LA SIGNORA DELLE ROSE di Pierre Pinaud, 2021

LA SIGNORA DELLE ROSE di Pierre Pinaud, 2021

Eve (Catherine Frot), rinomata coltivatrice e creatrice di rose, per salvare la propria piccola azienda familiare ormai prossima alla bancarotta, schiacciata com’è da competitori più organizzati di lei, tenta di creare una nuova varietà di rosa. Ingaggia tre improbabili coadiutori in contratto di reinserimento sociale, del tutto sprovveduti in campo florovivaistico. Una strana coabitazione di caratteri, ma il Caso creerà delle opportunità del tutto imprevedibili…

 

 

Come talora accade, la magia di alcuni piccoli film francesi è tutta nella loro capacità di arrivare a trasmettere – al di là delle trame più o meno esili – emozioni e sentimenti. Così come la musica riesce a dare sensazioni con la sola armonia dei suoni, certi film riescono a scaldare i cuori degli spettatori con la sola forza delle immagini e della recitazione.

È il caso del film di Pinaud, la sua opera seconda. Un film che sembra venire da lontano, da un’epoca in cui al cinema si potevano vedere non solo film che raccontavano le vicende della Vita, della vita nella sua cruda realtà, ma soprattutto film che consentivano di sognare e donavano la possibilità di pensare che le cose potessero anche andare a finire bene.

Una piccola commedia, però più profonda di quel che può sembrare, sincera, toccante, ironica ed a tratti affascinante pur nella sua semplicità. Per l’appunto, un buon piccolo film del Cinema di una volta. Un film che al di là dei buoni sentimenti riesce a toccare con sensibilità, humour e tenerezza anche temi profondi: il senso dell’accudimento e dell’impegno, il ruolo del Caso nella vita, l’abbandono affettivo e il valore delle relazioni umane. Piccole sottostorie che il regista saggiamente si limita ad accennare per poi lasciarle andar via, quasi come volesse solo conservarne nell’aria la fragranza. La regia e la messa in scena – assistite da buona sceneggiatura e dialoghi ben cesellati – sono sobrie e classiche, però con qualche piccola, geniale e divertente intuizione. Al centro del film è Catherine Frot che primeggia su tutti con un’interpretazione impeccabile, con lei ed intorno a lei un quartetto di attori che caratterizzano perfettamente i loro personaggi.

La Signora delle Rose è un film gradevole e charmant, sicuramente un feel good movie, senza però essere lacrimoso, stucchevole o manicheo. Un piccolo film sensibile, come i petali delle rose, ma al contempo forte come il loro profumo che può anche restarci dentro per un bel po’.

data di pubblicazione:12/12/2021


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2034 – IL ROMANZO DELLA PROSSIMA GUERRA MONDIALE di Elliot Ackerman e James Stavridis – SEM Editore, 2021

2034 – IL ROMANZO DELLA PROSSIMA GUERRA MONDIALE di Elliot Ackerman e James Stavridis – SEM Editore, 2021

Appena poche settimane fa commentando qui un libro di Geopolitica, accennavamo a quanto la Geografia, nel passato come per l’avvenire, sia uno dei fattori chiave che condizionano le scelte politiche dei vari Stati, soprattutto in un’epoca come la nostra in cui si sta ritornando ad un mondo “multipolare”. Un mondo dominato dalla rivalità fra poche grandi Potenze. Se il XX secolo è stato il Secolo Americano, per molti analisti, probabilmente, il XXI secolo sarà invece il Secolo Cinese. Quindi, nello scenario politico attuale Cina e Stati Uniti non sono solo concorrenti strategici ed economici ma sembrano anche essere proiettati verso una competizione che potrà portare ad uno scontro o ad un conflitto inevitabile. Inevitabile? Parrebbe proprio di sì! Perché da sempre, quando una potenza emergente minaccia di spodestare quella dominante, il risultato più probabile è un conflitto.

