TRE SORELLE di Anton Čechov, regia di Claudia Sorace- Coproduzione Index Muta Imago,  Teatro di Roma – Teatro Nazionale, TPE – Teatro Piemonte Europa

TRE SORELLE di Anton Čechov, regia di Claudia Sorace- Coproduzione Index Muta Imago, Teatro di Roma – Teatro Nazionale, TPE – Teatro Piemonte Europa

(Teatro India – Roma, 9/14 Maggio 2023)

Un orologio luminoso segna il trascorrere inesorabile del tempo. Per Masa, Irina e Olga, le tre sorelle, tutto rimane invece sospeso nel ricordo di un passato, i cui contorni si stanno comunque sbiadendo per non lasciare più alcuna traccia. Per sfuggire a una vita mediocre, in una cittadina di provincia dove ora vivono, nutrono il comune desiderio di trasferirsi a Mosca, loro città di nascita. Le vicende che seguiranno renderanno questo sogno irrealizzabile…

 

Per il celebre scrittore e drammaturgo russo, in questa penultima opera del suo vasto patrimonio letterario lasciatoci in eredità, sembra che il tempo sfugga di mano: un passato che è passato, un futuro quanto mai incerto e un presente inconsistente. Le tre sorelle si interrogano sul senso della vita e sui loro progetti che convergono solo su un punto: il ritorno alla loro amata Mosca, da anni lontana nei fatti che le hanno portate a vivere un’esistenza grigia e senza entusiasmo. Il loro è un mondo quasi surreale fatto di desiderio, passione e aspettative destinate a rimanere irrisolte perché le vicende le hanno costrette, inesorabilmente, a scelte sbagliate e comunque insoddisfacenti. Gli altri personaggi sono da contorno e non appaiono mai sulla scena, pur avvertendone la presenza ingombrante, come quella del fratello Andrej, ragazzo molto colto destinato a un futuro brillante da intellettuale. Il compleanno di Irina, l’anniversario della morte del padre, un carnevale con ballo in maschera che verrà con un pretesto annullato, un incendio che scuote l’intera famiglia questi e altri eventi portano le tre sorelle ad interrogarsi sul perché di tante avversità e su cosa ne sarà di loro quando tra cento, forse mille anni, ogni ricordo sarà svanito. Ecco che questo vuoto esistenziale dei personaggi lascerà spazio solo a una frustrante rassegnazione, ogni velleitarismo verrà sacrificato e il ritorno a Mosca svanirà. Le tre attrici sulla scena sono Federica Dordei, Monica Piseddu e Arianna Pozzoli unite da movimenti spasmodici che le rendono quasi eteree, fluttuanti in un interno semplice e decoroso, mentre sullo sfondo si intravede il bosco di betulle che avvolge l’intera casa dove si svolge l’azione. Le musiche che accompagnano sono curate dal vivo da Lorenzo Tomio, suoni cadenzati che possono risultare a volte opprimenti quasi a segnare un tempo ritmico e inarrestabile. Le luci stroboscopiche, con la direzione tecnica di Maria Elena Fusacchia, contribuiscono a rendere discontinuità ai movimenti e creano un ambiente a volte quasi psichedelico, funzionale a sottolineare lo stato d’animo generale. Una trasposizione ben riuscita che riesce a coinvolgere sin dal primo momento il pubblico che ha apprezzato e accolto con entusiasmo l’ottima interpretazione delle tre protagoniste. Ha collaborato alla produzione Amat & Teatri di Pesaro per Pesaro 2024, Capitale Italiana della Cultura.

data di pubblicazione:10/05/2023


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IL MOVIMENTO DEL NULLA di Gene Gnocchi, Luca Fois, Massimo Bozza, Cristiano Micucci, con Gene Gnocchi e Diego Cassani

IL MOVIMENTO DEL NULLA di Gene Gnocchi, Luca Fois, Massimo Bozza, Cristiano Micucci, con Gene Gnocchi e Diego Cassani

(Teatro al Parioli – Roma, serata evento, 9 maggio 2023)

Nel vuoto della politica perché non fondare un partito che ne riassuma tutti i logori luoghi comuni? Tenta l’impresa Gene Gnocchi con il suo umorismo cosmico e strisciante, fatto di picchi surreali con ovvie risate.

