IL MONACO CHE VINSE L’APOCALISSE di Jordan River, 2024

IL MONACO CHE VINSE L’APOCALISSE di Jordan River, 2024

Gioacchino da Fiore fu un monaco calabrese vissuto tra il 1135 e il 1202. Cresciuto in un’agiata famiglia, rifiuta di lavorare per conto del padre notaio per ritirarsi nella meditazione della vita monastica. È stato un grande fondatore di monasteri cistercensi e può considerarsi come il precursore di San Francesco. Si dedicò alla scrittura di diversi saggi che affrontavano il tema dell’Apocalisse. Dato che le sue idee religiose contrastavano con quelle ufficialmente riconosciute in quell’epoca oscurantista, la sua figura fu quasi tacciata come eretica… 

Jordan River è un regista italiano, nato in provincia di Cosenza e quindi un calabrese doc, nonostante il nome ingannevole. Ha diretto vari documentari, utilizzando per la prima volta la tecnica del 3D, incluso quello su Artemisia Gentileschi per il quale ha ricevuto diversi premi. Nella sua peculiare filmografia ha affrontato temi non facili, personaggi sui quali era complicato raccontarne la storia senza incorrere in eccessi biografici fuorvianti. Affrontare ora la figura più che controversa del monaco medioevale Gioacchino da Fiore non è stato certo una passeggiata. In questi otto secoli più volte la Chiesa ha affrontato la questione della sua canonizzazione senza venirne mai a capo con una risoluzione definitiva. Il fatto che persino Dante lo abbia posto nel suo Paradiso non lo ha sino ad oggi assolto del tutto per le sue idee utopiche. Un uomo che seppe quindi contestare con coraggio il pensiero di quel tempo oscuro, traendo spunto dalle sue esperienze mistiche considerate vere e proprie profezie. Merito del regista è stato quello di aver legato il pensiero di questo monaco naturista con i luoghi originari dove si svolse la sua missione. La fotografia curata da Giovanni Mammolotti introduce lo spettatore in una natura incontaminata e rarefatta dove avanza a fatica la figura di Gioacchino (Francesco Turbanti). Un personaggio mite che si interroga sul concetto innovativo di una Apocalisse che non parlasse più di distruzione ma piuttosto di vita e rinascita. Il monaco che vinse l’Apocalisse è un film storico ma anche spirituale che induce sicuramente a una profonda riflessione. Curati nei minimi particolari gli effetti visivi di Nicola Sganga accompagnati dalle musiche originali di Michele Josia. Questo valente compositore cinematografico romano è stato premiato con l’Emmy Awards nel 2021 per il pezzo sinfonico “River of the last valley”.

data di pubblicazione:4/12/2024


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LA STANZA ACCANTO di Pedro Almodòvar, 2024

LA STANZA ACCANTO di Pedro Almodòvar, 2024

Ingrid e Martha, una scrittrice e l’altra inviata di guerra, sono due amiche di vecchia data. Le loro strade professionali le hanno allontanate senza cancellare l’affetto che le lega. Martha è molto malata e vede in Ingrid l’amica in grado di starle accanto in un momento così particolare. La stanza accanto di Pedro Almodòvar, premiato a Venezia con il Leone d’Oro, ci induce ad una profonda riflessione sul fine vita al mondo d’oggi.

Tratto da Attraverso la vita di Sigrid Nunez, il film ricalca l’offerta di conforto in un momento di estrema difficoltà attraverso il gesto di “accompagnare”. Accettare dunque, al di là dei propri convincimenti, di “stare accanto” in maniera solidale, senza agire, in silenzio, come gesto di generosità. Perché non occorre parlare, ma sicuramente bisogna saper ascoltare le motivazioni, le paure, i convincimenti e le decisioni. Ingrid (Julianne Moore) ha nel suo sguardo questo sentimento dell’ascolto che travalica l’amicizia e l’amore. E Martha (Tilda Swinton) sa di aver scelto, dopo diversi rifiuti, la persona giusta che non la lascerà sola quando deciderà di andarsene. Ingrid imparerà ad accettare quella morte perché liberamente decisa e questa situazione darà un nuovo slancio di estrema intimità alla loro vecchia amicizia. Il luogo scelto da Martha dove vivere questo loro ultimo tempo insieme è una casa nel bosco, magica, lontana dal caos cittadino. Una sorta di interregno vitale ed inondato di luce. Lì Ingrid dovrà semplicemente dormire nella stanza accanto a quella di Martha e nulla più. Lì, sdraiate al sole su due lettini, ascolteranno al mattino il canto degli usignoli. Lì vedranno la neve cadere sulla piscina e sul bosco dove abbiamo camminato e dove ti sei sdraiata, esausta, a terra. Lì Martha le parlerà dell’esistenza di Michelle, sua figlia. Lì Ingrid ascolterà l’amica parlare.

