LICORICE PIZZA di Paul Thomas Anderson, 2022

LICORICE PIZZA di Paul Thomas Anderson, 2022

1973, S. Fernando Valley, due adolescenti – Alana Kane (Alana Haim) e Gary Valentine (Cooper Hoffman, figlio del compianto Philip Seymour) – si incontrano il giorno della foto per l’annuario scolastico. Lontani per età e per carattere, si confrontano, si attraggono, si respingono, si sfuggono, si cercano. Corrono, corrono e si rincorrono, crescono muovendo i primi passi nel mondo degli adulti. Archetipi di vita, di bellezza e di libertà in un ricordo agrodolce…

  

Nuovamente candidato all’Oscar, questa volta con tre nomination (Miglior Film, Migliore Regia, Migliore Sceneggiatura Originale), P.T. Anderson, regista, sceneggiatore ed anche direttore della fotografia è, a poco più di 50 anni, un Maestro del Cinema. In assoluto uno dei migliori autori del “Nuovo Cinema Americano”: suoi Magnolia, Il Petroliere, The Master ed Il Filo Nascosto.

Questo suo 9° lungometraggio porta con sé il profumo, appena velato di nostalgia, della giovinezza. Nei suoi 25 anni di carriera e di successi il regista non ha mai cessato di diversificarsi e cimentarsi con nuovi temi, seri o leggeri che siano. Il filo nascosto della sua filmografia resta però pur sempre l’analisi dei sentimenti, la ricerca costante da parte dei suoi personaggi del senso del loro esistere e del doversi confrontare con “l’Altro” rispetto a se stessi.

Il piano sequenza iniziale cattura subito lo spettatore e dà immediatamente il tono e la misura di questo nuovo bel film. La cinepresa gioca con virtuosità attorno ai due ragazzi, li osserva, li scruta, si intreccia e li intreccia fra loro. Il regista fissa così l’istante, l’attimo atemporale in cui, fra esitazioni, silenzi e contraddizioni, tutto nasce e si determina così il Futuro. Un futuro di cui noi spettatori saremo di lì in poi osservatori privilegiati.

Da quell’istante i due splendidi volti nuovi del cinema resteranno nel cuore della storia, perdendosi, ricercandosi e passandosi il centro della scena in un gioco alternato. Di lì in poi il regista, fra apparenti divagazioni bozzettistiche, procede in realtà dritto alla meta per elissi, con magistrali suggestioni in cui il non detto, il piccolo gesto, valgono più di grandi discorsi. In pochi secondi P.T. Anderson dice allo spettatore ciò che altri cineasti a malapena dicono in 90 minuti!Il risultato è un film di inaspettata delicatezza.

Il regista, si sa, ama gli Anni ‘70 ma questa volta, libero da influenze pregresse di altri grandi autori (Altman, Scorsese…), ci regala un innocente ricordo di un’epoca e di una certa America.

Una fotografia ultra sofisticata, un uso sapiente del colore, delle luci e delle inquadrature, ambientazioni e messe in scena perfette, giochi della cinepresa, ritmo e montaggio rapido delle sequenze, una splendida e coinvolgente colonna sonora, un casting perfetto, danno al lavoro uno spessore ammirevole di autenticità e di verità, ben lontano da ogni nostalgica rivisitazione.

Davvero un bel film!

Un film dolce e paradossale: dolce per la freschezza della storia, pulita, leggera, romantica e vintage; paradossale per la maestria del regista pur nella splendida semplicità del suo universo cinematografico.

La giovane coppia è un’assoluta rivelazione. Sotto la direzione di Anderson i due ragazzi diventano sempre più bravi con il procedere del film. Un’autentica sincerità recitativa al servizio assoluto della storia.

Il resto del casting ha, fra i secondi ruoli, anche stelle del calibro di Bradley Cooper, di Tom Waits e di Sean Penn, che ci restituiscono con sensibilità, pur nelle caratterizzazioni, squarci del mondo hollywoodiano degli anni ’70 e di un’America perpetuamente minacciata dalle nevrosi.

Licorice Pizza – dal nome di una catena di negozi di dischi, di moda all’epoca – è la sintesi dell’estetica visiva di Anderson ed è anche un film molto buono, appena mascherato da teen-movie. Un film solare e tenero, una delicata commedia che ci restituisce, nello spirito di quegli anni, l’innamoramento di una giovane coppia e, soprattutto, il saper fare Cinema.

Un film di un grande Autore, alla cui capacità narrativa dobbiamo abbandonarci, apprezzandone il risultato di alta qualità, portando poi con noi quella tonificante sensazione di energia giovanile, di libertà e di sogni che lo pervade tutto. Vero Cinema!