Dalla Leopolda alla Bernarda. Sotto la bandiera del nulla cosmico quel raffinato umorista di testa e non di pancia che è Gene Gnocchi riassume in un’ora e mezzo l’improvvisato e pasticciato programma elettorale di una nuova immaginaria fazione politica che mira a fare a pezzi le concrezioni precedenti. Ovviamente è l’innesco per prendere in giro il mondo. E così ci sono soluzioni per la sanità, per i trasporti (con l’abolizione del traffico ferroviario in ragione di un unico treno universale), per la sanità, per la scuola, per gli anziani, in una sorta di abbecedario revisionista di indubbio impatto. Gnocchi lascia al pubblico la scelta tra due possibili inni. E, guarda caso, sono ambedue mutuati da Forza Italia anche se stravolti con un testo diverso. Vince: “Meno male che Gene c’è”. Gli fa da spalla Cassani a cui raccomanda sempre di non andare fuori copione. E’l’uomo degli effetti speciali quando Gnocchi con buona intonazione canta e si richiama agli U 2 oppure ricorda la sua fantomatica adesione ai Pink Floyd sia pure in forza di un contratto a termine e prima che questi si mettessero a disposizione per suonare nei matrimoni. La convention ha un sottofondo onesto nell’enunciazione del programma elettorale: “Non manterremo le promesse ma almeno noi ve lo diciamo prima”, E ci sono strali per tutti i partiti indifferentemente anche se si manifesta una leggera predilezione per il Partito Democratico. Gradimento leggero e dispotico prima di tornare nell’attuale al vero nulla cosmico della politica reale.

data di pubblicazione:10/05/2023


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MON CRIME di François Ozon, 2023

MON CRIME di François Ozon, 2023

Un delizioso piccolo film che ricostruisce un giallo funzionale ambientato nel 1935. Impeccabile sceneggiatura su un delitto inventato a scopo pubblicitario. I nodi però vengono al pettine quando si palesa la vera assassina in un regolamento di conti che, per l’abilità della protagonista, torneranno comunque tutti a posto.

 

Si rimprovera a Ozon l’eccessiva frettolosità con cui licenzia i propri film, al ritmo di uno all’anno. Ma se il risultato è questo, il difetto diventa un pregio per la sobrietà con cui tesse una tela a incastro per un avvincente plot in cui le carte sono scoperte fin dall’inizio. La Francia pre-guerra respira un clima euforizzante dove anche la povertà non viene vista con sofferenza. E le risorse per uscire da quella condizione son ben vive nella mente di una ragazza che sembra non avere né arte né parte ma consolida un piano che la porterà all’attenzione dell’opinione pubblica nazionale. Però quanto tutto sembra procedere a gonfie vele (debiti sistemati, nuova abitazione, popolarità consolidata) irrompe sulla scena una stagionata attrice del muto (Isabelle Huppert) che vuole riprendersi quanto le è stato tolto, cioè la responsabilità del delitto. Non ci addentreremo nella descrizione delle schermaglie ma basti dire che tutti i personaggi principali trovano una soluzione e con essi la dirittura finale di un film coerente, bizzarro, piacevole, fantasioso e frizzante. Con grandi attori di Francia trasformati al trucco per le mode di quasi un secolo fa. Certo che la settantenne Huppert quando fa irruzione nella storia, terremotandola, ci fa capire come sia un mito attoriale che non tramonta. E’ come se dicesse agli altri: “Scansatevi, che ora tocca a me”. Nel film ma anche nella fruizione goduta dello spettatore. Con malizia questo film mette al bando ipocrisia, pruderie e politicamente corretto di una società in fermento e in grande evoluzione di un secolo che poi non è stato tanto breve.

data di pubblicazione:09/05/2023


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L’INNAMORATO, L’ARABO, LA PASSEGGIATRICE di Alain Guiraudie, 2023

L’INNAMORATO, L’ARABO, LA PASSEGGIATRICE di Alain Guiraudie, 2023

Una slapstick comedy alla francese che attraversa ad escludendum diversi generi. Non è un film politico, non è una pellicola sul terrorismo, piuttosto è un divertissement sull’amore folle e spavaldo di un giovane ordinario per una passeggiatrice che, se se non fosse un oltraggio al politicamente corretto, si definirebbe ninfomane per come si diverte a etichettarla il regista.

