da Rossano Giuppa | Gen 17, 2025
(Teatro Argentina – Roma, 9-18 gennaio 20254)
Tre modi per non morire è il titolo dello spettacolo andato in scena dall’8 al 19 gennaio 2025 al Teatro Argentina, un lavoro scritto appositamente per Toni Servillo dal drammaturgo Giuseppe Montesano, che esplora come la poesia possa diventare una guida verso la vita, attraverso le opere di Baudelaire, Dante e i Greci (foto di Masiar Pasquali).
Un palco essenziale con microfono e leggio che celebra la parola e l’essenza della narrazione, un percorso che si snoda tra Baudelaire, Dante e i Greci, accompagnando lo spettatore in un viaggio culturale e spirituale, un excursus che si propone di contrastare l’appiattimento del pensiero e la progressiva alienazione indotta dalla dipendenza tecnologica, un invito potente sulla necessità di riappropriarsi del pensiero critico e della bellezza poetica.
Monsieur Baudelaire, quando finirà la notte? descrive la bellezza come medicina contro la depressione e l’ingiustizia, offre una visione lucida e poetica della resistenza dell’anima. La notte, metafora dell’oscurità interiore e sociale, termina solo quando si trova il coraggio di “levare l’ancora e partire verso l’ignoto”, un invito all’audacia del pensiero e dell’azione. Il secondo segmento è dedicato a Dante Alighieri, pilastro della cultura italiana e universale. Attraverso le diverse voci, Servillo ci conduce negli abissi dell’Inferno, dove le anime prendono vita con una potenza evocativa straordinaria. Paolo e Francesca, innamorati e condannati a una pena eterna, narrano del libro galeotto, che li unì in un bacio che fu la loro rovina. Ulisse, con il suo invito a “non vivere come bruti, ma a seguir virtute e canoscenza”, ammonisce l’umanità sull’importanza della conoscenza e del coraggio. Il finale, con l’emblematica uscita “a riveder le stelle”, è un gesto di speranza che illumina l’oscurità dell’esistenza. L’ultima tappa si immerge nel pensiero greco, celebrando il teatro e la filosofia come strumenti supremi di liberazione. “I Greci hanno inventato tutto”, dichiara Servillo, enfatizzando la grandezza di una civiltà che ha saputo aspirare all’eternità attraverso l’arte e il pensiero.
Servillo è straordinario nell’uso della parola e della voce, che cesella e diversifica, alternando toni sussurrati e momenti di intensità drammatica. La poesia, la filosofia e il teatro nelle sue mani, intrecciati in un dialogo serrato, permettono di celebrare la profondità dell’esistenza e la bellezza dell’umanità.
data di pubblicazione:17/01/2025
Il nostro voto:
da Rossano Giuppa | Nov 28, 2024
con Salvatore D’Onofrio e Carmine Maringola
(Teatro Vascello – Roma, 19 novembre/1dicembre 2024)
Torna a Roma al Teatro Vascello dopo otto anni di successi sui palcoscenici di tutto il mondo La scortecata, la rilettura da parte di Emma Dante di una delle novella più celebri della raccolta de Lo cunto de li cunti, scritta nel Seicento da Giambattista Basile. La magia di Emma Dante risiede nella scelta di un napoletano popolato di espressioni gergali, proverbi e slang popolari, secondo una collaudata macchina teatrale fatta di movimento, voce e gestualità che ancora una volta sorprende e affascina.
È la storia di un re che si innamora della voce di un’anziana donna e ingannato dalla bellezza del suo dito mignolo mostratogli dal buco della serratura, invita l’anziana a trascorre una notte d’amore. La donna accetta ma cela il suo corpo deforme tra il buio della stanza e il bianco dell’enorme lenzuolo che copre, e insieme descrive, il rapporto consumato tra i due. Scoperto l’inganno però il re si infuria con la donna e la butta dal balcone. Da lì passa una fata che la trasforma in una bellissima ragazza di cui si invaghisce il re. L’incantesimo svanisce, il lieto fine non arriva e così la povera vecchia, chiede alla sorella di scorticarla per far uscire, dalla pelle vecchia la pelle nuova e ritornare ad essere, ancora, giovane e bella.
Quattro personaggi (il re, le due sorelle e la fata) per due straordinari interpreti, gli attori Salvatore D’Onofrio e Carmine Maringola, in grado di rappresentare al meglio le movenze e le difficoltà fisiche due anziane, in uno spazio segnato da pochi arredi, con un castello in miniatura tra di loro.