La regia sapiente e l’interpretazione stupefacente delle due attrici, la fotografia meravigliosa e accecante, i colori degli abiti di Tilda Swinton che marchiano la pellicola con il timbro Almodòvar unitamente all’ambientazione teatrale in stanze arredate con cura e gusto estremi, fanno de La stanza accanto un autentico capolavoro. Una riflessione profonda e coraggiosa sull’eutanasia espressa senza troppi giri di parole nel groviglio di contraddizioni del mondo attuale.

data di pubblicazione:4/12/2024


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CINEMA DI PARIGI: Pathé Palace, 2024

CINEMA DI PARIGI: Pathé Palace, 2024

Roma piange, Parigi ride! Mentre a Roma le sale cinematografiche diminuiscono di anno in anno o languono, a Parigi si investe sui cinema. Si rinnovano e se ne inaugurano di nuovi sulla base di progetti di architetti di fama.

Nel cuore pulsante della Città, a due passi dall’Opera Garnier, è stato appena aperto un luogo d’eccezione, un vero gioiello per gli appassionati della Settima Arte. Dopo quattro anni di lavori, ecco il Pathé Palace progettato da Renzo Piano. Sette sale di alta gamma per circa 1300 spettatori, tutte dotate di tecnologia audiovisiva avanzatissima e grandi schermi LED di 18 metri.

Uno spazio elegante, perfetto sia per i cinefili esigenti sia per gli amanti dello spettacolo tout-court. Come non esserne ammirati e, in piccola parte, anche invidiosi? Ciliegina sulla torta il bar sulla terrazza panoramica dell’edificio, che offre una vista meravigliosa sul Boulevard des Capucines.

Un ambiente piacevole dove, anche senza biglietto, si può sostare per un drink, attendere l’inizio delle proiezioni o fermarsi dopo lo spettacolo.

Il Pathé Palace è un cinema d’eccezione, un contesto e un ambiente raffinato, un chiaro segnale di tendenza verso la creazione di sale di lusso ove valga la pena andare per godersi la magia del cinema in una total immersion audiovisuale.

Il salotto di casa e la televisione, per quanto comodi, non potranno certo reggere il confronto con una proposta articolata ed attraente di questo livello. Così si riporta la gente al cinema!

data di pubblicazione:4/12/2024

L’ERBA DEL VICINO E’SEMPRE PIU’ VERDE di e con Carlo Buccirosso

L’ERBA DEL VICINO E’SEMPRE PIU’ VERDE di e con Carlo Buccirosso

(Sala Umberto – Roma, 3/22 dicembre 2024)

Commedia nera in salsa Buccirosso. Ovvero la tragica vicenda del bancario, Mario Martusciello, alle prese con i suoi complessi, le proprie scelte professionali ed esistenziali e soprattutto i difficili rapporti con moglie, sorella e cognata. Il tutto sfocia in una divertita trama gialla grottesca e assai poco drammatica

