NOMINATION OSCAR 2022 – Considerazioni

NOMINATION OSCAR 2022 – Considerazioni

Come sempre nella lista delle candidature agli Oscar 2022 rilasciata appena ieri, ci sono film che erano già considerati ed apprezzati fra i possibili favoriti e film che invece erano quasi snobbati da Critica e Pubblico. Mancano, fra l’altro, va segnalato, i contestati vincitori di due prestigiosi Festival: Titane Palma d’oro a Cannes ’21, e L’évenement Leone d’oro a Venezia ’21.

Come sempre dietro le quinte delle nomination per gli Oscar c’è stata una sorda e dura lotta fra giganti per “sensibilizzare” i circa 10.000 membri dell’Academy aventi diritto ad esprimere le candidature per le varie categorie di premi.  Si delinea ora finalmente lo scenario reale per il vero e proprio rush finale di fine mese! Questa 94ma edizione dei prestigiosi Premi sembra però annunciarsi già come una vittoria delle superproduzioni sul cinema indipendente e, in particolare, come un possibile successo della potentissima Netflix che con ben 27 nomination nelle sezioni più importanti supera di gran lunga le candidature delle altre produzioni concorrenti: le Majors Hollywoodiane, i Big Studios, e gli Indipendenti .

Ci soffermiamo, per necessità di sintesi, solo sulla categoria più importante: le 10 candidature per il Miglior Film ( degli 8 già usciti in Italia, Accreditati ne ha già recensiti 6!).

Gran favorito sia nelle sezioni principali che in quelle più tecniche appare, al momento, essere più che meritatamente Il Potere del Cane il western anomalo e psicologico dell’ottima Jane Campion che accumula ben 12 nomination aggiungendole al viatico, di solito ben augurante, dei larghi consensi ed apprezzamenti già ricevuti a Venezia ed a quelli della Critica e del Pubblico. La Campion con la sua nomination per la Migliore Regia (la seconda, 28 anni dopo quella per Lezioni di Piano) entra di fatto nella storia del Cinema perché finora mai nessuna regista donna aveva accumulato due candidature.

Seguono poi due buoni e singolari remake: il discreto ed apprezzabile science fiction kolossal Dune di Denis Villeneuve con le sue 10 nomination e poi l’immancabile e sempre bravo Steven Spielberg con le sue 7 nomination per la sua altrettanto apprezzabile personalissima “rivisitazione 2.0” del genere della commedia musicale West Side Story che nel lontano 1961 aveva fatto incetta finale con ben 10 Oscar. Un film il suo che avrebbe assolutamente meritato una distribuzione più ampia sui nostri schermi! Entrambi sono due film di genere che si rivolgono quindi ad un pubblico ristretto di appassionati ma che tuttavia per la loro autoriale qualità stilistica e realizzativa sono degni di essere visti.

Come da pronostici e favoriti hanno poi il loro più che giusto e meritato spazio, molto apprezzati sia da Critica che da Pubblico: il tenero ed autorialissimo amarcord in bianco e nero di Kenneth Branagh: Belfast (applaudito alla Festa di Roma) con ben 7 candidature fra cui anche la Miglior Regia, e poi: l’ottimo, profondo e sensibile giapponese Drive my Car di Ryusuke Hamagushi acclamato a Cannes che, fra l’altro, ottiene anche il significativo e duplice apprezzamento di concorrere in 3 categorie di primaria importanza: Miglior Regia e soprattutto contemporaneamente sia al Miglior Film sia anche al Miglior Film Straniero.

Salva l’onore il discusso e controverso e forse imperfetto Nightmare Alley del visionario Guillermo del Toro con delle candidature tecniche ed una sola nella categoria regina del Miglior Film; lo stesso dicasi per il messianico Don’t Look up di Adam McKay e per Coda di Sian Heder un delicato remake americano del fortunatissimo originale francese La famiglia Bélier.

