L’avvocato Monier (Daniel Auteuil) è un affermato professionista che avendo fatto assolvere dall’accusa di omicidio un suo cliente poi risultato pluriassassino, ha giurato a se stesso di non trattare mai più certi casi giudiziari. L’incontro con un padre di cinque figli accusato di aver ucciso la moglie alcolista lo pone però in crisi. Ne farà un caso personale e si butterà animo e corpo per sostenere e provare la sua innocenza …
I Film Processuali vanno alla grande nel Cinema Francese. Lo testimoniano i recentissimi successi di critica e di pubblico di Anatomia di una caduta e de Il Processo Goldman. Dai lontani classici di Hitchcock e di Lumet fino ai sopraccitati film della Triet e di Kahn, il Cinema Processuale mantiene sempre i suoi propri codici di genere che rispondono ad una drammaturgia oramai ben definita e ben caratterizzata. Con questo suo quinto film (presentato a Cannes 2024) anche Auteuil che ne è cosceneggiatore e protagonista si cimenta nell’affrontare il Genere Giudiziario.
Lo fa con consapevole ed apprezzabile sobrietà e finezza di stile senza nulla inventare, con modestia, quasi “alla vecchia maniera”. Un film teso, asciutto, intenso, coinvolgente e mai noioso. Intelligentemente prova però a metterci un tocco di singolarità che rende particolare una storia altrimenti generica. Dietro la suspense del polar processuale l’autore e regista rappresenta la vicenda con l’ottica dell’avvocato. Ne risulta un suggestivo ritratto, umano e psicologico della sottile frontiera fra il narcisismo, l’accecamento e la genesi di un personale convincimento. Al centro ci sono le solitudini dei protagonisti: il penalista ed il suo assistito, la relazione particolare che si può stabilire fra loro, la formazione dell’intima convinzione dell’avvocato difensore. Il progressivo affermarsi del potente Ego dell’avvocato lo porterà però ad identificarsi nel ruolo di “salvatore”, un conflitto fra la forza delle sue opinioni e la fragilità dell’uomo. Sullo sfondo la fallacità della Giustizia umana che è tale proprio perché resa da uomini che in assenza di prove evidenti devono fare appello solo alle proprie valutazioni. Lo spettatore assiste al dibattito in aula, alle presunte ricostruzioni dei fatti, agli scontri fra difesa ed accusa, ai colloqui fra inquisito e difensore e si forma così anche lui la propria intima convinzione come un membro della Giuria che dovrà pronunciarsi sulla causa. La Verità andrà cercata oltre le apparenze all’interno di quel teatro che sono le aule processuali ove ognuno rappresenta la propria verità, in un crescendo di dubbi ed incertezze. La vicenda è filmata in aula, in cella, in parlatorio con la cinepresa sempre fissa sui volti dei protagonisti. Uniche interruzioni, quasi boccate d’ossigeno, sono le immagini della circostante Camargue invernale. Il ritmo narrativo è scientemente lento come lenti sono i tempi della giustizia. La messa in scena ed il taglio delle inquadrature accentuano l’impostazione quasi teatrale. Piccoli difetti di un film che ribadisce la bravura di Auteuil come attore e ne conferma anche il talento come regista.
La Misura del Dubbio è quindi un buon dramma giudiziario, coinvolgente e con un punto di vista che gli dà un tocco di originalità all’interno di una rappresentazione sobria e concreta, diretta con finezza ed ottimamente interpretata. Non deluderà!
data di pubblicazione:18/09/2024
Scopri con un click il nostro voto:
Secondo il mio punto di vista, la frase esplicativa del film è :” il compito dell’avvocato non è assolvere ma difendere”