 

Mèlange di genere per un tentativo inconsueto e sfrontato di rappresentare varie facce della schizofrenia contemporanea nell’apparentemente placida Clermont Ferrand. Un atto terroristico confonde i piani amorosi di un protagonista incredibilmente preso da una mondana con venti anni di più sul groppone. Amore torbido, anche per la gelosia irrefrenabile del marito, ma che si scatena nei luoghi più impensabili, compreso il confessionale di una chiesa e con grande ausilio di gemiti e di rumorosi commenti. Candidamente i due si offrono a una serie di nudi e di diverse posizioni (ma non c’è alcuna pulsione pornografica dell’autore) mentre la loro attrazione si scontra con il bisogno di un’ospitalità di un giovane arabo che forse è omosessuale o forse no visto che finisce col fare l’amore con la donna a pagamento, disponibile per quasi tutti, sfruttando i pochi minuti a disposizione. Plot divertente, sbarazzino che nel finale si avviluppa in un crescendo di complicazioni un po’ troppo casuali. Meritoria la descrizione della violenza ricattatoria della banlieue. I vicini di casa inizialmente scettici prima diventano ospitalissimi anfitrioni, poi, come se entrassero, in un videogioco si armano di tutto punto scatenando l’inferno. In definitiva la tragedia del Bataclan è lontana dai climi descritti ma poi neppure troppo. E le facce degli attori sono valido specchio per le intenzioni satireggianti dell’autore. Film di nicchia che non annoia mai. Più che di genere, degenere.

data di pubblicazione:08/05/2023


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IL SOL DELL’AVVENIRE di Nanni Moretti, 2023

IL SOL DELL’AVVENIRE di Nanni Moretti, 2023

Il più “morettiano” dei film di Moretti ci traghetta in un mondo nostalgico ma non malinconico, fatto di una “minoranza” felice a cui, se si vuole, ci si può idealmente unire sul finale: una sorta di porzione eterogenea di popolazione che continua a sperare in un presente che abbia ancora una sua forte identità, in cui ognuno possa vivere con uno stile tutto proprio nella consapevolezza che le proprie radici affondano in un passato glorioso che, seppur molto lontano, non bisogna mai dimenticare.

 

Nanni lascia i panni dell’alterego Michele Apicella per vestire quelli di Giovanni, un regista che crede ancora nel cinema, che vive nella magia e nei riti che lo accompagnano, e che rifiuta le piattaforme come forme alternative ad esso. Il suo produttore è sull’orlo del fallimento e lui non si decide a finire il suo film ambientato a Roma nel 1956 nella sezione del Partito Comunista del Quarticciolo durante l’invasione sovietica dell’Ungheria e che descrive l’attesa di Ennio, il segretario del circolo: questi attende che il partito palesi la sua posizione mentre sua moglie sodalizza immediatamente con la causa ungherese. Ma nei film di Moretti la finzione è realtà e viceversa e quindi i personaggi escono dal loro ruolo e gli attori diventano persone, con le loro idee che non sempre viaggiano all’unisono con quelle del regista: e mentre Vera-Barbora Bobulova vuole a tutti i costi inserire una storia d’amore tra lei e Ennio-Silvio Orlando in un film politico, nella mente di Giovanni, irritato da tanta irriverenza, si affollano i pensieri di altri due pellicole (una tratta da Il nuotatore di Cheever ed un’ altra con tante canzoni italiane) che gli piacerebbe girare e che sovente lo distolgono (seppur in maniera costruttiva) da tutto e da tutti. Nel frattempo sua moglie Paola, che sta andando senza dirglielo in analisi per trovare il coraggio di lasciarlo, è impegnata nella produzione del film di un giovane regista trentenne, astro nascente della cinematografia contemporanea, di cui Giovanni non ha alcuna stima; in tutto questo Emma, la loro unica figlia, decide di sposare un uomo molto più grande di lei.

