FAHRENHEIT 451 di Ray Bradbury, a cura di lacasadargilla, regia di Lisa Ferlazzo Natoli e Alessandro Ferroni

FAHRENHEIT 451 di Ray Bradbury, a cura di lacasadargilla, regia di Lisa Ferlazzo Natoli e Alessandro Ferroni

(Teatro India – Roma, 2/3 settembre 2023)

Grande e intramontabile classico della letteratura di fantascienza, Fahrenheit 451 diventa uno spettacolo multimediale in forma di melologo nell’ambito del ricco programma di IF/INVASIONI (dal) FUTURO_DARK AGES*2023, progetto multidisciplinare accolto negli spazi del Teatro India, dedicato alle scritture e ai temi sempre più contemporanei della fantascienza. L’armoniosa architettura scenica fatta di musica, suoni e immagini sposa il testo che narra il declino di una società cupa e ingrigita, dove i libri sono banditi e bruciati per la loro presunta pericolosità e dove una crudele dittatura delle immagini ha soppiantato la capacità di pensiero degli esseri umani.

 

Due enormi quinte separano lo spazio scenico in due zone di azione, una dedicata alla lettura del testo l’altra a un gruppo di musicisti. La scena è livida, immersa in un’oscurità rischiarata appena dalle immagini proiettate sugli schermi di tela semitrasparenti che la dividono. Le luci di taglio che illuminano gli attori sul proscenio rendono ancora più inquietante l’atmosfera. La lettura procede rispettosa della struttura del romanzo, il lavoro non delude la curiosità del pubblico. Protagonista e narratore della vicenda è l’incendiario Montag, un vigile del fuoco che nel mondo creato da Ray Bradbury non ha più il compito di spegnere gli incendi, ma di appiccarli laddove ci siano ancora dei libri posseduti clandestinamente da qualcuno. La legge del Governo imperante considera un reato la lettura e un dovere carbonizzare la memoria. È soddisfatto del suo lavoro, ma l’incontro con Clarisse, una giovane ragazza fatta di sogni e poesia, e l’immagine dell’anziana donna che si lascia bruciare insieme alla sua casa suscitano in lui il dubbio che nei libri possa esserci qualcosa di davvero speciale. Sicuramente custodiscono la strada che porta alla libertà e al pensiero, attitudini che mancano ai personaggi che circondano Montag, in particolare la moglie Mildred, che trascorre il suo tempo inerte davanti a giganti televisori inghiottita dal vuoto di senso delle immagini trasmesse. Sarà lei a denunciare il marito e a scatenarne la fuga quando lui, con un gesto provocatorio e sovversivo, aprirà un libro per leggerne il contenuto.

La parte posteriore del palco accoglie un gruppo di musicisti, divisi in due sezioni. Pianoforte e vibrafono descrivono i momenti di maggiore lirismo (è seducente l’accompagnamento al brano My Heart’s in the Highlands cantato a più riprese dal personaggio di Clarisse), mentre le percussioni evocano tra suoni e rumori la catastrofe e la distruzione che si creano attorno e nella mente di Montag. L’ambiente sonoro si compone così di momenti contrastanti, che amplificano il senso del testo insieme al grumo di immagini proiettate, cariche di materia viva. Non c’è accenno a nessun futuro che è prossimo ad accadere, non si afferma nessuna teoria distopica. Semmai lo spettatore è portato in sintonia con i tempi a riflettere sul qui e ora di un presente che ha concesso alle immagini un potere assoluto e fagocitante, che ammette come unica volontà quella di apparire. Anche i costumi, che ben caratterizzano i personaggi, non prefigurano nessun avvenire ma costringono chi osserva a fare i conti con la realtà che lo circonda.

