da Antonio Jacolina | Feb 11, 2025
L’architetto ungherese Lázló Tóth (A. Brody) sopravvissuto all’Olocausto riesce ad emigrare negli Stati Uniti. In attesa della moglie (F. Jones) vivrà di piccoli mestieri e in povertà finché il suo talento verrà notato da un ricco industriale (G. Pearce) per un ambizioso progetto…
The Brutalist merita le 10 Nomination. Ha tutti gli elementi di un grande film e lo è senza alcun dubbio! Non è il lavoro di un cineasta di lungo corso ma, questo è il bello, è l’opera terza di un autore di appena 36 anni fino a ieri considerato un emergente ma, d’ora in poi, un enfant prodige. Colpisce la sua maestria! La storia inventata ma verosimile è costruita attorno ad un architetto di fantasia. Una cornice e un disegno così precisi e convincenti che ci si meraviglia che non si tratti di un biopic. Un film imponente, ben orchestrato che nonostante i suoi 218’ non è mai lento o noioso. Un dramma complesso ed ambizioso ricco di temi e tocchi simbolici che illustra come l’Arte possa trascendere Spazio e Tempo e rivelare una libertà di idee che il suo stesso autore non ha avuto in vita. Al centro c’è il prezzo della Bellezza e la relazione tossica fra Denaro ed Arte. Una critica all’illusione dell’American Dream e alle classi privilegiate che sfruttano la genialità degli immigrati. La follia creativa, il talento, i tormenti di un artista sognatore ed i suoi contrasti con un mecenate megalomane ed egocentrico. Il piano sequenza iniziale cattura subito e dà il tono e la misura del film. Un grande momento di Cinema! La cinepresa avvolge il protagonista e lo inquadra in un ambiente caotico, chiuso, spazi scuri, indefiniti e opprimenti. Con lui emergiamo dalle tenebre e gli occhi, i nostri e quelli di Lázló, si posano sulla prima cosa che distinguono: la Statua della Libertà. Solo che la statua è a testa in giù, dettaglio che ci fa già intuire come il Sogno non sarà alla facile portata dell’architetto. Corbet oscilla fra approccio classico e spunti innovativi. Concilia dramma, audacie formali e simbolismi. Assistito da un’ottima sceneggiatura sa fare buon uso di ogni immagine fra slanci narrativi ed ellissi. La colonna sonora è incisiva, il montaggio è sopraffino. La scelta del VistaVision in 70 mm esalta la fotografia e le scenografie con una risoluzione più alta ed una maggiore profondità di campo. Il cast merita ogni elogio. Brody è intenso e ricco di sfumature. Ottimi i coprotagonisti e Pearce in particolare. The Brutalist merita rispetto, potrà anche non piacere fino in fondo ma è puro Cinema che va decantato ed assimilato per poterlo apprezzare nella sua essenza. Corbet va ammirato per lo stile e per il coraggio di assumersi i rischi di un’opera smisurata. Alcuni cali di ritmo e di intensità drammatica nella seconda parte gli possono essere perdonati. Da vedere assolutamente in VistaVision.
data di pubblicazione:11/02/2025
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da Antonio Jacolina | Gen 29, 2025
Al termine della prima fase della dura e sotterranea lotta per sensibilizzare il voto dei membri dell’Academy si è ormai delineato lo scenario. Sono state infatti finalmente rese note le candidature per gli OSCAR 2025 che verranno assegnati, come da tradizione, ad inizio Marzo. Siamo arrivati alla 97ma edizione di questa celebrazione dei fasti della 7ma Arte. Le nomination riflettono realisticamente la singolare diversità di Generi e Creatività che hanno segnato il paesaggio cinematografico di eccellenza dell’ottimo 2024. Un’edizione che a prima vista appare quasi troppo scontata per la presenza dei grandi favoriti apprezzati da Critica e Pubblico (13 candidature per Emilia Pérez e 10 per The Brutalist e Wicked). Al tempo stesso però anche un’edizione che si distingue per la marcata pluralità artistica che unisce Blockbuster spettacolari con lavori più intimisti. Produzioni Hollywoodiane con prodotti indipendenti. Autori ed artisti affermati con talenti emergenti e, non ultimo, una significativa presenza femminile in tutti i settori. Per gli appassionati di Cinema che amino o meno le storie visionarie, le performances magistrali o le innovazioni stilistiche questa Annata si annuncia veramente come un appuntamento più imperdibile che mai. Il rush finale ed i giochi dietro le quinte dell’ultimo mese, si sa possono dar luogo a tutte le possibili sorprese. Come però non tenere conto di Emilia Pérez, di The Brutalist, de Il Seme del Fico sacro o anche dei possibili outsider I’m Still Here e A Complete Unknown? Purtroppo nuovamente ignorato il Cinema Italiano! Il tema aprirebbe spazio a ben più ampie analisi. Il dato di fatto è che i nostri film non riescono ad attrarre l’attenzione del pubblico e degli esperti internazionali. Forse perché non trattano temi di grande attualità? Perché autocentrati nel nostro provincialismo? Per le storie di breve respiro?
Di seguito l’elenco delle nomination per le principali categorie:
Miglior Film:
Anora
The Brutalist
A Complete Unknown
Conclave
Dune II
Emilia Pérez
I’m still Here
Nickel Boy
The Substance
Wicked
Miglior Regista:
Sean Baker -Anora
Brady Corbet – The Brutalist
James Mangold – A Complete Unknown
Jacques Audiard – Emilia Pérez
CoralieForgeat– The Substance
Miglior Film Internazionale:
I’m Still Here (Brasile)
Emilia Pérez (Francia)
Flow (Lettonia)
Il Seme del Fico Sacro (Germania)
The Girl with the needle (Danimarca)
Miglior Attore:
Adrien Brody (The Brutalist)
Timothee Chalamet (A Complete Unknown)
Ralph Fiennes (Conclave)
Colman Domingo (Sing Sing)
Sebastian Stan (The Apprentice)
Miglior Attrice:
KarlaSofia Gascòn (Emila Pérez)
Mikey Madison (Anora)
Demi Moore (The Substance)
Fernanda Torres (I’m Still Here)
Cynthia Erivo (Wicked)
data di pubblicazione:29/01/2025
da Antonio Jacolina | Gen 21, 2025
Boston. Thug (L. Neeson) da più di 30 anni lavora per un Boss locale. Scopre di soffrire di una malattia neurodegenerativa che gli lascia meno di un anno di consapevolezza. Cercherà di recuperare i rapporti con la figlia ed il nipote e di sanare qualche errore del Passato…
Puntuale ogni anno ecco il solito Neeson Movie. Dalla trilogia di Taken (2008) l’attore irlandese fa ormai solo…L. Neeson. È divenuto infatti un “genere di se stesso”, un sottogenere degli Action movie, dei Thriller e dei Revenge movie. Nulla di nuovo sotto i cieli del cinema di serie B o C. Per gli appassionati non si pone nessun problema basta che si rispettino tutti i codici dei film Neesoniani: azione, suspense, scontri fisici, inseguimenti e successo finale di Neeson che, a 73 anni, è ormai sempre più un “ex qualcosa”.
In ABSOLUTION l’attore ritrova Moland il regista norvegese di Un Uomo Tranquillo (2019). L’ennesima variante della formula vorrebbe poter riproporre i soliti ingredienti base, ma tutti invecchiano e l’inverosimiglianza ha dei limiti e quindi i cenni di azione sono molto pochi. Per di più sono stemperati da un pesante sottofondo di melanconia. La sceneggiatura ondeggia infatti fra la solita storia di vendetta e la novità dell’introspezione psicologica di un killer all’alba del suo declino psico fisico. Questi tentennamenti e le atmosfere crepuscolari appesantiscono il film fin dal suo inizio. La narrazione non riesce a coinvolgere né ad emozionare. Lo spettatore resta quindi smarrito, se non deluso, in una vana attesa di un qualche evento catartico. L’eccesso poi di sottostorie insolute spezzetta il ritmo narrativo già di per sé lento. Il film risulta quindi discontinuo e scollegato, un lavoro né carne né pesce. Diverso dai film d’azione tradizionali ma nemmeno dramma psicologico come probabilmente ambiva di poter essere. Al centro di tutto c’è ovviamente Neeson che prova, con il suo carisma, a dare profondità al personaggio. Benché la sua interpretazione sia accattivante il film soffre troppo della mancanza di equilibrio. Le poche e brevi scene d’azione non ravvivano l’interesse, non gratificano i fan né danno vivacità ad un insieme toppo lungo, troppo lento e con una messa in scena ed una regia troppo scolastiche e prive di originalità. ABSOLUTION è quindi un ibrido fra dramma e azione. Un film particolare ma ineguale. Peccato! Con una scrittura ed una regia più coraggiosa ed ambiziosa sarebbe potuto essere un bel dramma esistenziale. Invece è solo un ennesimo Neeson Movie e nemmeno dei più memorabili.
data di pubblicazione:21/01/2025
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da Antonio Jacolina | Gen 19, 2025
Inizio Anni ’60. Walter (A.Pieradossi), timido ragioniere di Vigevano, va a lavorare in una grande Ditta di Milano. Per accontentare il Presidente appassionato di calcio è costretto ad entrare nella squadra aziendale. Pur incapace si spaccia per abile portiere. Incontrerà però un ex grande N°.1 (N. Marcorè) che…
Per chi insiste e persiste a voler vedere i film soltanto in sala, le piattaforme possono però essere un’opportunità per rivedere qualche successo del Passato o per recuperare film che non si è riusciti a vedere al cinema. Éil caso del piacevole e garbato esordio alla regia di Neri Marcorè: ZAMORA uscito sugli schermi ad aprile 2024. Una gradevole sorpresa! Un debutto semplice ma di qualità con un tocco personale di signorilità e tenerezza. Un film con un taglio lineare classico che sa piacevolmente di qualcosa di già visto e già apprezzato.
Al centro della vicenda il Calcio come metafora della Vita ed il confronto fra due personalità miti e disagiate. Il provinciale serio, metodico, impacciato, catapultato nella realtà sociale e lavorativa della grande città e l’ex portiere alla deriva esistenziale che trova nel giovane allievo il riflesso della sua perduta serietà e l’occasione di riscatto e recupero della propria dignità. Attorno a loro, quasi vera protagonista, la provincia lombarda e Milano. Una realtà ancora semplice, bonaria e avvolta dalla nebbia, in cui si intravedono già tutti i segnali del boom economico e del cambiamento umano, comportamentale e culturale. La sceneggiatura, i dialoghi, le location sono come dovrebbero essere. La messa in scena restituisce correttamente e delicatamente, senza mai scadere in nostalgia, gli aspetti, le abitudini, i costumi, i vezzi, gli oggetti e le atmosfere di tutta un’epoca. Marcorè si conferma attore di qualità ed è preciso nella sua interpretazione dolente ed ironica. Dirige con mano salda e con i giusti tempi in una sapiente alternanza di momenti seri e spunti comici un film corale con un cast perfetto in tutti i ruoli, compresi i caratteristi. Un’apprezzabile commedia retrò che fa tanto “buon vecchio Cinema”. Una favola per adulti che si segue con piacere, un po’ desueta ma graziosa. Marcorè infatti affronta con misura i cliché senza mai ricorrere per far ridere ad inutili volgarità. ZAMORA è una piccola commedia dolceamara che diverte e fa riflettere. Un film molto umano, efficace e leggero che proprio nella sua stessa leggerezza ha la sua forza.
data di pubblicazione:19/01/2025
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da Antonio Jacolina | Gen 17, 2025
Montreal. Un anziano e celebrato documentarista (R. Gere) ormai prossimo alla fine accorda un’ultima intervista. Presente sua moglie (U. Thurman) rievoca le ragioni della sua fuga in Canada nel 1968 per evitare il Vietnam e svela le sue Verità nascoste…
Schrader a 78 anni appartiene ormai alla Storia del Cinema Americano. Sceneggiatore leggendario e regista discontinuo è passato dai successi ai piccoli film a basso costo. Le sue storie vertono costantemente sulla solitudine, la colpa, l’espiazione e la redenzione. Pur confrontandosi sempre con gli stessi temi non è però mai ripetitivo perché ogni volta ne esamina nuove e diverse sfaccettature.
OH, CANADA è una riflessione sull’imminenza della morte e sui ricordi. Un film crepuscolare ed introspettivo, tanto malinconicamente umano quanto anche politico. Il ritratto di una figura simbolo dei progressisti americani. Un anziano ormai fragile che affronta il proprio declino, le colpe ed i tormenti interiori. La confessione liberatoria ed espiatoria di chi sa di aver abusato della propria immagine pubblica di uomo integro e che è cosciente di aver invece sempre ingannato e mentito e di essere solo un opportunista ed un mediocre. Un egoista che è fuggito davanti alle proprie responsabilità. Sullo sfondo l’America e la generazione degli anni ’60. I movimenti giovanili, le ribellioni culturali e sociali. Gli ideali e le scelte morali ed etiche affrontate o eluse. Il racconto/confessione è articolato su un alternarsi fra Presente e Passato che si fondono, si confondono in modo incoerente. Immagini a colori e poi in bianco e nero. Luci e tonalità che mutano unitamente al formato dello schermo a seconda delle epoche evocate. Volti di oggi che si scambiano con volti di ieri. Un mosaico di immagini non lineari perché molteplici sono i punti di vista, incerti i ricordi e lacunosi i momenti di lucidità dell’intervistato, ripreso nella sua fragilità fisica e mentale.
Il regista trova in Gere il suo giusto alter ego. L’attore è perfetto nel ruolo e ci regala una magnifica e dolente interpretazione. Bravi la Thurman e J. Elordi. Un film classico, falsamente modesto ma anche un film impietoso e difficile, purtroppo monocorde e non privo di difetti. I troppi flash back disorientano il pubblico e non agevolano certo la comprensione del film. Manca la giusta profondità narrativa per dare sostanza alla vicenda. Gli effetti restano troppo in superficie, frammentano il ritmo, non emozionano più di tanto e non consentono allo spettatore di legarsi ai personaggi e di empatizzarne il dramma. OH, CANADA è quindi un piccolo film di breve durata, un autoritratto intimo del regista, di certo ben recitato ma imperfetto. Un’opera minore ma un prodotto minore di un grande cineasta americano.
data di pubblicazione:17/01/2025
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