MACBETTU tratto da Macbeth di William Shakespeare, regia di Alessandro Serra

MACBETTU tratto da Macbeth di William Shakespeare, regia di Alessandro Serra

(Teatro Argentina – Roma, 2/5 maggio 2019)

Una sfida complessa, il Macbeth di Shakespeare recitato in sardo e, come nella tradizione elisabettiana, interpretato da soli uomini, vestiti nei completi tradizionali isolani, con la Sardegna che anima con propri suoni, usi e costumi le figure e le atmosfere shakespeariane. Un progetto e un risultato straordinario il Macbettu di Alessandro Serra, regista e fondatore della compagnia Teatropersona, che ha allestito la tragedia per Sardegna Teatro. Uno spettacolo tornato a Roma dopo aver fatto il giro del mondo ed avere raccolto premi e consensi, dal 2 al 5 maggio 2019 al Teatro Argentina, che già lo aveva ospitato lo scorso anno.

 

Emergono sorprendenti e forti analogie tra la tragedia scozzese e i riti e le maschere della Sardegna: i suoni cupi prodotti da campanacci e lamiere, le pelli e le maschere e poi il sangue, il vino, la terra, tutto in una dimensione materica ancestrale.

La riscrittura in lingua sarda da Giovanni Carroni, trasforma anzi l’originale in canto arcaico e potente, che risuona in uno spazio scenico vuoto, attraversato di continuo dai corpi e dalle voci degli attori che interagiscono e si amalgamano a pietre, terra, ferro, pane carasau, coltelli. La scelta poi di porre solo figure maschili in scena, comprese le streghe ripensate nella tradizione contadina della Barbagia e Lady Macbeth, sembra coerente con questo scopo. Lady Macbeth mantiene la virilità dell’attore ma con una sete di potere ed una presenza scenica incredibilmente femminile. Così come le streghe che si prendono in giro, si sputano e si rincorrono, sempre presenti perché il gioco è nelle loro mani.

Nell’assoluto buio una parete di ferro avanza tra la polvere e da tale struttura come insetti famelici iniziano a discendere losche figure; e quella parete nel corso della narrazione si smembrerà diventando tavoli dove banchettare e celebrare il potere, letti dove dormire. Una parete metallica che alla fine di tutto propagherà un rumore che ben presto si trasforma in rombo assordante.

Appare Macbettu (lo straordinario Leonardo Capuano), che non conosce, fino a quel momento, desideri o invidia, al servizio del buon re Duncan ma che esce piuttosto inquieto e tormentato dall’incontro con le streghe: è l’inizio del suo destino, della sua debolezza di fronte al proprio desiderio di potere. E così il male inizia a diffondersi.

Lavoro splendido, completo, leggero e gravoso, rigoroso e tagliente, geniale per le intuizioni registiche, la forza dei movimenti, l’efficacia di luci e ombre. Un teatro essenziale ricco di idee, pieno di allucinazioni e apparizioni,  un incubo pieno di insegnamenti.

data di pubblicazione:06/05/2019

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OTTO DONNE E UN MISTERO di  Robert Thomas

