FINCHÈ NOTTE NON CI SEPARI di Riccardo Antonaroli, 2024

FINCHÈ NOTTE NON CI SEPARI di Riccardo Antonaroli, 2024

Presentato in anteprima durante l’ultima edizione del Taormina Film Fest, il secondo lungometraggio di Riccardo Antonaroli ha come protagonisti Pilar Fogliati e Filippo Scicchitano nei ruoli di Eleonora e Valerio, coppia di novelli sposi alle prese con una prima notte di nozze un po’ anomala ed alquanto scoppiettante…

Finita la festa, gli sposi si incamminano verso la loro “Love Suite” sita all’ultimo piano di un lussuoso albergo di Roma. La suite è stata offerta da Ester e Michele, gli invadenti e protettivi genitori di Valerio, scettici da sempre su questa unione già così carica di presagi negativi. Nei corridoi gli sposi si imbattono in un singolare cameriere le cui fattezze ricordano più quelle di un fantasma che di un personaggio reale. Senza essere interpellato, l’uomo (che “apparirà” più di una volta durante questa lunga notte appena iniziata) ricorderà a chiunque lo incontri i nomi dei personaggi illustri che hanno soggiornato nella “suite dell’amore”. Ma l’idea della sposa di aprire “prima” qualche regalo, darà a questa notte una valenza completamente diversa da quella che, canonicamente, avrebbe dovuto avere. Inizierà subito un battibecco tra i due sposi che diventerà lite quando Eleonora in una busta-regalo destinata allo sposo troverà un assegno bancario e un anello con su inciso ”monamour”… E così quella che doveva essere una romantica notte d’amore si trasformerà in una angosciante odissea metropolitana, fatta di incontri sbagliati, dubbi, paure, fughe e sogni infranti.

Il film è un remake di Honeymood, una commedia israeliana del 2020 presentata solo tre anni fa proprio al Taormina Film Fest. Nonostante il film pecchi decisamente di originalità vista la così stretta vicinanza in termini temporali con “l’originale”, può fortunatamente fare affidamento su di un cast d’attori che non delude, ad iniziare dalla affiatata coppia Fogliati-Scicchitano. Lei aspirante osteopata con il sogno infranto di diventare stilista. Lui, figlio di un rabbino, appassionato di libri gialli con il sogno nel cassetto di potere un giorno scriverne uno, preferisce fare l’agente immobiliare invece di lavorare nel negozio di famiglia. Ci sono poi un singolare tassista, molto minaccioso, molto romano ma molto poco romanista, interpretato da Francesco Pannofino e Armando de Razza, il cameriere-fantasma che con le sue improvvise incursioni sulla scena riesce a strappare più di un sorriso. Ma la coppia d’assi è rappresentata da Lucia Ocone e Giorgio Tirabassi, che incarnano Ester e Michele, i genitori invadenti e soffocanti di Valerio, entrambi molto nella parte, con una vena comica da navigati attori.

Premesso che di temi come la fuga o i pentimenti prima, durante e dopo le nozze, è piena la cinematografia mondiale e che il film non è di quelli che lasciano il segno, qualche battuta carina c’è (“…non basta essere ebrei per fare battute, bisogna essere Woody Allen…”) e luscita nelle sale il 28 di agosto agevolerà sicuramente la pellicola che verrà vista come una continuazione, in termini di spensieratezza, delle vacanze prima della ripresa autunnale. Al pubblico l’ardua sentenza.

data di pubblicazione:27/08/2024


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LA VITA ACCANTO di Marco Tullio Giordana, 2024

LA VITA ACCANTO di Marco Tullio Giordana, 2024

Tratto dal romanzo omonimo di Mariapia Veladiano, il film di Marco Tullio Giordana racconta la storia di una famiglia dell’alta borghesia vicentina negli ultimi decenni del Novecento. Da Maria e Osvaldo nasce Rebecca, la figlia tanto desiderata. L’elemento perturbante e inatteso: la bambina ha una vistosa macchia rossa su un lato del viso. Colta da una forte depressione, la madre la respinge, chiudendosi in se stessa sino al tragico epilogo. Rebecca, cresciuta sotto l’ala della zia Erminia, pianista e concertista di successo, scoprirà nella musica una via di liberazione e di salvezza.