Preceduto dal tam-tam del grande successo di critica, di lettori e di dibattiti fra analisti negli Stati Uniti, ecco uscire fresco di stampa anche in Italia 2034, il Thriller/Saggio che ci dice anche quando, dove e come avverrà questo conflitto fra Cina ed America. Avverrà per l’appunto nel 2034, nel Pacifico Occidentale o Mar Cinese Meridionale, cioè intorno a Taiwan a seguito di una sequenza di errori di valutazione che porteranno alle peggiori conseguenze e, soprattutto, grazie al possesso di tecnologie in grado di introdursi nelle strutture informatiche dei sistemi di difesa ed attacco dell’avversario. Si sa, quasi sempre, le ragioni scatenanti i conflitti sfuggono ad ogni logica e ad ogni deterrente se non a quello della “mutua distruzione”. Ma le tecnologie emergenti possono rendere obsoleto e bloccabile un certo tipo di Potere. Se infatti una delle potenze in competizione dovesse riuscire a trovarsi in vantaggio nella corsa alle innovazioni tecnologiche ed alle armi informatiche, la Politica potrebbe non aver più la forza di controllare le dinamiche e si potrebbe dover cedere il passo alla guerra, alla futura Cyber Guerra.

I due autori hanno tutti i titoli per poter scrivere di tali argomenti: Stavridis, ex ammiraglio, è stato comandante delle forze NATO in Europa; Ackerman (prima di divenire uno scrittore di discreto successo) ha operato sul campo con i marines e con le forze speciali USA, entrambi hanno poi lavorato alla Casa Bianca occupandosi di Sicurezza Nazionale. Sanno di che cosa scrivono, e… scrivono quasi volessero lanciare un monito per quel che potrà accadere!

Si farebbe un torto enorme a voler far passare 2034 per un’opera destinata solo e soltanto a militari, a storici o analisti di geopolitica! Tutt’altro, in realtà si tratta di un libro accessibile a tutti e che può essere letto come un romanzo, un thriller o una fiction su un’eventualità che non è affatto remota. Una fiction ben orchestrata in un universo prossimo venturo immaginario, ma molto probabile e verosimile, perché è verosimilissimo che ci siano certi sviluppi di nuove armi tecnologiche e che le tensioni fra Pechino e Washington siano destinate a crescere sempre di più. Un approccio originale, un’analisi brillante, scritta a 4 mani con prosa scorrevole, competenza e capacità di coinvolgimento. Una lettura attualissima, piacevole ed anche un’opportunità per riflettere. Agli appassionati potrà senz’altro ricordare certi lavori di cui è stato insuperabile creatore lo scomparso Tom Clancy, ma, mentre in quest’ultimo, per quanto accurato e dettagliato fosse, prevaleva scientemente l’elemento romanzesco, in 2034 il brivido è dato invece dal dubbio che possa trattarsi di una realtà futura.

data di pubblicazione:06/12/2021

IL POTERE DEL CANE di Jane Campion, 2021

IL POTERE DEL CANE di Jane Campion, 2021

Montana 1925, i fratelli Phil (Benedict Cumberbatch) e George Burbank (Jesse Plemons) dirigono uno dei più vasti allevamenti del Territorio. I loro caratteri ed aspetti fisici sono diametralmente opposti. Il primo, pur colto, ostenta atteggiamenti rudi, collerici esteriormente virili e rozzi, il secondo è timido e gentile. Quando quest’ultimo sposa la dolce ma fragile Rose (Kirsten Dunst) giovane vedova e madre di un adolescente sensibile ed effeminato e li porta a vivere nel ranch, Phil reagirà contro gli intrusi con una strategia sottile, sadica, spietata ed ambigua, fino a ….