Dimenticate il film di Stanley Donan del 1960 o la più recente versione del 1989. Nella fattispecie i vicini sospetti e sospettosi c’entrano poco. Carlo Buccirosso ha scritto, diretto e interpreta con la solita verve e bravura una commedia “nera” nelle tinte, non banale nei contenuti sottesi, ma sempre e comunque molto divertente. C’è comunque una paradossale, ironica, rappresentazione del rapporto con l’invidiato vicino del piano di sotto, ma, principalmente, si legge la frustrazione del bancario perennemente deluso da tutto quello che ha intorno: lavoro, moglie, cognata, mancata affermazione professionale e artistica. Tutte cose che il suo senso di inferiorità gli ha impedito di far emergere. Ecco allora che il nostro alla ricerca del nuovo, del diverso, di ciò di cui non ha mai potuto godere, si lancia in nuove esperienze. Sbagliando, si fida e stringe un rapporto ambiguo col suo affascinate e vincente vicino, va a vivere in un loft da single, crede di essersi liberato di moglie e cognata. Così non sarà e vedremo come gli eventi configureranno una trama a cavallo fra commedia degli equivoci e Hitchcock alla napoletana. L’erba del vicino si colorerà addirittura di rosso, per il divertimento degli spettatori. Buccirosso con gli altri validi interpreti della commedia, appare in gran forma: molte delle gags e delle battute sono esilaranti, anche quando il suo slang biascicato risulta di non facile comprensione per i non napoletani. I comprimari sono all’altezza del regista e meritano doverosa citazione, le donne: Donatella De Felice (la sorella), Elvira Zingone (l’influencer), Maria Bolignano (la moglie) e Fiorella Zullo (la cognata), gli uomini: Fabrizio Milano (il ragazzo del bar) e Peppe Miale (l’infido vicino). Le musiche sono a cura di Cosimo Lombardi. Il tutto all’insegna di divertimento intelligente, spensierato, ma non banale in continuità con le variegate proposte del calendario della Sala Umberto.

data di pubblicazione:4/12/2024


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GRAND TOUR di Miguel Gomes, 2024

GRAND TOUR di Miguel Gomes, 2024

1918. Edward si trova in Birmania in veste di funzionario dell’Impero britannico. É fidanzato con Molly che, abitando a Londra, di fatto non vede da sette anni. I due dovrebbero finalmente sposarsi, ma lui si allontana da lei quando sta proprio per raggiungerlo. Edward inizia così una rocambolesca fuga in vari paesi dell’estremo oriente, utilizzando a volte mezzi di fortuna. Intraprenderà così un vero e proprio grand tour, viaggio pieno di avventure ma non scevro da pericoli…

Film presentato all’ultima edizione del Festival di Cannes, dove peraltro si è aggiudicato il Premio per la migliore regia. Grand Tour del regista portoghese Miguel Gomes andrà inoltre a rappresentare il Portogallo per la corsa agli Oscar 2025. Storia, certamente visionaria e piena di ostacoli, che accompagna Edward lontano dalla propria fidanzata che, partita da Londra, si appresta, almeno nelle intenzioni, a sposarlo. Di tutt’altro avviso il giovane che invece fugge, preso dal panico di dover affrontare questo legame che sembra ossessionarlo. Ecco che inizia per entrambi il grand tour, stesso itinerario ma una sulle tracce dell’altro senza mai incontrarsi. Con una fotografia mozzafiato in bianco e nero, vengono documentati luoghi di grande tradizione culturale. Le visioni di un tempo sono intercalate con le immagini di oggi, in una babele di paesi e lingue diversi. Ma in definitiva qual’è il messaggio che si vuole trasmettere?

Grand Tour è un viaggio dove i due dovranno affrontare varie avventure, rischiando anche la vita pur di raggiungere il proprio scopo. Ma in fin dei conti chi dei due è la preda da braccare? Un intreccio di situazioni che fanno vivere questo spettacolare percorso anche all’interno dei protagonisti che si trovano a esplorare per la prima volta se stessi. Una miscela di passato e presente per lasciarsi andare, con un sottile sarcasmo, all’imprevedibilità della vita e di tutto ciò che la stessa ci presenta. I due attori protagonisti Gonçalo Waddington e Crista Alfaiate, rispettivamente Edward e Molly, esprimono contrapposti sentimenti. Il primo chiuso e malinconico nel suo silenzio, l’altra invece sempre pronta e determinata con le sue risate prorompenti. Un film quindi che va capito e che ha bisogno dei suoi tempi per introdurre lo spettatore in questo viaggio, tra sogno e realtà.

data di pubblicazione:4/12/2024


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L’ORCHESTRA STONATA di Emmanuel Courcol, 2024