 

Si può amare e respingere insieme? La storia – così come il regista ha scelto di raccontarla – ruota intorno a queste poche parole. A questo interrogativo che sembra non trovare risposta. Se non nelle pieghe nascoste di una follia visionaria, nelle apparizioni oniriche, nella musica, nelle pagine di un diario segreto.

Un’atmosfera plumbea, sin dalle primissime scene, pervade la ricca dimora di una ricca famiglia di Vicenza, in attesa del primo figlio. Ricca, ma solo nella forma (poverina, poverina… poverini tutti!) È un labirinto di stanze e di saloni, di scale e di corridoi, quella grande casa. E relegata in quel labirinto, al pari di un mostruoso Minotauro, vivrà i suoi primi anni di vita Rebecca, la bambina nata da Osvaldo (Paolo Pierobon) e Maria (Valentina Bellè). Isolata e reclusa, sottratta alla vista degli altri, estranei alla famiglia, allo “sguardo che uccide” e che giudica. Rebecca (interpretata da diverse attrici, da Sara Ciocca all’esordiente Beatrice Barison) non è una bambina “come tutte le altre”. È un “mostro di natura” che la madre rifiuta di prendere in braccio e persino di guardare in viso, per consolarne il pianto.

Esattamente come una lettera scarlatta, quella macchia rosso sangue impressa sul viso rappresenta il segno evidente della colpa, di una condanna senza possibilità di espiazione. Colpa che qui si rovescia sull’innocenza più pura. Un peccato originale ricade sulla creatura appena nata a tal punto che neppure il battesimo dei cristiani potrebbe cancellarlo. Ma l’acqua santa gliela lava via la macchia? – chiederà Maria, madonna senza Dio e senza fede. Una madre fantasma, spodestata e vicariata, per forza di cose, dalla gemella di Osvaldo, Erminia (Sonia Bergamasco). Donna determinata, volitiva, composta. Decisa, tanto nell’esecuzione di un brano al pianoforte quanto nella pianificazione della propria (ed altrui) esistenza. Alter ego. Seguendo il suo esempio, Rebecca imparerà a forgiare il suo innato talento per la musica attraverso la disciplina, con esercizi estenuanti e ripetitivi. Inutili le suppliche della madre di “suonare qualcosa” (senza le scale non si va da nessuna parte).

Ridondante è anche la simbologia cromatica, nel corso di tutta la pellicola. Il rossetto vermiglio sulle labbra di Erminia, la porpora delle poltrone a teatro si contrappongono al nero luttuoso o al bianco spettrale della figura di Maria, dall’inizio alla fine, in rapida involuzione.

Il regista, con l’ausilio di una fotografia a tratti molto suggestiva, racconta dunque il corpo e lo spirito attraverso un gioco di luci ed ombre. Di tasti bianchi e neri, con delle punte rosso fuoco che s’intravvedono nei martelletti al tocco violento delle dita.

E vivendo “accanto” alle ombre, scoperchiate e risorte – non al di sopra, né sotto di esse ma accanto, così da poterle guardare negli occhi e parlarci faccia a faccia – si arriva a scoprire una verità, che è vera luce. Anche se viene dalla notte. E dalla notte estrema.

data di pubblicazione:24/08/2024


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L’INNOCENZA di Kore’eda Hirokazu, 2024

L’INNOCENZA di Kore’eda Hirokazu, 2024

Arriva finalmente nelle sale italiane l’ultima pellicola di Kore’eda Hirokazu premiato nel 2023 al Festival di Cannes per la migliore sceneggiatura firmata da Sakamoto Yuji. Il film è dedicato alla memoria del compositore premio Oscar Ryuichi Sakamoto, autore della colonna sonora, scomparso due mesi prima che il film venisse presentato al pubblico di Cannes.