 

Finalmente dopo 12 anni di assenza ecco tornare Jane Campion. Presentato a Venezia ove ha vinto il Leone d’argento per la regia, quest’ultimo lavoro della cineasta neozelandese ci conferma che il suo talento, la sua mano, la sua delicatezza espressiva non si sono affatto affievoliti. Tutt’altro!!

Diciamolo subito, a scanso equivoci, il film non è affatto un western, semmai è un finto western in cui la Campion destruttura i codici del genere e ne usa gli sfondi naturali per disegnare un vasto dramma psicologico dalle molteplici sfaccettature. Un dramma fra mascolinità torbida ed esteriore e dissidi interiori e repressi. La regista risuscita certo alcuni stilemi tipici del vecchio western classico ma non ci sono però pistoleri, scazzottate o duelli, il mito del cowboy è riportato alla sua realtà originaria di vaccaro, di allevatore e di proprietario terriero. La Campion però è indubbiamente innamorata del genere e, senza forzature nostalgiche, sa disseminare il film di riferimenti e citazioni dei grandi registi (John Ford in primis) che fanno la gioia degli appassionati e che servono alla regista per far notare i segni e le tematiche della modernità che avanza inesorabile. Un confronto fra la fine di un’epoca che è già leggenda e l’affermazione definitiva della nuova era.

Come sempre nei suoi film, la messa in scena della Campion è splendida ed è capace di catturare tanto la maestosità e la vastità degli ambienti che sovrastano uomini, cose ed animali (un Montana tutto neozelandese) quanto la bellezza dei dettagli. Il grande ed il piccolo in una simbiosi che si ritrova in tutto il film e che, a tratti, ricorda il migliore Terrence Malick. Tutto assume importanza ai fini della narrazione, soprattutto i dettagli!! La fotografia poi è splendida, un lavoro su luce e colori che va ben al di là del mero estetismo. Un film da vedere sul grande schermo! peccato che sia passato in sala solo per due settimane prima di essere messo in onda su Netflix.

Il Potere del Cane è un bel film ma è complesso e denso di simboli e significati, un film intimista in cui il non detto, l’accennato è più che rilevante, la suggestione è più importante del manifesto. Un’eccezionale analisi dell’animo umano e delle sue ambiguità. La regista nel farlo si prende i suoi tempi e governa magistralmente tutta l’evoluzione della storia usando ritmi lenti, una sinfonia in crescendo, quasi una tensione trattenuta, senza mai però perdere vigore, restando sempre coinvolgente. Il racconto è diviso in capitoli che seguono il corso dei fatti, delle stagioni e l’evoluzione dei personaggi ed i rapporti fra loro. Ben lungi dal tener lontano lo spettatore tutto ciò, al contrario, lo avvolge e lo coinvolge piano piano, nel sottile ingranaggio e nel gioco perverso dei protagonisti fino a quando, alla fine, le apparenze si dissolvono.

Ulteriore punto di forza del film è poi anche l’ottima performance del quartetto di attori. Al centro e su tutti brilla Cumberbatch. Assolutamente una delle sue migliori interpretazioni tutta giocata sul non esplicito, sul gesto, sulla sfumatura e sull’intensità. L’attore domina il film con la sua presenza.

Pur senza eguagliare i precedenti capolavori della Campion, Il Potere del Cane è senza dubbio un film di autentica elevata qualità, non certo facile, direi impegnativo ma affascinante. Un film in cui la Campion si conferma eccelsa maestra nel fondere gusto estetico, grande spettacolo e studio dell’essere umano.

data di pubblicazione:03/12/2021


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LUPIN di George Kay – Miniserie NETFLIX 2021, Seconda Stagione

LUPIN di George Kay – Miniserie NETFLIX 2021, Seconda Stagione

Proseguono le avventure di Assane Diop (Omar Sy) “ladro gentiluomo” emulo di Arsenio Lupin, anzi, riprendono proprio là ove erano state interrotte al termine della Prima Stagione con il rapimento del figlio di Assane … Riuscirà il nostro Assane/Lupin ad avere finalmente giustizia e rivendicare l’onore di uomo onesto del padre e sciogliere così la sua ossessione per la vendetta?

 

Con qualche mese di ritardo dalla sua uscita ad inizio Estate, abbiamo avuto modo di vedere la Seconda Stagione di LUPIN, la miniserie francese che ha risvegliato, con il suo discreto successo, la Lupin/Mania (basta passare in libreria e vedere quanti libri sul ladro gentiluomo sono stati ristampati anche qui in Italia).

Questa nuova serie si iscrive nella completa ed assoluta continuità della precedente. I cinque nuovi brevi episodi (ca. 45 minuti) conservano la stessa efficacia di mero divertimento e di passatempo gradevole che era e resta negli obiettivi concreti dei realizzatori. Un prodotto, come già dicevamo, che non vuole affatto essere un capolavoro ma che punta, nel suo genere, ad essere efficace, innovativo, piacevole e costruito proprio per essere tutto ciò che serve ad una Serie TV per arrivare a toccare un pubblico vasto, familiare ed intergenerazionale. Accennare cioè a tanti temi badando bene però a restare solo in superficie, avvalendosi di storie e personaggi legati agli archetipi ed ai clichè in un susseguirsi continuo di colpi di scena. L’equivalente 2.0 dei buoni vecchi feuilleton, i romanzi popolari d’appendice di fine Ottocento.

L’arco narrativo riprende proprio là dove si era interrotto, sulla spiaggia di Etretat con il rapimento del figlio di Assane/Lupin e prosegue poi a Parigi ed è altrettanto ricco di azione, ritmo, avventure e sorprese. Ovviamente l’effetto novità della prima Stagione si perde ed il plot è ormai conosciuto e “l’intrigo” è spesso prevedibile anche perché gli sceneggiatori giocano ormai a carte scoperte. Nell’insieme però la nuova miniserie resta ancora gradevole, con gli stessi pregi e gli stessi difetti, ed in più, maliziosamente, una Parigi notturna e diurna usata con una “ruffianeria” tanto piacevole a vedersi quanto smaccata nella realizzazione. Ci sono ovviamente delle incoerenze, delle situazioni poco credibili ed i personaggi di contorno continuano ad essere ancora disegnati in modo superficiale e manicheo, soprattutto fra i “cattivi”, e ad essere interpretati in modo altrettanto superficiale. Ma, quale è la Serie per famiglie che è totalmente priva degli stessi difetti? Quindi, visti gli obiettivi, tutti gli elementi possono essere tanto difetti quanto anche pregi al tempo stesso!

Rispetto alla Prima Stagione questa volta è però cresciuto il “taglio” internazionale, con l’uso (come dicevamo) di una Parigi da cartolina, il ricorso a scene d’azione o spettacolari molto ben confezionate per un prodotto televisivo, girate spesso anche in esterno e con un notevole ed evidente dispendio di mezzi e risorse investite.

Ovviamente al centro di tutto resta sempre lui, Omar Sy, affabile e sorridente, con il suo carisma, la sua simpatia, la sua fisicità e la sua caratterizzazione che riesce a rendere vivo, interessante ed accettabile il personaggio.

In conclusione una Seconda Stagione ancora una volta divertente, ironica ed intrigante che, comunque sia, cattura piacevolmente lo spettatore e … prelude già ad una Terza. Non sarà di certo la Serie del decennio né dell’anno, ma è piacevole da seguirsi e da scordarsi poi subito dopo, proprio come un feuilleton!