OTTO DONNE E UN MISTERO di Robert Thomas

(Teatro Quirino – Roma, 2/14 aprile 2019)
In scena al Teatro Quirino di Roma dal 2 al 14 aprile per la regia di Guglielmo Ferro Otto donne e un mistero, la celebre commedia noir di Robert Thomas, nota al grande pubblico anche per il film tratto nel 2002 dall’omonimo titolo, diretto da François Ozon con Catherine Deneuve e Isabelle Huppert, che ebbe un grande strepitoso successo di pubblico. Una versione italiana piacevole e ben strutturata che non perde nel difficile confronto con testo e film.
Siamo nella notte del ventiquattro dicembre in una villa praticamente isolata a causa delle abbondanti precipitazioni nevose dove otto donne, tutte tra di loro in stretta connessione con Marcel il padrone di casa perché parenti, amanti o dipendenti, sono lì presenti per festeggiare il Natale.
Fuori la neve ostacola qualsiasi spostamento, la figlia Suzanne (Claudia Campagnola), è appena tornata dall’Inghilterra portando un po’ di allegria e di buon umore in un contesto non particolarmente leggero. Abitano quella casa Gaby (Anna Galiena), moglie di Marcel, Augustine (Debora Caprioglio), sorella di quest’ultima abituata a origliare dietro le porte, innamorata del cognato, c’è la suocera l’avara Mamy (Paola Gassman) malata immaginaria su una sedia a rotelle. A completare il quadretto familiare ci sono Catherine (Mariachiara Di Mitri), l’altra figlia di Gaby e Marcel, Pierrette (Caterina Murino), sorella di Marcel e infine la Sig.ra Chanel (Antonella Piccolo), governante della casa e Louise (Giulia Fiume), la cameriera con i suoi segreti.
Prima che la festa di Natale cominci si scopre però che Marcel è morto in circostanze misteriose: assassinato con una coltellata alla schiena. D’improvviso gli otto personaggi femminili si ritrovano in una prigione claustrofobica, dove ciascuna sospetta dell’altra e dove ognuna esaspera la propria personalità e conflittualità con le altre.
Chi è stata a ucciderlo? La governante a servizio da tanto tempo? La moglie del morto? La sorella che continuava a chiedergli soldi? Le figlie stesse? La vecchia madre? La cognata isterica e austera, con i suoi desideri inespressi? La nuova cameriera? Inizia un gioco al massacro che vede coinvolte le donne nel ruolo di vittime e aguzzine. La commedia noir si snoda tra supposizioni e sorprese che sistematicamente smentiscono le ipotesi, rendendo la narrazione divertente e coinvolgente. Le otto attrici si calano nei personaggi con bravura e personalità, realizzando un isterico quadro corale convincente. E la soluzione di un giallo alla fine giunge senza un finale scontato. Un susseguirsi di colpi di scena e di pistola, sospetti che sistematicamente finiscono per ricadere da una all’altra donna, grazie a rimbalzi e rimandi: tutte ogni volta colpevoli e poi innocenti fino all’ultima.
Un piacevole mix di noir, sarcasmo e comicità. Una compagnia di attrici di talento tutte in grado di raccontare segreti, ambizioni, visioni personali, istinti e voglia di sopravvivenza a scapito di tutto e tutti.
data di pubblicazione: 9/04/2019
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UN NEMICO DEL POPOLO di Henrik Ibsen, diretto e interpretato da Massimo Popolizio

UN NEMICO DEL POPOLO di Henrik Ibsen, diretto e interpretato da Massimo Popolizio

(Teatro Argentina – Roma, 20 marzo/28 aprile 2019)

Perseguire la Verità o ricercare la Maggioranza? Chi dice la Verità? E’ colui che esprime ciò che pensa e agisce di conseguenza? Cosa è una Maggioranza? Una semplice somma di individui? E chi è fuori dalla Maggioranza, è un saggio o un rivoluzionario? Punti di domanda alla ricerca di risposte nell’attualissimo testo di Henrik Ibsen Un nemico del Popolo, coraggiosamente messo in scena da Massimo Popolizio per la traduzione di Luigi Squarzina.

 

Lo spettacolo, prodotto dal Teatro di Roma -Teatro Nazionale, si avvale di un eccezionale cast che annovera oltre allo stesso Popolizio nei panni del dottor Thomas Stockmann anche la bravissima Maria Paiato che ci regala una strepitosa interpretazione del personaggio del Sindaco Stockmann, fratello di Thomas (Popolizio) intorno al quale, nel bene e nel male, ruota tutta quanta la vicenda.

Chi è nemico del popolo? È alla fine il dottor Thomas Stockmann. Lo sono la sua correttezza, la moralità e la conoscenza che spingono lo stimato medico responsabile dell’impianto termale della cittadina a mettersi contro tutti i suoi concittadini ed in primis contro suo fratello Peter. Le acque delle terme sono inquinate e c’è il rischio di far ammalare le persone. Ma chiuderle vorrebbe dire rinunciare a facili guadagni per il sindaco e tutti i proprietari di immobili. In un baleno in un pubblico confronto Stockmann viene messo alla berlina, licenziato, linciato e disprezzato. Non avrà più nulla, se non la solidarietà della sua famiglia e la sua solitudine, sufficienti però per permettergli di continuare a vivere onestamente.

Come scopre il Dr. Stockmann non sono le terme a essere contaminate ma è la comunità a essere avvelenata dalle menzogne. La sua volontà di denuncia si scontra con il patto tra il potere costituito, rappresentato dal sindaco Peter Stockmann, dalla stampa non certo indipendente e la maggioranza, quella opinione pubblica che veicola le proprie decisioni in base al proprio interesse. Henrik Ibsen risulta di un’attualità sconcertante, scrivendo nel 1882 dell’egoismo del ceto medio piccolo borghese del popolo sempre pronto a dar ragione all’ultimo, della solitudine di chi ha ragione e va contro la maggioranza, degli interessi della politica, di ecologia e salute.

Il messaggio è quanto mai sorprendente: non potendo davvero conoscere tutto, il popolo ha bisogno di delegare la decisione a colui che sembra più idoneo a prendersi in carico i problemi e a scegliere le soluzioni più opportune.

Tutto il lavoro si sviluppa con lo scopo principale di fornire agli spettatori tutti gli elementi necessari affinché essi possano diventare parte integrante e consapevole di quella comunità cittadina che costituisce il vero centro di interesse della vicenda.

Una rappresentazione perfettamente classica che adopera la leva grottesca della recitazione e delle posture per enfatizzare ruoli e caratteri. Solo le donne della famiglia di Thomas conservano una presenza forte, perché guardano oltre e amano più degli altri.

Efficacissime la scenografia e le luci, straordinarie le voci del popolo dai palchi del teatro.

Uno spettacolo imponente che illumina con forza, proprio mettendo in discussione il sistema democratico quando costretto a piegarsi ai voleri di una maggioranza volubile, manipolabile, impreparata da parte di chi, per il benessere del popolo, finisce per divenire nemico del popolo.

data di pubblicazione:02/04/2019

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BEAUTY DARK QUEEN, LO STRANO CASO DI ELENA DI TROIA di Stefano Napoli

BEAUTY DARK QUEEN, LO STRANO CASO DI ELENA DI TROIA di Stefano Napoli

(Teatro Franco Parenti – Milano, 21/26 maggio 2019)

Beauty Dark Queen, Lo strano caso di Elena di Troiaovvero il racconto assolutamente personale di Stefano Napoli sulla figura Elena, la donna più bella del mondo che fu causa di guerre e sciagure. In scena Menelao, Paride, Elena, Afrodite, Eros ed una statuetta per raccontare la dark queen dalla bellezza fatale, oggetto di discordia tra uomini e donne assolutamente meravigliosa anche nella sua vecchiaia, quasi idealmente un sequel rispetto all’altra sua opera, Circus Dark Queen dedicato a Cleopatra. Una donna al centro dei desideri degli uomini ed in mezzo l’eterno gioco dell’amore, dei fraintendimenti, dei sotterfugi, del caso.

 

 

Regista colto e originale, Stefano Napoli, insieme alla sua compagnia Colori Proibiti, porta avanti da anni un rigoroso percorso di sperimentazione, fondato sul linguaggio del corpo sul movimento, sul non parlato e sull’espresso.

Un teatro plastico ed evocativo, fatto di micro storie dal sapore antico che rimanda ai fotogrammi del cinema dei Lumiere, un teatro che stimola la memoria visiva dello spettatore , fatto di citazioni e rimandi, di musica, di oggetti arcaici ed essenziali.

Un teatro che racconta l’amore malato che trasforma in prede i predatori, in una lotta per la sopravvivenza al termine della quale non ci saranno né vincitori né vinti.

Una storia cupa di bellezza e discordia, frutto dei capricci degli dei, una storia di desiderio di possesso, di donne che si difendono chiudendosi nella freddezza del cuore e che si chiude nello splendore effimero di un vestito importante, quasi una parabola vintage del mito. È una forma artistica di racconto, un modo intelligente di esprimere e raccontare con coraggio e passione, pensato ed esplicitato con cura maniacale.