 

Minato e Yori sono figli di genitori single. Minato vive con la mamma vedova ed è in età preadolescenziale, Yori con il padre, manesco e sovente ubriaco. Tra i due sembra esserci uno strano rapporto: Minato è più grande e sembrerebbe bullizzare Yori, piccolo e stravagante e per questo sovente oggetto di battute e sberleffi da parte di molti compagni di scuola. Saori, la madre di Minato, si accorge che suo figlio si comporta in maniera strana, è triste, pensieroso, e sembra nasconderle qualcosa. Un giorno, nell’osservare dalla finestra il divampare di un incendio ai piani alti del palazzo di fronte dove all’interno c’è un “bar per adulti” abitualmente frequentato dal padre di Minato, questi chiede alla madre: “se a un uomo viene impiantato il cervello di un maiale è ancora un uomo o è un mostro?”. La domanda porta Saori a chiedere al figlio da chi avesse sentito una cosa simile e dopo tante insistenze Minato confessa che il suo professore, il signor Hori, gli aveva detto che aveva il cervello di un maiale. Saori si rivolge alla preside per avere spiegazioni. Ma sia lei che l’intero corpo docente non le forniscono risposte. La situazione cambia quando Minato prende parte a una rissa a scuola…

Il film è articolato in un modo tale che la storia iniziale si ripeta diverse volte inquadrata dall’angolazione di ogni partecipante. Ognuno di loro apre allo spettatore una visione differente dell’accaduto, ad iniziare dal misterioso incendio iniziale da cui sembra nascere tutto. Appare evidente che la tranquillità di una piccola cittadina giapponese nasconda “scintille” che fanno poi divampare incendi, paragonabili alle incomprensioni di alcuni adulti che non sanno o non vogliono vedere ciò che è davanti i loro occhi, in uno scenario a volte vero e autentico e a volte presunto e assai limitato dallo sguardo parziale di alcuni protagonisti.

Alla fine si arriverà, grazie ad una sceneggiatura perfetta, a qualcosa di inaspettato che ha a che fare con l’amore, con la crescita, con gli interrogativi più intimi e primari che assalgono chi è sulla linea di confine tra infanzia e adolescenza, di cui Minato e Yori ne sono i degni rappresentanti. Il pregiudizio e la cieca incomprensione sono tra i temi principali di questo film, un vero gioiello delicato e struggente che attraverso immagini e dialoghi ci insegna tanto sull’amore e l’amicizia.

data di pubblicazione:21/08/2024


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DOSTOEVSKIJ di Damiano e Fabio D’Innocenzo, 2024

DOSTOEVSKIJ di Damiano e Fabio D’Innocenzo, 2024

Il detective Enzo Vitello è a capo delle indagini che stanno seguendo gli spietati omicidi, apparentemente senza un nesso logico tra di loro, di un serial killer a cui hanno dato il nome Dostoevskij. Alla base di questa scelta c’è il fatto che, dopo ogni esecuzione, l’omicida lascia sempre una lettera in cui manifesta la sua cupa visione del mondo. La polizia cerca di interpretare questi messaggi criptici per costruire un identikit credibile che possa rivelare la personalità dell’assassino…

 

