SOME GIRL(S) di Neil Labute, regia di Marcello Cotugno

SOME GIRL(S) di Neil Labute, regia di Marcello Cotugno

(Teatro Piccolo Eliseo – Roma, 27 gennaio/14 febbraio 2016)

Continua la fortunata tournèe di “Some Girl(s)”, caustica e brillante commedia di Neil LaBute, portata in scena dal 2013 da Marcello Cotugno ed in programmazione ora al Teatro Piccolo Eliseo dal 27 gennaio al 14 febbraio. La storia di un quarantenne che poco prima del matrimonio decide di incontrare le sue ex storiche per chiarire episodi passati e mettere così a posto la propria coscienza. Quattro città, quattro diverse camere d’albergo e quattro donne che si alternano in un viaggio a ritroso nevrotico e a tratti psicotico: il primo amore adolescenziale, la donna sensuale e orgogliosamente indipendente, l’insegnante sedotta e abbandonata e la sua ultima fiamma. E Guy rampante giornalista e scrittore (il convincente Gabriele Russo), sfrontato e senza scrupoli, è alla ricerca di un nuovo scoop. Alla vigilia del suo matrimonio finirà per mettere a nudo non solo se stesso ma i sentimenti di quelle donne che hanno rappresentato un pezzo importante della sua vita.

Quattro stanze tra loro simili e differenti, in cui si sono consumate le relazioni con quelle donne che incontra in sequenza, un universo femminile fatto di fragilità, nevrosi, desideri e speranze non ancora sopiti. La prima è Sam (Laura Graziosi), la donna sposata che ha ancora vivo in lei quell’amore lontano, forse l’unico che ha provato; è la volta poi di Tyler (una spumeggiante Bianca Nappi), apparentemente disinibita e superficiale, non bisognosa d’amore, uno specchio premonitore; ancora Lindsay (Roberta Spagnuolo), che sente addosso la macchia di essersi innamorata di quell’allievo che le ha sconvolto la vita e che cercherà inutilmente di umiliare. Infine Bobbi, emancipata ed intelligente, anch’essa all’apparenza distaccata (molto brava Martina Galletta) che scoprirà dopo una furiosa litigata, la pochezza di Guy, intento a registrare tutte le conversazioni delle su ex e pronto ad utilizzarle per un nuovo libro.

La scena è caratterizzata da una camera d’albergo che cambia morfologia ma non atmosfera, fredda e superficiale, come la carrellata del passato che Guy fa rivivere a quelle donne. Come ripetitiva è la modalità di dialogo e di approccio del protagonista che vuole analizzare il dolore lasciato nei cuori delle sue ex e non espiare le sue colpe, inducendole anzi a rinnovare quel dolore affinché continuino a dipendere dal suo ricordo.

Soltanto alla fine si comprenderà la vera natura di Guy, un uomo che non è cresciuto perché troppo animato da una ambizione che lo spinge manipolare le donne della sua vita. Inevitabilmente sconfitto su tutti i fronti, alla fine si rialza, senza pensarci troppo su.

Una bellissima colonna sonora ed una regia, quella di Marcello Cotugno, attenta e curata, narrativa, non esasperata, efficace nell’esplicitare le sfumature di quell’universo femminile e di quel piccolo uomo.

data di pubblicazione:12/02/2016


Il nostro voto:

VANGELO di e con Pippo Delbono

VANGELO di e con Pippo Delbono

(Teatro Argentina – Roma, 19/31 gennaio 2016)

Torna al Teatro Argentina di Roma dal 19 al 31 gennaio la poesia nuda di Pippo Delbono.

Vangelo, spettacolo coprodotto da Emilia Romagna Teatro e Teatro Nazionale Croato di Zagabria, rilegge e rivive i passi di Matteo, Marco, Luca e Giovanni in un presente doloroso e sofferente, fatto di ricerca di libertà ma anche di desiderio di riconciliazione.