Potrebbe anche non entusiasmare tutti, ma ben vengano allora questi film che generano un costruttivo confronto di opinioni.

data di pubblicazione:19/03/2022


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L’ORIGINE DU MONDE di Laurent Lafitte – Netflix 2022

L’ORIGINE DU MONDE di Laurent Lafitte – Netflix 2022

Jean-Louis (Laurent Lafitte) avvocato parigino e sua moglie Valérie (Karin Viard) sono una coppia borghese benestante senza figli. Sposati da anni, lottano contro la routine della loro relazione. Un giorno il cuore di Jean-Louis cessa di battere, eppure lui è cosciente, parla, si muove. Né la moglie né il suo miglior amico Michel (Vincent Macaigne) sanno trovare una spiegazione. Solo la Guru/Maestra di Vita cui sua moglie si rivolge trova una soluzione per salvarlo: “risalire alle Origini! là da dove viene!… al sesso di sua madre!”…

 

Laurent Lafitte, attore ed umorista ben apprezzato in Francia, firma il suo debutto nella regia con questo suo audace film che è stato presentato a Cannes 2020 ma non è poi purtroppo uscito nelle nostre sale, a causa del Covid. Si tratta di una commedia adattata da una piéce teatrale di successo che trae spunto anche dal titolo dal celebre e discusso quadro di Courbet esposto al Museo d’Orsay di Parigi. Una commedia tanto provocante, scabrosa e graffiante quanto anche surrealista, buffa e tenera che si interroga sorridendo e ridendo su argomenti, pudori, tabù e segreti di famiglia.

Un film di sicuro abrasivo, provocante e controverso che affronta certi tabù nell’unico modo con cui possono essere affrontati: facendo ridere, fra lo chic ed il trash, con gags continue che divertono mentre toccano proprio gli angoli più oscuri della psiche umana.

Il regista è bravo a giocare ed a provocare senza mai però cadere nella volgarità, usando una buona dose di humour nero (quasi britannico) in salsa francese. Un film fatto su misura per turbare ridendo gli spettatori. Dopo un avvio forse un po’ troppo laborioso si succedono situazioni spassose, senza mai tempi morti, in un crescendo nell’assurdo e nel burlesco. Tutto il meccanismo del film è ben oliato, la sceneggiatura è ben scritta, buffa, incisiva e provocante senza però mai cadere nella grossolanità. La messa in scena è più che discreta, il ritmo sempre incalzante, i dialoghi sono gustosi ed irriverenti quanto basta, le situazioni assurde,sconcertanti ed esilaranti.

Quel che però fa poi la vera differenza di classe e di qualità è il trio di protagonisti. Un cast di attori brillanti che incarnano alla perfezione i loro ruoli sempre con eleganza e stravaganza. Ottime anche le coprotagoniste: l’anziana madre e Nicole Garcia nel cameo della psico/guru. Deliziose entrambe.

L’Origine du Monde è un film che si potrà apprezzare o che potrà forse anche lasciare sconcertati, ma ciò non di meno resta pur sempre un piccolo film che di sicuro farà ridere ed anche riflettere.

Una gradevole e vivace commedia, sicuramente audace ma non certo scandalosa, proprio come audace ma non certo scandaloso è il quadro di Courbet!

data di pubblicazione:15/03/2022


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IL RITRATTO DEL DUCA di Roger Michell, 2022

IL RITRATTO DEL DUCA di Roger Michell, 2022

Inghilterra 1961: Campton Bonton (Jim Broadbent), sessantenne tassista a Newcastle, è un iperattivo protestatario per ogni causa sociale e … riesce a “rubare” il quadro di Goya del Duca di Wellington appena acquisito dalla National Gallery di Londra. Un’azione eclatante, tutta e solo politica, volta essenzialmente – prima con le condizioni per il riscatto, poi, una volta arrestato, durante il processo – a richiamare l’attenzione a sostegno della sua iniziativa per l’esenzione degli anziani dall’obbligo di pagare il canone per la BBC…

 

Giunge finalmente sui nostri schermi la commedia sociale di Roger Michell (regista di Notting Hill, scomparso nel 2021) che, realizzata nel 2020 e presentata con successo fuori concorso a Venezia 77, era poi rimasta bloccata a causa del Covid.