L’ORCHESTRA STONATA di Emmanuel Courcol, 2024

Thibault (B. Lavernhe) è un apprezzato direttore d’orchestra. Gli è stata diagnosticata la leucemia e deve fare delle indagini. Scopre di essere stato adottato e di avere un fratello di sangue anche lui adottato. Jimmy (P. Lottin) vive in un villaggio nel Nord della Francia. Anche il secondo ama la musica. Suona però il trombone in una banda di paese che è alla ricerca di un capobanda. Diversi per esperienze di vita, livelli culturali e per carattere i due fratelli impareranno a conoscersi e…

 Presentato con lusinghieri giudizi sia a Cannes 24 che all’ultima Festa di Roma, questo quarto lungometraggio di Courcol che lo ha scritto, diretto ed interpretato è senz’altro un buon lavoro! L’autore conosce bene il suo mestiere, sa come scrivere, dirigere e come e quando toccare con levità il cuore degli spettatori. Conosce i tempi comici e gli equilibri fra il dolce e l’amaro. In modo particolare, sa circondarsi anche di attori di talento. Il film ha l’intelligenza di non prendersi troppo sul serio pur essendo confezionato alla perfezione per cogliere la sensibilità del pubblico. A parte lo spunto drammatico iniziale, al suo centro ci sono soprattutto le identità familiari, il determinismo sociale, le disparità economiche e culturali e la Musica. La bellezza e la forza della Musica. Senza mai eccedere né in seriosità né in banalizzazioni la grazia de L’Orchestra Stonata è proprio nella capacità del regista e dei suoi interpreti di restare in equilibrio sulle varie sfaccettature della vicenda senza mai privilegiare un tema rispetto ad un altro. Tutto un abile gioco di dettagli e sfumature che consente di mantenere un tono brioso e leggero anche nei momenti seri. Un buon film senza grandi pretese che non scivola nel melodramma o nei possibili cliché. La chiave di tutto è ovviamente una sceneggiatura attenta e dettagliata con dialoghi ben scritti e reali. I ritmi sono incalzanti in una giusta alternanza fra momenti seri e spazi comici. La musica è ovviamente al centro di tutto e quindi la colonna sonora non può che essere complice e sublime fino al magnifico finale. Il cast tutto, è in stato di grazia, vivace, convincente e mai esagerato.

L’Orchestra Stonata è una piccola emozionante commedia di caratteri che ha quel sapore rassicurante delle cose già viste e conosciute. Ci seduce con la sua grazia e la sua tenera semplicità. Buon vecchio cinema popolare nel senso più nobile del termine. Un simpatico ed intelligente feel good movie che farà passare buoni momenti con sorrisi, risate ed anche qualche lacrima.

data di pubblicazione:4/12/2024


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CRIATURE di Cécile Allegra, 2024

CRIATURE di Cécile Allegra, 2024

Mimmo Sonnino, dopo aver fatto per anni l’insegnante, si dedica ora all’attività di educatore di strada a Napoli. Il suo compito è di attirare i giovani, con l’aiuto dell’arte circense, affinché possano tornare a studiare e conseguire così la licenza di terza media. I ragazzi sono molto attirati dai metodi da lui applicati e lo assecondano in tutto. Spesso dovranno lottare con l’ostinazione dei genitori che li vorrebbero subito a lavorare per guadagnarsi la vita…

La regista, romana ma parigina d’adozione, ha dichiarato che questo suo film ha avuta una lunga gestazione, in quanto pensato e ripensato più volte. Era una sua ferma convinzione che l’ha portata a studiare bene una sceneggiatura che valesse la pena di portare sul grande schermo. Anche la scelta del cast non è stata proprio casuale avendo coinvolto in prima battuta Marco D’Amore nei panni dell’intraprendente insegnante. Marianna Fontana ricopre il ruolo dell’assistente sociale che lo affianca in questa titanica impresa per le strade dei bassifondi napoletani. Quest’ultima stagione cinematografica ha visto molti film ambientati a Napoli, città dai mille volti che suggerisce degli stereotipi, più di ogni altra realtà italiana. Gli ingredienti sono gli stessi: i giovani, non certo responsabili del degrado sociale, costretti per necessità ad abbandonare gli studi pur avendone le capacità. Sarà compito del professore Sonnino quello di allontanare con la forza questi ragazzi dalla strada per farli di fatto ritornare sulla strada come artisti.