… Poi … poi fra i candidati al Miglior Film Straniero … c’è lui … È stata la mano di Dio.

… tutto può accadere … e … non potremo allora non esserne felici per il Cinema Italiano!

La corsa prosegue ora non necessariamente secondo l’ordine delle candidature e con molte possibili sorprese.

data di pubblicazione:09/02/2022

GLI OCCHI DI TAMMY FAYE di Michael Showalter, 2022

GLI OCCHI DI TAMMY FAYE di Michael Showalter, 2022

Stati Uniti, anni ’70 ed ’80 del secolo scorso, Tammy Faye (Jessica Chastain) ed il suo carismatico marito Jim Baker (Andrew Garfield) si fanno spazio nel mondo dei televangelisti affascinando l’America profonda e creando dal nulla un network televisivo che estende i suoi interessi in molteplici attività. Un business che va ben al di là della diffusione delle parole di Fede. Chi manipola? Chi è manipolato?Tutto è ambiguo! Fino a quando …

Esce oggi nelle sale cinematografiche il film con cui si è aperta l’ultima edizione della Festa del Cinema di Roma. Diciamolo subito, non resterà certo negli annali, ma potrà essere semmai ricordato essenzialmente per l’ottima interpretazione della Chastain in uno di quei ruoli “totali ed immersivi” che in America spesso portano dritti, dritti all’Oscar. La Critica autorevole pronostica già una nomination per la sua intensa interpretazione.

La Chastain dà infatti vita e sostanza al percorso esistenziale ed alla personalità atipica, fragile e, nel contempo, determinata di Tammy Faye disegnando un ritratto eccezionale ed affascinante di una donna dal carattere dai tanti risvolti. Scompare letteralmente sotto il trucco per riapparire poi come Tammy Faye a suo totale agio recitativo. È in scena costantemente e tutto il film poggia sulla sua magnifica interpretazione che, a tratti, sembra quasi intenzionalmente sfiorare la caricatura. L’attrice riesce però a discostarsene con un solo sguardo, uno sguardo intenso che fa emergere tutta la fragilità ed i tormenti interiori che si nascondono nel fondo di un personaggio complesso le cui esperienze familiari giovanili hanno influenzato le sue attese, la sua religiosità. Una Fede ed una personalità che restano fortemente ingenue ed infantili perchè condizionate da nodi irrisolti. Un essere umano che pur dietro un look ed atteggiamenti eccessivi e caricaturali, merita simpatia piuttosto che pietà e disprezzo, e… ogni volta, gli occhi della Chastain lavorano magistralmente per ricordarcelo! Una performance recitativa ed interpretativa veramente rimarchevole, tutta centrata sul contemperamento degli eccessi della personalità con l’interiorità espressiva

Nel cast oltre ad Andrew Garfield, il carismatico marito, ed allo stuolo di eccezionali secondi e terzi ruoli, va segnalata poi anche Cherry Jones (nei panni della mamma di Tammy) che con la sua capacità recitativa fa da contrappunto di concretezza nel delirio di illusioni. La regia, supportata da una buona sceneggiatura, è sapiente ed equilibrata e dimostra una buona capacità di direzione artistica in un film tutto centrato sulle esuberanze recitative. Pur rasentandolo spesso, evita abilmente di cadere nel kitsch e in altre possibili sbavature

Basato su un documentario di egual titolo il film è un classico dramma biografico costruito sulla storia della coppia di telepredicatori. Un ritratto però troppo lusinghiero e compassionevole, un’ambiguità maggiore avrebbe meglio rispecchiato la realtà, e, soprattutto, avrebbe dato alla narrazione anche un tocco di complessità e realismo maggiore. Sullo sfondo, ma non marginale, la religione dei telepredicatori come business, il ruolo dei circoli religiosi, veri organismi corporativi che operano secondo le regole delle grandi imprese capitaliste. I conflitti di idee, di interessi, le relazioni politiche, il controllo delle masse, delle donazioni, dei voti e le collusioni con il Potere.