Dopo il successo di Favolacce, presentato alla Berlinale nel 2020 dove ha vinto il premio per la migliore sceneggiatura, e dopo l’insuccesso di America Latina, flop ammesso dagli stessi autori, ecco che i fratelli D’Innocenzo ritornano al grande pubblico questa volta con una serie televisiva. In anteprima mondiale al Festival di Berlino di quest’anno, è stata proposta per pochi giorni al cinema, dividendo i sei episodi in due parti, prima di andare in autunno su Sky. Ancora una volta i due enfant prodige del cinema italiano si trovano impegnati in qualcosa che va al di là di ogni plausibile aspettativa. La trasgressione, in tutte le forme immaginabili, sembra essere il punto di forza di questi giovani registi, per niente convenzionali, che hanno imparato a trasmettere sensazioni sgradevoli con un tono e una leggerezza a volte disarmanti. Probabilmente condizionati dalle proprie origini, i D’Innocenzo amano descrivere un’umanità di disadattati che vivono in miseria estrema, ai margini della società. Così, anche in questa storia, troviamo che i personaggi coinvolti devono fare i conti con la propria realtà nel tentativo di rappacificarsi con un passato scomodo, tutto da seppellire. Il racconto tiene ovviamente conto della figura di un killer seriale senza scrupoli, ma ciò in cui si concentra l’attenzione riguarda il personaggio del poliziotto (Filippo Timi) e del suo ruolo, di padre fallito e assente, nei confronti della figlia (Carlotta Gamba), oramai tossica all’ultimo stadio. Proprio questo tentativo di recupero di un rapporto irrecuperabile è ciò che tiene sveglio l’interesse dello spettatore. Il killer da protagonista diventa a questo punto l’attore secondario della scena. L’unica immagine di lui ci arriva tramite le sue lettere, lasciate accuratamente accanto ai cadaveri, in cui si manifesta un disadattamento sociale, e dove si concretizzano quelle che gli stessi registi definiscono “le estreme conseguenze di essere vivi”. Un film in cui ritroviamo di tutto, tra squallore e degrado estremo, dove si evidenziano gli archetipi di una società, oramai alla deriva, che non li riconosce più come suoi. Si rimane stupiti e conquistati dalla recitazione di Carlotta Gamba dove a Berlino era presente quest’anno, oltre che nella serie Dostoevskij, anche nel film in concorso Gloria di Margherita Vicario. Dopo aver interpretato l’eterea figura di Beatrice nel film di Pupi Avati su Dante, risulta difficile immaginarla nel ruolo di una ragazza istintiva, con una grande fragilità e con un enorme trauma da superare.

data di pubblicazione:05/08/2024


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BAD BOYS: RIDE OR DIE di Adil El Arbi e Bilall Fallah, 2024

BAD BOYS: RIDE OR DIE di Adil El Arbi e Bilall Fallah, 2024

Miami, Florida. I due detective (Will Smith e Martin Lawrence) aspirano ormai ad una vita più tranquilla. Il loro defunto ex capitano è però accusato di essere stato colluso con i narcos. Indagheranno per rivendicare la sua onorabilità e dovranno vedersela contro i cartelli della droga e contro tutti …

La coppia Smith e Lawrence ritorna sugli schermi per il quarto capitolo della serie di Bad Boys iniziata nel lontano 1995. Anche questa avventura come Bad Boys For Life (2020) è firmata da Adil El Arbi e Bilall Fallah. Il duo di registi belgi fa di tutto per cercare di ridare freschezza, gusto e sapore ad una saga che continua da quasi trenta anni. Gli ingredienti sono i soliti: inseguimenti, acrobazie, sparatorie, battute sarcastiche e grevi ed il gioco sui contrasti caratteriali della coppia di poliziotti. Questo, in effetti, è l’Universo Bad Boys. Un Blockbuster supervitaminizzato che tiene in equilibrio humour ed azione senza mai troppo badare alla raffinatezza o all’originalità.

Gli anni ’90 sono però passati da un pezzo ed i “Cattivi Ragazzi” sono invecchiati e non hanno guadagnato in originalità. Gli autori non sono più quelli iniziali, l’umorismo è un po’ stantio, le battute datate e deboli, il filo narrativo fragile e contorto. Il tandem di registi prova a compensare la debolezza della sceneggiatura con uno stile ed un ritmo ipercinetico ed incalzante ma la realizzazione e le scene d’azione risultano talora simili ad un incrocio fra un video game ed una video clip. Siamo lontani da un film d’azione cinematografico. Nonostante alcuni momenti folgoranti che comunque ci sono, anche se pochi, il film dà una sensazione di già visto e già sentito, prevedibile, scontato e privo di profondità.

