da Maria Letizia Panerai | Nov 10, 2025
(Mostra Fotografica al MUSEO del GENIO – Roma, 31ottobre 2025-15 febbraio 2026)
Lo straordinario complesso del Museo del Genio in Roma dal 31 ottobre ha aperto stabilmente al pubblico non più solo come museo militare, ma anche come nuovo spazio espositivo e luogo di cultura, ospitando la mostra fotografica di Vivian Maier.
Quella di Vivian Maier – definita la tata-fotografa americana – è stata una vita che avrebbe potuto ispirare la sceneggiatura di un nuovo poetico film di Uberto Pasolini. Nata a New York nel 1926, da padre di origini austriache e madre francese, visse la sua vita nell’ombra. Solo dopo la sua morte, avvenuta a Chicago nel 2009 all’età di 83 anni, divenne fortuitamente famosa. Non si conosceva nulla di lei, non aveva nessun legame parentale e spesso era ospitata presso le famiglie dove faceva la bambinaia. Nel 2007 John Maloof, giovane agente immobiliare e figlio di un rigattiere, acquista ad un’asta di oggetti provenienti da magazzini abbandonati un enorme quantitativo di lettere, riviste e alcune valige. In queste scopre che erano stipati 100 mila negativi ed oltre 700 rullini mai sviluppati e molti altri a colori non processati. Decide quindi di acquistare tutto il materiale di questa misteriosa fotografa ancora immagazzinato e ciò che scoprì fu sensazionale. Vivian tra gli anni ‘50 e ‘60 con la sua Rolleiflex – acquistata grazie alla vendita di una vecchia casa della madre a Saint-Bonnet-en-Champsaur dove trascorse parte dell’infanzia-, aveva fotografato in maniera quasi compulsiva gente comune, bambini, anziani, mendicanti, particolari di vita di strada di New York e Chicago. Le foto, tutte in bianco e nero, non furono mai sviluppate né esposte né pubblicizzate perché per Vivian la fotografia era una passione segreta, rimasta tale per sua volontà sino all’ultimo dei suoi giorni di vita. Era il 1987 quando la donna chiese ai suoi ultimi datori di lavoro di poter conservare un proprio archivio personale in un loro locale inutilizzato. Questo archivio finì anni dopo in un box in affitto. Nel 2007 quel box con tutte le cose di Vivian, che nel frattempo si era ammalata e viveva in ristrettezze economiche, finì all’asta per affitti non pagati e lo acquistò John Maloof.
La storia di questa donna, che per tutta la vita volle essere solo una tata, oggi rivive attraverso le sue bellissime fotografie ora in mostra a Roma ma che hanno fatto il giro del mondo, per il suo sguardo poetico e ironico sull’America del dopoguerra.
La Mostra è un doveroso omaggio a questa enigmatica artista di street photography, celebrata a livello internazionale come Robert Frank e Diane Arbus ma che in vita non volle mai mostrare, neanche a sé stessa, le proprie fotografie.
data di pubblicazione:10/11/2025
da Maria Letizia Panerai | Ott 24, 2025
Due uomini, mossi da convinzioni paranoiche, rapiscono Michelle Fuller (Emma Stone), Amministratore Delegato di una importante azienda farmaceutica. Uno di loro è certo che la donna sia in realtà una aliena arrivata sulla terra sotto mentite spoglie solo allo scopo di distruggerla. I due porteranno avanti il loro piano fino alle estreme conseguenze convinti di diventare di lì a poco gli artefici della salvezza del pianeta.
Presentato in Concorso all’ultimo Festival di Venezia, Bugonia è un film che decisamente appartiene al mondo visionario e fantastico di Yorgos Lanthimos. Pur non raggiungendo la perfezione di Povere creature! il film, grazie a trovate al tempo stesso irreali e surreali, ha il pregio di essere profondamente calato nella realtà contemporanea mostrandoci come l’intera umanità sia, al contrario, completamente scollegata da essa. Riusciranno gli “alieni” a salvarci o saranno loro stessi a condannarci all’estinzione come accadde ai dinosauri? L’ambiguità che attraversa il film è vincente ed Emma Stone è strepitosa come sempre. Così come il suo “nemico” interpretato da Jesse Plemons perfetto nell’offrirci un personaggio detestabile: un’anima in pena che vorrebbe aiutare gli uomini pur non avendo il “fisico del ruolo” per essere credibile. Nel film è infatti facile “etichettare” i personaggi ma poi, come avviene anche nella vita reale, essi ci stupiscono assumendo lati sempre nuovi da scoprire e riscoprire sino all’ultimo fotogramma. Una colonna sonora appropriata accompagna questa storia complessa scritta da Will Tracy di un mondo solo apparentemente distopico che, al contrario, è una perfetta fotografia della nostra società.