Ma Moretti palesa immediatamente al pubblico con Il sol dell’avvenire da che parte preferisce stare e ne motiva ogni istante. Inizia così la sua “lotta” contro le piattaforme come Netflix, che chiudono il cinema in una scatola privandolo del suo “respiro”; contro i sabot, scarpe-non scarpe che identificano una “tragica visione del mondo”, una sorta di genere di vita più che una vera e propria scelta modaiola; sogna una storia d’amore con tante (e belle!) canzoni rigorosamente italiane; si infuria per la superficialità di una certa regia contemporanea (regalandoci una autentica lezione di cinema) che sceglie la spettacolarizzazione della violenza, invece di far provare allo spettatore disagio, orrore, fastidio innescando un messaggio sbagliato attraverso immagini sbagliate; e poi cita grandi registi come Fellini e grandi interpreti come Anthony Hopkins, e fa un compendio di tutta la sua cinematografia da Bianca a La messa è finita, da Palombella Rossa a Caro diario, dicendo in allegria tutto quello che gli piace dire non più da splendido quarantenne, ma con la consapevolezza di uno splendido quasi settantenne. E Roma appare in tutta la sua bellezza, a cui il regista si dichiara incondizionatamente. Il film è in concorso a Cannes 2023.

data di pubblicazione:05/05/2023


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MAROCCCHINATE, L’ALTRA FACCIA DELLA LIBERAZIONE di Simone Cristicchi e Ariele Vincenti, con Ariele Vincenti, regia di Nicola Pistoia

MAROCCCHINATE, L’ALTRA FACCIA DELLA LIBERAZIONE di Simone Cristicchi e Ariele Vincenti, con Ariele Vincenti, regia di Nicola Pistoia

(Teatro Vittoria – Roma, 2/7 maggio 2023)

Focus su un episodio oscuro della Liberazione, pubblicizzato dal film La Ciociara con Sofia Loren. Le nefandezze in libertà dei marocchini sulle donne del Basso Lazio: violentate, uccise, bistrattate in 50 ore di follia, regolarmente permesse dalle autorità.

 

Ciociara 1944. La guerra vista dal racconto affabulatorio e dialettale del pastore locale Angelo che parlando della vita di tutti i giorni s’imbatte nello zoccolo duro discorsivo degli abusi dei Goumiers, i mercenari marocchini che inferiscono sulla popolazione con particolare riferimento all’accanimento sulle donne. Stupri, furti e razzie in due giorni purtroppo indimenticabili. Anche la compagna del narratore subisce la stessa sorte e come si può immaginare la descrizione è cruda ma non oscena. Per chi ha paura di avvicinarsi allo spettacolo aggiungiamo che c’è sobrietà e non compiacimento descrittivo. Potrebbe essere un episodio di Rai storia e non è casuale l’incursione e l’interessamento di Enzo Biagi la cui voce viene fatta ascoltare in registrata come altre che in precedenza scandiscono le tappe della tragedia. Spettacolo breve ma intenso che compendia tre intelligenze: quelle degli autori Cristicchi e Vincenti, quella del regista Nicola Pistoia. Ma di suo Vincenti aggiunge spontanea ed efficacia nella recitazione con una particolare lode al suo calarsi nel complicato slang ciociaro, riabilitato nel finale dall’inflessione romana, quando interpreta un parente del narratore. Una forma di teatro civile interessante, purtroppo disertata dai giovani. Convince lo sguardo disincantato e derisorio anche sui liberatori americani che regalano cioccolata ma a Roma e non in provincia di Frosinone. Sembra un richiamo-apologo alla guerra attuale. Indubbiamente c’è un aggressore ma nel contesto di una guerra in corso si perdono i contorni dei buoni e dei cattivi. Finché non si parla di pace sono tutti cattivi. Questa proposta gira l’Italia dal 2016 con intatto successo.

data di pubblicazione:05/05/2023


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PROSIT! Nuove drammaturgie per un nuovo teatro

PROSIT! Nuove drammaturgie per un nuovo teatro

(Altrove Teatro Studio – Roma, 30 aprile 2023)

Fatmachine di Matteo Francomano vince la seconda edizione di PROSIT!, il concorso ideato dall’Altrove Teatro Studio. Uno spazio creativo che premia le giovani compagnie emergenti del teatro italiano, ideato e curato da due tenaci e carismatici artisti, Ottavia Bianchi e Giorgio Latini.

 

Anzitutto l’Altrove Teatro Studio di via Giorgio Scalia 53 a Roma è un luogo dove l’entusiasmo creativo e la seria formazione sono messi al primo posto. Un luogo dove il teatro è mestiere, preparazione, ubertosa passione, azzardo. E se anche registrasse l’esito del fallimento (perché questo è il rischio che si corre a volte quando si affronta un percorso contemporaneo di drammaturgie e messe in scena) il merito rimane comunque quello di vedere la prova come un atto di coraggio e quindi come una vittoria già perseguita.

Percorrendo la rampa in discesa che porta al cortile dove si affacciano le sale dell’Associazione di promozione sociale “I pensieri dell’Altrove”, fondata e diretta dal 2012 da Ottavia Bianchi e Giorgio Latini, si respira già un’aria elettrizzante di attesa e curiosità. Non scoraggia la pioggia che la sera di domenica 30 aprile cade incessante come fosse novembre. La serata in programma chiude il cartellone di questa stagione.

Sul palco sono stati presentati quattro corti teatrali, della durata di poco più di dieci minuti l’uno, scelti tra tutti i lavori inviati al teatro da quelle compagnie emergenti nella scena italiana che hanno voluto confrontarsi con il genere della prosa. Il vincitore è stato decretato da una giuria di esperti insieme a un pubblico giovanissimo presente in sala, chiamati a esprimere la propria preferenza su una scheda di valutazione che poi è stata consegnata allo staff del teatro. Patrizia Ciabatta ha presentato con simpatica e trascinante energia la serata.

Tra i lavori proposti la menzione come miglior testo è andata a Tre giorni di Federico Malvaldi, che affronta con nero umorismo il delicato tema della malattia e delle complesse relazioni che si stabiliscono tra chi assiste e chi è assistito. Silvia Rossetti è invece l’autrice di La danza delle api, dove il mondo degli adulti e quello dei ragazzi è messo a confronto nello studio di una psicologa che indaga le ragioni dell’autolesionismo di Minerva, la sua giovane paziente. Matteo Santinelli trascina lo spettatore nell’atmosfera inquietante dei bagni di una scuola dove una ragazza cerca di dissuadere due studenti dal preparare un attentato; Giganti piccoli piccoli riflette un tema attuale, che riporta alla mente le tristi notizie fin troppo frequenti delle sparatorie che colpiscono le scuole americane.

A vincere il premio del pubblico e della giuria come miglior testo e messa in scena è stato però Fatmachine del giovane attore e autore palermitano (classe 1992) Matteo Francomano. Il monologo, portato in scena da Eleonora Bernazza, tratta con coinvolgente ironia e sicura intelligenza teatrale l’obesità di Gigi, costretto a sfidare l’impossibile – soprattutto estenuanti sedute in palestra – per entrare, anche fisicamente, in un mondo che forse sta stretto un po’ a tutti. Il premio vinto da Francomano è ricco poiché somma il gradimento della giuria e del pubblico. Lo vedremo debuttare quindi nella prossima stagione teatrale dell’Altrove Teatro Studio 2023/2024.

Quando ci si prefissa di rappresentare la realtà nelle sue molteplici angolazioni il traguardo si raggiunge sempre. E il teatro, si sa, è quel luogo dove le storie prendono corpo. Le storie che ci raccontano chi siamo e che ci indicano dove siamo diretti.

data di pubblicazione:05/05/2023

IL TANGO DELLE CAPINERE di Emma Dante

IL TANGO DELLE CAPINERE di Emma Dante

(Teatro Argentina – ROMA, 2/14 maggio 2023)

Approda al Teatro Argentina dal 2 al 14 maggio 2023 lo spettacolo Il tango delle capinere di Emma Dante, con protagonisti Sabino Civilleri e Manuela Lo Sicco. Ripartendo dalla fortunata Trilogia degli occhiali, con la naturale e toccante capacità evocatica che la contraddistingue, Emma Dante ridisegna il capitolo Ballarini facendone uno spettacolo a sé stanteIl tango delle capinere è il riavvolgimento dei fotogrammi della vita e di una coppia: tra le note di vecchie canzoni e bauli pieni di abiti e di ricordi, si compone il mosaico dei ricordi della lunga storia d’amore che rende più sopportabile la solitudine di una donna giunta da sola agli ultimi giorni del suo percorso di vita. (foto di Rosellina Garbo).