Lavorando infatti come clown o giocolieri ambulanti, si guadagneranno così la simpatia del quartiere. Camorristi e gente senza scrupoli si metteranno di traverso per impedire questi obiettivi e solo la tenacia di pochi prevarrà sul malaffare. Criature è una bella favola e Napoli, proprio per le sue peculiarità, si presta bene ad essere il luogo ideale dove raccontarla. Quello che veramente colpisce e che rende il film interessante è proprio la recitazione dei ragazzi. Ognuno di loro, pur non avvezzo a essere protagonista della scena, rende il tutto realmente vero e credibile. Le loro angosce, insieme alle loro speranze, sono quelle di dover affrontare un mondo più che spietato. Quartieri disastrati che mostrano una realtà ancora da risanare e che solo la forza dei giovani potrà riscattare da un futuro grigio di miseria e corruzione.

data di pubblicazione:4/12/2024


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VITA DA CARLO di e con Carlo Verdone – III serie su Paramount, 2024

VITA DA CARLO di e con Carlo Verdone – III serie su Paramount, 2024

Un format sperimentato e di successo per un ovvio sfruttamento della quasi cinquantennale carriera del più longevo tra i comici italiani. Si gusta come una telenovela perché non c’è un nesso circostanziato e diretto tra un breve episodio e l’altro. Schegge di venti minuti con pretesti plausibili. Si avverte la mancanza di Max Tortora validissima spalla. Quando manca Verdone in primo piano (vedi disavventure amorose della figlia) la tensione si abbassa sensibilmente.

Il fil rouge dei dieci episodi è l’investitura di Verdone a direttore artistico del Festival di Sanremo. Dopo la abortita candidatura a sindaco di Roma un altro traguardo alto per un attore/autore che al cinema ha dato tutto e forse non girerà più film. Dunque un confortevole e funzionale ripiego nei mesi di pausa per un’operina seriale gradevole e senza picchi, in leggero calo rispetto al mordente delle prime due serie, sotto altre egide produttive. Chi ama Verdone sorriderà anche di fronte a questi lacerti di racconto dove a volte la pretestuosità dela trama espone tutta la propria fragilità. Tra le gemme della nuova esperienza il cantautorato di Lucio Corsi, a lungo corteggiato per la partecipazione all’evento sanremese. In particolare il trentenne romano ha un hit che spacca e che è rimasta nel cassetto per cinque anni. E Corsi sembra più credibile come attore di quanto non lo sia stato Sangiovanni nel precedente ciclo. Non dispiace di vedere alle prese con la consueta caratterizzazione la più brava attrice italiana di teatro, Maria Paiato.  Guerritore e Rocca, rispettivamente moglie e impossibile amante, sfoggiano un divertente campionario di nevrosi in linea con lo spirito dei tempi. Verdone ha una vita agitata nella finzione. Gli inconvenienti sono all’ordine del giorno, complice anche la sua popolarità. Si ritrova anche in un locale equivoco, pregno di equivoci, ricco di scambisti, un attentato alla propria reputazione.

data di pubblicazione:2/12/2024

V’ANGELO, il Vangelo secondo le donne

V’ANGELO, il Vangelo secondo le donne

uno spettacolo diretto da Simone Toni, con Ippolita Baldini, Federica Castellini, Francesca  Porrini. Produzione Teatro de Gli Incamminati

(Teatro De’ Servi – Roma, 26 novembre/1° dicembre 2024)

Irriverente rivisitazione in chiave femminile (ma non femminista) con rielaborazione dei personaggi ovviamente più vicini a Gesù, a partire da Maria, Maddalena e la samaritana. Borderline tra lo sberleffo e la blasfemia. La secolarizzazione fa si che passi tutto tra fragorose e scroscianti risate del pubblico. Saremmo in forte imbarazzo a gustarci il lazzo davanti a un religioso.