In Vangelo Delbono va alla ricerca del Gesù delle origini, scomodo e potente, portatore di messaggi rivoluzionari e non di quello dal volto sofferente e doloroso proposto dalla Chiesa, dal quale anzi era rifuggito da ragazzo attratto piuttosto dai concerti rock, dalle proteste contro il potere e il Vietnam, dalla cultura hippie. E’ un Vangelo che racconta le sue esperienze di vita, i suoi incontri con immigrati dell’Africa e del Medio Oriente incontrati nelle piantagioni di mais in Italia. Un racconto basato sul rifiuto di violenza e di stragi, in cui ritroviamo Schubert, i Led Zeppelin, Alan Sorrenti e Scialpi, le parole di Pasolini e Sant’Agostino e la sua ostinata ricerca di paesaggi, mari, tramonti, cieli che parlassero di miracoli, di luce. E poi la sua malattia agli occhi che lo costringe ad un letto d’ospedale e che lo pone per dieci giorni di fronte ad un crocifisso appeso a un muro bianco. “Vedere doppio e cercare di mettere a fuoco quell’immagine, quelle voci, quei suoni, quegli echi, quei silenzi sentiti in quei campi di zingari e di profughi, in quelle corsie d’ospedale, ma anche quella forza vitale, quella inspiegabile gioia trovata nei luoghi deputati al dolore”.

Emarginazione e malattia, storie di vita tra personale e cronaca, umanità e spiritualità, secondo una capacità rappresentativa unica, in grado di dare credibilità a peccato e redenzione.  Un racconto personale, un vangelo laico, un’elegia a deboli ed emarginati, essenziale e barocco, mistico e dissacrante, raccontato con ironia e concretezza.

Nato dalle note delle musiche composte con Enzo Avitabile, dopo l’anteprima di Zagabria in forma di un’opera teatrale e l’attuale spettacolo di prosa, Vangelo evolverà in una produzione cinematografica internazionale che prenderà vita nel corso delle prove dello spettacolo teatrale.

E Pippo Delbono con i suoi partner storici della compagnia, uniti ad attrici croate e ad un profugo afgano, lo urla e lo sdrammatizza con il suo personalissimo linguaggio, fatto di presenze, immagini e suoni, di brani musicali sorprendenti ma sempre coerenti, di movimenti ripetuti e scomposti, di geometrie perfette, con un uso straordinario e maniacale dello spazio fatto di vuoti e di pieni, di pause, di rette e circoli che lasciano il segno.

data di pubblicazione:24/01/2016


Il nostro voto:

