da Antonio Jacolina | Apr 16, 2025
Maria (A. Ascaride) non più giovane si arrangia assistendo con dedizione diversi anziani. Di tanto in tanto però ruba qualche soldo un po’ qui e un po’ là. Lo fa per le sue precarie condizioni economiche (il marito gioca a carte) e per qualche golosità. Per un intreccio di coincidenze viene scoperta e denunciata. Si creerà uno scompiglio che coinvolgerà più famiglie …
Con La Gazza Ladra Guédiguian si è definitivamente lasciato dietro le spalle le cupezze di Gloria Mundi (2019) e riprende e sviluppa l’ottimismo della speranza di E la Festa Continua! (2023) per trasportarlo in una favola marsigliese. Una commedia drammatica a lieto fine in cui i sentimenti sono apparentemente un po’ più centrali rispetto ai soliti temi sociali. Come è noto, il regista franco armeno è un Autore arrabbiato ed impegnato. L’equivalente francese del britannico Ken Loach. A differenza del collega inglese preferisce però centrarsi sul dramma dei mutamenti dei valori causati dal capitalismo sulla Società tutta e su quella marsigliese in particolare. Torniamo infatti ancora una volta a Marsiglia.
Con la sua città il cineasta ritrova anche il suo gruppo di amici ed attori. Primi fra tutti la coppia Ascaride e Darroussin. La loro chimica recitativa fa di nuovo meraviglie. Attorno a loro gli altri comprimari di sempre. Giovani ed anziani, tutti egualmente bravi e complici nel dar vita e cuore ai loro personaggi. All’apparenza sembra un film corale. In realtà il fil rouge che lega le varie vicende sono due splendide figure femminili. Due donne forti, una matura presa fra malinconie e sogni, l’altra giovane ma volitiva e determinata nelle sue decisioni. Al cuore della vicenda ci sono sempre la precarietà economica e sociale e le solitudini. Le devastazioni che l’individualismo capitalista ha prodotto sulle aspettative. La malinconia che ne deriva, ci dice Guédiguian, non è però rinuncia o sconfitta. Ci sono certo i problemi ma ci sono anche le soluzioni, prevedibili o imprevedibili, che scaturiscono dalla solidarietà derivante dai legami di cuore o di amicizia. Le occasioni della Vita!
Il film naviga con sensibilità in questa specie di commedia sentimentale e scorre con fluidità, forte di un’ottima sceneggiatura arricchita da dialoghi vivi. Splendide le musiche e le citazioni poetiche. Un vero inno alla forza della cultura!
La Gazza Ladra senza essere un mélo è un film toccante che sembra uscito da un’altra epoca. Un film che sa alleggerire i tratti lirici e malinconici con humour e levità perché, ci ripete Guédiguian, c’è sempre l’ottimismo della Speranza! Un bel momento di Cinema.
data di pubblicazione:16/04/2025
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da Antonio Jacolina | Apr 11, 2025
Il Cinema Italiano “inizia a premiarsi”
Tempi belli per il Cinema Italiano? Al di là di ogni autoreferenziale illusione, non direi proprio!
Dobbiamo essere onesti con noi stessi, il Cinema Italiano non riesce più a superare di tanto la barriera delle Alpi né tantomeno ad attirare l’attenzione del pubblico internazionale. Difatti, nonostante i nostri passati primati e successi, non riusciamo più ad entrare seriamente in lizza per i grandi Premi o nei Festival che contano realmente e che sono poi il più concreto volano di diffusione dei film e di ritorno economico. E’ dal 2014, dall’Oscar a Sorrentino per La Grande Bellezza, che abbiamo inanellato brevi illusioni e cocenti delusioni. Come mai? E’ evidente che le nostre storie sono molto “locali”, non hanno afflato universale, sono di breve respiro e per di più prive di visione e coraggio innovativo. Cosa mai fanno invece gli altri? Guardiamo solo la Stagione passata e limitiamoci alla cinematografia europea. C’è mai in Italia un film come Emilia Perez? o La Stanza Accanto? o Perfect days? o anche come The Substance o Conclave? Riflettiamoci e avremo così la risposta!
Non occorre certo guardare ai modelli americani (per noi irraggiungibili sul piano dell’impegno economico sottostante ogni loro produzione) ma basterebbe per lo meno studiare, imitare e applicare i modelli di altre cinematografie europee a noi vicine. Dovremmo avere la volontà di investire molto meno sulla quantità e invece molto di più sulla qualità dei progetti. Attivare nuovamente anche la via fortunata delle Coproduzioni Internazionali per acquisire i sostegni economici e distributivi che non abbiamo. Certo sul nostro Cinema pesa il vincolo linguistico che è assai limitante sul piano della distribuzione e quindi degli investimenti ma il Passato ci insegna che è un vincolo superabile se dietro ci sono buone storie, talento, coraggio imprenditoriale ed artistico/creativo uniti ad una visione strategica ampia.
