LA BUONA NOVELLA di Fabrizio De André

LA BUONA NOVELLA di Fabrizio De André

drammaturgia e regia di Giorgio Gallione, con Neri Marcorè, Rosanna Naddeo, Giua, Barbara Casini, Anais Drago, Francesco Negri, Alessandra Abbondanza

(Teatro Quirino – Roma, 19/28 aprile 2024)

Neri Marcorè torna a lavorare con il teatro canzone nell’adattamento dello storico concept album La Buona Novella di Fabrizio De André, a più di cinquant’anni dalla sua uscita. Uno spettacolo che guarda al modello con attenzione e cura, ma che manca di coraggio.

C’è un po’ l’aria dei vecchi sceneggiati Rai degli anni ’70, ne La Buona Novella interpretato da Neri Marcorè, al Teatro Quirino fino al 28 aprile. Qui, come nel Leonardo di Renato Castellani, andato in onda circa un anno dopo l’uscita del concept album di De André che funge da perno dello spettacolo, il narratore si prende la libertà di interrompere il flusso degli avvenimenti, guidando il pubblico in un puntuale commento dei Vangeli apocrifi, usati da De André come fonte primaria per la scrittura dei dieci brani che compongono La Buona Novella (1970).

Il magnetismo dei racconti degli apocrifi è il punto di forza tanto dell’album quanto dello spettacolo teatrale. L’irresistibile umanità capricciosa dell’infanzia di Gesù e i pungenti commenti sul destino di Maria, data in sposa a un uomo molto più vecchio di lei in seguito a una “lotteria” cui partecipano tutti gli scapoli di Galilea, è già nei testi originali. Neri Marcorè canta i brani di De André con un calore baritonale molto vicino al modello, accompagnato da un ensemble polistrumentale in cui spicca per bravura ed estro il violino di Anais Drago. Il risultato è uno spettacolo piacevole e talvolta coinvolgente, la cui debolezza è però proprio nella teatralizzazione: il commento è a tratti ridondante ed è incorniciato da una scenografia che vorrebbe essere simbolica ed evocativa ma che appare perlopiù casuale. L’impressione è che la semplice sedia di Marcorè – ora appoggio, ora capovolta per fingere un tetto – sia un oggetto di scena molto più efficace, ad esempio, dell’enorme mezzaluna di carta trascinata sul palco durante la prima parte dello spettacolo, che sembra introdotta solo per essere fatta occasionalmente dondolare da uno degli attori, o della scala di legno con in cima una grande rosa vagamente kitsch calata di tanto in tanto a punteggiare i momenti più emotivi del racconto.

Quello che ne risulta è uno spettacolo che avrebbe potuto essere più incisivo, ma che riesce comunque a lasciare una buona impressione grazie alla cura degli arrangiamenti musicali, molto rispettosi dell’originale, e alla bravura di Marcorè. A spese, forse, degli aspetti più rivoluzionari dell’album di De André, di cui presenta una versione addomesticata e rassicurante.

data di pubblicazione:19/04/2024


Il nostro voto:

DIRITTO PENALE AL CINEMA – Università “Roma Tre”

DIRITTO PENALE AL CINEMA – Università “Roma Tre”

Io Capitano di Matteo Garrone è un film che consente di riflettere sull’Odissea, anche di tipo giuridico, cui vanno incontro i migranti che si mettono in viaggio per raggiungere le coste del nostro Paese.

Il 26 marzo 2024 si è tenuta la seconda lezione dell’attività formativa “Diritto penale al cinema”, di cui è titolare la Prof.ssa Antonella Massaro presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università “Roma Tre”.

L’incontro ha proposto una riflessione sul tema “Immigrazione e diritti umani”, a partire dal film Io Capitano di Matteo Garrone.

Io capitano racconta la storia di due cugini senegalesi, Seydou (Seydou Sarr) e Moussa (Moustapha Fall), che decidono di intraprendere il viaggio verso l’Europa non per scappare da una guerra o una carestia, ma per realizzare il loro sogno di fare musica e di “firmare gli autografi ai bianchi”. L’entusiasmo della partenza, però, si trasforma ben presto in orrore: il viaggio a piedi attraverso il deserto, le torture nelle prigioni libiche, la traversata lungo quel Mar Mediterraneo che, a seconda dei casi, può divenire dispensatore di vita o di morte. Il racconto è scandito dal “neorealismo magico” di Matteo Garrone, in un film che, pur replicando i tratti del road movie e del viaggio di formazione, si caratterizza per una visione originale, forse un po’ ammiccante nella prima parte, ma senato da una escalation narrativa potente e coinvolgente.