data di pubblicazione:02/02/2022


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IL COLLEZIONISTA DI CARTE di Paul Schrader – Amazon Prime Video, 2022

IL COLLEZIONISTA DI CARTE di Paul Schrader – Amazon Prime Video, 2022

Taciturno, solitario, Bill Tell (Oscar Isaac) è un reduce dall’Iraq, da poco uscito da un penitenziario militare. Fugge da un passato che lo tormenta, è un’anima persa che cerca di espiare le colpe e redimersi. Passa da un Casinò all’altro accontentandosi di vincere poco, mettendo a frutto il talento di “contatore di carte” che ha perfezionato nei 10 anni di carcere. Incontra casualmente Cirk (Tye Sheridan), un giovane sofferente e sbandato, e lo prende sotto le sue ali protettive. Ma il Destino ha già segnato le carte…

 

 

Schrader appartiene alla Storia del Cinema Americano. E’ uno sceneggiatore leggendario (suoi gli script dei primi capolavori di Scorsese: Taxi Driver, Toro Scatenato e L’ultima tentazione di Cristo) ed è anche regista discontinuo. Oggi, a 75 anni, ci regala un bel film – di sicuro uno dei suoi migliori dai tempi di American Gigolòche, presentato a Venezia, è uscito in sala e sulle piattaforme televisive.

Non stiamo parlando di un film qualsiasi! Il Collezionista di Carte è una pellicola quasi vintage, quasi fuori del tempo e, nella forma, nei colori e nella sostanza, quasi anni ’70. Un prodotto che, ad immagine del suo impenetrabile protagonista, rifiuta ogni spettacolarità e si muove in atmosfere e ambiti molto introspettivi. Al centro, senza glamour, luce e lustrini, ci sono i casinò, il grigiore del gioco, la monotonia dell’attesa che si scoprano le carte. “Tutto è nell’attesa, finché non avviene qualcosa”, dice la voix off di Bill Tell. L’attesa del momento della Verità! Così nel Gioco, così nella Vita.

Tutto l’universo di Schrader, il suo cinema, le sue storie, sono in quelle parole: attesa, tensione, acme finale, colpa, espiazione, redenzione. Il regista continua a confrontarsi con gli stessi temi da sempre, senza però essere mai ripetitivo perché ogni volta esamina nuove e diverse sfaccettature del problema.

Tante, ovviamente, le somiglianze con Taxi Driver, tante le somiglianze tra De Niro ed Isaac. L’attore incarna il suo enigmatico personaggio con un talento magnetico, con una forza contenuta e repressa, ammirevole e geniale. La sua prestazione meriterebbe senz’altro una nomination ai prossimi Oscar. Intorno a lui un cast di ottimi co-protagonisti: il giovane e bravo Tye Sheridan, Tiffany Haddish e – in un cameo – l’amico di sempre, Willem Dafoe.

Quel che, però, rende particolare il film è una regia elegante e contenuta che mantiene sapientemente un ritmo lento in attesa della catarsi, giocando su due registri: quello iniziale del “film di giocatori e di casinò” e quello centrale, in cui gli spettatori vengono portati nel mondo di un uomo traumatizzato e di un cuore nelle tenebre. Il tutto supportato da una sceneggiatura definita al millimetro, da una messinscena sobria, quasi claustrofobica, rafforzata da una fotografia che gioca con le oscurità e da una colonna sonora originale, di grande bellezza ed efficacia.