Tornando alla realtà ed all’Anno appena passato il Cinema Italiano “inizia a premiarsi”. I membri dell’Accademia hanno appena definito le cinquine per singola categoria delle candidature. I vincitori dei premi del 70° DAVID di DONATELLO verranno resi noti durante la cerimonia del prossimo 7 Maggio. D’ora in poi si aprono i grandi giochi! Vanno segnalate fin d’ora la possibilità che sia finalmente l’anno di un premio per una regista donna (ben tre candidate su cinque) e la candidatura di Neri Marcorè come regista esordiente per il delicato Zamora. Va anche rilevata l’assenza nelle candidature di due film accolti invece molto positivamente dal pubblico: Diamanti e L’Abbaglio.
Di seguito riportiamo le “cinquine” per le principali categorie:
_ Miglior FILM:
Berlinguer – La grande ambizione;
Il Tempo che ci vuole;
L’Arte della gioia;
Parthenope;
Vermiglio.
_ Miglior REGIA:
Andrea Segre per: Berlinguer-La grande ambizione;
Francesca Comencini per: Il tempo che ci vuole;
Valeria Golino per: L’arte della gioia;
Paolo Sorrentino per: Parthenope;
Maura Delpero per: Vermiglio.
_ Miglior ATTRICE PROTAGONISTA:
Barbara Ronchi per: Familia;
Romana Maggiore Vergano per: Il tempo che ci vuole;
Tecla Insolia per: L’Arte della gioia;
Celeste Dalla Porta per: Parthenope;
Martina Scrinzi per: Vermiglio.
_ Miglior ATTORE PROTAGONISTA:
Elio Germano per: Berlinguer- La grande ambizione;
Francesco Gheghi per: Familia;
Fabrizio Gifuni per: Il tempo che ci vuole;
Silvio Orlando per: Parthenope;
Tommaso Ragno per: Vermiglio.
_ Miglior ATTRICE NON PROTAGONISTA:
Geppi Cucciari per: Diamanti;
Tecla Insolia per: Familia;
Valeria Bruni Tedeschi per: L’Arte della gioia;
Jasmine Trinca per: L’Arte della gioia;
Luisa Ranieri per: Parthenope.
_ Miglior ATTORE NON PROTAGONISTA:
Roberto Citran per: Berlinguer- La grande illusione;
Francesco di Leva per: Familia;
Guido Caprino per: L’Arte della gioia;
Pierfrancesco Favino per: Napoli- New York;
Peppe Lanzetta per: Parthenope.
_Miglior ESORDIO ALLA REGIA:
Edgardo Pistone per: Ciao Bambino;
Margherita Vicario per: Gloria!;
Loris Lai per: I bambini di Gaza;
Gianluca Santoni per: Io e il secco;
Neri Marcorè per : Zamora.
_ Miglior SCENEGGIATURA ORIGINALE:
Berlinguer- La grande ambizione
El Paraiso
Gloria!
Il tempo che ci vuole
Parthenope
Vermiglio.
_ Miglior FILM INTERNAZIONALE:
Anora
Conclave
Giurato N°2- Juror 2
La zona di interesse
Perfect days
data di pubblicazione 10/04/2025
da Antonio Jacolina | Apr 9, 2025
Chicago. Levon (J. Statham) ex membro dei Royal Marines cerca ora di vivere tranquillamente. Lavora ormai da tempo, molto benvoluto, come capocantiere in una ditta di costruzioni edili. La figlia dei suoi datori di lavoro viene però rapita dalla Mafia Russa. Si trasformerà allora in una macchina da guerra perché solo lui può riuscire là dove la polizia non sa agire….
Il regista Ayer è un veterano degli Action Movie. Ad un anno dalla discreta accoglienza di The Beekeeper il regista ricompone la squadra con Statham sulla base di uno script co-sceneggiato addirittura con S. Stallone. A Working Man pur con il contributo di Stallone non apporta né intende apportare, nulla di nuovo al Genere ed è un film abbastanza convenzionale. Ciò non di meno è innegabilmente efficace e sarà apprezzato dagli appassionati e dai tanti fan di Statham. Un prodotto ben calibrato e tutt’altro che banale. Un film cinico, duro ed amorale. Un Action Thriller che riprende temi già sviluppati da altri film ed in cui l’attore inglese sconfina in territori fino a ieri occupati da L. Neeson. Il modello è infatti, con piccole varianti, proprio Taken (2008). Siamo in piena formula consolidata e con i soliti ingredienti base. Il film procede infatti per automatismi, il che ha del positivo e del negativo al tempo stesso. Che predomini l’uno o l’altro, in tali casi, dipende solo dalla qualità dell’interprete. Ovviamente al centro di tutto c’è solo lui: Statham. L’attore pur nei limiti della sua recitazione, fa bene quel che fa, è convincente e raramente ha deluso i suoi fan. Ha un suo indubbio carisma e si è scavata una sua ben definita nicchia nel lucroso mercato di questo tipo di film. Anche lui è ormai divenuto un “genere di se stesso”, uno Statham Movie. Film con budget ragionevoli ma con redditività massimizzata. Per gli appassionati non si pone alcun problema. Basta che si rispettino tutti i codici dei film: azione, suspense, scontri fisici, sparatorie e successo finale del giustiziere solitario. A Working Man va infatti visto non pensando alla logicità o veridicità della vicenda ma apprezzando solo il susseguirsi di scazzottate, tensione, inseguimenti adrenalinici e combattimenti con tutte le armi possibili. Un film costruito su misura proprio per Statham.
