da Rossano Giuppa | Ott 4, 2024
ideazione VicoQuartoMazzini
(Roma Europa Festival 2024)
Dall’1 al 4 ottobre il Roma Europa Festival ha ospitato al Teatro Argentina La Ferocia, trasposizione teatrale dell’omonimo romanzo di Nicola Lagioia a cura della compagnia VicoQuartoMazzini. Vittorio Salvemini è un uomo che si è fatto da solo costruendo un impero. Dietro il successo ci sono però ricatti, estorsioni, soprusi, cocaina, rifiuti tossici. La morte della figlia Clara, trovata nuda e ricoperta di sangue sulla provinciale che collega Bari a Taranto e tutte (foto Valerio Polici).
La Ferocia, spettacolo tratto dall’omonimo romanzo di Nicola Lagioia, vincitore nel 2015 del Premio Strega e del Premio Mondello, con la regia di Michele Altamura e Gabriele Paolocà, mette in scena il desiderio del potere a tutti i costi, attraverso l’ascesa e la caduta della famiglia Salvemini, una saga familiare in cui le prevaricazioni dei padri rendono infelici e deboli i figli.
È intorno al cadavere di una giovane donna, Clara Salvemini ritenuta suicida, che si consuma lo sgretolamento dei valori e la tragedia familiare: è la figlia del palazzinaro Vittorio, che senza scrupolo alcuno è riuscito a costruire un vasto impero economico (l’attore Leonardo Capuano, perfetto nel suo ruolo), aiutato nell’impresa dal figlio ingegnere Ruggero (lo stesso Michele Altamura), che si presta volentieri ai suoi dictat spregiudicati.
C’è una sola attrice in scena, Francesca Mazza, nei panni di una madre tradita e piena di dubbi ma incapace di opporsi all’orrore che le ruota intorno e la sommerge. Nella vicenda presente anche il marito della vittima, Alberto (Andrea Volpetti) incapace di amare e colpevole di non averla protetta ed una galleria di personaggi deleteri e remissivi al tempo stesso: il medico legale cocainomane, un ex sottosegretario alla Giustizia e l’amico dell’università, studente modello, finito per campare a fare l’uomo rana in un centro commerciale. C’è poi uno speaker/giornalista, interpretato da Gaetano Colella, intento a registrare un podcast sulla vicenda, che fa da filo conduttore, ma anche da contraltare rispetto a quanto affermato e posto in essere dai protagonisti.
I personaggi prendono vita nelle loro sfumature grazie ad un efficace allestimento a cura di Daniele Spanò con le luci di Giulia Pastore, che da luogo realistico (l’interno della villa dei Salvemini) si trasforma in spazio metafisico del racconto, tra terreni edificati su rifiuti avvelenati, luoghi segreti di abboccamenti e riunioni, violenze e camere mortuarie.
Piano piano intorno al corpo di Clara, vittima sacrificale del gioco al massacro a cui lei stessa si era prestata, si ricompone il mosaico che porta all’amara verità. E sarà proprio il personaggio meno incisivo e più defilato, ovvero l’altro fratello di Clara, Michele (Gabriele Paolocà), fuggito a Roma per ricercarsi una nuova identità personale e lavorativa, a frantumare il castello di menzogne ed il gioco sporco della famiglia.
Una tragedia contemporanea con i canoni della tradizione greca, che scuote le coscienze, grazie alla stesura di un grande romanziere ed a una potente messa in scena, essenziale e moderna, resa ancora più incisiva dal gruppo di bravissimi attori.
data di pubblicazione:04/10/2024
Il nostro voto:
da Rossano Giuppa | Set 14, 2024
(Roma Europa Festival 2024)
Il 14 ed il 15 settembre il Roma Europa Festival ha ospitato all’Auditorium Conciliazione Beethoven 7, ultimo lavoro della compagnia Sasha Waltz & Guest che proprio lo scorso anno ha festeggiato il suo 30o anniversario. Sasha Waltz prosegue la ricerca sulla relazione tra danza ed arti visive, architettura, musica, design. Tredici danzatrici e danzatori della sua compagnia hanno interpretato la Sinfonia n.7 di Ludwig van Beethoven in versione integrale ed una nuova composizione appositamente commissionata al musicista Diego Noguera. Un ponte ed un dialogo tra passato e presente, attraverso l’incontro tra un monumento della musica classica ed una rilettura in chiave contemporanea (foto Sebastian Bolesh).
Negli ultimi trent’anni la coreografa tedesca Sasha Waltz ha segnato profondamente la storia della danza e ha sviluppato uno stretto rapporto di collaborazione con il Romaeuropa Festival nelle diverse edizioni in cui è stata presente, affrontando tematiche universali attraverso un teatro danza complesso e fragile al tempo stesso, fatto di confronto ed integrazione tra coreografia ed altre discipline artistiche.
Il punto di partenza dello spettacolo è una riflessione dello stesso Beethoven risalente al 1812, ovvero: “Le persone reali sono schiave dell’ambiente in cui vivono, o possono dirsi libere?”
Sasha Waltz, approccia questa tematica attraverso una precisa idea di movimento corporeo e musicale, di estetica, di libertà creativa, in due parti e due momenti distinti, apparentemente agli antipodi ma fortemente correlati.
La componente musicale della prima parte Freiheit/Extasis è stata realizzata da Diego Noguera, compositore berlinese di origine cilena, affermatosi come uno dei nomi più importanti della scena elettronica tedesca. Il confronto con la 7a Sinfonia ha portato ad una musica forte, composta attraverso strumenti elettronici e sintetizzatore. Freiheit/Extasis è un conglomerato sonoro composto da suoni estremi e ritmi ossessivi, intimamente connessi al caos creativo nascosto dietro le melodie dei lavori di Beethoven. Ne è derivata una interpretazione coreografica in un paesaggio alieno, un probabile futuro in cui la libertà di pensiero e azione fa i conti con lo sviluppo tecnologico. Sulla scena una fitta coltre di nebbia e luci strobo modellano i corpi dei danzatori e delle danzatrici, enfatizzati dai costumi realizzati da Federico Polucci.
Affrontando le medesime domande, la seconda parte della pièce si concentra sulla maestosa Sinfonia n. 7 in La maggiore, op. 92 di Ludwig van Beethoven, attraverso allestimento teatrale molto diverso, interamente focalizzato sul rapporto tra danza e musica.
Diradata la nebbia, resta l dolcezza della melodia, il respiro dei danzatori e delle danzatrici (questa volta nei costumi di Bernd Skodzig), il loro correre sul palco, una bandiera impalpabile. Un messaggio di aggregazione e di speranza.
data di pubblicazione:14/09/2024
Il nostro voto:
da Rossano Giuppa | Set 11, 2024
(Roma Europa Festival 2024)
Il 9 e 10 settembre alle 21 è tornato, nella Cavea dell’Auditorium Parco della Musica “Ennio Morricone”, il coreografo Rachid Ouramdane con la nuova creazione per il Ballet du Grand Théâtre de Genève. In OUTSIDER ventuno danzatrici e danzatori e quattro acrobati sono i protagonisti di una performance che associa la danza all’equilibrismo, legando terra e cielo nel segno della leggerezza. È un movimento ipnotico, ripetuto ed in continua evoluzione con direzioni definite come solo uno stormo di uccelli sa fare, che celebra le potenzialità del collettivo e mette in discussione la gravità aprendo nuovi orizzonti al movimento (foto Gregory Batardon).
Dialoga con l’altezza e la leggerezza Rachid Ouramdane, il coreografo di origini algerine di stanza a Parigi, dove dirige il Théâtre National de la Danse. La sua ultima creazione, in prima nazionale a Romaeuropa Festival, Outsider, nasce dall’invito del collega Sidi Larbi Cherkaoui, dal 2022 alla guida del Ballet du Grand Théâtre de Genève, a realizzare un progetto per tale compagnia. E così Ouramdane continua ad aggregare le arti performative, associando quattro highliner ai danzatori, alla ricerca di nuovi volumi e nuove connessioni per un teatro delle diversità e delle inclusioni.
Da anni studia il comportamento degli storni e la una scrittura coreografica è proprio sviluppata per sciami, con tutti gli interpreti del gruppo pronti a spiccare il volo. Nei costumi tra il beige e il nero di Gwladys Duthil, la danza si sviluppa su due piani, il primo sul palco, con dinamiche circolari e costruzioni di gruppo protese verso l’alto, ed il secondo aereo, con gli acrobati che entrano in scena nella loro eterea diversità, dotati di scarpe speciali e imbracature che li collegano alle funi sospese, come uccelli in sosta sui fili elettrici lungo le funi che si intersecano, con diverse angolazioni, segmentando geometricamente la scena in un quadro astratto, enfatizzato dallo splendido disegno luci di Stéphane Graillot.
Un frenetico gioco di luci e di linee sostenuto dalle ossessive note del compositore minimalista Julius Eastman, secondo uno schema di continue evoluzioni dei performer, che si raggruppano, si intrecciano, si disperdono senza però trovare vie di fuga. Responsabilità individuali e comportamenti di gruppo, in una visione rigorosamente egualitaria della collettività.
data di pubblicazione:11/09/2024
Il nostro voto:
da Rossano Giuppa | Mag 27, 2024
(Teatro Argentina – Roma 23 maggio/2 giugno 2024)
In scena al teatro Argentina di Roma Diari d’amore per la regia di Nanni Moretti, un dittico formato da due commedie di Natalia Ginzburg, Dialogo e Fragola e Panna. In entrambe il regista esplora con ironia relazioni affettive della società borghese, spente e rassegnate, nelle quali i personaggi si troveranno a parlare di matrimonio, fedeltà, maternità e amicizia, esplicitando inettitudini ed incapacità di essere e di amare (foto Alberto Novelli).
