetta dedicata all’arte, alla cultura, in questo periodo sospeso, per riflettere e sorridere con profonda leggerezza realizzata da uno dei più apprezzati disegnatori contemporanei.
data di pubblicazione:11/05/2020
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