Ayer si conferma abile realizzatore di film commerciali. Dirige con stile, buon ritmo e qualità delle inquadrature. Le sequenze dei combattimenti sono ben coreografate. Il suo A Working Man senza cercare di fare nulla di più del dovuto e di quanto atteso coglierà senz’altro le aspettative degli amanti del Genere e dell’attore.
data di pubblicazione:09/04/2025
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da Antonio Jacolina | Apr 6, 2025
Baptiste (S.Cissé), giovane e spiantato imitatore di talento, viene assunto da Pierre (D. Podalydès), romanziere famoso e nevrotico. Assillato dalle telefonate ha bisogno di tranquillità per concentrarsi in solitudine sul suo nuovo romanzo. Baptiste dovrà fargli da “segretario telefonico” ma non riuscirà a limitarsi a rispondere e improvviserà…
Come è possibile in un’epoca di iperconnettività riuscire a restare interconnessi e nello stesso tempo essere soli con sé stessi in silenzio per riflettere, elaborare i propri pensieri e scrivere?
La Godet prende spunto da un’ipotesi a prima vista del tutto inverosimile. Dopo poche scene lo spettatore si troverà però in piena sospensione dell’incredulità come nelle migliori fiction. La giovane sceneggiatrice e regista ci regala infatti una commedia tanto assurda quanto comica che flirta con inventiva e furbizia con più sottogeneri, come i Buddy Movie e le RomCom. I confini fra realtà e finzione riescono a fondersi in modo naturale. Un approccio originale, intelligente e ironico a temi non banali e di attualità quali le interazioni umane, l’identità individuale, la capacità di cambiare, la dipendenza dagli altri e la comunicazione moderna. La regista utilizza gli spunti più che classici della falsa identità e del “doppio” per alimentare sia la tensione narrativa sia le situazioni comiche. La sceneggiatura ben scritta gioca sugli equivoci senza però abusarne. Il ritmo, all’inizio volutamente lento, assume presto la giusta dinamicità in coerenza con la girandola di false verità. La regia elegante crea atmosfere anticonformiste e dà un giusto tocco di sottile umorismo alla vicenda. Il cast è più che apprezzabile. Bella la chimica tra i due scoppiettanti protagonisti ai quali fanno da spalla i ruoli di supporto ben caratterizzati. Le Répondeur è dunque una commedia garbata e spiritosa. Un feel good movie “alla francese” e una bella storia di amicizia. Un piccolo bijou di cinema che fa venir voglia di continuare a seguire i prossimi lavori della regista.
data di pubblicazione:06/04/2025
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da Antonio Jacolina | Apr 5, 2025
Un progetto che porta la genialità e la creatività del Cinema d’Autore al Salone del Mobile, il cui claim quest’anno è Thought for Humans. Il regista Paolo Sorrentino infatti ha messo da parte la cinepresa per dedicarsi a una installazione temporanea che sarà presentata alla Fiera di Milano dall’8 al 13 aprile. L’anno scorso l’opera Interiors. A Thinking Room era stata ideata da David Lynch. Quella di quest’anno creata dal nostro regista e intitolata La Dolce Attesa offrirà ai visitatori l’opportunità di fermarsi ad ascoltare il proprio respiro per ritrovare la bellezza nel tempo che scorre lento, evocando il valore della pazienza. Nell’epoca del tutto e subito riscoprire il senso dell’attesa significa cogliere l’opportunità di osservarsi e ascoltarsi. Perché – come ha detto il regista – L’attesa è angoscia. La dolce attesa è un viaggio. Che stordisce e ipnotizza. Ingannare l’attesa che può essere anche fonte di incertezza e ansia diventa una sospensione della vita ed è proprio in questo stato di sospensione che consiste l’essenza dell’opera effimera: una riflessione poetica sul valore del tempo e sulla possibilità di trovare bellezza anche nell’attendere.
Lo spazio – allestito con il contributo della grande scenografa Margherita Palli – si presenta come un ponte invisibile tra presente e futuro, una terra di mezzo in cui il desiderio si intreccia con il timore di incontrare il destino. Se l’attesa è uno spazio sospeso il suono deve saperlo colmare mentre ne racconta il ritmo. Per questo il regista ha voluto Max Casacci – il fondatore dei Subsonica – per la composizione di una musica che ne disegna il fluire senza strumenti musicali ma solo con rumori del mare e della Natura. Un battito che accompagna l’esperienza immersiva dell’installazione senza imporsi.
data di pubblicazione:05/04/2025
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