L’impegno dei due protagonisti la cui chimica, pur dopo tanti anni, non è diminuita e la buona colonna sonora che bene ricrea le atmosfere locali, non riescono a fare emergere questo nuovo episodio da una normalità commerciale. Il gioco sulla Nostalgia è fin troppo smaccato. Certo i fan della prima ora saranno più che felici ed apprezzeranno i tanti riferimenti al passato. La sola Nostalgia non può però perdonare tutto!

Bad Boys Ride or Die è quindi un buddy cop movie appena discreto con chiare finalità di continuare a fare cassa o catturare nuovi fan . Andrà certamente bene per chi ama la saga o il genere o cerca il divertimento facile, rassicurante e muscoloso. Un film estivo di mero intrattenimento!

data di pubblicazione:31/07/2024


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CRONACA DELLA SERATA FINALE DEL ROMA FRINGE FESTIVAL

CRONACA DELLA SERATA FINALE DEL ROMA FRINGE FESTIVAL

(Teatro India – Roma, 28 luglio 2024)

I tre spettacoli finalisti del Fringe, il Festival di teatro indipendente, vanno in scena al Teatro India. Il festival, con 45 alzate di sipario in meno di due settimane, ha presentato al pubblico romano il meglio delle proposte indipendenti del teatro italiano.

Il 28 luglio il Teatro India ha ospitato la finale del Roma Fringe Festival, nell’afosa atmosfera dell’estate romana caricata dagli odori umidi del Tevere in secca. Sul palco del secondo Teatro di Roma si sono succeduti i tre spettacoli selezionati da una giuria composta da direttori e direttrici dei teatri aderenti a Zona indipendente. Il Fringe, ormai una presenza fissa e importante nel panorama teatrale romano, ha proposto in questa edizione una selezione di spettacoli da tutta Italia, portando in scena le nuove tendenze del teatro indipendente italiano. Gli spettacoli finalisti sono stati La distrazione della formica, con Niccolò Felici e Daniele Trombetti, per la regia di Kabir Tavani, Ismael, di e con Massimiliano Frateschi, per la regia di Graziano Piazza, e Le nostre folli capriole nel sole, interpretato da Iulia Bonagura ed Emanuele Baroni, quest’ultimo anche alla regia.

La serata si è aperta con la descrizione dell’alienante ritmo del lavoro in fabbrica nel testo inedito de La distrazione della formica. Il formicaio della media borghesia e del basso proletariato è al centro della trama di Niccolò Felici, che esplora le dinamiche del lavoro contemporaneo e della lotta di classe. A seguire, la dissacrante leggerezza intervallata da scorci di grande intensità emotiva di Ismael, di e con Massimiliano Frateschi. La brillante presenza scenica di Frateschi e l’efficacia dei ritmi del dialogo, ancora più sorprendenti se si considera che l’attore è seduto per tutta la durata dello spettacolo, hanno permesso a Frateschi di vincere il meritatissimo premio Miglior Attore di questa edizione del Fringe. Lo spettacolo racconta l’intreccio di un viaggio straziante, quello di una persona migrante – un “abusivo”, dice lui, “perché è vero, sono abusivo” – che dalla Siria raggiunge lo squallore di un Ufficio Immigrazione romano. Una storia vera, raccolta da Frateschi dalle labbra stesse del suo reale protagonista, che si aggiudica anche il premio della Giuria. A chiudere la serata, lo spettacolo vincitore di questa edizione del Fringe Festival: Le nostre folli capriole nel sole, di Iulia Bonagura, che racconta l’amicizia tra due bambini dalle personalità opposte e sorprendentemente compatibili. L’evoluzione dei due personaggi, che attraversano un’infanzia e un’adolescenza fitte di alcuni problemi comuni, come le prime cotte, e di altri più invadenti, è seguita con attenzione alla fluidità del racconto e visualizzata grazie a piccoli, rapidi cambi di costume e scenografia. Accompagnando il pubblico verso l’inevitabile finale (con qualche concessione, forse un po’ zuccherina, al lirismo), costruito con molta fedeltà all’identità dei due protagonisti. Oltre al premio per il Migliore spettacolo, Le nostre folli capriole nel sole si aggiudica anche quello per la Migliore drammaturgia e per la Migliore attrice, quest’ultimo ex equo con Agata Marchi per lo spettacolo Comadre/ la Cantadora, che abbiamo già recensito.

