O ÚLTIMO AZUL di Gabriel Mascaro

O ÚLTIMO AZUL di Gabriel Mascaro

(75 INTERNATIONALE FILMFESTSPIELE – BERLINALE)

Berlino, 13 – 23 Febbraio 2025

Con il motto “Un futuro per tutti”, divulgato in maniera ossessiva, il governo brasiliano sta varando un provvedimento volto ad accrescere la produttività del paese. Il piano prevede l’internamento degli anziani ultra 75enni in apposite colonie al fine di alleviare le rispettive famiglie da ogni incombenza nei loro confronti. Teresa, nonostante ricercata dalla polizia, rifiuta di essere privata della sua vita privata e fugge da casa per assicurarsi la propria libertà…

Gabriel Mascaro non è solo un apprezzato regista brasiliano, è soprattutto un artista visionario che ama raccontare gli aspetti magici della vita. La storia di Teresa (Denise Weinberg) e la sua fuga dal proprio paese, dove lavorava ed era indipendente, è il pretesto per parlare di libertà. Una donna che non si rassegna a vedersi internare come un oggetto inutile, da eliminare al posto di qualcosa di più produttivo per la società. Il regista usa un linguaggio espressivo ricco di colore e sentimento, elementi questi che definiscono il carattere stesso del Brasile. Un viaggio attraverso la foresta amazzonica, con una natura ancora incontaminata, dove si incontreranno uomini strani ed eccentrici. Qualcuno, durante il tragitto, farà conoscere all’anziana donna una lumaca rara che emette una bava azzurra che, messa sugli occhi, fa vedere il futuro. Un film raro e di rara poesia che parla di sentimenti e di amore che possono rivelarsi nelle forme più disparate. Il viaggio che Teresa intraprende non è solo un atto di ribellione verso il sistema ma è una chiara affermazione della sua voglia di vivere. Ecco perché il film assume una precisa valenza politica e simbolica. Anche se ambientato in un futuro imprecisato, tutto risulta quanto mai attuale per le recenti vicende politiche che stanno sconvolgendo i già precari assetti mondiali. Non è sicuramente un film didascalico perché altre sono le ragioni che spingono il regista a scegliere un linguaggio reale e visionario nello stesso tempo. Un film che parla di invecchiamento ma anche della possibilità di riscattarsi anche attraverso i sogni. Tra i film più promettenti di questa edizione della Berlinale che, almeno finora, non ha molto brillato per originalità o ispirazione. Al primo posto come punteggio da parte della critica, ci si aspetta un sicuro riconoscimento per questo piccolo capolavoro. Il film dovrebbe essere distribuito in Italia con data ancora da stabilire.

data di pubblicazione:17/02/2025








FLOW – UN MONDO DA SALVARE di Gints Zilbalodis, 2025

FLOW – UN MONDO DA SALVARE di Gints Zilbalodis, 2025

Flow è un cartone animato muto, d’avanguardia, epico e universale creato dal regista lettone Gints Zilbalodis. In un mondo che viene sommerso velocemente dall’acqua si narra di un viaggio di salvezza di cinque animali dai caratteri molto differenti. Dovranno imperare a collaborare per sopravvivere all’inondazione vertiginosa che ingoia una natura verde e lussureggiante ma anche abitazioni ed edifici apparentemente abbandonati da chi li ha creati.

Il film è un’esperienza fuori dal comune anche dal punto di vista sonoro. Non c’è dialogo umano. E al di là dei rumori della natura e una toccante musica si sentono solo i versi degli animali protagonisti.