data di pubblicazione:29/11/2021

PROMISES di Amanda Sthers, 2021

PROMISES di Amanda Sthers, 2021

Alexander (Pierfrancesco Favino), figlio di madre inglese e padre italiano, ha solo 10 anni quando suo padre muore annegato sotto i suoi occhi. Pur vivendo un’adolescenza in un contesto agiato fra la madre a Londra ed il nonno paterno (Jean Reno) a Roma, ne resterà segnato per sempre nel carattere. Quando la vita gli farà incontrare il vero amore e la vera passione in Laura (Kelly Reilly) non saprà osare per prendere la giusta decisione al giusto momento … la ricercherà e la rimpiangerà tutta la vita …

  

Presentato e recensito poche settimane fa alla 16ma Festa del Cinema di Roma ove è stato accolto con giudizi contrastanti, esce oggi sugli schermi l’ultimo lavoro di Amanda Sthers. Apprezzata scrittrice, sceneggiatrice e regista, la francese Sthers ha adattato per questo suo 4° lungometraggio lo script dal suo stesso romanzo omonimo uscito nel 2015. Al centro del suo film c’è una grande storia d’amore inespressa ed incompiuta, che avrebbe potuto concretizzarsi ed essere vissuta se solo il protagonista avesse avuto la forza, il coraggio e l’egoistica determinazione di prendere una decisione.

Un intrigo esistenziale sull’incapacità soprattutto degli uomini, di taluni uomini, di saper cogliere l’opportunità di essere felici e prendere su di sé il rischio di amare. Chi? Chi allora meglio di una donna autrice e regista può provare a trovare la giusta modalità per scrivere prima, e rappresentare poi, questa incapacità ed anche il rimpianto che la felicità e l’occasione perduta genererà per tutta la vita? Una storia di sicuro vista e rivista, tanto nella Vita quanto al Cinema, ma, ciò non di meno, è una storia ogni volta sempre coinvolgente perché tocca nel profondo l’essenza stessa dell’Essere Umano: la costante ricerca della Felicità e dell’Amore e con loro la ricerca del Tempo perduto e delle opportunità perdute fino … alla presa di coscienza finale che non esisterà un’altra opportunità per una seconda occasione.

Alexander il protagonista, è bloccato emotivamente per non soffrire, vincolato fra famiglia, amicizie e lavoro. Un uomo in bilico fra due anime, che cerca di fuggire i fantasmi di un passato che lo ha segnato e lo segna. Vive un effimero presente senza nemmeno darsi spazio per sognare un futuro o lottare per averlo. Così, quando incontra l’Amore ed intuisce che può essere la Felicità di cui ha bisogno, non è però in grado di agire per riuscire a viverlo perché è abituato a subire e non sa più osare.

Il film, come fosse una riflessione del pensiero, è costruito a spirali in un’alternanza continua fra passato, presente e flashforward che creano quasi una dimensione narrativa atemporale come in effetti è il pensiero, così come al di là del tempo e dell’attimo è, di per se stessa, anche la domanda se si è felici. Il montaggio dà ritmo e scansione, ora lenta ora rapida, alla narrazione che procede come sospesa in un mare di pensieri. La regista però, pur operando con eleganza ed essendo sufficientemente abile ad evitare di scadere nel melodramma, sembra talora perdersi proprio nelle tante, troppe, spirali dell’intreccio narrativo e la sua direzione conseguentemente risulta insicura e discontinua. Favino, di contro, è veramente bravo e dimostra di saper essere a suo agio anche in una realizzazione internazionale recitando in modo partecipe, tenero ed intenso, un po’ più sottotono è invece la bella Reilly. Precisi, come sempre in questo tipo di produzioni, quasi tutti i secondi ruoli.

Al film, di per sé gradevole, manca però qualcosa … qualcosa per essere veramente un buon film! la continuità narrativa soffre infatti per l’eccessiva frammentazione, manca un pieno coinvolgimento emotivo e l’insieme appare fin troppo distaccato ed alla fine non riesce affatto a smuovere le emozioni profonde dello spettatore che osserva sì le pene del protagonista ma non ce la fa proprio a commuoversi per la sua felicità perduta!

data di pubblicazione:18/11/2021


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