Le nostre folli capriole nel sole vince dunque una tournée di 12 date italiane presso i teatri del circuito Zona Indipendente per la stagione 2024-25.

data di pubblicazione:30/07/2024

 

HAMELIN di Tonio de Nitto, con Fabio Tinella

HAMELIN di Tonio de Nitto, con Fabio Tinella

(Castel Sant’Angelo – Roma, 24 luglio 2024)

Per la rassegna Sotto l’angelo di Castello, Fabio Tinella porta in scena la leggenda del Pifferaio Magico. Una reinterpretazione pensata per le famiglie ma adatta a tutti, con un’ottima preparazione tecnica.

I ratti passano in secondo piano, in questa lettura della storia del Pifferaio Magico. Appena arrivati in prossimità della scena – in questo caso, il suggestivo cortile di Castel Sant’Angelo – agli spettatori viene consegnato un paio di cuffie: illuminate di blu per i bambini, di rosso per gli adulti. Si intuisce già che il pubblico sarà diviso e qualcuno certamente seguirà uno spettacolo leggermente diverso. Ancora a scena vuota, dalle cuffie parte una sigla: le vicende di Hamelin, borgo della Bassa Sassonia, vengono presentate come in un moderno programma televisivo, in stile Chi l’ha visto. Il mistero dei bambini di Hamelin, scomparsi improvvisamente in un periodo molto particolare per la storia del borgo, è al centro dello spettacolo. A reggere la trama, dopo la presentazione audio e per tutta la durata dello spettacolo, l’abilissimo Fabio Tinella, che avanza sulla scena trascinando con sé un carretto da attore girovago, un interessante dispositivo scenico che all’occorrenza si colora e si trasforma. Senza svelare nulla della trama per non rovinare il racconto del mistero, comunque sostanzialmente fedele alla leggenda originale, è da sottolineare però la bravura di Tinella, capace di passare dal teatro di marionette napoletano all’arte del mimo, fino alla narrazione più classica. In uno spettacolo sostanzialmente dedicato alle famiglie, tra interessanti richiami alla condizione dell’attore e del teatro nel mondo contemporaneo e momenti meno riusciti (e un po’ melensi) di piccoli sermoni rivolti ai genitori su come crescere dei bambini “liberi”, resta l’impressione di uno spettacolo ben pensato, ottimamente recitato e con una struttura tecnica invidiabile. Consigliato anche per il finale coinvolgente e spensierato, in cui si scopre che fine avessero fatto quei bambini scomparsi ad Hamelin.

data di pubblicazione:30/07/2024


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UN PIEDIPIATTI A BEVERLY HILLS 4: AXEL F. di Mark  Molloy, 2024 – NETFLIX

UN PIEDIPIATTI A BEVERLY HILLS 4: AXEL F. di Mark Molloy, 2024 – NETFLIX

Detroit, Axel Foley (Eddie Murphy) come al suo solito per arrestare dei rapinatori in fuga distrugge mezza città inseguendoli con uno spazzaneve. Viene sospeso per l’ennesima volta. Approfitta della pausa forzata per recarsi nuovamente a Beverly Hills su richiesta di un vecchio collega. Incontrerà la figlia avvocato e la aiuterà contro una banda di poliziotti corrotti …

La più che discreta accoglienza di pubblico dell’operazione ritorno sugli schermi di vecchi eroi degli anni ’80 come Top Gun Maverick o anche Bad Boys, ha convinto Netflix ad investire ben 150 milioni di dollari per far rivivere il poliziotto portato al successo da E. Murphy. Un Piedipiatti a Beverly Hills nel 1984 ebbe un clamoroso riscontro mondiale di critica, di spettatori e soprattutto di botteghino. Altrettanti successi furono poi anche i due seguiti del 1987 e 1994.

M. Molloy che debutta con questo film dietro alla cinepresa non ha né pretende di avere la genialità o la malizia dei registi che lo hanno preceduto. Non cerca quindi di inventare nulla di nuovo, anzi si contenta di percorrere e riproporre i sentieri già battuti dagli altri negli anni ‘80. Si limita quindi a confezionare solo una discreta commedia poliziesca con molta azione.

Questa nuova avventura è stata infatti scientemente scritta e girata alla vecchia maniera. La messa in scena è lineare e coerente con lo spirito dei film precedenti, ricca di tensione, di citazioni e riferimenti ammiccanti. La assiste e sostiene una colonna sonora con le musiche e le risonanze acustiche di quegli anni. Il montaggio è classico, il ritmo incalzante e la lettura è facile. Tutto procede come ci si aspetta che debba procedere. Una piacevole sensazione di stare a rivedere uno dei vecchi film in TV o in un Cineclub. L’insieme presenta il meglio della trilogia iniziale: inseguimenti, sparatorie, humour, battute fulminanti, trovate garbate ed acrobazie… Al centro gli stessi attori, ovviamente invecchiati, ma tutti ripropongono le vecchie alchimie. E. Murphy è meno spassoso ma tiene ancora bene il ruolo, assistito o contrapposto alle new entry J. Gordon-Levit e K. Bacon. Nulla è quindi cambiato anche se nulla è più uguale. Questa è la vera sensazione piacevole di fondo.

Dunque un film all’antica che punta tutto sul divertimento diretto senza fioriture intellettuali o post moderne. Un buon vecchio Buddy Movie. I fan della saga saranno felici di ritrovare gli stessi personaggi e le stesse situazioni. Attenzione però! Un’operazione nostalgia che intelligentemente non scivola mai nella malinconia perché pur non avendo la freschezza di una volta punta solo a far rivivere un tipo di cinema dedicato al semplice divertimento e nulla più.| Il film ci riesce, fa divertire e non è affatto poco.

data di pubblicazione:29/07/2024


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COMADRE/ LA CANTADORA di e con Agata Marchi

COMADRE/ LA CANTADORA di e con Agata Marchi

Sound Design e musica dal vivo Davide Lotito

(Spazio Diamante – Roma, 22 luglio 2024)

Un intreccio evocativo di storie di donne che oltrepassano confini geografici e temporali. Il Roma Fringe Festival ospita le nuove voci del teatro indipendente italiano.

Comadre. Cantadora. Due parole poco comuni, che qualcuno potrebbe anche non aver mai sentito, ma abbastanza evocative da trasmettere al primo sguardo significato e contesto dello spettacolo cui danno il nome. Agata Marchi porta in scena una storia femminile in parte antica, in parte contemporanea. O meglio: un intreccio di storie femminili. Modulando con grande maestria la propria voce, declinata ora in ninne nanne e canti partigiani, ora in dialetto e narrazione, Marchi racconta storie di madri, di nonne, di donne del bosco e del deserto. In uno spettacolo retto dal dialogo tra le storie che racconta, unica attrice in scena, e la musica dal vivo di Davide Lotito, suggestiva e in grande armonia con i movimenti e le fasi della narrazione. L’unica pecca è nel legame sottile, appena accennato, tra le storie nostrane e quella di una militante delle Ypj (acronimo di Yekîneyên Parastina Jin, letteralmente Unità di Protezione delle Donne) kurde. Se la transizione fosse più fluida e la connessione più approfondita, il racconto dello spirito della militanza femminile ne uscirebbe rafforzato. Ma anche così, l’intensità della storia colpisce e incanta. Resta, alla fine, l’immagine sussurrata di una vecchia con il mondo sulle spalle.