In un’intervista il giovane regista, Gints Zilbalodis, che è solo alla sua seconda opera (la prima era il cortometraggio Away) e “rischia” di ricevere due Oscar – Flow è stato nominato per miglior cartone animato e miglior film straniero –- ha detto, che vuole che lo spettatore si faccia delle domande e ci metta del suo. E ha fatto benissimo a lasciare tutto questo spazio interpretativo. Al di là della meravigliosa esperienza estetica sono pure le molte domande a tenere la tensione così alta.
Il protagonista è un piccolo gatto grigio-nero, individualista, che si ritrova a vivere su una barca da pesca dapprima incastrata su un albero (prima domanda: come ci è arrivata la barca sull’albero? seconda domanda: forse c’era già stata un’inondazione? e la terza domanda: gli uomini dove sono finiti?) con un capibara pigro ma sicuro di sé. A loro si aggiungono poi un labrador troppo vivace ma affettuoso, un lemure dal fare vanitoso e cleptomane e infine un magnifico uccello segretario ferito e misterioso.
Gints Zilbadolis ci racconta la loro odissea per salvarsi dalle acque, fatta di avventure ed incontri in mezzo a paesaggi naturali e ideali mozzafiato, che possono ricordare l’architettura tibetana, ma anche la loro amicizia, minimizzando però il più possibile l’antropomorfismo dei protagonisti. La colonna sonora con le sue arie elettroniche sembra infatti principalmente utilizzata per amplificare la maestosità della natura e dell’acqua. Ed è giusto che il film, nonostante il lieto fine, ci lasci una sensazione leggermente inquietante.
L’opera ci ricorda che l’universo è fatto di altro al di là dell’uomo, e che quell’altro è molto potente.

data di pubblicazione:17/02/2025


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ARI di Léonor Serraille

ARI di Léonor Serraille

(75 INTERNATIONALE FILMFESTSPIELE – BERLINALE)

Berlino, 13/23 Febbraio 2025

A 27 anni Ari deve ancora trovare un senso nella sua vita. Esautorato dalla scuola, dove insegnava in una classe di bambini, messo alla porta dal padre con il quale conviveva, il giovane ora è sulla strada. Vagabondando da un amico all’altro, cercherà in ciascuno di loro la risposta alle sue ansie. La solitudine è oramai irrimediabile, soprattutto da quando ha deciso di abbandonare la sua ragazza perché rimasta incinta…

Léonor Serraille è una regista e sceneggiatrice francese che ha saputo conquistarsi una certa notorietà soprattutto dopo il suo primo lungometraggio Montparnasse – Femminile singolare. Sin da subito ha dato un’impronta particolare ai suoi film, soffermandosi sulle peculiarità caratteriali dei suoi personaggi e sui drammi interiori a cui sono sottoposti. Ari è un giovane problematico che non sa inserirsi nel lavoro nonostante ami i bambini, gli unici, come dice, di cui ci si può fidare. In effetti solo con loro riesce a interagire, probabilmente perché lui stesso non è ancora sufficientemente cresciuto del tutto. Con una madre morta prematuramente e con un padre aggressivo, Ari si ritrova a sua volta incapace di darsi agli altri nella maniera più adeguata. In cerca di un posto dove dormire, troverà accoglienza presso vari amici intavolando con loro lunghe disquisizioni su ciò che è giusto o ingiusto fare. Per rafforzare la propria considerazione e la corretta dose di autostima, si troverà presto a confrontarsi con i fallimenti degli altri. La regista spesso utilizza primissimi piani dove emerge la faccia ossuta del protagonista Andranic Manet, in un silenzio necessario per smorzare l’eccessiva verbosità delle scene. Il suo sguardo azzurro e limpido sembra a questo punto essere più eloquente di ogni altro discorso. Alla fine il giovane prenderà coscienza che la sua fragilità non è sua prerogativa esclusiva. Gli amici, che lui riteneva felici e realizzati, erano di fatto più vulnerabili di lui. Dietro una facciata di apparente stabilità, li vedrà arrancare in cerca di un appiglio solido a cui aggrapparsi. L’incontro casuale con la sua ex e l’apprendere di essere padre di una bimba porterà Ari a vivere finalmente una vita serena e normale. La sua maggior vittoria sarà quella di vivere all’interno del suo nucleo familiare dove troverà nella figlia la compagna di giochi ideale. Bene accolto dalla critica presente alla Berlinale, il film si è guadagnato la possibilità concreta di ottenere qualche riconoscimento.

data di pubblicazione:16/02/2025








LIVING THE LAND di Huo Meng

LIVING THE LAND di Huo Meng

(75 INTERNATIONALE FILMFESTSPIELE – BERLINALE)

 Berlino, 13/23 Febbraio 2025)

Xu Chuang è costretto a vivere in campagna presso alcuni parenti visto che i genitori hanno deciso di cercare lavoro in una grande città. Il ragazzo cerca di adattarsi alla nuova vita senza tralasciare lo studio e i suoi giochi. In famiglia troverà conforto solo in Xiuying, una zia ventenne con un passato poco chiaro, forzata a sposare un giovane di cui non è innamorata…