Si gioca con un sipario aperto a metà che diventa cornice, oppure si utilizza uno spazio prossimo alla platea per andare oltre ed arrivare a tutti. Si racconta la tragicità degli eventi legati alla vanità e alla contesa attraverso il sarcasmo che sdrammatizza ed emoziona.

Sarà in scena a Milano al Teatro Franco Parenti dal 21 al 26 maggio 2019.

data di pubblicazione:17/03/2019

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L’UOMO SEME diretto e interpretato da Sonia Bergamasco

L’UOMO SEME diretto e interpretato da Sonia Bergamasco

(Teatro Vascello – Roma, 5/10 marzo 2019)

Sonia Bergamasco porta in scena al Teatro Vascello dal 5 al 10 marzo 2019 una stupefacente storia tutta al femminile dando forma e immagine alla scrittura forte e appassionata di Violette Ailhaud, autrice de L’uomo semeUno spettacolo sofisticato e profondo, in cui voce, canto e movimento si alternano e si sovrappongono in maniera armonica. Una storia sulla crudeltà della guerra e sul desiderio di amore e di maternità delle donne.

 

Scritto nel 1919 e tenuto segreto per volontà dell’autrice, fino al 1952, questo breve racconto viene pubblicato in Francia nel 2006 e diviene notissimo soprattutto con il passa parola. Tradotto in molte lingue, viene messo in scena da Sonia Bergamasco che lo ho ripensa e lo costruisce in chiave di ballata.

In un villaggio di montagna dell’Alta Provenza, all’indomani della Grande Guerra, tutti gli uomini sono morti. Il paese è abitato solo da donne e bambini. Violette Ailhaud, testimone dei fatti, trova solo allora le parole per raccontare di quando, ancora ragazza, il suo villaggio aveva vissuto un’identica tragedia. Nel 1852 tutti gli uomini di un piccolo paese vengono uccisi, deportati o imprigionati perché ostili al colpo di stato di Napoleone III. Restano solo mogli, figlie, madri e fidanzate che con dolore e tenacia, cercano di ricostruire la comunità.

Le donne stringono un patto: condivideranno il primo uomo che metterà piede nel villaggio. Avrà precedenza quella che lui toccherà per prima. Subito dopo, il seme maschile sarà diviso senza generare rivalità. Quando un uomo arriva casualmente nel villaggio, però, la forza del desiderio e la fascinazione introducono una novità nel corpo e nella mente della protagonista. I due si innamorano, si desiderano, merito anche del comune amore per i libri. L’uomo rispetterà il patto, farà quel lavoro perché lo ritiene un suo dovere, perché gli piacciono le cose ben fatte, ma lo farà senza amore e andrà via. I figli nasceranno e saranno di tutto il villaggio.

Sonia Bergamasco ideatrice, regista ed interprete dello spettacolo, racconta lo spaccato di vita di una giovane donna, le sue lacerazioni ed il suo innamoramento che la farà vibrare ma che alla fine resterà sospeso. Ma è anche il suo racconto della guerra dal lato delle mogli e delle madri e della voglia di vita e di rinascita di queste donne.

La Bergamasco coinvolge il quartetto vocale pugliese delle Faraualla (straordinarie Loredana Savino, Gabriella e Maristella Schiavone, Teresa Vallarella) e il suono delle percussioni di Rodolfo Rossi per un percorso musicale atavico e ancestrale che fonde ritmi, voci, linguaggi e suoni. Un allestimento raffinato che si avvale delle scene e dei costumi di Barbara Petrecca e del disegno luci di Cesare Accetta. Al centro un enorme albero spoglio con i rami come braccia aperte e sofferenti, un dolmen quasi sacro e protettivo, simbolo della forza della natura e della vita nonostante tutto.

L’uomo seme è infatti il racconto di un femminile arcaico legato al cerchio delle stagioni e ai rituali della terra. Queste donne sopportano la violenza e gli oltraggi della guerra e dell’odio ma soprattutto ricercano quell’istinto di sopravvivenza che è una riflessione profonda sul potere della vita, sulla forza del desiderio e sulla capacità delle donne di guardare al futuro.

data di pubblicazione:10/03/2019

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