Due sedioline di legno, una porta, un baule, oggetti di un quotidiano passato rendono viva e nostalgica la scena, così come la musica ancora una volta perfetta. È la forza del teatro di Emma Dante in grado di far sorridere con leggerezza per poi evolvere in un reale grottescamente bello.
Un forte epiteto sulla vanità, sul senso del ridicolo e sull’inganno dell’apparenza ma anche una riflessione più ampia sui meccanismi tribali della famiglia e sull’accettazione dei segni del tempo.
data di pubblicazione:28/11/2024
Il nostro voto:
da Rossano Giuppa | Nov 16, 2024
(Teatro India – Roma, 13/17 novembre 2024)
La compagnia Biancofango ha portato in scena dal 13 al 17 novembre al Teatro India, Never young, una docu-performance che dà voce ai giovani ed alle giovani Lolita, la nuova generazione che cerca di interfacciarsi con il mondo degli adulti, giocando a fare i grandi per anticipare il domani (foto Arianna Romagnolo).
Né bambini, né adulti: siamo nella preadolescenza, fase esistenziale complessa e multiforme. Never young è la seconda parte di un dittico che lavora sulla figura di Lolita nel tentativo di osservare e comprendere quella fascia generazionale che vive un presente articolato, composito e agitato, fatto di web, di tecnologia e solitudine, di disinibizione e fragilità. E Lolita è quell’insieme di mille contraddizioni e di troppa curiosità da e verso il mondo degli adulti.
Con Never young la compagnia Biancofango, da sempre impegnata in una scrittura scenica che esaspera il rapporto parola corpo, si dedica a vivisezionare la fragilità, la sfrontatezza, lo smarrimento, il desiderio di emancipazione dei nuovi adolescenti e preadolescenti.
Da queste riflessioni prende forma drammaturgica la pièce, firmata da Andrea Trapani e Francesca Macrì, anche regista dello spettacolo, che si dipana attraverso cinque quadri scenici, in cui confluiscono storie di adolescenti, in grado per restituire uno spaccato della società e del nostro Paese.
La prima sezione è dedicata alla storia della nostra Italia dagli anni 90 ad oggi, da Norberto Bobbio a Non è la Rai, da Umberto Eco a Berlusconi, dal Mulino Bianco a Le interviste barbariche; la seconda sezione presenta un dialogo sulla relazione corpo e sessualità; la terza è un’indagine sulla sessualità dell’adolescenza e della preadolescenza; nella quarta sezione uomini e donne anziani si confrontano su cosa rappresenta la sessualità oggi mentre la quinta sezione è dedicata all’infanzia perduta.
Un palcoscenico composito in cui si affrontano generazioni, immagini, sensazioni, passato e futuro dentro il quale tutti i protagonisti, senza ordine di età, sentono il bisogno di affermare il proprio essere e la propria identità.
data di pubblicazione:16/11/2024
Il nostro voto:
da Rossano Giuppa | Nov 4, 2024
(Romaeuropa Festival 2024)
Dal 29 ottobre al 3 novembre il Romaeuropa Festival ha presentato al Teatro Vascello di Roma in prima mondiale La Vegetariana, con la regia di Daria Deflorian, tratto dall’omonimo romanzo della scrittrice sudcoreana Han Kang premio Nobel per la letteratura 2024. Protagonista è Yeong-hye, una giovane casalinga priva di slanci che ha sposato un uomo mediocre. Un giorno la ragazza butta via tutta la carne dal congelatore e annuncia che d’ora in poi diventerà vegetariana, dopo aver fatto un sogno. E’ l’inizio di una crisi familiare e di un percorso di metamorfosi e distacco (foto Andrea Pizzalis).
Grandissimo successo per il nuovo lavoro di Daria Deflorian, tornata al Romaeuropa Festival in veste di regista e attrice per portare in scena insieme a Monica Piseddu, Paolo Musio e Gabriele Portoghese La Vegetariana, ovvero il dramma di Yeong-hye e della sua presa di posizione radicale ed irrazionale di non mangiare, cucinare e servire carne. È il primo stadio di una metamorfosi, un percorso di sublimazione distruttiva che arriva al desiderio di diventare essa stessa una pianta, tra l’irritazione sconcertata del marito, l’esaltazione artistica del cognato e la consapevolezza addolorata della sorella. Uno scorcio di appartamento spoglio fa da bozzolo ad una transizione dal regno animale a quello vegetale, una nuova forma di vita che è un allontanamento dalla società e dalle sue regole. Yeong-hye non vuole essere dannosa, non vuole smettere di vivere, vuole solo cambiare il modo di vivere.
Uno spettacolo essenziale e rarefatto fatto di narrazione e simbologia, di tagli netti di luce e di coni d’ombra, di suoni ripetitivi e ossessivi, un ambiente metafisico in cui prendono vita le inquietudini della protagonista. Gli attori sono personaggi, ma interpretano anche la gamma di opinioni: incredulità, desiderio, dolore.
L’evoluzione di Yeong-hye non può essere compresa da chi le sta attorno, ma ha il potere di scuotere le fondamenta della loro esistenza. È l’incapacità di accettare l’altro nella sua unicità, di riconoscere la scelta di Yeong-hye come legittima e necessaria. Il percorso di Yeong-hye è una discesa verso una forma di libertà assoluta, una libertà che passa attraverso la negazione di tutto ciò che è umano e di tutto ciò che la lega a quel mondo. È una ricerca di un’essenza pura che è anche un tentativo di sottrarsi e alle imposizioni della società ed alle sue regole di appartenenza.
La Vegetariana è uno spettacolo che colpisce per la sua intensità emotiva e per la sua ineccepibile estetica, capaci di mettere a fuoco il tema del rispetto dell’identità e del significato di libertà ed al contempo di quanto sia caro il prezzo da pagare per essere realmente se stessi.
data di pubblicazione:04/11/2024
Il nostro voto:
da Rossano Giuppa | Ott 30, 2024
(Roma Europa Festival 2024)
Dal 25 al 27 ottobre il Roma Europa Festival ha ospitato al Teatro Vascello di Roma in prima nazionale Roberto Zucco, un’opera tratta dall’omonimo testo di Bernard-Marie Koltès con regia, sceneggiatura e adattamento a cura di Giorgina Pi, ispirato alla vera storia di Roberto Succo, giovane originario di Mestre, che dopo aver barbaramente ucciso i genitori, evase dal carcere e, nonostante fosse inseguito dalla polizia di tre stati, riuscì a perpetrare una serie di altri crimini, prima di venire nuovamente catturato e suicidarsi in carcere (foto Greta de Lazzaris).
Dopo Kae Tempest, Caryl Churchill, Pasolini, Giorgina Pi si confronta con Bernard-Marie Koltès e con il suo Roberto Zucco, testo postumo che ha al suo centro il tema della ineluttabilità della spirale della violenza legata al disagio ed al male di vivere.
Giorgina Pi regista e attivista, fa parte del collettivo artistico Angelo Mai e con il gruppo Bluemotion realizza spettacoli che coniugano il lavoro sui testi teatrali alla riscrittura contemporanea, alla ricerca visuale ed alla musica dal vivo.
Il testo prende spunto da un fatto di cronaca: l’autore trasporta sulle scene le gesta violente dell’italiano Roberto Succo, mandato in prigione a diciotto anni per aver ucciso i suoi genitori, poi evaso, inseguito dalle polizie di tre stati, ma implacabile nella sua attività criminale. Bernard-Marie Koltès, unanimemente considerato un gigante della drammaturgia europea del Novecento, ne fa il racconto drammatico di una gioventù bruciata. Una storia di quasi quarant’anni fa profondamente attuale, un dramma attraverso gli occhi di un eroe negativo, un racconto che corre inesorabile verso la morte, in cui nessun personaggio ha possibilità di salvezza o redenzione.
La vicenda è ambientata nel Sud della Francia in una provincia che tanto ricorda una Parigi fosca e libertina, luogo di disperazione, violenza e carnalità. Luoghi reali e simbolici, dove gli uomini si sentono predatori e le donne vittime alla ricerca di una difesa o di una via di fuga. Un gioco al massacro dove non si ha più nulla da perdere.
Il linguaggio del dramma è essenziale e vivisezionato. I dialoghi e le scene si susseguono, quasi fotogrammi sfocati di un discorso a singhiozzo, raccontano di violenza in sequenza, in uno stile asciutto e senza enfasi che si espleta inesorabile nei confronti del prossimo, della famiglia, di se stessi.
Bravi gli attori, interessanti i costumi, straordinarie le luci e l’ambiente sonoro di un girone dantesco metropolitano, dove il male è sopravvivenza e condanna. Tutto si sgretola, forse è la morte la pace.
data di pubblicazione:30/10/2024
Il nostro voto:
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