Rientra nel mood del regista cinese Huo Meng, il voler parlare del suo Paese che oramai non esiste più, se non nei ricordi di pochi. Il film è un racconto epico di una vita campestre che accompagna i drammi di una famiglia, nell’arco di varie generazioni. Una realtà pacata dove si alternano nascite e morti, in presenza di riti arcaici e altamente simbolici. Il regista cura molto l’aspetto estetico per parlare di una comunità stritolata dalla povertà dove i sentimenti riescono nonostante tutto a trovare la loro strada. Se qualcuno intravede un futuro migliore nelle grandi metropoli, gli albori di una rinascita economica non sembrano sfiorare i membri di questa minuscola società. Anche Xu Chuang, ancora appena adolescente, dovrà confrontarsi con questa dura realtà, fondata sulle profonde radici di un tradizionale matriarcato. Il regista utilizza immagini forti per raccontare del quotidiano, di una vita difficile, focalizzandosi sui caratteri e sui simboli primitivi di cui sono espressione. Se il giovane protagonista fa fatica a integrarsi in quel mondo e a seguirne gli eventi, anche lo spettatore sarà escluso da qualsivoglia coinvolgimento. La vita scorre lenta come le immagini di una natura ostile e fredda. Girato con un senso di compassione e forse di nostalgia per un mondo che era ancora autentico e sicuramente scevro da evidenti contraddizioni. Qualcosa che si guarda con rimpianto e che risulta oggi del tutto soffocato dalla Cina che sperimentiamo, tra sfacciato capitalismo e prorompente imperialismo. Un tentativo mal riuscito di ricavarne una metafora costruttiva o un’attenta riflessione sulle dinamiche che governano il quotidiano. Un tuffo nel passato e uno sguardo distratto verso il futuro senza considerare ciò che il presente racconta, tra giochi di potere e false verità. Un’ottima fotografia e una attenta regia non sono sufficienti per definire questo film pienamente riuscito. Una eccessiva descrizione dei particolari, spesso insignificanti, distrae e rende difficile ricavarne un messaggio chiaro e concreto.

data di pubblicazione:15/02/2025







Quarta puntata per i capolavori della letteratura

Quarta puntata per i capolavori della letteratura

Saul Bellow con Herzog

per il ciclo Imperdibili

Mercoledì 19 febbraio quarta puntata degli Imperdibili con i classici  della letteratura alla libreria Eli di Viale Somalia 50 A in Roma (ore 18.30). Dopo i capolavori di Vonnegut, Durrenenmatt, Barthes questa volta il focus si concentra su Saul Bellow, il grande scrittore americano di discendenza ebraica, con il suo fantasmagorico Herzog del 1964, un libro che propiziò la sua ascesa nel gotha letterario, segno inconfondibile del successo il Premio Nobel del 1976. Herzog, il protagonista depresso e trionfante, scrive lettere al mondo. Lettere che non saranno mai pubblicate ma che interrogano l’uomo sul futuro, sul senso della vita, sul significato profondo dei suoi atti. Herzog è insieme un vincitore, un fallito e un intellettuale immerso nelle contraddizioni vistose della società americane. Un libro di validità assoluta ed esistenziale sessanta anni dopo. Con intensi ritratti di donne, specchio della vita molto vissuta di Bellow (cinque matrimoni, quattro divorzi). Daniele Poto ci porterà nelle viscere del libro, Franco Fatigati si soffermerà sul milieu della letteratura ebraica con cittadinanza americana mentre l’attrice Francesca Gatto leggerà alcuni passi salienti del libro che sarà vivisezionato in ottanta minuti di emotiva analisi. Una conversazione tutt’altro che accademica al termine della quale i relatori saranno disponibili a confrontarsi con gli amici del pubblico. La sede è quella consueta della libreria con dominus Marcello Ciccaglioni, libraio emerito da sessanta anni.

data di pubblicazione:15/02/2025

ANTONIO E CLEOPATRA di William Shakespeare, con Anna Della Rosa e Valter Malosti

ANTONIO E CLEOPATRA di William Shakespeare, con Anna Della Rosa e Valter Malosti

regia di Valter Malosti

(Teatro Quirino – Roma, 11/16 febbraio 2025)

Testo della maturità, Antonio e Cleopatra di William Shakespeare arriva dopo le grandi tragedie di Amleto, Macbeth, Re Lear. A un anno dal debutto lo spettacolo che vede in scena la coppia Malosti/Della Rosa è ora (non solo drammaturgicamente) a Roma.