Il Ritratto del Duca è una commedia agrodolce, con un significativo sottofondo umano e sociale, permeata di quell’impareggiabile British humour che rende gli inglesi maestri nel realizzare commedie di genere molto gradite a chi va al cinema per vedere qualcosa di intelligente che faccia sorridere e nel contempo riflettere. Una storia realmente avvenuta, uno spaccato della working class e dei problemi di una certa Inghilterra che sarebbe molto piaciuto a Ken Loach ma che Michell rivisita, centrandone ed esaltandone con un velo di malinconia gli aspetti ironici senza trascurare i risvolti che sottostanno alla vicenda. Il tutto in buon equilibrio tra leggerezza e drammi individuali e collettivi.

Un film “vecchia maniera” ma comunque interessante. Il regista, da maestro qual era, gioca infatti abilmente con un’estetica visiva Anni ’60, utilizzando colore e diversi tipi di inquadrature. La sua direzione è contenuta e delicata, sempre supportata da una buona sceneggiatura e da dialoghi intelligenti. Il ritmo è talora discontinuo e varia molto fra prima e seconda parte. Forse qualche minuto in più dedicato a meglio delineare i contesti familiari dei protagonisti avrebbe giovato ad una maggiore comprensione dei loro comportamenti e del colpo di scena finale.

Il punto di forza del film è un cast delizioso, caratteristi e secondi ruoli compresi. Su tutti primeggia Jim Broadbent, al suo meglio con il suo talento ed il suo capitale di simpatia, malizioso, stravagante e capace di adattarsi alle tante sfaccettature del personaggio genera immediatamente empatia nello spettatore. Accanto a lui Helen Mirren, fantastica nel ruolo che fa da controcampo razionale agli ardori protestatari e velleitari del coniuge.

Il Ritratto del Duca è un film che palati molto raffinati o molto esigenti potrebbero anche giudicare solo come “cinema popolare o superficiale”. Non direi! È piuttosto un piccolo film che di certo punta ad intrattenere ma che ha anche un suo cuore con delle verità profonde. Un piccolo film senza grandi ambizioni ma pur sempre un film gradevole, tenero e molto ben interpretato. Un film molto inglese, in cui le emozioni sono tutte molto contenute ma arrivano a toccare lo spettatore.

Ce ne fossero di piccoli film così!

data di pubblicazione:04/03/2022


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IL CAPANNO DI FLIPKE e altri racconti di Georges Simenon – ed. GLI ADELPHI, 2022

IL CAPANNO DI FLIPKE e altri racconti di Georges Simenon – ed. GLI ADELPHI, 2022

Georges Simenon scrittore dalla compulsiva prolificità scrisse oltre 200 romanzi, ben 178 racconti ed innumerevoli brevi storie, raccontini, articoli, novelle e reportage dei suoi viaggi. Tutti questi ultimi venivano scritti per essere pubblicati sui giornali, sui settimanali o sulle riviste le più svariate, oppure spesso venivano dimenticati o lasciati più o meno volutamente nei cassetti. Alcuni sono piccoli gioielli che, se sviluppati, sarebbero potuti divenire poi splendidi romanzi, alcuni sono tracce, idee, situazioni o personaggi poi effettivamente ripresi ed ampliati nei suoi libri, parecchi altri sono invece solo e soltanto brevi schizzi di situazioni o di psicologie umane o spunti di storie poi abbandonate. Tutto quest’ultimo materiale, spesso trascurato dall’autore stesso quando in vita, è stato talora recuperato ed assemblato in raccolte dai vari editori un po’ a caso.

Accanto ai capolavori: i Romans Durs, i Maigret, abbiamo così anche un Simenon de i Racconti Sparsi. Un Simenon “minore”!

Abbiamo sempre detto che “di Simenon non si può buttare via proprio nulla”, è vero! Anche nei suoi raccontini ritroviamo in nuce i temi e le atmosfere letterarie del mondo dello scrittore belga: piccoli ritratti incisivi, accenni del dramma del vivere umano, del gioco beffardo del Destino, dei conflitti familiari e delle eterne inutili illusioni.

Quest’ultima raccolta Il Capanno di Flipke contiene 10 brevissimi raccontini scritti tutti tra il 1941 ed il 1945, e sette di essi sono totalmente inediti in Italia. Da un punto di vista letterario non aggiungono ovviamente nulla di nuovo alla figura dello scrittore.

Questa volta però, oserei dire sono proprio degli “avanzi di cassetto”, aggregati senza alcun filo conduttore, che molto probabilmente per esigenze commerciali o per vincoli editoriali una casa editrice seria come Gli Adelphi si è insolitamente trovata costretta a dover stampare e poi portare in libreria. La sensazione sgradevole è che si stia proprio raschiando il fondo! Mi auguro che non si sia trattato invece di un’operazione meramente economica. Un’operazione che comunque sia proietta più ombre che luci.