La capacità di una canzone di suggellare per sempre il ricordo e la forza emotiva della coppia che balla liberando nell’aria allegria e nostalgia. Ecco il racconto in versi che celebra l’amore che dura tutta la vita.

Una vecchia donna, china su un baule aperto, cerca qualcosa. si alza con in mano una spina elettrica e una presa; non appena le collega sopra la sua testa si illuminano le stelle. Da un altro baule appare un uomo vecchio che la guarda e le sorride con amore. Iniziano così a ballare abbracciati. Lui ha la testa poggiata sulla spalla di lei che è aggrappata alla giacca di lui. Il vecchio uomo ha un sussulto di piacere. Anche la donna prova piacere, ma poi ha dei colpi di tosse, deve prendere delle medicine si soffia il naso, si gratta la coscia. Sta per scoccare la mezzanotte del nuovo anno e l’uomo con il suo orologio da taschino conteggia gli ultimi secondi dell’anno vecchio, estrae dalla tasca una manciata di coriandoli e li lancia in aria, festoso. Sulle note di vecchie canzoni l’uomo e la donna festeggiano l’arrivo del nuovo anno e ripercorrono a ritroso la loro storia d’amore, l’età adulta, la figlia, il matrimonio, la spiaggia, il primo bacio.

Due attori deliziosi ed una regista straordinaria per una nuova creazione che tratteggia la vita di una coppia, attraverso una delicata sovrapposizione narrativa temporale: un viaggio per ripercorrere la storia tra i due protagonisti ed una cerimonia in cui si intrecciano le piccole vicende raccontate attraverso gesti minuti, movimenti danzati ed immagini sfocate e nostalgiche.

Una coproduzione Teatro di Roma con la compagnia Sud Costa Occidentale, ERT – Teatro Nazionale, Biondo di Palermo e Carnezzeria, per uno spettacolo che ripercorre il sentiero della vita ma che vuol parlare anche di memoria attraverso un elogio alla vecchiaia, alla solitudine, alla mancanza di chi non c’è più, ma vive ancora nei ricordi.

data di pubblicazione:04/05/2023


Il nostro voto:

GUANTI BIANCHI di Edoardo Erba con il contributo de L’arte spiegata ai truzzi di Paola Gagliumi, regia e interpretazione di Paolo Triestino

GUANTI BIANCHI di Edoardo Erba con il contributo de L’arte spiegata ai truzzi di Paola Gagliumi, regia e interpretazione di Paolo Triestino

(Teatro di Caprarola 28 aprile 2023 – Teatro Cometa Off di Roma 9/14 maggio 2023)

Mirabile e accattivante lezione di storia dell’arte dalla viva voce di un uomo semplice che l’arte l’ha sfiorata e trasportata come movimentatore. Ma la bellezza l’ha attraversato e l’ha segnato indelebilmente. Ha ansia di comunicarcela in un viaggio immaginario che dura migliaia di anni. Dalla classicità greca ai giorni nostri.

 

Uno spettacolo per attore solo non è necessariamente un reading con tutti i limiti del caso. Paolo Triestino ci tiene a lezione ma con un piglio affabulatorio convincente e alla portata di tutti. Il monologante Antonio è nato a Colleferro, cittadina a dimensione industriale e racconta più di quaranta anni di servizio su e giù per l’Italia (e non solo) a trasportare capolavori. Autodidatta di grande sensibilità ci racconta di quello che gli è rimasto appiccicato addosso di quello che non era solo un lavoro ma una sorta di missione. Dunque con parole semplici ci racconta il messaggio dell’arte attraverso splendide dire immagini accuratamente selezionate. L’arte trattata con i guanti bianchi che sono gli indispensabili supporti del suo lavoro, tra l’altro interrotto traumaticamente per un incidente di percorso che ne ha provocato l’anticipata e dolorosa emarginazione con il prematuro pensionamento. È didattica teatrale ma tutt’altro che noiosa tanto che lo spettacolo si proporrebbe come un magnifico format per le scuole Un modo intelligente di narrare. Triestino sta sperimentando la nuova stagione del dopo Pistoia mostrando di non essere solo uno specialista del comico. Qui il tono non è drammatico ma allude a una lezione leggera e stimolante. E nel finale si torna a bomba all’evoluzione di Colleferro quando il boom industriale della Snia è lontano e si respira oltre a un’aria mefitica anche un dramma di cronaca nera ancora ben stampigliato nella cronaca nera.