Dopo un prologo che invita a prestare attenzione alla vicenda che si sta per svolgere con gli occhi dell’immaginazione, più che con lo sguardo fisico, il sipario si apre su una scena instabile, in cui manca la quieta armonia donata da un punto di fuga. Le venature del marmo delle alte pareti che la contengono aumentano l’effetto deformante di un luogo geograficamente non collocabile. Siamo nello spazio dei sogni, la cui percezione di rapimento è amplificata dal tappeto sonoro di suoni e voci di GUP Alcaro. E come il sogno si svolge in un unico piano sequenza, così qui i cinque atti della tragedia accadono tutti in un solo, lungo tempo. Si vaga nelle regioni metafisiche della mente umana in cui si fanno guerra passione e volontà.

Marco Antonio, interpretato dallo stesso Malosti, è richiamato a Roma per i suoi doveri di triumviro, costretto dal potere a spegnere l’euforia della passione che lo travolge per Cleopatra. Nel ruolo della regina d’Egitto la compagna – non solo artistica – del regista, Anna Della Rosa. Di contrasto allo statuario condottiero romano, pilastro del mondo, è una fiammella che arde nei costumi realizzati da Carlo Poggioli. Danza nell’aria e cavalca destrieri con la stessa agilità con cui cambia registro nella stessa frase. Veloce come Shakespeare nel mutare la scena da Alessandria a Roma, da Azio ad Atene e per tutto il Mediterraneo.

In un contesto in cui la storicizzazione dei fatti passa in secondo piano per dare spazio invece al potere evocativo della parola – che nella traduzione e adattamento curati dal regista insieme a Nadia Fusini acquista di valore poetico – i personaggi sono il luogo dell’azione. Figurano nel cast Massimo Verdastro, un ipnotizzante indovino in grado di realizzare con la voce l’incantesimo della parola e Danilo Nigrelli nel ruolo di Enobardo, a cui è affidato il compito di sciogliere la complicata vicenda, oltre ai giovani interpreti usciti dalla scuola dello Stabile di Torino.

È alquanto evidente che nella regia di Valter Malosti al classico scespiriano Antonio e Cleopatra ogni elemento scelto concorra a generare nello spettatore una perdita di equilibrio, un senso di ebbrezza. La vertigine che rimane addosso dopo aver sognato di volare, ma anche l’inquietudine di angosciose visioni. La certezza che senza l’illusione del sogno la realtà non è altro che un contenitore vuotato di senso.

data di pubblicazione:15/02/2025


Il nostro voto:

HOT MILK di Rebecca Lenkiewicz

HOT MILK di Rebecca Lenkiewicz

(75 INTERNATIONALE FILMFESTSPIELE – BERLINALE)

Berlino, 13/23 Febbraio 2025

Rose, costretta sulla sedia a rotelle, si trova con la figlia Sofia al sud della Spagna per sottoporsi a delle cure in un centro specializzato. La ragazza è molto premurosa verso la madre e cerca in tutti i modi possibili di assecondarla. Un giorno Sofia incontra sulla spiaggia lo sguardo di Ingrid, una donna libera e spregiudicata che la affascina molto. Tra di loro nascerà una tenera relazione non scevra da incomprensioni e gelosie…