Nella fuga Montag oltrepassa il fiume e si imbatte in un gruppo di fuoriusciti dalla società, nomadi all’esterno ma biblioteche dentro. Hanno trovato il modo di ripetere a memoria i libri che hanno letto in passato. Intanto nell’aria c’è la minaccia di un conflitto, che si avverte imminente e catastrofico. Non si conoscono le parti che sono in guerra, né interessano i motivi che la scateneranno. La guerra è percepita tutt’al più come un crogiolo di purificazione, un’occasione concessa all’umanità per rinascere dalle ceneri dei propri errori, un po’ come la leggendaria Fenice. La differenza che passa però con l’uccello è che l’uomo conserva la capacità di rendersi conto delle colossali sciocchezze che ha commesso scongiurando di non ripeterle. Sempre che ci sia qualcosa come un libro, appunto, a ricordarglielo.

Lisa Ferlazzo Natoli collaborerà come regista negli appuntamenti domenicali al Teatro Argentina sulla divulgazione scientifica, in programma questo autunno per la prima edizione di Quando la scienza fa spettacolo: lo spazio. Incontri tra scienza e poesia in collaborazione con il Teatro di Roma.

data di pubblicazione:15/09/2023


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JANNACCI VENGO ANCH’IO di Giorgio Verdelli, con il contributo artistico di Paolo Jannacci, 2023

JANNACCI VENGO ANCH’IO di Giorgio Verdelli, con il contributo artistico di Paolo Jannacci, 2023

Un commosso e commovente documentario su quello che non a torto viene definito dalla critica, oltre che dagli intervistati, il cantautore più originale del cantautorato italiano degli ultimi sessanta anni. In due ore di riassunto di carriera si passano in rassegna tutte le canzoni dell’eccentrico successo di un medico/cantante/attore che non ha mai voluto coltivare l’hit parade preferendo scelte personali anche se impopolari.

 

 

Il mondo di Jannacci restituito alla fruizione in un caleidoscopio completo del suo universo, fatto di deraciné, di plumbee periferie milanesi che assurgono ad altrettante metafore dei diversi del mondo. Aneddoti e filmati d’epoca a bizzeffe per la gioia degli ammiratori. Forse non tutti conoscono il legame con Vasco Rossi, restituito dalla viva voce del cantante di Zocca. Paolo Rossi rievoca battute ascoltate cento volte ma sempre valide. E il tappeto sonoro dell’omaggio è di rara efficacia e completezza. Dai tempi del derby, della collaborazione con Gaber alla fruizione scenica di un corpo e di un interprete tutt’altro che ingessato, sempre pronto a stupire come un saltimbanco. La cura per gli altri è stata sempre viva nella sua mission artistica e umana. Dagli inizi con Celentano a Canzonissima. Altissimi e bassi non sofferti con la sensibilità di un uomo raffinato e raffinato musicista. Verdelli ha scovato filmati d’antan e collaborazioni impensabili con la passione intensa di un filologo stregato dal personaggio. Un docu d’arte vedibile con cinema revolution a soli 3,50, un vero regale oltre che un intensissimo focus senza sentore di nostalgico revival. Un artista è vivo finché si ascoltano le sue canzoni o si leggono i suoi libri. Regola aurea.

data di pubblicazione:14/09/2023


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EXIT ABOVE – AFTER THE TEMPEST di Anne Teresa de Keersmaeker

EXIT ABOVE – AFTER THE TEMPEST di Anne Teresa de Keersmaeker

(Roma Europa Festival 2023)

Il 10 e l’11 settembre alle 21 è tornata, nella Cavea dell’Auditorium Parco della Musica “Ennio Morricone”, Anne Teresa de Keersmaeker per presentare in prima nazionale la sua nuova creazione EXIT ABOVE – after the tempest. Dopo il successo dello spettacolo Drumming della scorsa edizione del Roma Europa, la coreografa, presenza storica del Festival prosegue con la sua compagnia Rosas la ricerca sul rapporto tra musica e movimento coreografico. EXIT ABOVE – after the tempest parte dal blues per arrivare all’elettronica e alla dance di oggi. In scena, assieme a danzatrici e danzatori della compagnia ci sono Meskerem Mees (cantautrice fiamminga emergente di origini etiopi) e Jean-Marie Aerts, sound designer dei TC Matic, formazione rock belga degli anni Ottanta. (foto Anne Van Aerschort).