Remake di un film sudcoreano del 2003, l’incipit e l’epilogo di Bugonia riportano il discorso sull’ambiente, ma non è l’unico tema trattato. Il film difatti è al tempo stesso una riflessione sulle paure ambientali che sottendono la percezione di un pianeta sull’orlo del collasso ma anche una critica alla diffidenza verso le grandi case farmaceutiche. Gli elementi di satira e fantascienza alleggeriscono il peso dei temi affrontati che riflettono le ansie contemporanee, in un mix strampalato di realtà e delirio. Il cast di attori è di prim’ordine, il divertimento assicurato e Lanthimos anche in questa sua fatica meno riuscita conferma la sua genialità.
data di pubblicazione:24/10/2025
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da Maria Letizia Panerai | Ott 20, 2025
(20ª FESTA del CINEMA di ROMA 2025)
Tokyo oggi. Rental family è una agenzia che offre un servizio particolare: si occupa del noleggio di attori per interpretare ruoli familiari. In ogni genere di occasione queste persone prese “in affitto”, dietro corresponsione di una ricompensa in denaro, fingono di essere parenti o amici.
Philip Vandarpleog (Brendan Fraser) è un attore americano divenuto famoso in Giappone per lo spot pubblicitario di un dentifricio. Vive a Tokyo da sette anni e ha una compagna giapponese. Passa le sue giornate a fare audizioni nella speranza di tornare ad interpretare un film. Ma per il momento ha solo ruoli di comparsa a funerali e matrimoni…veri! Un giorno conosce il capo dell’agenzia Rental family. Philip accetta di interpretare per lui svariate parti: quello di un padre che vive lontano da sua figlia, di un giornalista che intervista un anziano attore, quello da amico di un appassionato di videogame. Ma l’approccio con persone reali, che non interpretano un ruolo e sono all’oscuro di chi sia lui veramente, porta l’uomo a provare sentimenti di affezione che non aveva considerato.
Rental family è un film divertente e lieve, delicato, ben fatto e parla di una consuetudine diffusa da qualche anno in Giappone per combattere prevalentemente la solitudine. Brendan Fraser è perfetto nel ruolo. La sua stazza lo rende “visibile”: una sorta di gigante buono che si muove in un mondo fatto di porte basse e inchini. Il suo sguardo melanconico emana calore e affetto, e rende credibile una storia che al contrario si stenta ad accettare. Eppure è realtà! La forza del film sta proprio in quel file rouge che collega la realtà alla finzione: e mai come in questo caso “credere” che sia tutto vero fa bene al cuore.
data di pubblicazione:20/10/2025

da Maria Letizia Panerai | Ott 19, 2025
(20ª FESTA del CINEMA di ROMA 2025)
1960. Durante una festa organizzata nella magica cornice di un’isola bella e selvaggia Elio(Filippo Timi), uomo potentissimo e ricchissimo nonché padrone di casa, incontra Elena (Jasmine Trinca), moglie bella e annoiata, disposta a tutto pur di uscire dal grigiore della sua vita coniugale.
I due divengono la sera stessa amanti e di lì a poco si sposeranno, ottenendo l’annullamento rapido di entrambi i matrimoni da parte della Sacra Rota. Il gioco erotico tra i novelli coniugi fatto di possesso, depravazione e desiderio ossessivo, si articola tra alti e bassi sino agli anni 70. Ma dietro la facciata di spensieratezza si nascondono stati d’animo e dinamiche di ben altra natura: l’isola incantevole da “splendida facciata” diverrà una gabbia dorata che porterà la coppia verso un tragico epilogo.