Rebecca Lenkiewicz è una sceneggiatrice e drammaturga inglese qui alla sua prima prova come regista. Hot Milk è un adattamento del romanzo omonimo di Deborah Levy e tratta del rapporto singolare tra madre (Fiona Shaw) e figlia (Emma Mackey). Entrambe in Almería per trovare una soluzione alla grave malattia alle gambe di cui soffre da anni l’anziana donna. Il dottor Gómez, al quale si sono affidati, non è un semplice ortopedico ma applica metodi terapeutici molto singolari. Ricorre infatti ai principi della psicoterapia per cercare di arrivare alle cause primarie della patologia. Sofia, nata da una vecchia relazione tra Rose e un greco balordo, studiando antropologia è abituata a osservare i comportamenti bisbetici e capricciosi della madre. Di contro, come spesso avviene, non sa guardare dentro se stessa né capire esattamente cosa dovrebbe aspettarsi dalla vita. Intanto vive in una dipendenza folle che le toglie il respiro e la costringe a un totale isolamento. L’incontro casuale con Ingrid (Vicky Krieps) procurerà in lei una sorta di consapevolezza di chi sia veramente e di cosa realmente ha bisogno. Pian piano le tre donne, ciascuna in modo diverso, mostreranno le proprie debolezze e soprattutto i propri segreti mai rivelati. Un film quindi che rivolge uno sguardo introspettivo alla natura umana e alle tragedie che ognuno può sopportare proprio per salvaguardare la propria esistenza. Sofia, delusa dal passato della madre così pieno di bugie e di sotterfugi, dovrà anche affrontare una realtà alquanto amara. Ingrid, nonostante le promesse d’amore, in realtà è una donna riluttante a qualsiasi legame e ama molto farsi corteggiare da diversi uomini contemporaneamente. Un’analisi quindi alla fragilità dei rapporti soprattutto quelli all’interno della famiglia, frutto di rancori e di verità nascoste. Un film costruito bene, con un cast di primordine e che sicuramente susciterà grande curiosità da parte del pubblico e della critica. Hot Milk è presentato in concorso per l’Orso d’Oro.

data di pubblicazione:14/02/2025








DAS LICHT di Tom Tykwer

DAS LICHT di Tom Tykwer

(75 INTERNATIONALE FILMFESTSPIELE – BERLINALE)

Berlino, 13/23 Febbraio 2025

Farrah è una immigrata siriana che trova lavoro a Berlino come governante presso gli Engels. Una famiglia borghese composta da Tim e Milena, dai loro figli Frieda e Jon e dal piccolo Dio, nato da una relazione extraconiugale di Milena. Ognuno sembra badare a sé e a risolvere da sé i propri problemi. L’arrivo di Farrah metterà in crisi le loro esistenze e nello stesso tempo porterà un po’ di tregua nei loro rapporti interpersonali…

Una scelta ben ponderata quella di presentare Das Licht, del regista e sceneggiatore tedesco Tom Tykwer, come film di apertura della 75esima edizione della Berlinale. Si era fatto conoscere in Italia per la serie televisiva Babylon Berlin, un poliziesco che aveva visto come protagonista il commissario Gereon Rath. Abbandonate le situazioni cupe di una Berlino durante l’ascesa del nazismo, Tykwer sembra ora cambiare genere espressivo per concentrarsi sui drammi di una famiglia disfunzionale. In casa Engels ognuno vive per proprio conto e affronta i propri problemi lavorativi, affettivi e esistenziali senza ricorrere a una qualsiasi forma di interazione. L’arrivo di Farrah, come addetta alle pulizie, porterà in casa qualcosa di nuovo e nello stesso tempo di misterioso. La donna riuscirà piano piano a scalfire le difese che ognuno si era costruito per affrontare da solo le proprie sciagure. La vicenda si concentra su uno strano marchingegno che emette una potente luce intermittente, utilizzato da Farrah per sondare il proprio passato. Uno strumento ipnotico che scavando nell’inconscio riesce a riportare a galla situazioni e persone oramai morte. Il regista compone un puzzle intrigante dove si alternano le vicende dei personaggi con musiche e coreografie leggere, in contrasto con la drammaticità degli eventi. In una improbabile Berlino, battuta da una pioggia insistente, risulta chiaro il messaggio su come si dovrebbe affrontare la vita per risolverne le tragedie. Ecco che l’enigmatica immigrata siriana diventerà l’elemento catalizzatore che riuscirà a far chiarezza e a resettare i rapporti all’interno della famiglia. Un cast eccezionale per la presenza di Lars Eidinger e di Nicolette Krebitz rispettivamente nei ruoli di Tim e Milena Engels. Tala Al-Deen, nella parte di Farrah, è ideale come protagonista di una storia forte e immaginifica. Un film che merita una certa attenzione, girato in maniera stravagante ma anche denso di profondi significati. Non è ancora prevista la data di distribuzione in Italia.

data di pubblicazione:13/02/2025








THE NIGHT AGENT di Shawn Ryan, 2025 – 2° Stagione – Netflix

THE NIGHT AGENT di Shawn Ryan, 2025 – 2° Stagione – Netflix

L’Agente FBI Sutherland (G. Basso) è implicato in una nuova situazione critica. Una vasta e minacciosa cospirazione che coinvolge l’ONU, i Servizi Segreti e la Casa Bianca…