Come detto, da un punto di vista letterario si tratta veramente di ben poca cosa. Pur volendo ritrovare in essi lo stile asciutto ed essenziale dell’autore ed accenni alle umane vicende ed a personaggi disegnati con quell’acutezza psicologica con cui Simenon descriveva la sua umanità piccola, piccola, la loro brevità od esiguità è tale da non rappresentare affatto in modo degno lo scrittore, nemmeno il Simenon “minore” e la loro lettura non può che indispettire gli appassionati.

data di pubblicazione:24/02/2022

BELFAST di Kenneth Branagh, 2022

BELFAST di Kenneth Branagh, 2022

Il giovane Buddy (Jude Hill) ha appena nove anni quando vede attorno a sé, nella fino allora tranquilla Belfast, cambiare all’improvviso il suo piccolo mondo, fatto di innocenti amori scolastici, giochi nelle strade del quartiere, feste e cinema con i genitori e chiacchierate con i nonni. Confuso e spaventato dovrà prendere atto che la violenza esplosa ed il conflitto religioso imporranno delle scelte a lui ed ai suoi Cari…..

 

Esce domani sui nostri schermi cinematografici il buon film di Kenneth Branagh già visto all’ultima Festa del Cinema di Roma ove, per singolare coincidenza, era stato proiettato, quasi in contemporanea ad un altro film con bambini al centro delle vicende: l’altrettanto buono C’mon C’mon che sarà in sala a Marzo … dopo gli Oscar. Con Belfast il talentuoso attore, autore e regista, la cui eclettica genialità gli consente di spaziare magistralmente dai classici Shakespeariani ad… Assassinio sul Nilo, o anche a… Thor, ha inteso esprimere il suo tenero ricordo per la sua famiglia, i nonni e la città di origine.

La storia, fondendo realtà e finzione, si ispira, infatti, alle personali vicende dello stesso Branagh. Il nostro Autore, nato e cresciuto a Belfast, è stato costretto nel 1969, all’età di nove anni, a fuggire dalla sua città verso l’Inghilterra a causa dei violenti conflitti religiosi fra protestanti e cattolici scoppiati proprio quell’anno nell’Irlanda del Nord.

La peculiarità del film è che i cambiamenti e la violenza sono visti con il filtro dello sguardo innocente ed incredulo del giovane Buddy che ha solo una comprensione parziale di ciò che avviene e di quella che fino a poco tempo prima era la vita normale e che ora non lo è più. Il tocco autoriale del regista rende il lavoro molto originale e splendidamente supportato da una fotografia in un bianco e nero molto sofisticato che restituisce tutte le atmosfere dell’Irlanda di quegli anni e del piccolo mondo della working class. Un mondo che stava già lentamente cambiando e che i conflitti sovvertiranno completamente. La minaccia della violenza obbligherà i genitori del piccolo a superare le proprie incertezze, i vincoli affettivi ed i sogni che li trattengono a Belfast e li costringerà a prendere atto che per restare fedeli ai propri valori non resterà loro che tagliare con il passato per cercare di ritrovare la tranquillità altrove pur correndo il rischio di perdere la propria identità.

Teneri ricordi che hanno segnato la vita del regista che però, intelligentemente, è abile nel riproporli solo con un po’ di nostalgia ed un velo di malinconia, evitando ogni sentimentalismo o forzatura, alternando al dramma, grazie all’uso sapiente dello sguardo infantile, momenti di humour per alleggerire le atmosfere narrative. Il ritmo è sostenuto e scorrevole, senza pause se non quelle scientemente ricercate, ed è supportato da un ottimo montaggio e da una sceneggiatura ben costruita. Come sottofondo fa da colonna sonora il leggendario Van Morrison.

Oltre all’eccezionale giovane interprete, tutto il cast è perfetto: dalla intramontabile Judi Dench (la nonna) ai genitori Jamie Dornan (il padre) e la splendida Caitriona Balfe (la madre) che danno tutti il loro apporto emotivo ed “adulto” alla narrazione.

Un buon film, un’ottima regia, una buona ricostruzione. Un film tenerissimo che indubbiamente piacerà molto e che in sapiente equilibrio fra emozione e commozione (con il rischio talora di sembrare troppo freddo e distaccato) avrà sicuramente, oltre che le sue più che meritate nomination, anche buone probabilità di vincere.

data di pubblicazione:23/02/2022


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