data di pubblicazione:02/05/2023


Il nostro voto:

THE GOOD MOTHERS di Julian Jarrold ed Elisa Amoruso, serie Disney+, 2023

THE GOOD MOTHERS di Julian Jarrold ed Elisa Amoruso, serie Disney+, 2023

Le storie di cinque donne si intrecciano sul palcoscenico della lotta tra Stato e ‘Ndrangheta, restituendo un affresco realistico e “non spettacolare” della criminalità organizzata e delle dinamiche che tengono in piedi un mondo parallelo basato sulla solidità delle relazioni familiari.

 La ‘Ndrangheta è un fenomeno criminale fondato sulla “famiglia”, che, intesa anzitutto come vincolo di sangue, enfatizza il concetto di “lealtà”, rendendo estremamente limitato, negli scorsi decenni, il fenomeno dei collaboratori di giustizia. Negli ultimi anni sembra che i dati stiano subendo una graduale inversione di tendenza, facendo registrare un progressivo aumento dei “pentiti di ‘Ndrangheta”.

The Good Mothers racconta, in maniera delicata, profonda e mai banale, uno dei talloni d’Achille della mafia calabrese. ‘Ndrangheta significa “famiglia”, a sua volta intesa come la cellula elementare di una società di chiaro stampo patriarcale, in cui le donne sono ridotte a mere esecutrici degli ordini del marito, del fratello o del cognato, sulla base di matrimoni ispirati da strategie di alleanze o, semplicemente, dall’esigenza di rendere inoffensiva, il prima possibile, una ragazza che pretenda di far valere la propria autonomia.

Anna Colace (Barbara Chichiarelli), sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, è convinta che proprio intercettando l’insoddisfazione e la rabbia delle donne che, in fondo, vogliono solo essere delle “buone madri”, si possa affondare il colpo decisivo al cuore di un’organizzazione criminale fortemente radicata nelle viscere del suo territorio.

La storia di Lea Garofalo (Micaela Ramazzotti), che ha scelto la strada della collaborazione con la giustizia, esponendo se stessa e sua figlia Denise Cosco (Gaia Girace) a una vita di fuga e di isolamento, dimostra chiaramente quanto dolorosa possa rivelarsi la “via della liberazione”, anche a causa di uno Stato che non sempre riesce a tutelare i suoi cittadini più vulnerabili.

La dottoressa Colace punta tutto su Giuseppina Pesce (una straordinaria Valentina Bellè): una donna che, sebbene più capace di tutti gli uomini della sua famiglia, si trova costretta a un ruolo gregario, nell’organizzazione e nella vita privata.

Anche il marito di Maria Concetta Cacciola (Simona Distefano), come quello di Giuseppina, è in carcere: sua moglie è costretta ad aspettarlo e a rispettarlo, subendo maltrattamenti dolorosi e umilianti da parte di una famiglia preoccupata solo di “salvare l’onore”.

Denise, raccogliendo il testimone scomodo e ingombrante di Lea Garofalo, sceglie di non rassegnarsi, seguendo quella via di speranza, di coraggio e di riscatto che, in un paese civile, non dovrebbe più rappresentare un atto di estremo e temerario eroismo.

The Good Mothers, basato dall’omonimo romanzo di Alex Perry, vince la prima edizione dei Berlinale Series Award. La scrittura, la regia, la fotografia e il cast compongono un mosaico convincente e coinvolgente, che, pur lontano dai toni “epici” di Gomorra e di Suburra, restituisce un affresco credibile di una criminalità spesso silenziosa, che fonda la propria pretesa invincibilità sull’indifferente accettazione di modelli socio-culturali tanto radicati quanto inaccettabili.

Dal 5 aprile 2023 The Good Mothers è disponibile, in sei episodi, su Disney+ e su Hulu per il mercato statunitense.

data di pubblicazione: 01/05/2023