Schrader è però bravo a salvarsi dal rischio della mera vacuità estetica e riesce a dare alla narrazione una dimensione tanto umana quanto politica. In filigrana, infatti, dietro al dramma del protagonista, c’è anche un’America con tutte le sue ipocrisie, le sue colpe e le sue macerie morali e sociali.

data di pubblicazione:29/01/2022


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ONE SECOND di Zhang Yimou, 2022

ONE SECOND di Zhang Yimou, 2022

Cina, sul finire degli anni della Rivoluzione Culturale. Un paesaggio desertico e solitario, un villaggio sperduto nella desolazione. Un evaso da un campo di rieducazione (Zhang Yi) ed una intraprendente ragazzina (Liu Hao-Cun) si disputano una bobina di un film di propaganda, ognuno con scopi diversi, entrambi però per amore. Lo spunto per una storia epica e corale sul fascino del Cinema e sul suo potere come fabbrica di sogni o di illusioni individuali e collettive …

 

Presentata e vista alla recente Festa del Cinema di Roma dove era stata accolta con discordi giudizi dalla Critica Ufficiale, è (ed ancora resiste ammirevolmente, segno questo di una più che positiva accoglienza da parte del pubblico) sui nostri schermi cinematografici l’ultima opera del tanto celebrato regista cinese. La pellicola era già stata programmata per la Berlinale 2019, ritirata però all’ultimo minuto è stata poi rielaborata, rimontata con l’aggiunta di nuove scene ed infine è finalmente uscita in Cina solo alla fine del 2020.

Il regista di Sorgo Rosso (1987), Lanterne Rosse (1991), La Foresta dei Pugnali Volanti (2004) torna nuovamente al cinema d’autore e di qualità dopo le recenti e non certo memorabili escursioni nel mondo dei Blockbusters con divi americani. Il cineasta dimostra di avere ancora talento da spendere e storie da raccontare e ci regala una vicenda che porta tutti quei tratti distintivi che sono poi il suo marchio di fabbrica: un mix di tenerezza all’interno di una visuale epica ed immersiva che lascia però anche spazi alle emozioni intime. Pochi come lui sono maestri nell’arte del narrare e del rappresentare visivamente una storia. Il risultato è quindi un film tutto da ammirare, una gioia per gli occhi con immagini e riprese che catturano lo spettatore ed una storia accattivante. Un vero ritorno alle origini usando il realismo cinematografico per una vicenda edificante.

Un film politico, perché mostra la propaganda dell’epoca della Rivoluzione Culturale che agisce sulle masse rurali tramite il Cinema ed il fervente impegno di un proiezionista nei più sperduti villaggi. Al contempo anche un’intensa ed a tratti commovente e poetica lettera d’amore per il Cinema ed un magnifico, tenero racconto sull’incontro/scontro di una giovane orfana ed un padre evaso per poter vedere proiettati i pochi fotogrammi di un cinegiornale in cui appare l’immagine di sua figlia che non vede da anni. Il tutto sullo sfondo di un paesaggio desertico tanto desolato quanto anche suggestivo ed affascinante. Zhang Yimou ritrova veramente il talento narrativo che lo aveva fatto apprezzare fin dai tempi dei suoi primi capolavori. Le scene nel deserto sono tutte magnifiche, come pure quelle corali delle decine di abitanti del villaggio impegnati a ripulire la pellicola che doveva essere proiettata in una specie di Cinema Paradiso ai bordi del Deserto del Gobi, fra desolazione, povertà dignitosa ed entusiasmi per la Magia dello schermo che s’illumina di immagini in movimento.

Se la prima parte del film è centrata sul susseguirsi di vicende, talora comiche, relative ad un rullo di pellicola rubato ed al suo continuo passare di mano, nella seconda parte, il tono generale del lavoro sale assolutamente di qualità e di intensità emotiva con un afflato poetico, epico e tenero e con scene corali, sequenze, movimenti ed inquadrature di puro ed assoluto talento. Magia cinematografica rappresentata ed al contempo anche realizzata!

Il regista opera e guarda con la mano e con l’occhio dei suoi tempi migliori.

Una grande fascinazione che veramente cattura lo spettatore che ama il Cinema, lo ammalia, lo affascina attenuando così di molto quella sottile e maligna sensazione di artificiosità programmatica che un finale “un po’ artificiale e sottilmente politico” ingenera al termine del film.

data di pubblicazione:24/01/2022


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IL DIAVOLO E L’ACQUA SCURA – di Stuart Turton  –  Neri Pozza editore, 2022

IL DIAVOLO E L’ACQUA SCURA – di Stuart Turton – Neri Pozza editore, 2022

Dopo aver indubbiamente apprezzato il successo di critica e di pubblico del romanzo di esordio di Stuart Turton Le 7 morti di Evelyn Hardcastle, non si poteva non avere qualche timore nel valutare la sua opera seconda.

Questa volta la storia ha luogo nel 1634 ed è ambientata su un veliero della Compagnia Olandese delle Indie Orientali in viaggio da Batavia verso Amsterdam. Il Governatore, sua moglie ed altri notabili sono a bordo per fare ritorno in patria, fra loro anche il più rinomato investigatore dell’epoca Samuel Pipps ed il suo aiutante Arent Hayes. L’investigatore è però rinchiuso in catene, ed il suo assistente deve cercare di chiarire i misteriosi eventi e le diaboliche entità che incombono sulla nave durante la lunga e pericolosa navigazione. Brillante idea! Indagine in un contesto “chiuso” che più chiuso e definito di una nave non può essere. Un mystery navale con toni di sovrannaturale e di fantasy. Assassinii, intrighi, atmosfere gotiche e surreali, ammutinamenti … un caos in cui nulla è come sembra essere.

Non si può evitare di fare riferimento al romanzo d’esordio visto che i due lavori si somigliano tanto quanto, al tempo stesso, differiscono però fra loro. Se il primo era un mystery ed un poliziesco ad enigmi che ricordava molto le atmosfere e le inchieste alla Agatha Christie e di Hercule Poirot, questo nuovo lavoro del nostro autore si rifà invece alle atmosfere ed alle inchieste di Conan Doyle e del suo Sherlock Holmes. Tutto il processo investigativo teso a risolvere i misteri che si addensano sulla nave riprende infatti i percorsi di analisi deduttiva e riflessione propri dell’investigatore di Conan Doyle. Turton è però scrittore abile ed astuto, ed anche questa volta mette del suo in modo molto intrigante, dando spazio e rilievo investigativo (sia pure anacronisticamente con l’Epoca) ai personaggi femminili, tutti dotati di forte personalità, indipendenza e libertà di comportamento. Il nuovo libro si presenta quindi come un discreto mix di Sherlock Holmes, di Stephen King e dei … Pirati nei Caraibi.

È evidente che quest’opera seconda, pur non essendo mai banale è però molto più convenzionale. Lo stile descrittivo, diretto e preciso, la scrittura accessibile ed accattivante restano apparentemente identiche ed apprezzabili. Però, c’è un però, mancano la briosità, l’originalità nella costruzione del plot e la vivacità narrativa che avevano determinato il gran successo dell’esordio. L’intrigo è certamente meno complicato, più accessibile e quindi la lettura del libro è meno impegnativa e di conseguenza scorrevole, però il romanzo è troppo lungo e spesso Turton perde anche la rotta. Troppi personaggi secondari si accavallano fra loro, troppe inutili false piste, troppo pochi i momenti intriganti e troppi quelli noiosi e ripetitivi, troppi e gratuiti gli anacronismi. Il finale poi risulta troppo debole, folle e caotico, quasi affrettato.

Insomma non una delusione, questo non si può certo dire, perché il libro si legge pur tuttavia piacevolmente, ma siamo molto, molto lontani dal precedente. Il Diavolo e l’Acqua Scura è dunque solo un normale romanzo fra il fantastico ed il poliziesco che può essere gradevole a leggersi e proprio nulla di più. Difficile fare il bis quando si è debuttato con i fuochi d’artificio.

data di pubblicazione:23/01/2022