da Antonio Iraci | Set 25, 2024
Lili d’Alengy è una donna emancipata e corteggiata a Parigi da molti uomini facoltosi. Dal suo matrimonio, poi di fatto annullato, è nata Tina, una bambina disabile di cui si prende cura la nonna. Alla sua morte la piccola viene recapitata a Lili come un pacco sgradito che potrebbe seriamente compromettere la sua bella vita da cocotte. Venuta a sapere di un istituto sperimentale che a Roma cura i bambini portatori di handicap, vi si trasferisce momentaneamente con la ferma intenzione di liberarsi da quella ingombrante presenza. Dall’incontro scontro con Maria Montessori la donna inizierà a rivedere la vita finora vissuta…
Ci si chiede come mai accanto al nome Montessori, al quale oramai universalmente si riconosce il merito di aver concepito un metodo pedagogico innovativo, la regista abbia sentito la necessità di aggiungere l’epiteto di nouvelle femme. Il perché viene rivelato man mano che si seguono le vicende delle due protagoniste di questa incredibile storia. Lili (Leïla Bekhti) è una donna traviata e di fatto sola che deve nascondere agli altri e a se stessa una figlia disabile. Maria (Jasmine Trinca) è pure una donna e, esattamente come Lili, deve celare un figlio illegittimo avuto con il suo collega e amante Giuseppe Montesano. I fatti concreti sembrano gli stessi anche se con presupposti diversi. Entrambe sono delle eroine perché rivoluzionano il concetto di donna così come era concepito all’inizio del Novecento. Il film vuole esattamente lanciare un messaggio di emancipazione dagli stereotipi patriarcali di quel tempo e mutatis mutandis anche dei tempi di oggi. Maria Montessori veniva ostacolata per i suoi studi di medicina, non adatti al genere femminile, e per le sue idee educative e di recupero dei bambini disabili. Lavorava senza alcun riconoscimento retributivo per il suo impegno, quasi alla stessa maniera di oggi. Infatti, nonostante il dichiarato lento processo di riscatto sociale, le donne faticano ancora a essere retribuite come i colleghi di sesso maschile, a parità di onere lavorativo. Un film che vuole lanciare un messaggio sociale, ben girato e con un’ottima fotografia che a tratti, per i costumi e per le location, potrebbe senz’altro fare riferimento agli impressionisti francesi. Uno studio attento della figura di Maria Montessori, lo spaccato della sua esistenza come amante e come scienziata che decise persino di opporsi al matrimonio con il padre di suo figlio, pur di non perdere la sua libertà e i suoi ideali. Una regia perfetta e una cura minuziosa dei particolari che ha sicuramente contribuito a rendere possibile la messa in scena di una storia in cui i disabili, quelli veri, sanno esprimere il meglio di se stessi soprattutto con l’aiuto della musica, elemento irrinunciabile nel nuovo sistema educativo.
data di pubblicazione:25/09/2024
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da Daniele Poto | Set 25, 2024
Un accuratissimo e approfondito documentario mette a fuoco, nel trentennale della scomparsa, la parabola del più incisivo attore di cinema nella stagione di fremente passione politica, a cavallo del terrorismo. Dai primi successi televisivi e/o teatrali (v. L’idiota, in tandem con Albertazzi) all’eclissi dell’ideologia dal 1989 quando viene abbattuto il Muro di Berlino.
Un tributo intelligente, appassionato e caloroso quello che Zippel ha riservato all’attore che si è fatto maschera e non divo cavalcando le pellicole più inquiete e profetiche a cavallo degli anni ’70 e ’80. Lavorando con Petri indicibile sull’onirico e con Rosi sulla fedele documentazione, Volontè ci ha regalato personaggi indimenticabili. Uomini reali e facce da cui è entrato e uscito con fatica e insieme disinvoltura. Il cast è fatto di testimonianze accorate e significative, anche da parte di chi l’ha vissuto di riflesso. Come un maestro. I nomi interpellati bastano a sollecitare il desiderio di visione: Fabrizio Gifuni, Valeria Golino, Marco Bellocchio. Pierfrancesco Favino, Toni Servillo, Giuliano Montaldo, Valerio Mastandrea, Margarethe Von Trotta, Daniele Vicari. Come dimenticare le interpretazioni in Indagine di un cittadino al disopra di ogni sospetto, La Classe operaia va in paradiso, Il Caso Mattei, Sacco e Vanzetti, le due rivisitazione di Moro (1978/1986) con la coraggiosa deriva omosessuale che provocò il disgusto dell’uomo politico interessato, poi soppresso dalle Brigate Rosse. Prima militante, poi cittadino infine attore interventista, sempre molto attento nella scelta dei film da girare nel segno di un impegno civile di bandiera e di partito. Integro, meticoloso, intransigente. Negli anni ’90 Volontè prediligerà i toni più sfumati e riflessivi, parallelamente con l’insorgere di una maturità piena, prima di essere vinto da un infarto tra le rovine di Mostar per l’ultima prova incompiuta del film di Angelopoulos.
data di pubblicazione:25/09/2024
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da Accreditati | Set 24, 2024
Un grande evento culturale ad ingresso gratuito e quindi aperto alla cittadinanza, annuncia la ripresa delle attività teatrali del Teatro Arcobaleno che martedì 24 e mercoledì 25 settembre apre il sipario per ospitare Italiani d’Argentina – sguardi, corpi e opere iniziativa al suo decimo anno di vita, ideata e diretta da Stefano Angelucci Marino e Rossella Gesini del Teatro del Sangro e riconosciuta dal Ministero della Cultura come “Progetto Speciale 2024 per il Teatro” che ha trovato accoglienza nella sala di Via Francesco Redi 1, nei pressi di Villa Torlonia, come anticipazione dello spettacolo teatrale Stèfano di Armando Discepolo che andrà in scena nella medesima sala dal 25 al 27 ottobre chiudendo una tournèe iniziata a Buenos Aires e applaudita nelle regioni del Bel Paese che hanno maggiormente vissuto il fenomeno migratorio nel Sud America.
Quattro gli appuntamenti che si avvicenderanno sul palcoscenico del Teatro Arcobaleno nel corso delle due giornate, opportunamente introdotti dall’ideatore e curatore del Progetto che vede a Roma la conclusione di conferenze, proiezioni e mostre fotografiche svoltesi con successo presso le sale teatrali di L’Aquila, Marino, Locri e Vejano proponendo approfondimenti di illustri nomi di drammaturghi madrelingua argentina rigorosamente accompagnati da traduttori nostrani.
Martedì 24 alle ora 18,00 verrà proposta in videoconferenza da Stefano Angelucci Marino, la drammaturga italo argentina Patricia Zangaro, le cui opere sono state tradotte in francese, inglese, portoghese, italiano, seguita alle 21,00 dalla video proiezione integrale dello spettacolo Stèfano di Armando Discepolo, autore italo-argentino degli anni ’30, capofila del grottesco criollo e considerato all’unanimità uno dei padri del teatro nazionale spiegato in presenza direttamente da Ruben Pires, regista e docente teatrale giunto per l’occasione da Buenos Aires per svelarne l’opera al pubblico italiano.
Mercoledì 25 lo stesso Stefano Angelucci Marino, sempre in videoconferenza, proporrà al pubblico Daniel Veronese, attore, regista e drammaturgo, autentico maestro del teatro argentino nonché nome di riferimento in tutto il continente Latino Americano.
Sempre mercoledì 25, a partire dalle 21,00, andrà in scena in lingua argentina lo spettacolo Todos los pàjaros que me saludan tienen la sonrisa de Gardel di Sebastian Irigo e Luis Longhi diretto dal primo e interpretato dal secondo.
“Intento della rassegna” spiega lo stesso Angelucci “è raccontare attraverso eventi internazionali, spettacoli, campus formativi, convegni e incontri, la cultura italiana e la sua vitalità nel panorama mondiale proponendo differenti drammaturgie di autori italiani e italo-argentini classici e contemporanei, messi in scena da registi e attori argentini, italo-argentini e italiani selezionati tra quelli di maggiore interesse culturale e spettacolare. In pratica far conoscere e far riconoscere al pubblico l’Italia che è fuori dall’Italia.”
In perfetta linea con l’obiettivo del progetto, l’ingresso e la partecipazione agli incontri, alla video proiezione in lingua originale di Stèfano di Armando Discepolo ed allo spettacolo in lingua argentina Todos los pàjaros que me saludan tienen la sonrisa de Gardel di Sebastian Irigo e Luis Longhi sarà gratuita. Nel corso del Progetto, verrà esposta la Mostra Fotografica I VOLTI DELLE DONNE con materiale originale raccolto in collaborazione con Casa Argentina. Informazioni e prenotazioni presso teatro Arcobaleno 06 44248154 o 338 4279858.
data di pubblicazione:24/09/2024
da Daniela Palumbo | Set 23, 2024
Presentato al festival di Toronto nel settembre 2023, questo dramma familiare giunge esattamente un anno più tardi nei cinema statunitensi ed è da poco approdato su Netflix. Diretto e sceneggiato da Azazel Jacobs, il film affida alla magistrale interpretazione di tre brave attrici il difficile compito di raccontare la storia di una agonia. Si tratta dell’imminente morte di un padre, che costringe le tre figlie (di cui una adottiva) a riunirsi nella stessa casa – la casa di lui – affrontando ciascuna a modo proprio il dolore di una perdita inevitabile e cercando di superare divergenze ed incomprensioni.
Sorelle si diventa. Non sempre si nasce. Questo film, che pone in primo piano le “figlie” di qualcuno (His, di lui) già nell’insolito titolo, in realtà delinea il ritratto di tre sorelle. Biologiche e non. E parla di morte. Continuamente parla di morte. Con parole e con immagini (fotogrammi di “natura morta” – tazze, libri, sedie vuote – spesso sono mostrati in successione). Una morte annunciata pervade ogni singola scena. È uno “stare per morire” il leitmotiv della storia, scandito da una nota – sempre la stessa – che ossessivamente si ripete. Regolare come un ticchettio, è il suono emesso dal macchinario che monitora i valori vitali del padre agonizzante, espediente usato per “battere il tempo” che gli rimane. Un tempo fatto di atmosfere cupe, di silenzi pesanti e molto più spesso di dialoghi. O piuttosto di monologhi, recitati secondo un copione che pare già scritto da tempo, per caratteri ben definiti. Così, l’arcigna e inflessibile Katie – impegnata a redigere il necrologio e a far firmare documenti – si contrappone all’indocile e più spontanea Rachel, che fuma erba e gioca alle scommesse. Nel mezzo si colloca Christina, ex figlia dei fiori dall’istinto materno quasi morboso, ebbra di prolattina e stucchevole come marmellata (lo dice il nome stesso della sua bambina, Mirabella, non a caso pronunciato più volte e replicato persino nella figura dell’assistente domiciliare). Tre figlie dello stesso padre, dunque. Tanto diverse, apparentemente inconciliabili. Prigioniere di ruoli troppo rigidi, intrappolate tra le pareti di casa fino al momento fatidico, le tre donne – bene interpretate dalle talentuose Carrie Coon, Natasha Lyonne ed Elizabeth Olsen – avranno il merito di far evolvere nel corso della narrazione ciascuna il proprio personaggio, trasformandolo in qualcosa di diverso e più compiuto. A tutto tondo. E se è impossibile sottrarsi alla morte, cui ogni essere umano è destinato, non lo è altrettanto il poter mutare, rinnovare se stessi rinnovando così la vita. E allora ecco che quel papà Vincent (Jay O. Sanders) il cui volto è celato per tutto il tempo dietro una porta socchiusa, si svela, alla fine, in un epilogo per nulla scontato: fantasioso, come un gioco di prestigio (papà potrebbe fare il giocoliere!), commovente senza risultare melenso, visionario senza perdere il contatto col reale. Un epilogo che chiude il cerchio in armonia, con una triade tutta al femminile. Tre donne, tre sorelle, riunite davvero nel profondo. Nel nome di quel padre che non si fa pregare e che non predica, ma che fa bip, bip, biiiip…
data di pubblicazione:23/09/2024
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da Antonella Massaro | Set 22, 2024
Da Venezia a Roma nel Lazio, 19 settembre/1 ottobre 2024
Un ospedale, un gruppo di pazienti divenuti amici e confidenti, una riflessione onirica e poetica sul senso della vita e sulla inevitabilità della morte.
La vita in ospedale scorre tranquilla. Mentre un paziente muore e l’altro si risveglia dal coma, circondati a volte dall’ipocrita affetto dei loro cari, un gruppo di ospiti (tra cui Valerio Mastandrea, Lino Musella, Laura Morante) sembra aver trovato un suo equilibrio in quel groviglio di corsie e camici che finisce per diventare familiare. L’arrivo di una nuova paziente, però, (Dolores Fonzi) mette in discussione la scontata routine dei pazienti, ricordando a tutti che i legami profondi, che riempiono la vita, sono anche quelli che rendono più faticosa la morte.
Dopo Ride, Valerio Mastrandrea torna dietro la macchina da presa per dirigere, di nuovo, un film che riflette sull’inafferrabile e incomprensibile confine che separa la vita e la morte. Prova a farlo dando un corpo alle anime e inneggiando a chi, “nonostante” tutto, trova il coraggio di amare, in attesa che l’ultima folata di vento arrivi a liberare la stanza. Perché tutti, prima o poi, dobbiamo lasciare la nostra stanza.
Il racconto è affidato a una dimensione onirica interessante e originale, anche se l’impressione è che la scrittura del film (Valerio Mastrandrea ed Enrico Audenino) non sempre riesca a sorreggere la potenza dell’idea narrativa. Perfetto l’intero cast, capace di raccontare la malattia e la morte con una serenità che non diviene mai rassegnazione e che di fronte all’amicizia e all’amore trova sempre il coraggio per un salto nel vuoto.
Il film è dedicato ad Alberto Mastandrea, il padre di Valerio, scomparso lo scorso anno.
Prodotto, tra gli altri, da HT Film (Viola Prestieri e Valeria Golino) e da Damocle (la società di produzione di Valereio Mastrandrea, Francesco Tatò, Oscar Glioti e Zerocalcare), Nonostante è stato presentato durante la 81 edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia (sezione Orizzonti). La distribuzione nelle sale è prevista per marzo 2025.
data di pubblicazione: 22/09/2024
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da Antonio Iraci | Set 20, 2024
Salvatore Nastasi, neo Presidente della Fondazione Cinema per Roma, insieme a Paola Malanga, direttrice artistica della Festa del Cinema di Roma, hanno presentato la diciannovesima edizione della kermesse cinematografica romana che aprirà ufficialmente i battenti giorno 16 Ottobre con il film Megalopolis di Francis Ford Coppola, già presentato in concorso al Festival di Cannes. Come si è voluto sottolineare, l’identità di questa Festa si è trasformata negli anni diventando adesso un vero e proprio Festival, riconosciuto per importanza accanto agli altri di fama internazionale. Ci sarà un giuria, composta da professionisti del cinema, e lo stesso pubblico sarà chiamato a dare il proprio voto per l’assegnazione dei vari premi. Saranno proiettati, anche in varie Sezioni collaterali, un centinaio di film e verranno assegnati anche due premi alla carriera e precisamente uno a Viggo Mortensen che presenterà The Dead Don’t Hurt, un western femminista dove lui stesso reciterà accanto a Vicky Krieps. Il secondo a Johnny Deep anche lui alla regia con il film Modì, sulla vita di Modigliani e interpretato da Riccardo Scamarcio. 18 sono i film in Concorso Progressive Cinema – Visioni per il mondo di domani, provenienti da 29 Paesi. Di seguito l’elenco completo.
- 100 LITRES OF GOLDdi Teemu Nikki, Finlandia, Italia, 2024, 88’ |World Premiere
- L’ALBEROdi Sara Petraglia, Italia, 2024, 92’| Opera prima | World Premiere
- L’ART D’ÊTRE HEUREUXdi Stefan Liberski, Belgio, Francia, 2024, 109’
- LA GRANDE AMBIZIONEdi Andrea Segre, Italia, Belgio, Bulgaria, 2024, 122’| World Premiere
- BRING THEM DOWNdi Christopher Andrews, Irlanda, Regno Unito, Belgio, 2024, 105’| Opera prima
- LE CHOIXdi Gilles Bourdos, Francia, 2023, 77’| World Premiere
- ES GEHT UM LUIS(ABOUT LUIS) | Opera prima |di Lucia Chiarla, Germania, 2024, 97’
- GREEDY PEOPLEdi Potsy Ponciroli, Stati Uniti, 2024, 115’
- L’ISOLA DEGLI IDEALISTIdi Elisabetta Sgarbi, Italia, 2024, 114’| World Premiere
- JAZZYdi Morissa Maltz, Stati Uniti, 2024, 86’
- KUN BANG SHANG TIAN TANG(BOUND IN HEAVEN) di Huo Xin, Cina, 2024, 109’| Opera prima
- READING LOLITA IN TEHRAN(LEGGERE LOLITA A TEHERAN) di Eran Riklis, Italia, Israele, 2024, 108’| World Premiere
- LA NUIT SE TRAÎNEdi Michiel Blanchart, Belgio, Francia, 2024, 91’| Opera prima
- POLVO SERÁNdi Carlos Marques-Marcet, Spagna, Italia, Svizzera, 2024, 106’
- QUERIDO TRÓPICOdi Ana Endara, Panama, Colombia, 2024, 108’| Opera prima
- SPIRIT WORLDdi Eric Khoo, Francia, Giappone, Singapore, 2024, 105’
- PARADISO IN VENDITAdi Luca Barbareschi, Italia, Francia, 2024, 107’| World Premiere
- THE TRAINERdi Tony Kaye, Stati Uniti, 2024, 95’| World Premiere
L’edizione di quest’anno sarà dedicata a Marcello Mastroianni per ricordare i 100 anni dalla sua nascita. Si prospetta quindi un programma molto intenso anche per l’interessante rassegna di film in Alice nella Città. Come negli anni passati verrà dato risalto alle opere prime di autori italiani, ai temi sociali e di attualità e anche alle serie tv. Come di consueto Accreditati sarà sempre presente alla manifestazione e vi terrà costantemente aggiornati sui film visionati.
data di pubblicazione:20/09/2024
da Daniele Poto | Set 20, 2024
con Massimo Venturiello, Maria Letizia Gorga, Franco Mannella, Claudia Portale, Carlotta Proietti, scene di Alessandro Chiti, arrangiamento musicale di Mariano Bellopede
(Teatro Sala Umberto Roma,19/22 settembre 2024)
Coraggioso tentativo di attualizzare con massimo rispetto drammaturgico un grande della scena romana. Ascolti Venturiello e hai la tentazione di fare il confronto con l’autore/attore Petrolini ma anche con l’indimenticabile Mario Scaccia. Paragone scomodo ma non significativo perché Venturiello, volutamente meno mattatore e istrione dei predecessori, lascia liberi i partner di esprimersi restituendo loro una centralità da interpreti non secondari.
Chicchignola double face. Cornuto consapevole, ingenuo, apparentemente derecebrato nel primo tempo. Lucido implacabile conseguenziale nel secondo. Così il fabbricante di giocattoli che si arrabatta nella vita diventa un pittore consapevole del proprio destino. Gioco a due di uomini con amanti, falsi amici. Per interesse e per furbizia. Chicchignola si traveste anche da ladro per beffare il fedifrago. E architetta un gioco d’amore per consentire alla presunta amante di sposarsi. Un primo tempo già decisamente appagante, una ripresa che scioglie i nodi. Nodo del plot la trasferta a Chianciano per guarire dal mal di fegato. Un intermezzo di dieci giorni che illimpidisce la tensione amorosa e in un caso la deteriora. Rappresentazione ineccepibile con il valore aggiunto del contorno musicale. Con cantanti (vedi Gorga) assolutamente a proprio agio. Sala piena per la prima per un virtuale inizio di stagione per la scena romana. Venturiello conferma la propria duttilità investendosi di una parte inaspettata per chi lo conosceva come attore drammatico. In platea la compagna Tosca. Qui è lì spunta qualche petrolinata fuori contesto ma che suscita ovviamente l’ilarità generale nel ricordo degli sketch che furono. Ma alla satira si accompagnano mezzi toni quasi languorosi e meditativi, generoso complemento per il cocktail tutti gusti.
data di pubblicazione:20/09/2024
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da Maria Letizia Panerai | Set 19, 2024
La scritta Anywhere anytime spicca sul contenitore giallo che Issa porta sulle spalle mentre cerca di sopravvivere facendo il rider per le strade di Torino. Nonostante sia da sei anni in Italia è ancora un immigrato clandestino.
Issa è solo e possiede un cellulare con cui comunica con la sua famiglia in Senegal, a cui cerca di inviare soldi appena può. Dorme e mangia presso i locali della Caritas. Ogni suo giorno è una lotta per la sopravvivenza in una città italiana come tante che sembra non volerlo accogliere, tranne che in rari momenti di inaspettata umanità. Ma lui, chiuso nella sua cupezza con uno sguardo che racconta la sua storia, vuole solo lavorare per inviare i soldi a sua madre. Dopo essere stato licenziato ai mercati generali perché sprovvisto del permesso di soggiorno, chiede aiuto a Mario, un suo conterraneo che lavora nelle cucine di un ristorante. Questi gli fa comperare una bicicletta usata, gli regala lo zaino giallo indispensabile per il trasporto su due ruote e gli presta per il weekend il suo smartphone così che possa ricevere le prime chiamate. L’indomani Issa comincia a correre sulla sua bici, fa le sue prime consegne e torna presso i locali della Caritas stanco ma fiero della sua prima giornata di lavoro. Così invita una ragazza, che dorme nel container accanto al suo, a fare un giro serale per Torino con lui in bici. Sembra l’inizio di una vita vera. L’indomani, dopo una consegna, la bici gli viene rubata. Issa vede il ladro e lo rincorre. Ma è solo l’inizio della sua odissea per tornare in possesso di quel mezzo per lui indispensabile.
La sceneggiatura, declinata nel mondo attuale, di questo bellissimo esordio alla regia dell’iraniano Milad Tangshir, ricorda Ladri di biciclette di De Sica, Premio Oscar nel 1950. Nel 2019 fu il grande Ken Loach con Sorry me missed you, dal titolo emblematico proprio come Anywhere anytime, ad affrontare il tema degli “schiavi del nuovo millennio” che svolgono lavori usuranti e senza tutele, simbolo di uno sfruttamento che si consuma ogni giorno sotto i nostri occhi. Ma nonostante le affinità citate, il film di Milad Tangshir vive di vita propria e ci catapulta in una storia dura, di grande effetto ed impatto emotivo, che deflagra nel nostro stomaco sino a farci sentire piccini per la nostra reiterata cecità. Assistiamo alla disperazione di questo ragazzo che non ha nulla e che lotta per sopravvivere in un mondo estraneo e fondamentalmente ostile. Issa è l’emblema dell’invisibilità, eppure la sua vita come quella di tantissimi immigrati è sotto i nostri occhi, tutti i giorni. L’attore non professionista Ibrahima Sambou è il protagonista di questa storia che passa attraverso il suo corpo, il suo sguardo, le sue corse disperate, le sue rinunce e i suoi sforzi per poi dover drammaticamente ricominciare sempre tutto da capo. Assolutamente da non perdere.
data di pubblicazione:19/09/2024
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da Antonio Iraci | Set 18, 2024
Lino Massaro è un valente avvocato parigino con una bella moglie, attrice di successo, e due giovani figli: una cantautrice, e uno con la velleità di diventare cineasta. Ogni cosa sembra andare per il verso giusto quando improvvisamente viene colpito da una strana forma di demenza fronto-temporale che gli ha tolto ogni freno inibitorio. Da quel momento deciderà di abbandonare tutto e tutti per girovagare per la Francia senza fissa dimora, accompagnato solo dalla sua tromba…
Pochi sono i registi che raggiungono dei traguardi così significativi come Claude Lelouch che al suo film n.51ancora una volta riesce a raccontare di sé e in generale dell’uomo di oggi. Una sua prerogativa è infatti quella di portare sullo schermo le proprie esperienze di vita, il vissuto di un uomo che ha abbondantemente superato gli ottanta anni e che ha ancora la forza e la voglia di parlare. Lui è essenzialmente rivolto al presente, dimenticando il passato perché morto e evitando il futuro perché lo rende ansioso. Quest’ultimo film, decisamente musicale, si concentra sulla validità dei sentimenti e sprona chiunque a rinunciare a ogni tipologia di razionalismo sterile per lasciarsi invece andare a tutto quello che c’è di irrazionale in noi. Il protagonista (un’incredibile Kad Merad) si inventa una fantomatica malattia per trovare la forza di abbandonare la professione e la famiglia e lasciarsi dietro le spalle tutte quelle forme convenzionali che la vita gli imponeva. Per questo motivo il regista parla dell’individuo che è privo della libertà di esprimere realmente ciò che pensa ed è costretto dalla società a giocare un ruolo che per natura non gli compete. La musica, in ogni sua forma, potrà essere un fattore determinante perché dialoga direttamente con il cuore e trascura gli stereotipi che ingabbiano l’uomo. Viene suggerito di affrancarsi dall’ossessione del denaro che, quando c’è, va usato e condiviso con gli altri perché altrimenti non genera felicità. Finalmente, come recita il titolo, ci si potrà esprimere come meglio si vuole e Lino, che il regista intenzionalmente chiama così per ricordare e riverire il grande Lino Ventura, con il suo atto di rifiuto intende proprio seguire questa strada. Un percorso che gli farà incontrare l’amore, forse proprio quello sincero. Un film pieno di musica e di sentimento, una commedia leggera, interpretata da un cast di prim’ordine, che spinge alla riflessione, a prendere una pausa dall’inarrestabile frenesia del vivere quotidiano. È stato presentato in anteprima fuori concorso durante l’ultima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
data di pubblicazione:18/09/2024
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da Antonio Jacolina | Set 18, 2024
L’avvocato Monier (Daniel Auteuil) è un affermato professionista che avendo fatto assolvere dall’accusa di omicidio un suo cliente poi risultato pluriassassino, ha giurato a se stesso di non trattare mai più certi casi giudiziari. L’incontro con un padre di cinque figli accusato di aver ucciso la moglie alcolista lo pone però in crisi. Ne farà un caso personale e si butterà animo e corpo per sostenere e provare la sua innocenza …
I Film Processuali vanno alla grande nel Cinema Francese. Lo testimoniano i recentissimi successi di critica e di pubblico di Anatomia di una caduta e de Il Processo Goldman. Dai lontani classici di Hitchcock e di Lumet fino ai sopraccitati film della Triet e di Kahn, il Cinema Processuale mantiene sempre i suoi propri codici di genere che rispondono ad una drammaturgia oramai ben definita e ben caratterizzata. Con questo suo quinto film (presentato a Cannes 2024) anche Auteuil che ne è cosceneggiatore e protagonista si cimenta nell’affrontare il Genere Giudiziario.
Lo fa con consapevole ed apprezzabile sobrietà e finezza di stile senza nulla inventare, con modestia, quasi “alla vecchia maniera”. Un film teso, asciutto, intenso, coinvolgente e mai noioso. Intelligentemente prova però a metterci un tocco di singolarità che rende particolare una storia altrimenti generica. Dietro la suspense del polar processuale l’autore e regista rappresenta la vicenda con l’ottica dell’avvocato. Ne risulta un suggestivo ritratto, umano e psicologico della sottile frontiera fra il narcisismo, l’accecamento e la genesi di un personale convincimento. Al centro ci sono le solitudini dei protagonisti: il penalista ed il suo assistito, la relazione particolare che si può stabilire fra loro, la formazione dell’intima convinzione dell’avvocato difensore. Il progressivo affermarsi del potente Ego dell’avvocato lo porterà però ad identificarsi nel ruolo di “salvatore”, un conflitto fra la forza delle sue opinioni e la fragilità dell’uomo. Sullo sfondo la fallacità della Giustizia umana che è tale proprio perché resa da uomini che in assenza di prove evidenti devono fare appello solo alle proprie valutazioni. Lo spettatore assiste al dibattito in aula, alle presunte ricostruzioni dei fatti, agli scontri fra difesa ed accusa, ai colloqui fra inquisito e difensore e si forma così anche lui la propria intima convinzione come un membro della Giuria che dovrà pronunciarsi sulla causa. La Verità andrà cercata oltre le apparenze all’interno di quel teatro che sono le aule processuali ove ognuno rappresenta la propria verità, in un crescendo di dubbi ed incertezze. La vicenda è filmata in aula, in cella, in parlatorio con la cinepresa sempre fissa sui volti dei protagonisti. Uniche interruzioni, quasi boccate d’ossigeno, sono le immagini della circostante Camargue invernale. Il ritmo narrativo è scientemente lento come lenti sono i tempi della giustizia. La messa in scena ed il taglio delle inquadrature accentuano l’impostazione quasi teatrale. Piccoli difetti di un film che ribadisce la bravura di Auteuil come attore e ne conferma anche il talento come regista.
La Misura del Dubbio è quindi un buon dramma giudiziario, coinvolgente e con un punto di vista che gli dà un tocco di originalità all’interno di una rappresentazione sobria e concreta, diretta con finezza ed ottimamente interpretata. Non deluderà!
data di pubblicazione:18/09/2024
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