data di pubblicazione:24/07/2024


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INSIDE OUT 2 di Kelsey Mann, 2024

INSIDE OUT 2 di Kelsey Mann, 2024

Eccoci di nuovo nella testa della giovane Riley. Sta per iniziare il Liceo. Ha appena compiuto 13 anni e deve andare ad un campo estivo di hockey. Un’occasione importante per fare nuove conoscenze e per farsi apprezzare. Un momento decisivo per la sua carriera sportiva e scolastica. Nuove emozioni irrompono nel suo Inside e sconvolgono i precedenti equilibri. E’ l’adolescenza …

INSIDE OUT 1 di Pete Docter uscito nel 2015, apprezzato da critica e pubblico e premiato con l’OSCAR per il Miglior Film di Animazione è stato uno dei più grandi successi cinematografici di tutti i tempi. Allora avevamo scoperto le “emozioni primarie”: Gioia, Tristezza, Paura, Rabbia e Disgusto. Oggi, 9 anni dopo, con INSIDE OUT 2 diretto da K. Mann, la Pixar è riuscita con intelligenza ed inventiva a dare uno sviluppo al suo primo capolavoro. Il risultato supera tutte le migliori aspettative per ricchezza di nuove idee e per capacità di animazione. Non si tratta affatto di un “seguito” per fare cassa! E’ una nuova storia. Un racconto iniziatico altrettanto ben riuscito e sofisticato del primo.

Nel cervello dell’appena adolescente Riley irrompono le “emozioni complesse”: Ansia, Imbarazzo, Invidia e Noia. Sono pronte a sovvertire e sconvolgere tutti i precedenti equilibri ed a generare il Caos. Al centro è il delicato momento della pubertà e del passaggio dall’infanzia all’adolescenza. I temi profondi della stima di se stessi, le emozioni represse, la memoria, lo sviluppo e l’immaginazione adolescenziale e le paure degli insuccessi. Lo scombussolamento che porta alla progressiva formazione di una identità personale. Un mondo interiore sconvolto e rivoluzionato dal cambiamento fisico e psichico.

Pur con leggere modifiche formali il film riprende la struttura del precedente e gioca nell’alternarsi dei due piani narrativi: la vita reale di Riley e la sua vita interiore. Ancora una volta assistiamo a quel che succede nella Torre di Controllo (il cervello) della ragazza davanti all’irruzione delle nuove emozioni. Fin dai primi fotogrammi si coglie una qualità visuale stupefacente. La scrittura è intelligente ed efficace. La sceneggiatura è ben elaborata ed il ritmo è incalzante ed elettrizzante come può essere la tensione interiore di un adolescente. La messa in scena è del tutto innovativa. Visualmente tutto è magnifico e l’animazione è di alto livello sia come definizione dei personaggi sia come creazione ed immaginazione dei contesti. L’Universo creato dai maghi della Pixar è veramente di una incredibile ricchezza di suggestioni grafiche. Un film di animazione toccante come il primo ma con in più un pizzico di Humour. Un umorismo stravagante, sagace e moderno. Si passa naturalmente dalle risate alle lacrime di tenerezza, fra poesia e fantasia. Divertente, creativo, colorato, intelligente ed attuale cosa volere di più da un film d’animazione?

INSIDE OUT 2 è un piccolo gioiello. Una storia toccante in cui ognuno può ritrovarsi. Un bel film che parla di emozioni e che ne genera di nuove per lo spettatore di ogni età che uscirà con un bel sorriso sulle labbra ed una lacrima sulla guancia. Da non perdere!

data di pubblicazione:24/07/2024


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