THE PRIDE di Alexi Kaye Campbell, regia di Luca Zingaretti

THE PRIDE di Alexi Kaye Campbell, regia di Luca Zingaretti

Amore e destino, fedeltà e perdono. Londra 1958 e Londra 2015.
The Pride, recentissima opera del drammaturgo e attore americano d’origine greca Alexi Kaye Campbell racconta di due coppie e di due storie, una ambientata negli anni ’50 e una nel 2015. Siamo infatti nella stessa città, Londra, ma in due epoche diverse. Sylvia, una ex attrice appena uscita da un esaurimento nervoso, sta lavorando alle illustrazioni del libro di Oliver, uno scrittore per ragazzi. C’è molta empatia tra i due, la donna non vede l’ora di presentarlo al marito Philip e quella sera andranno tutti e tre a cena insieme. 57 anni dopo Philip, fotoreporter, ha da poco interrotto la propria relazione con Oliver, un giornalista con il quale ha avuto una storia di due anni, a causa dei continui tradimenti di lui. Sylvia, amica di entrambi, cercherà di indagare i motivi per cui Oliver sta cercando di rovinare una relazione importante come quella che ha con Philip.
Le vicende dei protagonisti si intersecano e si alternano nello sviluppo delle relative vicende. Nel tempo passato, si tratta di una coppia tradizionale, marito e moglie. Nel tempo presente, invece, di una coppia omosessuale in crisi. I nomi dei personaggi sono gli stessi, così gli attori.
The Pride pone la grande questione della identità e delle scelte e della difficoltà di trovare e percorrere il proprio sentiero. La pièce ha debuttato al Royal Court Theatre di Londra, vincendo il Critic’s Circle Award e l’Olivier Award e dopo essere stata in scena al Teatro Argentina dal 24 novembre al 6 dicembre, è ora in tournée fino alla fine di febbraio 2016.
Un’opera importante in cui le due vicende procedono a scene alterne. Le due storie sembrano non avere nulla in comune, a parte i nomi dei personaggi. Ma via via che ci si inoltra, si scoprono echi, rimandi, problematiche che invece hanno molto in comune. Nella prima, un uomo sposato affronta la sua omosessualità sapendo che è cosa da nascondere e tenere segreto. Così, quando Philip conosce Oliver il trasporto è tanto forte da trasformare un uomo che rifiuta la sua omosessualità in un uomo che invece la affronta. Ma i tempi e la società sono quelli che sono e l’essere gay è ancora considerato una malattia, così Philip lascia Oliver e si appresta a iniziare il suo percorso di guarigione. Ma cosa sarebbe successo se Philip e Oliver si fossero incontrati oggi? Su questa traccia il testo si muove nel continuo confronto tra due epoche e due società, sollevando interrogativi sulla nostra vita contemporanea, sulle scelte, indagando i destini di uomini e donne. In scena, accanto a Luca Zingaretti (nel ruolo di Philip) che è anche registra e produttore, Valeria Milillo (Sylvia), Maurizio Lombardi (Oliver) e Alex Cendron.
The Pride è un testo splendido, ma difficile, con due storie di coraggio. Pochi di noi vivono la vita che si sono scelti. Quattro interpreti semplicemente perfetti, straordinari e sorprendenti per la capacità di passare da un ruolo ad un altro. Uno spettacolo interessante, concreto e magistralmente diretto. Da vedere.

data di pubblicazione 12/12/2015


Il nostro voto:

DUE PARTITE di Cristina Comencini, regia di Paola Rota

DUE PARTITE di Cristina Comencini, regia di Paola Rota

(Teatro Ambra Jovinelli – Roma, 12/ 29 novembre 2015)

Erano i mitici anni ’60. Quattro donne, molto amiche tra loro, giocano a carte e parlano in un salotto. Ogni giovedì, da molti anni, si riuniscono per fare una partita, chiacchierare, passare il pomeriggio. Portano con sé le loro bambine che giocano nella stanza accanto. Nessuna di loro lavora: fanno le madri, le mogli, si conoscono da molto tempo. Una di loro è incinta. Nella stanza accanto le loro figlie giocano alle signore, si ritrovano anche loro ogni volta che si incontrano le loro madri. Quarantacinque anni dopo  le quattro bambine, ormai delle donne, si rivedono nella stessa casa e continuano quel dialogo mai interrotto, sul ruolo della donna, sui figli, sulla vita coniugale, sulla morte. Un confronto forte e immediato tra l’universo femminile dell’Italia degli anni ‘60 e quello di oggi, raccontato da quattro attrici che diventano otto donne. Le prime mogli e madri, dipendenti economicamente e senza un lavoro e hanno incentrato le proprie vite sulla dipendenza dal ruolo di madri e casalinghe. Nel secondo atto, invece le quattro bambine ormai cresciute si raccontano in un presente più agitato e frenetico,  in cui l’indipendenza da casa lavoro, famiglia ha comportato il ridisegno e di ruoli e responsabilità.

Due partite, il testo di Cristina Comencini, torna in scena  al Teatro Ambra Jovinelli di Roma fino al 29 novembre 2015, a 10 anni di distanza con un nuovo grande cast al femminile. Se nella prima messa in scena c’erano Margherita Buy, Isabella Ferrari, Valeria Milillo e Marina Massironi, a giocare nel doppio ruolo di mogli-madri-amanti negli anni ’60 e delle figlie 40 anni dopo, oggi ci sono attrici altrettanto brave e di successo: Giulia Michelini, Paola Minaccioni, Caterina Guzzanti e Giulia Bevilacqua, dirette dall’esordiente Paola Rota.

 I fili che tengono unite queste donne sono i capisaldi dell’esistenza: la nascita e la morte. I dialoghi si inframmezzano di tragico e comico al tempo stesso in un flusso di pensieri e parole in cui madri e figlie si confondono e si riflettono in una continua dinamica di fusione e opposizione.

Un testo interessante e coinvolgente, non banale, su due epoche allo specchio, su due modi diversi di essere donne, alla ricerca di differenze e similitudini, nel tentativo di definire, oggi come ieri, la stessa identità femminile.

Molto brave le attrici, in grado di esaltare il lato sentimentale, frivolo, anche ridicolo delle madri a fronte di quello più agguerrito, impegnato e frustrato delle figlie, in un gioco di insieme che esalta l’ecletticità e lo spirito di squadra soprattutto di Paola Minaccioni, Giulia Bevilacqua e Giulia Michelini, mentre rimane un po’ più distaccata e legata ai suoi personaggi la Guzzanti.

data di pubblicazione 26/11/2015


Il nostro voto:

LIMBO di Lucio Pellegrini – Fiction Film Festival di Roma

LIMBO di Lucio Pellegrini – Fiction Film Festival di Roma

Il soldato Manuela Paris (Kasia Smutniak), appena rientrata dall’Afghanistan dov’è stata vittima di un attentato, deve combattere una sua personale guerra, ovvero il difficile reintegro nella vita di tutti i giorni. In quell’attentato sono morti alcuni dei suoi uomini, lei stessa è stata gravemente ferita e il sul corpo è segnato da cicatrici profonde, da ricordi dolorosi e confusi. Personaggio chiuso, essenziale, trattenuto, in un inverno freddo e umido deve ricomporre il proprio passato disperso nella luce e nella polvere dell’Afghanistan. Nella cittadina di mare vicino a Roma dove abita con la famiglia, Manuela incontra Mattia (Adriano Giannini), un misterioso ospite dell’Hotel Bellavista. L’uomo, apparentemente senza passato, come lei è sospeso in un limbo di attesa e di ricordi e assieme, si avventurano in un gioco inaspettato di sentimenti e scontri.  L’incontro è l’occasione per fare ognuno i conti con la propria storia. Sovrapposizioni di pensieri e di immagini: scene di guerra contrapposte a quelle domestiche, il rito del pranzo di Natale in famiglia, gli incubi notturni, il dolore fisico, i parenti che vorrebbero sapere, il sesso, i silenzi.  Il Limbo è la condizione di sospensione in cui si trovano i due protagonisti, la bolla che li separa dalla propria esistenza. Come uscire dal limbo? Forse  solo con l’amore o meglio con la speranza dell’amore. Le due anime ferite, che vivono le proprie cicatrici, possono aprirsi al mondo ed all’amore accettando le proprie sconfitte e i propri destini.

Senza un filo di trucco, trincerata nel dolore, Kasia Smutniak è la tormentata protagonista di Limbodi Lucio Pellegrini, il film tv tratto dal romanzo di Melania Mazzucco (edito da Einaudi), presentato al Fiction Film Fest di Roma il 14 novembre e in onda su Rai1 il 2 dicembre, premiata, grazie alla sua forte ed intensa interpretazione, quale miglior attrice allo stesso Fiction Film Fest.

Un racconto quanto mai attuale che affronta il tema dei soldati di pace, dei valori della libertà e della democrazia, ma anche il racconto dello sguardo femminile sulla guerra, delle resistenze e dei pregiudizi che la protagonista deve combattere per affermare la sua leadership su un gruppo di soldati uomini.

Una storia difficile, dura, non rassicurante, ma certamente coinvolgente.

data di pubblicazione 17/11/2015