Nanni Moretti sceglie il “teatro delle chiacchiere” di Natalia Ginzburg, figura di primo piano della letteratura italiana del Novecento, per raccontarci le vicende di due nuclei familiari dai valori etici inconsistenti, scegliendo una chiave di lettura fredda, che converte in commedia fatti altrimenti tragici della vita dei protagonisti.
Il sipario si apre con una camera da letto dove Francesco, interpretato da Valerio Binasco, scrittore casalingo di buone maniere e noioso al tempo stesso, disquisisce del nulla con la moglie Marta (Alessia Giuliani) che alla fine confessa d’avere una relazione con un loro amico comune, che le ha anche procurato un nuovo lavoro. Una lettera appena giunta rivelerà invece che l’amante non ce la fa a rompere con la moglie e che la porta in viaggio in Spagna, lasciando i due miseri coniugi con un niente di fatto per il loro ménage.
Più affollato è Fragola e panna: bussa alla porta di una villa in campagna la giovane Barbara in fuga dal marito (Arianna Pozzoli), sostenendo di essere una cugina e si intrattiene con la domestica Tosca, logorroica e popolana (Daria Deflorian). Arriva la signora Flaminia (Alessia Giuliani) che intuisce che la ragazza ha una storia con il marito; interviene la sorella di lei (Giorgia Senesi) che trova un posto dove far passare la notte alla ragazza per farla così andar via dalla casa. Giunge infine il marito Cesare (Valerio Binasco) che rivela alla moglie di non avere alcuna intenzione di occuparsi della ragazza, che viene abbandonata così al proprio destino.
Due contesti tragicomici con finali sospesi, due storie di coppie borghesi alla ricerca di risvegli e alibi, imprigionate in contesti ingombranti e vuoti al tempo stesso che le scene di Sergio Tramonti e le luci di Pasquale Mari incastonano perfettamente tra un letto matrimoniale notturno ed un salotto borghese isolato dalla neve.
Un cast di attori che ruota intorno a un Valerio Binasco perfetto anti-eroe borghese in due declinazioni assolutamente efficaci e Daria Deflorian che svetta nel personaggio solo in apparenza marginale, ma decisivo della domestica, petulante sì ma in grado di svelare le dinamiche borghesi di un gioco al massacro che non si consuma mai completamente.
data di pubblicazione:27/05/2024
Il nostro voto:
da Rossano Giuppa | Mag 12, 2024
regia e drammaturgia Eugenio Barba, Lorenzo Gleijeses e Julia Varley con Lorenzo Gleijeses
(Teatro India – Roma, 8/19 maggio 2024)
In scena al teatro India Una giornata fatale del danzatore Gregorio Samsa regia e drammaturgia firmata da Eugenio Barba, accanto a Julia Varley e Lorenzo Gleijeses che ne è anche interprete. La scena racconta la vicenda di un danzatore prima del debutto che viene mandato a casa dal coreografo e vive una giornata in cui ripete i movimenti della partitura per perfezionarli, secondo una logica ossessiva e quasi maniacale (foto Rebecca Lena).
Nato dalla collaborazione tra il grande maestro di teatro Eugenio Barba e l’attore Lorenzo Gleijeses, Una giornata particolare del danzatore Gregorio Samsa è uno spettacolo in cui si intersecano tre diversi nuclei narrativi: alcuni elementi biografici di Franz Kafka, la vicenda del personaggio centrale de La metamorfosi, Gregorio Samsa, e quella di un immaginario danzatore omonimo. Samsa è convinto che, attraverso una ripetizione ossessiva delle sue partiture, sia possibile arrivare ad un altro livello di precisione tecnica e di qualità interpretativa ma, di contro, il suo perfezionismo lo proietta in un mondo in cui i confini tra reale e immaginario, teatro e quotidiano sono labili e interconnessi. Si scontrano, allora, le esigenze del mondo esterno e le sue profonde necessità personali.
Lo spettacolo mantiene tutti i principi teorici e artistici elaborati da Barba, ma anche una componente autobiografica e creativa del danzatore-attore napoletano. Lo spettacolo ha avuto una gestazione di circa dieci anni con varie sessioni di prove ed incontri con il pubblico. Da allora le repliche non si sono mai interrotte, lo spettacolo continua a crescere e a evolversi pur rimanendo fedele alla sua struttura originaria.
È stato Barba ad associare il lavoro coreografico alla figura del giovane che si trasforma in insetto, secondo una scrittura scenica che non parte dal testo, ma dall’esperienza e dall’intuizione. Un lavoro straordinario ed, inquietante, quello che Lorenzo Gleijeses fa su se stesso, all’interno di una cornice astratta, fatta di un angosciante quotidiano popolato di robot aspirapolvere e messaggi vocali disturbanti, di luci abbaglianti e oscurità, di corse verso soli e lune lontani.
data di pubblicazione:12/05/2024
Il nostro voto:
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