Liberamente ispirato al delitto avvenuto a Roma il 30 agosto del 1970 nell’abitazione del marchese Camillo Casati Stampa di Soncino che uccise la moglie Anna Fallarino ed il suo giovane amante, il film di Andrea De Sica è tutt’altro che una ricostruzione giudiziaria. In realtà il caso delittuoso serve solo da spunto per parlare di possesso, violenza, ossessione, voyeurismo attraverso una storia decisamente anomala e unica nel suo genere che si inserisce bene in quel contesto storico. Il tema principale è la degenerazione di una relazione, al di là delle modalità in cui essa avvenga, che scatena un atto delittuoso. Gli interpreti sono entrambi bravissimi e “coraggiosi” nell’affrontare temi di trasgressione sessuale con tanta naturalezza. L’ambientazione isolata, il clima cupo e melodrammatico, il mare in tempesta ed il faro, la penombra delle scene, aggiungono fascino all’intera vicenda. E non manca un omaggio al nonno sulle note di Parlami d’amore Mariù.
Tuttavia, nonostante la mente corra al tema del femminicidio come epilogo di un sentimento di possesso, la vicenda ed il clima descritti nel film non inducono chi scrive a particolari riflessioni in tal senso. Inoltre la cronaca più recente ha portato a galla temi legati al delitto che spengono l’interesse sui giochi erotici dei coniugi Casati-Stampa, per accederne altri non meno “scabrosi”. Decisamente al pubblico va il giudizio finale.
data di pubblicazione:19/10/2025

da Maria Letizia Panerai | Ott 16, 2025
(20ª FESTA del CINEMA di ROMA 2025)
Tutto si svolge in una sola lunga notte, durante una festa. Siamo nel dopoguerra in Inghilterra. Hedda Gabler e suo marito Jorgen Tesman ricevono i loro amici nella loro lussuosa villa. Lei è una donna ambiziosa ma inquieta e il matrimonio con Jorgen, accademico in attesa di ottenere un incarico che potrebbe cambiargli la vita, la costringe ad un ruolo che non le appartiene. Intelligente e colta, Hedda organizza la serata non solo per dare al timido marito l’opportunità che tanto attende, ma anche per salvare il loro lussuoso tenore di vita.
Ma quella dimora borghese così elegante, come il suo matrimonio, sono una gabbia per Hedda. L’arrivo durante la festa di Eileen Lövborg, scrittrice ed ex amante segreta della donna, rappresenterà un pericolo per la carriera di Jorgen. Eileen infatti si presenterà agli ospiti con in mano il suo ultimo manoscritto in cui ha messo “tutta la verità che non aveva mai potuto dire”. Reduce da un precedente libro di grande successo, questo ultimo lavoro della scrittrice viene accolto con curiosità da tutti i presenti. A precedere l’arrivo di Eileen sarà Thea, collaboratrice non accreditata di entrambi i lavori e attuale compagna della scrittrice. In un mondo tutto al maschile, queste tre donne combatteranno ognuna per far prevalere le proprie ragioni.
Versione cinematografica di un’opera del 1890 di Henrik Ibsen, Hedda mantiene la struttura teatrale da camera in cui aleggia un costante senso di claustrofobia sottolineato da una colonna sonora appropriata. Nia DaCosta trasferisce l’ambientazione dalla società borghese norvegese di fine ottocento in un contesto inglese anni ’50, in cui mantiene una uguale repressione dei desideri femminili operando tuttavia dei sostanziali cambiamenti, in particolare sul personaggio di Eileen che nel testo teatrale è un uomo, dando al film una identità queer. La sua Hedda è crudele ed insoddisfatta perché non riesce ad esprimere sé stessa in un ambiente che la considera solo Hedda Tesman. Gli uomini vengono raffigurati mediocri e potenti, ma anche manipolatori come il personaggio del giudice Brack, simbolo emblematico del potere maschile.
DaCosta, che fa parte della nuova generazione di registe afroamericane, fa del testo di Ibsen una metafora sulla repressione di un mondo maschile che non vede le donne e le imprigiona in ruoli, privandole della libertà di esprimersi. Il cast è notevole: Tessa Thompson-Hedda magnetica ed ambigua porta in scena un personaggio distruttivo che non riesce socialmente a far valere la propria libertà, intellettuale e sessuale. A Nina Hoss-Eileen viene affidato il compito non facile di trasformare in femminile il personaggio originario, spostando il focus narrativo. I costumi sono curati e “rappresentativi” delle personalità femminili.
Hedda è un film coraggioso, in cui non mancano anche tematiche razziali, ma che tuttavia ha diviso la critica dopo la prima a Toronto. Non possiamo giudicare se questa rilettura di un testo classico sia troppo ambiziosa, ma possiamo apprezzarla.
data di pubblicazione:16/10/2025

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