 

La musica è sempre stata la grande passione ed il punto di partenza dei lavori di Anne Teresa de Keersmaker che ha fondato la compagnia di danza Rosas a Bruxelles nel 1983 proprio mentre creava l’opera Rosas danst Rosas. A partire da questa pièce rivoluzionaria, ha sviluppato una sua ricerca coreografica basata sull’esplorazione del rapporto tra danza e musica, lavorando progressivamente su strutture musicali e partiture di diversi periodi, che vanno dalla musica antica a quella contemporanea e popolare. La sua sperimentazione attinge anche agli assunti della geometria e dei modelli aritmetici, alla natura ed alle logiche sociali per creare quadri d’assieme che esaltano l’articolazione del corpo nello spazio e nel tempo.

Proprio dal riascolto di un vecchio vinile ha preso il via la collaborazione tra la coreografa e il chitarrista e sound designer dei TC Matic. gruppo, che suonava un tipo di musica contenente vari stili tra cui new wave, blues, funk, hard rock, avant-garde e chanson francese. Proprio il blues è stato sin dall’inizio il motore che ha acceso la creatività della coreografa e del sound designer Jean-Marie Aerts per realizzare la costruzione coreografica.

Lo spettacolo parte con un assolo che rievoca La Tempesta di Shakespeare per poi proseguire con un’ampia disamina del gesto del camminare: il vagare, il marciare, la corsa, l’isolamento e la pausa, il ritrovarsi in gruppo per muoversi insieme. Ad affiancare i performer in scena ci sono la straordinaria cantautrice di origini etiope Meskerem Mees e il chitarrista blues ed ex danzatore di Rosas Carlos Garbin per un dialogo intergenerazionale condotto, ancora una volta, nel segno della integrazione artistica e comunicativa. Una continua interazione tra l’individuo e il gruppo, il singolo e il collettivo che esalta la gioia del danzare di dodici giovanissimi performer.

Lo spettacolo celebra l’armonia e la diversità proprio perché basato su un gruppo di giovani danzatori tra loro estremamente eterogenei e legati da un disegno coreografico che celebra differenze e similitudini. Lavoro assolutamente moderno ed attuale dedicato alla bellezza del danzare, del muoversi, del confrontarsi, dell’ascolto. Interessantissimi i testi della cantautrice Mees così come è meraviglioso il disegno luci che esalta le differenti fisicità e l’armonia complessiva dei corpi.

data di pubblicazione:12/09/2023


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IO CAPITANO di Matteo Garrone, 2023

IO CAPITANO di Matteo Garrone, 2023

Seydou insieme al cugino Moussa, entrambi senegalesi, decidono di realizzare il loro sogno: raggiungere l’Europa e diventare cantanti famosi. Nonostante gli avvertimenti contrari, ma con il beneplacito di uno sciamano interpellato sul progetto, decidono di lasciare di nascosto la propria casa e di intraprendere il lungo e pericoloso viaggio. Gli ostacoli che dovranno affrontare saranno tanti e metteranno seriamente a rischio la loro stessa esistenza…

  