Le Spy story sono un genere ultra popolare e terreno ideale per scrittori e sceneggiatori. Sanno bene adattarsi al mutare delle situazioni internazionali e continuano ad avere ottime prospettive in campo cinematografico. Per non essere da meno delle sue concorrenti, Netflix è scesa in campo con questa fortunata serie i cui primi 10 episodi hanno riscosso grande successo nel 2023. Si sa che dopo una Prima Stagione ottima, in genere le successive non riescono a mantenere gli alti livelli di partenza e finiscono per lasciare un po’ di delusione. I nuovi episodi di The Night Agent riescono invece a conservare la stessa efficacia iniziale e si iscrivono in continuità con i precedenti. Ovviamente l’effetto novità si è perso, il plot è ormai conosciuto ma l’insieme resta gradevole e mantiene gli stessi pregi. Stiamo pur sempre parlando di un prodotto commerciale che nel suo genere punta solo ad essere piacevole e coinvolgente per un pubblico generalista. Gli sceneggiatori infatti non hanno corso alcun rischio né portato cambiamenti. La ricetta ripropone gli stessi ingredienti: molta azione, ottimo script, interpreti credibili e suspense quanto basta. Un discreto thriller che fonde politica, terrorismo, spionaggio e complotti gestiti con ritmo e brio. Pochi i momenti soporiferi, pochissimi i tempi morti. Il montaggio rapido salva la serie dalla banalità. La dinamicità incalzante e ben realizzata fa sorvolare sullo scarso approfondimento psicologico dei personaggi, sull’improbabilità di alcune situazioni e sul moltiplicarsi di storie secondarie. Lo scenario è molto classico e senza particolari sorprese ma non per questo si può definire scontato. Il cast tutto ricopre bene i vari ruoli e i due protagonisti sono convincenti. The Night Agent 2° Stagione non sarà ricordato per l’audacia innovativa ma resta ancora uno spettacolo piacevole e godibile, frutto evidente di una elevata professionalità collettiva. Uno Spy thriller ben scritto, solido, senza eccessive violenze, coinvolgente e facile da seguire per gli amanti del genere.

data di pubblicazione:13/02/2025

LA COMMEDIA, scritto da Francesco Villa, Alessandro Besentini, Alberto Ferrari e Antonio De Santis

LA COMMEDIA, scritto da Francesco Villa, Alessandro Besentini, Alberto Ferrari e Antonio De Santis

regia di Alberto Ferrari, con Ale e Franz, Rossana Carretto e Raffaele Spina

(Teatro Il Parioli – Roma, 12/23 febbraio 2025)

Commedia (appunto) degli equivoci assoluti. Quando ti aspetti la conclusione un nuovo colpo di scena (da non rivelare) sconvolge il previsto finale. Giochi di coppia intrecciati tra due coniugi un po’ stanchi e due fidanzati quasi improponibili per la differenza di età. Per la prima volta i due comici in uno sviluppo continuo e corale intereagendo con due brave attrici. Si sorride ma soprattutto si ride in un florilegio di battute.

Il punto di forza è la generosità degli attori che per due oltre due ore danno vita a parti pirotecniche dove è richiesta energia, sovratoni, spunti di mimo, paradossalità. Non hanno fatto un salto nel vuoto Ale e Franz tentando coraggiosamente di cucire per la prima volta un testo continuo. Il fermo immagine propone lo spaccato di una foto ogni qual volta si giunge a un momento sorpresa. Il mestiere accumulato in trentuno anni di collaborazione emerge nei momenti di maggiore imprevedibilità. La bravura si nota anche quando, persa una battuta, si riguadagna rapidamente il testo. Con una risata supplementare. L’amore al centro della scena con qualche divagazione amena ma non volgare sul sesso. Il vulnus è la differenza di età e la gravidanza. Fioccano tanti interrogativi attorno a queste variabili. Mater certa ma il padre? Dialoghi scoppiettanti, a tratti sulfurei. La gelosia per il futuro di una figlia, l’insopportabilità per la figura di un possibile genero. E la panchina come elemento costitutivo di dialogo ma più spesso di scontro. Il plot è irraccontabile fino in fondo per non rovinare la sorpresa a chi leggerà questa recensione. Sostegno musicale adeguato fino al ballo finale.

data di pubblicazione:13/02/2025  


Il nostro voto: