da Maria Letizia Panerai | Dic 4, 2024
Ingrid e Martha, una scrittrice e l’altra inviata di guerra, sono due amiche di vecchia data. Le loro strade professionali le hanno allontanate senza cancellare l’affetto che le lega. Martha è molto malata e vede in Ingrid l’amica in grado di starle accanto in un momento così particolare. La stanza accanto di Pedro Almodòvar, premiato a Venezia con il Leone d’Oro, ci induce ad una profonda riflessione sul fine vita al mondo d’oggi.
Tratto da Attraverso la vita di Sigrid Nunez, il film ricalca l’offerta di conforto in un momento di estrema difficoltà attraverso il gesto di “accompagnare”. Accettare dunque, al di là dei propri convincimenti, di “stare accanto” in maniera solidale, senza agire, in silenzio, come gesto di generosità. Perché non occorre parlare, ma sicuramente bisogna saper ascoltare le motivazioni, le paure, i convincimenti e le decisioni. Ingrid (Julianne Moore) ha nel suo sguardo questo sentimento dell’ascolto che travalica l’amicizia e l’amore. E Martha (Tilda Swinton) sa di aver scelto, dopo diversi rifiuti, la persona giusta che non la lascerà sola quando deciderà di andarsene. Ingrid imparerà ad accettare quella morte perché liberamente decisa e questa situazione darà un nuovo slancio di estrema intimità alla loro vecchia amicizia. Il luogo scelto da Martha dove vivere questo loro ultimo tempo insieme è una casa nel bosco, magica, lontana dal caos cittadino. Una sorta di interregno vitale ed inondato di luce. Lì Ingrid dovrà semplicemente dormire nella stanza accanto a quella di Martha e nulla più. Lì, sdraiate al sole su due lettini, ascolteranno al mattino il canto degli usignoli. Lì vedranno la neve cadere sulla piscina e sul bosco dove abbiamo camminato e dove ti sei sdraiata, esausta, a terra. Lì Martha le parlerà dell’esistenza di Michelle, sua figlia. Lì Ingrid ascolterà l’amica parlare.
La regia sapiente e l’interpretazione stupefacente delle due attrici, la fotografia meravigliosa e accecante, i colori degli abiti di Tilda Swinton che marchiano la pellicola con il timbro Almodòvar unitamente all’ambientazione teatrale in stanze arredate con cura e gusto estremi, fanno de La stanza accanto un autentico capolavoro. Una riflessione profonda e coraggiosa sull’eutanasia espressa senza troppi giri di parole nel groviglio di contraddizioni del mondo attuale.
data di pubblicazione:4/12/2024
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da Maria Letizia Panerai | Nov 25, 2024
Napoli – New York è basato su una breve storia scritta da Fellini, quando era ancora il giovane Federico, con Tullio Pinelli. Sviluppata da Salvatores con i toni leggeri di una favola racconta in maniera semplice, ma mai superficiale, di immigrazione ai tempi in cui i migranti eravamo noi.
Napoli, 1949. La piccola Celestina perde la sua ultima parente nel crollo dell’edificio inagibile in cui vive. Sola e senza tetto, condividerà un giaciglio di fortuna con Carmine, uno scugnizzo di poco più grande di lei. Entrambi tentano di sbarcare il lunario vendendo sigarette di contrabbando, ma il destino li conduce in porto dove sta per salpare la nave Victory diretta a New York. Saliti da clandestini, Carmine e Celestina ben presto vengono scoperti dal capitano Domenico Garofalo, uomo burbero dal cuore tenero. Una volta giunti a destinazione, i due decidono di cercare Agnese, la sorella maggiore di Celestina, approdata a New York qualche tempo prima inseguendo l’amore. Ma sopravvivere da soli in quella città non è facile neanche per due scugnizzi come loro: ”io non sono straniera, sono povera. I ricchi non sono stranieri in nessun luogo”.