Come era più che prevedibile, sia da parte della critica che da parte del pubblico, la giuria di quest’anno, presieduta da Damien Chazelle, premia il film Poor Things di Lanthimos. Ma al nostro Matteo Garrone va il leone d’argento per la miglior regia che lascia più che soddisfatti i cinefili nazionali. Molti sanno che il regista, per la prima volta in concorso al festival del Cinema di Venezia, ama raccontare storie, riuscendo a creare una perfetta sintesi tra il mondo reale e quello onirico, con il risultato di inventarsi una favola che ha il sapore dell’amaro e del tenero nello stesso tempo. Con Io capitano il tema sviluppato è quello dell’immigrazione, uomini che dall’Africa affrontano dei rischi enormi pur di raggiungere in Europa una vita dignitosa e dare un futuro migliore ai propri figli. I pericoli sono tanti, e molti moriranno, come ben sappiamo, prima di vedere la terra ferma e realizzare il proprio progetto. Il film ha due protagonisti senegalesi, Seydou e Moussa, che vivono a Dakar, in un ambiente familiare dignitoso, e frequentano regolarmente una scuola. La loro aspirazione, arrivati in Europa, è però diversa da quella dei tanti migranti che affrontano il grande viaggio: i due non fuggono dalla povertà assoluta, ma vogliono solo raggiungere il successo con le loro canzoni e diventare famosi. Merito indiscusso di Garrone è quello di aver lasciato intatta la realtà in cui si muovono i giovani protagonisti, e di aver mantenuto persino la loro lingua originale, perché anche un doppiaggio in italiano avrebbe in qualche modo falsato lo spirito e il messaggio trasversale che si vuole dare al pubblico. Seydou Sarr (Premio Mastroianni come giovane attore emergente) e Moustapha Fall non ricoprono i ruoli di attori né seguono una recitazione da copione: i loro movimenti sulla scena sono la loro stessa vita, così come si svolge nel quotidiano, e le loro avventure sono proprio quelle raccontate da chi è sopravvissuto alla tremenda odissea, perché di questo si stratta. I soprusi, le torture e tutto quello che i giovani dovranno affrontare è pura realtà nonostante a noi, che stiamo da quest’altra parte del mare, venga raccontato qualcosa di diverso, sorvolando volutamente su dettagli di fondamentale importanza. Seydou non ha mai guidato una barca e non sa nemmeno nuotare, ma da obbligato “scafista” lui si prenderà la responsabilità di salvare tante vite perché lui, da improvvisato capitano, lo diventerà veramente. Garrone, ha realizzato un vero capolavoro di neorealismo e questo film, tenero e spietato nello stesso tempo, trasfonde una grande dose di umanità, quella che molti stanno perdendo o che forse non hanno mai avuto.

data di pubblicazione:09/09/2023


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I PEGGIORI GIORNI di Massimiliano Bruno ed Edoardo Leo, 2023

I PEGGIORI GIORNI di Massimiliano Bruno ed Edoardo Leo, 2023

Ci sono giorni migliori e giorni peggiori. Anche nei film. I prolificissimi autori intasano le sale con le loro pellicole ma non scendono mai sotto un’accettabile qualità media, sulle orme di una commedia all’italiana del terzo millennio, riabilitando persino l’impianto a episodi.

 

Le feste si sa sono occasioni di crisi soprattutto in un mondo che a volte ha poco da festeggiare. Plot più o meno riusciti per queste circostanze. Rimane dura da accettare per la realtà italiana la festa di Halloween che difatti circoscrive l’episodio meno riuscito con un Papaleo che gigioneggia su un personaggio deracinè sin troppo visto nella sua personalissima filmografia. Qua e là caratterizzazioni azzeccate con un cast italiano di primissimo ordine in cui la signora Favino (Anna Ferzetti) mostra tutte le proprie qualità. In fin dei conti il film si specchia nella realtà. Con la crisi del lavoro, la sin troppo frequente ritualità delle foto sexy rubate tra adolescenti con sospetto di stupro, questioni ereditarie di famiglia che fanno emergere egoismi e gangli non risolti. C’è una certa umiltà nell’evitare la dilatazione di piccoli spunti risolvendoli in frammenti di cinema. Salemme e Di Luigi su queste basi potrebbero costruire un’autentica saga, per non parlare del possibile sfruttamento nelle serie su piattaforma televisive. E poi come negare la generosità nel distribuire un cast omogeneo distribuendo parti ispirate. La miglior risposta al cinema americano che impone i propri attori (Adam Driver) per rappresentare protagonisti tipicamente italiani come Gucci e Ferrari. Bruno e Leo si confermano cinquantenni mestieranti di buon corso, qui e lì a tratti vivacemente ispirati anche se i dialoghi non sono sempre all’altezza delle situazioni.

data di pubblicazione:07/09/2023


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OPPENHEIMER di Christopher Nolan, 2023

OPPENHEIMER di Christopher Nolan, 2023

Robert Oppenheimer, fisico statunitense di origini ebree, sin dal periodo del suo dottorato presso l’Università di Gottinga concentra la sua ricerca sulla meccanica quantistica, basandosi sulle intuizioni del suo amico Albert Einstein. Diventato presto un famoso accademico, viene coinvolto nella sperimentazione della bomba atomica, progetto portato a termine con l’aiuto dei fisici più illustri del tempo. Siamo sul finire della seconda guerra mondiale e gli Stati Uniti decidono di sganciare l’ordigno su Hiroshima e Nagasaki, costringendo così il Giappone alla resa finale…

 

Prometeo disobbedì a Zeus, avendo rubato il fuoco agli dei per darlo agli uomini, e accettò responsabilmente le conseguenze di questa ribellione: incatenato a una rupe ai confini del mondo fu poi sprofondato nell’inferno. Con questo incipit Christopher Nolan cura la regia e la sceneggiatura di questo attesissimo film che insieme a Barbie sta raggiungendo record di incassi inimmaginabili, due film diametralmente opposti nel genere ma che stanno segnando un fenomeno mediatico di grande impatto, scherzosamente definito come Barbenheimer. Forse in pochi erano a conoscenza dei retroscena che coinvolsero i fisici più illustri dell’epoca, a cavallo della seconda guerra mondiale, riuscendo a portare avanti un progetto ambizioso e nello stesso tempo quanto mai distruttivo per l’umanità. Nolan riesce a concentrare nell’espressione e nella fisicità di Cillian Murphy, che interpreta per l’appunto la figura di Oppenheimer, il tormento di un uomo che ama esibire la propria ambizione ma che poi si rende conto di quanto il suo giocattolo sarà latore di distruzione e di morte. Il plot è molto articolato e abbraccia praticamente l’intera vita del fisico, dal periodo di studio universitario alle varie fasi del progetto, che sotto la sua direzione, portò alla realizzazione della bomba atomica e continua con le varie fasi del processo intentato contro di lui per il fatto di essersi schierato contro la realizzazione della bomba all’idrogeno. Nonostante la lunga durata, alla quale oramai ci stiamo abituando, la storia si lascia seguire con attenzione non solo per le immagini curatissime, in alternanza tra il colore e il bianco e nero, ma anche per gli effetti visivi, accompagnati da un suono dirompente e non solo in senso metaforico. Con un montaggio perfetto, il film riesce a coniugare un linguaggio scientifico, forse a volte ostico per chi non è esperto della materia, con le vicende personali e familiari che riguardavano il protagonista. Ne viene fuori la figura di un uomo in contraddizione con se stesso, un concentrato di genio e sregolatezza, che lo porterà a ribellarsi verso quelle stesse istituzioni che lo avevano supportato e poi abbandonato, se non addirittura condannato. Un grande capolavoro non solo per la fotografia e gli effetti speciali ma soprattutto per l’interpretazione degli attori, un cast eccezionale che oltre a Murphy include Matt Damon, Robert Downey Jr., Kenneth Branagh, Emily Blunt, solo per citarne alcuni. Un film, forse il migliore del grande regista inglese, già in odore di Oscar prima ancora che venisse distribuito nelle sale. Si suggerisce di vedere i due film, Barbie e Oppenheimer, uno dopo l’altro per scoprirne l’effetto (esplosivo) finale!

data di pubblicazione:06/09/2023


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BACKSTAGE di Afef Ben Mahmoud e Khalil Benkirane, 2023

BACKSTAGE di Afef Ben Mahmoud e Khalil Benkirane, 2023

(80. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia)

Alle Giornate degli Autori 2023 in concorso il 2 settembre il film Backstage scritto da Afef Ben Mahmoud e da lei diretto insieme a Khalil Benkirane. Una pellicola che racconta gli ultimi due giorni della tournée di una compagnia di danza contemporanea marocchina, entrando nel backstage delle relazioni interpersonali dei danzatori e della regista, anche a causa di una serie di imprevisti che porta tutti i personaggi ad un incontro-scontro durante la notte nella fitta e pericolosa boscaglia dell’Atlante, con la sola luce della luna.

La compagnia di danza Senza Frontiere sta concludendo la tournée in Marocco. Nel penultimo spettacolo una componente è ferita per colpa del suo compagno, nella vita e sulla scena. Si trovano in una città situata sulla catena montuosa dell’Atlante ma devono muoversi con urgenza perché saranno in scena la sera successiva in un’altra città. Nella speranza di salvare l’ultimo spettacolo, il gruppo parte immediatamente per rintracciare l’unico medico disponibile nella zona e curare la danzatrice infortunata. Durante il viaggio, per evitare una scimmia, l’autobus sbanda e si ferma miracolosamente sul ciglio della strada. Priva di una ruota di scorta, la troupe è bloccata nella foresta. Fuori, la luna piena illumina un paesaggio maestoso e inquietante. Ha così inizio una specie di road movie: invece di aspettare il ritorno dell’autista, l’intera compagnia decide di inoltrarsi nella foresta per raggiungere il villaggio.

I personaggi si troveranno immersi in uno scenario totalmente sconosciuto. Vivranno un backstage inusuale dove saranno costretti a svestire i panni di scena e mostrarsi finalmente per quello che sono, senza nessun filtro. Avranno a che fare con situazioni molto particolari che riveleranno tutta la loro vera natura ed il vero volto.

Nel cast ci sono Sondos Belhassen, Afef Ben Mahmoud, Saleh Bakri ed il danzatore e coreografo Sidi Larbi Cherkaou. Il film è prodotto da Lycia Productions e Mésanges Films.

data di pubblicazione:03/09/2023








POOR THINGS di Yorgos Lanthimos, 2023

POOR THINGS di Yorgos Lanthimos, 2023

(80. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia)

Ci sono film che si amano dal primo fotogramma perché toccano il cuore. Ha entusiasmato Venezia ed ha scatenato ovazioni Poor Things, (“Povere Creature!”) film diretto da Yorgos Lanthimos, presentato il 1 settembre in anteprima mondiale in concorso all’80esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica e dal 25 gennaio prossimo nelle sale italiane. Il film è tratto dal romanzo omonimo di Alasdair Gray e racconta la storia di Bella Baxter (Emma Stone), una sorta di Frankenstein al femminile, riportata in vita da uno scienziato (Willem Dafoe). Desiderosa di imparare tutto, libera dai pregiudizi, aperta a nuove esperienze e scoperte, anche della sessualità. Una sorta di romanzo di formazione di un’eroina moderna, tra fantascienza, atmosfere gotiche e umorismo.

La pellicola è totalmente incentrata sul punto di vista di Bella e sulla sua libertà e purezza di pensiero. Il film ha un’estetica unica, una esplorazione personale della protagonista, come ha affermato lo stesso regista, attraverso  anche la creazione di un suo universo, un mondo che lei potesse abitare, adattato al suo punto di vista e ai suoi occhi, costruito in studio con elementi non realistici o meglio attraverso la sua rivisitazione del reale.

La storia è straordinariamente attuale, rivisitazione femminile del tema classico della creatura di Frankenstein attraverso la fantastica evoluzione di Bella Baxter (Stone), una giovane donna riportata in vita dopo un tentato suicido dal geniale e poco ortodosso scienziato Dr. Godwin Baxter (Willem Dafoe) che le impianta il cervello del feto che ha in grembo ma che non può più portare avanti. Sotto la protezione di Baxter, Bella, nonostante l’aspetto fisico, per alcuni aspetti è una neonata che sta crescendo in fretta ed è desiderosa di imparare. Ha difficoltà come tutti i bimbi a deambulare e ad esprimersi ma non ha pregiudizi e convenzioni, è assolutamente pura e immediata anche nei suoi primi approcci sessuali. Affamata della mondanità che le manca, Bella fugge con Duncan Wedderburn (Mark Ruffalo), un abile e dissoluto avvocato, in una travolgente avventura attraverso i continenti. Libera dai pregiudizi del suo tempo, Bella è sempre più decisa nel suo proposito di difendere l’uguaglianza e l’emancipazione. Conosce il mondo e apprende velocemente applicando il suo metro di giudizio. Parla di libertà, della posizione della donna e dell’uomo nella società, delle relazioni tra uomini e donne. Il suo approccio è meravigliosamente spiazzante, moderno, diretto così come il film nel suo complesso. Atmosfere, fotografia, dialoghi, costumi, make up, interpretazioni in uno scenario fantasmagorico, pieno di citazioni e di idee dove la luce curata dal genio di Robbie Ryan mescola il bianco e nero del cinema muto anni ‘30 e le poco naturali palette cromatiche Impossibile trovare un difetto: solo emozioni.

data di pubblicazione:02/09/2023








FINALMENTE L’ALBA di Saverio Costanzo, 2023

FINALMENTE L’ALBA di Saverio Costanzo, 2023

(80. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia)

Altra pellicola in Concorso a Venezia è Finalmente l’alba di Saverio Costanzo, sfortunatamente presentata dopo il bellissimo Poor things di Yorgos Lanthimos che ha registrato una unanime approvazione in sala. Costanzo parte da un fatto di cronaca avvenuto nel 1953 per raccontare il cinema di quegli anni, certi ambienti della Roma bene che si affacciava nell’immediato dopoguerra alla dolce vita, la difficoltà delle donne per affermarsi in certi ambiti lavorativi (e le cose non sono tanto cambiate da allora) cercando di essere loro stesse senza dover scendere a compromessi e la spettacolarizzazione mediatica di un delitto che ha spostato l’attenzione più sugli ambienti in cui si è consumato che sulla vittima.

 

È molto affascinante come il regista riesce a gestire, in maniera assolutamente assolutoria per la vittima e a così tanti anni di distanza, la vicenda dell’omicidio di Wilma Montesi avvenuto nel 1953. Il cadavere della giovane venne ritrovato sul litorale romano e la foto che la ritraeva riversa sulla spiaggia, a gambe divaricate con le calze scese, fu pubblicata da tutti i giornali come immagine che accompagnava la descrizione delle sue aspirazioni di attrice. La morbosità mediatica fa così il suo giro: “la stampa speculò sulla vicenda, che coinvolgerà personalità della politica e dello spettacolo, e nel pubblico nacque un’ossessione che presto diventò indifferenza. La vittima scomparve dalle cronache per fare posto alla passerella dei suoi carnefici”. Il reato cadde poi in prescrizione senza colpevole.

Costanzo riabilita la vittima inventando una storia parallela, ambientata nello stesso anno, avvalendosi di una giovane attrice (Rebecca Antonaci) al suo primo ruolo da protagonista che rappresenta l’immagine di una ragazza ingenua degli anni ’50, Mimosa che, nata in una famiglia umile e promessa sposa ad un poliziotto napoletano, in una lunga notte ripercorre, come una sorta di ricostruzione parallela, le ultime ore di Wilma Montesi, dopo essere stata selezionata per un provino a Cinecittà come comparsa in un film ambientato nell’antico Egitto. Alla fine delle riprese Mimosa verrà invitata dall’attrice protagonista ad unirsi a loro per andare a cena; ma poi la serata si trasformerà in una notte di bagordi in un villa romana, con droga e champagne. La notte trascorsa in compagnia degli attori americani del film ballando e bevendo, assieme a produttori, politici e faccendieri di ogni tipo, sarà infinita, come una sorta di percorso di vita necessario per passare dall’ingenuità all’età adulta: “un film sul riscatto dei semplici, degli ingenui, di chi è ancora capace di guardare il mondo con stupore”. La traghetterà in questo percorso interiore Rufus Priori (interpretato da un bravissimo W. Defoe che recita in italiano), una sorta di Virgilio testimone sino all’alba della sua trasformazione, in cui Mimosa scopre che il coraggio non serve a ripagare le aspettative degli altri, ma a scoprire chi siamo.

Un progetto ambizioso quello di Costanzo che tuttavia non regge per tutta la durata del film, con una seconda parte un po’ troppo lunga ed una scena finale che lascia perplessi; tuttavia il film, a partire dal titolo ironico e salvifico, dopo un viaggio lungo un’intera notte libera sia la vittima che lo spettatore perché reinventa la vicenda di Wilma Montesi, riuscendo così a puntare il dito sui veri carnefici e a ridonare alla vittima la giusta centralità.

data di pubblicazione:02/09/2023








DOGMAN di Luc Besson, 2023

DOGMAN di Luc Besson, 2023

(80. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia)

“Ovunque ci sia un infelice, Dio invia un cane”. Luc Besson commuove e sorprende con il suo Dogman, presentato il 31 agosto in concorso alla 80ma Mostra del Cinema di Venezia, lungometraggio girato in lingua inglese che racconta la storia di Douglas (lo straordinario Caleb Landry Jones), un ragazzo con un profondo amore per i cani, unica nota felice di un’adolescenza di violenza e abusi.

Una strana figura viene fermata in mezzo alla strada dalla polizia. È al volante di un camion. Si intuisce che abbia un trucco sbavato sul volto ferito, una parrucca bionda ed un’improbabile vestito a la Marilyn. Si accascia sul volante. La polizia apre il camion che è carico di cani randagi: “se non fate del male a me, non faranno del male a voi”, urla, viene arrestato.

Evelyn (Jojo T Gibbs) è la poliziotta psichiatra che lo interroga e che apprende la sua terribile storia. Douglas ha vissuto con il padre allevatore di cani da combattimento, violento e fanatico religioso insieme alla moglie spesso malmenata ed indifesa ed all’altro fratello più grande sempre schierato dalla parte del padre. Per aver dato da mangiare di nascosto ai  cani affamati viene chiuso nella gabbia dei cani dal padre. Douglas cresce in quella gabbia in condizioni disumane con l’unica via di fuga rappresentata dalle riviste lasciategli dalla madre a sua volta fuggita da quell’inferno. Un giorno il padre gli spara, facendogli saltare un dito e provocandogli accidentalmente una lesione alla spina dorsale che costringerà il ragazzo ad una sedia a rotelle. Uno dei cani lo salva, attirando l’attenzione della polizia. Inizia così la nuova vita da orfano, la mancata integrazione, l’amore non corrisposto, la passione per Shakespeare, l’esistenza simbiotica con le decine di cani, i suoi figlioli, fedeli e coerenti. Il trauma vissuto, di cui porterà addosso le conseguenze per tutta la vita, rendono Douglas un giovane uomo che vive circondato solo dall’amore dei suoi cani, che lo proteggono e lo comprendono. Nel viaggio tormentato intrapreso per guarire dai traumi infantili e dalle ferite fisiche, Douglas cerca di trovare la propria strada, anche se ciò significa infrangere le regole sociali. La riconciliazione lo attende dopo sofferenze infinite.

La favola nera sospesa nel tempo di Besson ha emozionato, fatto piangere e sorridere ma soprattutto ha colpito al cuore.

Il protagonista, interpretato da Caleb Landry Jones che ha gli occhi celesti e l’accento texano, ha una dolcezza infinita ma anche un destino crudele. Il trauma vissuto, di cui Douglas porterà addosso le conseguenze per tutta la vita, lo porta a sviluppare un attaccamento viscerale verso i soli esseri nei quali trovato serenità e salvezza.

Una favola speciale, agrodolce e malinconica, carica di suggestioni e di citazioni, delicata come lo splendido protagonista, così puro ma anche così determinato. Finora, l’applauso più sentito e scrosciante del Festival.

data di pubblicazione:07/09/2023