Fanno i salti mortali le tre affiatati attrici nella rilettura dei Vangeli che supponiamo rigorosa quando espongono giustappunto i passi dell’opera base.  Cento minuti di esibizione con congruo impegno fisico e necessario rispetto dei tempi di interazione dialogica.  La cornice è il mondo moderno, fatto di nevrosi, di convulse telefonate da adeguati smartphone. Teatro pieno fino all’ultima poltrona per l’ultima replica, segno che il passaparola all’insegna del gradimento ha funzionato. L’idea canzonatoria dei Monty Python è immersa in salsa romana. Ma c’è anche un uomo in scena che non è il Cristo invano evocato in una chiamata che mette l’accento sulla sua assenza. É un Ponzio Pilato provolone che, secondo tradizione, si lava le mani, salvo ricorrere al ballottaggio Gesù-Barabba. Scenografia essenziale con panchina LBGT, ideale contenitore per i regali dispensati a Maria in vista del lieto quanto imprevisto evento. Trama originale fatta di un affastellamento di spunti sviluppati in ordine cronologico fino al ben noto epilogo. Curioso l’impatto tra la commedia leggera, la profondità dei tempi trattati, i Vangeli e la Bibbia.  Dunque coefficiente di un cocktail ad alto rischio. Il mondo problematico di oggi si confronta con il dramma di ieri per cercare di produrre un messaggio di amore universale nel segno di Maria che non è solo puro strumento del mistero della fede.

data di pubblicazione:2/12/2024


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VORREI UNA VOCE di e con Tindaro Granata

VORREI UNA VOCE di e con Tindaro Granata

disegno luci Luigi Biondi, costumi Aurora Damanti, assistente alla regia Alessandro Bandini, produzione LAC Lugano Arte e Cultura in collaborazione con Proxima Res

(in tournée)

Tindaro Granata si fa portavoce in scena di chi una voce non ce l’ha, di chi è troppo lontano da tutto per poter essere ascoltato. Voce di donne che non hanno più la spensieratezza e la libertà per sognare. Racconta le storie di cinque detenute nella Casa Circondariale di Messina, frutto di un lavoro iniziato nel 2019 nell’ambito del progetto Il Teatro per Sognare di D’aRteventi diretto da Daniela Ursino, che ha visto in scena nel teatro del carcere prima le detenute-attrici e ora, in forma di monologo, l’attore siciliano. (foto di Masiar Pasquali)

Sono storie di madri, di figlie, di mogli quelle che si fa carico di raccontare Tindaro Granata. Donne la cui colpa è spesso quella di aver dato fiducia all’uomo sbagliato, imbrigliate nella morsa di una famiglia che le ha trattenute come filo spinato. Storie di donne abusate, raggirate, truffate che stanno scontando una pena per la quale sono state già condannate e con cui Granata, che racconta anche la sua di storia, invita a empatizzare. Chiama in causa lo spettatore chiedendogli di lasciare da parte il giudizio, per prendere coscienza di una condizione sconosciuta e lontana. Una condizione resa ancora più aspra da un meccanismo di regole e proibizioni del sistema detentivo che ha tra le prime conseguenze per le detenute l’inibizione della femminilità e la libera espressione del proprio essere.

Le canzoni di Mina cantate in playback sono il trucco di finzione dietro il quale si maschera la paura di doversi raccontare, prima di tutto a sé stesse. Proponendo un gioco che Granata faceva da bambino, i testi mimati diventano un veicolo per far venire fuori le emozioni, per tornare a sognare. Immedesimarsi con il personaggio di Mina è tentare di restituire quel senso di femminilità che le sbarre hanno fatto dimenticare.

Le luci di Luigi Biondi evocano le personalità assenti delle detenute, restituite anche nell’imitazione di movenze e dialetti da Granata. Pulsano sul volto dell’attore con il ritmo di un respiro. Sono una polvere luminosa che si stacca dagli abiti fatti di paillettes di Aurora Damanti e cade a terra, lasciando il riverbero di un sogno da recuperare, da riformulare.

Tindaro Granata trasmette un grande rispetto per le storie che racconta. Se ne prende cura, con gentilezza e sensibilità. Lo spettacolo è un omaggio a queste esistenze e a tutti coloro che hanno smesso di sognare. Ma soprattutto è un omaggio al teatro, come mezzo che attraverso l’illusione del “far finta di”, restituisce una libertà negata.

data di pubblicazione:1/12/2024


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