La sceneggiatura di Salvatores accarezza il prezioso soggetto felliniano. Brani musicali sapientemente scelti irrompono felicemente nelle scene. Le immagini degli alloggi di terza classe unitamente alla digitalizzazione della nave che solca l’oceano evocano il Titanic di Cameron. C’è anche un po’ dell’America di Leone nelle disavventure dei due scugnizzi nei sobborghi newyorkesi, e tanto amore per il cinema d’altri tempi nell’interpretazione di Favino: il suo Domenico sembra uscito dalla vecchia commedia all’italiana. Degno di nota il cameo di Antonio Catania e un plauso particolare va ai due giovanissimi interpreti Dea Lanzano e Antonio Guerra.
Napoli – New York è un felice ritorno al passato nella cinematografia di Salvatores perché ha in sé il tema del viaggio avventuroso che tanto piace al regista. La contemporaneità del tema immigrazione viene trattato senza rivendicazioni né inutili schieramenti, ma con magia, poesia e un briciolo di malinconia, lasciandoci appagati e divertiti.
data di pubblicazione:25/11/2024
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da Maria Letizia Panerai | Ott 23, 2024
(19a FESTA del CINEMA di ROMA 2024)
Aurora è una ragazza portoghese che lavora nel magazzino di una ditta della grande distribuzione (Amazon?) a Glasgow. Il suo lavoro consiste nel “pickeraggio” ovvero nell’usare il lettore a forma di pistola per rilevare il codice a barre che identifica ogni singolo oggetto richiesto negli acquisti online.
Una volta trovati gli oggetti tra gli scaffali di questo grande capannone industriale, Aurora li ripone in una apposita scatola gialla di raccolta il cui contenuto verrà riversato su di un nastro trasportatore. La velocità con cui deve essere effettuata questa operazione è sottoposta a costante controllo da parte di un addetto. Le giornate sono sempre uguali e la paga è bassissima. Per Aurora anche contribuire a pagare la benzina alla collega che le dà il passaggio in macchina tutti i giorni rappresenta un enorme sacrificio. Non potendosi permettere un appartamento convive con estranei, con i quali divide tutto compreso l’uso di bagno e cucina. Ma finalmente arriva il giorno di un colloquio che le potrebbe far cambiare lavoro e vita. Al primo incontro tuttavia le domande semplicemente conoscitive dell’intervistatrice la fanno entrare in crisi.
Premiato al Festival di San Sebastián con la conchiglia d’argento per la miglior opera prima a pari merito con lo spagnolo The Wailing, On falling descrive perfettamente la “caduta” di questa giovane donna, minata giorno dopo giorno nella mente da una vita lavorativa talmente alienante che le permette di soddisfare soli i bisogni primari e null’altro.
La cineasta portoghese per questa sua opera prima ha avuto il sostegno della Sixteen Films fondata da Ken Loach. Il film, nel descrivere la moderna forma di schiavitù di alcuni giovani del nuovo millennio che come Aurora fanno lavori usuranti e mal pagati, non può che farci tornare alla mente Sorry We Missed You dello stesso Loach.
La protagonista Joana Santos nel ruolo di Aurora ci regala un’interpretazione sobria e struggente al tempo stesso, tratteggiando il profilo di una persona sensibile ed indifesa, malata di solitudine che non ha scampo perché la sua condizione economica le preclude tutto, anche la semplice socializzazione. E questa cosa deve farci riflettere, e molto.
data di pubblicazione:23/10/2024
da Maria Letizia Panerai | Ott 20, 2024
(19a FESTA del CINEMA di ROMA 2024)
Uberto Pasolini, dopo aver girato meraviglie come Still Life e Nowhere special, ci sorprende con un cambio di rotta virando su qualcosa di molto distante senza tuttavia cessare di stupirci. Con The return ci regala una rilettura dell’Odissea dopo una gestazione, a suo dire, trentennale. Molto fedele al testo di Omero, il film sembra tuttavia estremamente attuale tanto da apparire una metafora del nostro tempo.
Odisseo (Ulisse) approda ad Itaca respinto dalle onde. È un uomo indebolito dal naufragio, che porta sul corpo i segni di una guerra durata vent’anni. Ma le ferite più grandi non sono visibili se non dal suo sguardo stanco e addolorato per le vittime che la sua impresa ha causato e per i traumi che la sua assenza ha generato nelle persone che ama. Un padre anziano e morente. Un figlio, Telemaco, che non ha visto crescere e che si affaccia all’età adulta. Una moglie fedele e tenace, Penelope, che ha conosciuto solo il dolore di una lunga attesa senza poter camminare al suo fianco. Una famiglia separata dalla guerra e dal tempo. Odisseo non è fiero della sua impresa che ha seminato solo distruzione e morte, oltre a tanta infelicità, apparendo ai nostri occhi come un uomo distrutto e tormentato.
Dopo una gestazione durata trent’anni Pasolini realizza la sua Odissea, a settant’anni dall’ultima versione per il grande schermo, impiegando “più del tempo che ha impiegato Ulisse per tornare nella sua Itaca”. Nelle sue mani ciò che rende questa storia epica attuale, seppur nella sua intatta classicità e fedeltà al testo di Omero, è l’aver ritratto Ulisse come un reduce di guerra, con le sue ferite visibili e non. Le interpretazioni magistrali di Ralph Fiennes e Juliette Binoche con la macchina da presa che segue ogni loro impercettibile espressione o gesto, ci restituiscono il dolore di chi è partito, come il titolo stesso ci suggerisce, ma anche di chi è restato. Il tempo infatti è il terzo protagonista della pellicola, come una entità palpabile, una lunga attesa generatrice di un dolore sordo, tale da assumere le sembianze di un lutto da elaborare in eterno.
Film intenso, ben fatto, curato in ogni singola scena, di rara bellezza e inaspettata attualità. Da non perdere.
data di pubblicazione:20/10/2024
da Maria Letizia Panerai | Ott 17, 2024
(19a FESTA del CINEMA di ROMA 2024)
Fabrizio Corallo, giornalista e autore televisivo nonché sceneggiatore e regista di documentari, in collaborazione con Silvia Scola ci restituisce un’immagine inedita di Mastroianni, molto lontana dal “divo Marcello”, ma ancora oggi a cento anni dalla nascita vivissima nell’immaginario collettivo.
Dalla visione di Ciao Marcello. Mastroianni l’antidivo possiamo desumere che Mastroianni non può essere sintetizzato in un’unica definizione perché ne emerge una figura ricca di sfaccettature, che ha attraversato il suo tempo e attraversa ancora il nostro grazie ad un fascino intramontabile, non alimentato semplicemente dalla sua bellezza e dalla sua indiscutibile bravura. Secondo quanto emerge da questo docufilm presentato alla Festa del Cinema di Roma, c’era in lui qualcosa di molto profondo che arrivava alla gente: l’amore, declinato in tante forme. L’amore per il suo lavoro fatto di tanto cinema ma anche di teatro e televisione, per gli amici, per i registi e i colleghi con cui ha lavorato, per le sue origini semplici, per sua madre e suo fratello, per le donne che ha amato e che non hanno mai smesso di amarlo.
Il documentario, grazie a filmati di repertorio relativi ai set dei film ai quali Mastroianni ha partecipato, a interviste di familiari, amici, consorte e compagne di vita, figlie, riesce a mettere in luce la profonda umanità di quest’uomo. Di questa umanità e semplicità ne sono testimoni Fellini, Scola, Monicelli, De Sica, Visconti, Germi, Petri, Ferreri, Risi, Magni. La sua innata indolenza lo portava ad abbandonarsi sul set, lasciandosi portare per mano dai registi con i quali ha collaborato e stretto forti legami di amicizia, primo su tutti Fellini. Ha fatto scelte di carriera anche bizzarre, recitando in ruoli scomodi per quell’epoca, nella consapevolezza di fare un lavoro che era innanzitutto un gioco. Ha sempre ricusato l’etichetta di latin lover dopo il grande successo de La dolce vita, quando per tutto il mondo divenne semplicemente “Marcello”.
Sicuramente Mastroianni è anche Marcello, un divo ma anche un antidivo, un uomo ricco di sfumature, a cui non fa difetto la contemporaneità.
data di pubblicazione:17/10/2024
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