Nella discussione è intervenuto, in collegamento da Caserta, Mamadou Kouassi, uno dei protagonisti delle storie vere cui Matteo Garrone ha attinto per il suo film. Ha raccontato del suo viaggio, delle torture, dei compagni che non hanno retto il peso di quelle sofferenze, dell’approdo sulla coste italiane dopo il provvidenziale intervento della Guardia Costiera. Mamadou Kouassi, che ora lavora come mediatore culturale, ha però richiamato l’attenzione anche sulle difficoltà cui si va incontro anche dopo aver raggiunto le coste europee: la condizione di irregolarità cui i migranti sono spesso costretti, del resto, incide in maniera negativa tanto sulle condizioni di vita degli stessi quanto sulla gestione della sicurezza del Paese che li ospita. Il film di Garrone, ha precisato Mamadou, ha avuto l’inestimabile merito di veicolare una presa di consapevolezza a livello mondiale. Anche la corsa agli Oscar, sebbene Io Capitano non sia riuscito ad aggiudicarsi la statuetta per il miglior film internazionale, ha contribuito a rendere “visibile” un dramma che, troppo spesso, resta avvolto nel silenzio.

Il Dottor Carlo Caprioglio, titolare, presso l’Università “Roma Tre”, della Clinica legale che si occupa di immigrazione e cittadinanza, ha illustrato le ragioni su cui si fondano alcuni procedimenti penali, attualmente in corso in Italia, per fatti pressoché integralmente sovrapponibili a quelli raccontati dal film. La Clinica legale, infatti, sta seguendo proprio il caso di alcuni migranti imputati per favoreggiamento dell’immigrazione irregolare  (art. 12 d.lgs. n. 286 del 1998) per aver guidato l’imbarcazione che li ha condotti in Italia.

Si tratta a questo punto di capire se e come il diritto riuscirà ad assicurare una soluzione “di giustizia”.

data di pubblicazione: 27/03/2024

QUIZ TIME – Libreria Eli Viale Somalia 50

QUIZ TIME – Libreria Eli Viale Somalia 50

Roma, 28 marzo 2024 ore 18,00

Un doppio appuntamento nella libreria più multimediale di Roma. Alle 18,00 gli scrittori Giulia Alberico e Daniele Poto proporranno Quiz Time ovvero il mondo della letteratura (ma anche del cinema, della poesia, del teatro) filtrato da 30 domande quiz che riveleranno la conoscenza della materia. Senza alcun particolare intento nozionistico ma con spirito ludico, gareggeranno due squadre allestite sul momento per sorteggio. In palio libri per ogni risposta esatta con benefit riservati sia alla squadra vincitrice che a quella perdente. È un appuntamento settimanale che si rinnova. Il giudice d’occasione sarò il libraio romano Francesco Palombi. I visitatori potranno disporre di un buono libro da dieci euro da consumare presso Eli. Nell’occasione potranno accedere all’enorme archivio di libri di secondo mano venduti a peso: 10 euro al chilo a dimostrazione che la cultura se ha peso ha scarso costo. A seguire tutti i partecipanti si riconvertiranno in una presentazione intima e discreta di uno scrittore emergente, Vito Di Battista, che presenterà il suo libro Il buon uso della distanza (Gallucci editore), segnalato dalla critica. Ecco il giudizio di Simonetta Sciandivasci: “Di Battista è consapevole di come la memoria sia invenzione e la vita sia come il teatro, che muore mentre lo si fa”..

data di pubblicazione:25/03/2024

GIOVANNI TESTORI FRA TEATRO E CRITICA D’ARTE

GIOVANNI TESTORI FRA TEATRO E CRITICA D’ARTE

Quando il lavoro del critico trapassa nell’invenzione del vero scrittore

(Biblioteca Hertziana – Roma, 19 marzo 2024)

Si è svolto a Roma, presso la sala conferenze della biblioteca Hertziana – storico edificio in via Gregoriana dove ha sede l’istituto tedesco della società Max-Planck dedicato alla ricerca sulla storia dell’arte – un interessante seminario di ricerca dedicato allo scrittore Giovanni Testori. Nato a Novate, nella periferia nord di Milano, il critico d’arte e drammaturgo è stato uno scrittore prolifico, una figura complessa e articolata, modello per la cultura italiana del Novecento e di quella milanese in particolare. Scopo del seminario è stato quello di avvicinare un pubblico di studiosi e appassionati alla figura dell’artista lombardo, in particolare dopo l’anno appena trascorso in cui si sono celebrati i 100 anni dalla nascita con mostre, eventi, spettacoli e convegni.

L’evento, organizzato e presentato da Paolo Talone in collaborazione con Lara Demori, ha aperto una prospettiva di analisi sull’autore novatese, ponendo al centro le connessioni tra la scrittura drammaturgica e quella di critico d’arte. La relazione è stata affidata a un ospite di eccezione, Davide Dall’Ombra. Docente di Storia della critica d’arte presso l’Università Cattolica di Milano, Davide Dall’Ombra è direttore di Casa Testori – l’associazione che si occupa di gestire l’eredità intellettuale dello scrittore – e responsabile della biblioteca e dell’archivio di Giovanni Testori. Il seminario è iniziato con la lettura di un testo tratto da uno dei saggi tratti dal Gran teatro montano, il volume del 1965 che raccoglie le riflessioni dell’autore su Gaudenzio Ferrari, pittore e sculture al Sacro Monte di Varallo. Il brano, una descrizione della cappella 38 del Sacro Monte (detta “cappella della crocifissione”), letto dall’attrice Chiara Cavalieri (membro stabile tra le altre cose della compagnia Fort Apache Teatro con la quale conduce laboratori in istituti penitenziari) dà un’idea dell’abilità di scrittura testoriana che sa mettere in dialogo scultura e pittura attraverso l’uso di un linguaggio teatrale.

Testori nasce come critico e pittore negli anni ’40, durante i quali collabora con la rivista del GUF di Forlì Pattuglia diretta da Walter Ronchi. Negli anni ’50 conosce Roberto Longhi, che diventa suo maestro d’elezione. Gli interessi si allargano alla pittura lombarda del Seicento e parallelamente inizia a coltivare la passione per la scrittura e il teatro. Escono I segreti di Milano, una raccolta di scritti di vario genere dal romanzo al teatro, che narrano la periferia milanese. Nel 1968 pubblica su Paragone letteratura il saggio teorico sul teatro, Il ventre del teatro, in cui mette in evidenza la centralità della parola e dell’attore, per lui personaggio monologante. Questo scritto apre la grande stagione teatrale degli anni ’70, segnata dalla collaborazione con la regista Andrée Ruth Shammah e l’attore Franco Parenti, per il quale scrive La trilogia degli scarozzanti. Un periodo felice che vede la nascita del Salone Pier Lombardo (poi teatro Franco Parenti) e la sperimentazione in teatro di una lingua nuova, inventata, segno di rinnovamento per la scena milanese e italiana in generale. Dopo la morte della madre Lina Paracchi nel 1977, Testori prenderà una strada diversa, ma tornerà a collaborare con il Pier Lombardo nel 1984, in occasione del bicentenario della nascita di Alessandro Manzoni. Scrive per la compagnia di Parenti I promessi sposi alla prova, l’azione teatrale divisa in due giornate in cui un Maestro dialoga con gli attori chiamati a mettere in scena il celebre romanzo. Tornando al seminario, da quest’opera è tratta un’altra lettura che vede protagonista il personaggio della Monaca di Monza, sempre presentata attraverso la voce e l’interpretazione della Cavalieri.

L’incontro ha poi coinvolto nella seconda parte il numeroso pubblico di studiosi di arte, lavoratori dello spettacolo, impiegati dell’istituto e semplici appassionati, intervenuto con domande e considerazioni sull’autore. Anche a Roma è stato celebrato Giovanni Testori.

Link utili:

La registrazione video del seminario si può seguire su Research Seminar with Davide dall’Ombra on Vimeo

Giovanni Testori – Home

Casa Testori

Home | Bibliotheca Hertziana – Max Planck Institute for Art History (biblhertz.it)

data di pubblicazione:24/03/2024

LA VITA CONTROMANO di Anna Murante, con Daniele Poto – ed. Youucanprint 2024

LA VITA CONTROMANO di Anna Murante, con Daniele Poto – ed. Youucanprint 2024

In Italia nel 2023 sono usciti 81.000 libri e questo certo non sarà più letto. Ma ha il merito di uscire dalla mischia e dal mercato. Perché più che un libro è la storia di una vita, un diario che chiede di essere condiviso. Una storia di donna travagliata e che trova riscatto nella sublimazione della testimonianza. La vita contromano. Con una gravidanza atipica che all’inizio viene rifiutata. Ma quando una madre prende in braccio il suo bambino tutto può cambiare. E la vita improvvisamente sembra raddrizzarsi attraverso la storia vera di una donna che, lottando contro i pregiudizi, s’insedia a Roma e, partendo dalla gavetta, si conquista un solido presente, documentando un piccolo spaccato della storia d’Italia: dal terrorismo a Berlusconi fino all’attuale temperie. La serenità si rompe quando suo figlio va incontro a un tragico destino. Quel ragazzo fortemente amato era la ragione di una vita. Metabolizzando il lutto con il racconto di questa parabola Anna Murante ci consegna uno spaccato intimo di questo percorso sofferto e irrisolto, irrorato dalla speranza di una redenzione, forse anche religiosa. Daniele Poto ha solo cercato di restituire al meglio la sua gioia e il suo dolore lasciando alla storia la genuinità e la spontaneità primordiali di una donna pugliese che cerca di farsi largo a Roma lottando contro i pregiudizi che le affibbiano subito l’etichetta di ragazza madre. Libro di facile leggibilità, di fragranze godibili che può ambire al suo legittimo spazio in una biblioteca. Anna Murante ci ha riassunto il suo passato anche per illuminare il prossimo futuro e ritrovare nel coro dei lettori amici e parenti solidali con la sua parabola.

data di pubblicazione:21/03/2024