IL CASO DELLA FAMIGLIA COLEMAN Scritto e diretto da Claudio Tolcachir

IL CASO DELLA FAMIGLIA COLEMAN Scritto e diretto da Claudio Tolcachir

(Teatro Argentina – Roma,10/12 ottobre 2017)

Dopo aver curato la regia di Emilia nella scorsa stagione, torna al teatro Argentina di Roma Claudio Tolcachir, in scena dal 9 al 12 ottobre con Il Caso della famiglia Coleman (La omisión de la familia Coleman).

Divenuto un classico del teatro contemporaneo che continua a calcare i palcoscenici internazionali, lo spettacolo scritto e diretto da Tolcachir viviseziona il microcosmo di una famiglia di Buenos Aires che vive al limite, in un appartamento che ospita e insieme rende prigionieri tutti i componenti della famiglia, con ognuno in lotta il proprio spazio vitale, in odio amore continuo.

La Familia Coleman vive stipata in un minuscolo appartamento nel quartiere popolare Boedo, una famiglia numerosa e problematica composta da una nonna, una figlia e quattro nipoti in cui le regole sono sovvertite: la nonna occupa il posto della madre e la madre si presenta come una bambina immatura che vive nella propria fantasia. Ci sono due gemelli. Uno ha preso il posto del padre assente: violento, alcolista, e ladro. Alla figlia tocca il ruolo della madre ideale: è l’unica che lavora e porta i soldi in una casa che sprofonda. Ogni personaggio ricava un proprio angolo nell’ angusto spazio disponibile, popolato da più voci che, tra disperazione e leggerezza, si alternano e si sovrappongono senza riuscire a comunicare.

L’autore e regista Claudio Tolcachir, tra i protagonisti del teatro argentino contemporaneo, non ancora quarantenne, erede degli artisti militanti della generazione precedente, ha fondato il collettico Timbre4 trasformando la propria casa, un appartamento di ringhiera nella periferia di Buenos Aires, in un teatro e in una scuola per attori. In questo contesto è nata la famiglia Coleman e con essa un vero e proprio caso teatrale. Dal giorno del debutto, avvenuto nel 2005 in quella stessa casa, lo spettacolo ha registrato uno straordinario successo collezionando numerosi riconoscimenti e incantando pubblico e critica di più di 30 paesi nel mondo per giungere nei più importanti teatri europei.

La scena è ingombra di un mobilio fatiscente, lo spaccato familiare e sociale è lontano anni luce dall’immaginario stereotipato del popolo argentinoche balla il tango e beve mate ad ogni ora del giorno e della notte. I Coleman, in tuta e ciabatte, sono postatomici.

Ad ogni scena si scopre qualcosa di più sui rapporti e sui vincoli di parentela che governano la vita di questa famiglia. Il centro gravitazionale è nonna Leonarda, che gestisce le nevrosi di sua figlia Memè e dei quattro nipoti. Nel momento in cui la nonna viene ricoverata in ospedale per un malore, la famiglia è costretta ad uscire dal guscio del proprio salotto e a presentarsi al mondo ed Edoardo, il dottore che ha in cura la nonna, cerca di fare chiarezza sullo stato di anomalia che presentano i Coleman.

Tolcachir scava a fondo nel paradosso dei rapporti umani, tenendosi in equilibrio tra disperazione e leggerezza. I Coleman sono un caso sociale e psichiatrico debordante; rinchiusi in tale claustrofobia non riescono a non odiarsi ma neppure a separarsi.

Gli attori sono straordinariamente bravi. Personaggi al limite, situazioni assurde, dialoghi deliranti. Nello spettacolo non c’è spazio per la malinconia ma un perfetto equilibrio tra dramma e humour nero, che disegna il meglio e il peggio di ogni personaggio. La malattia della nonna li riunirà. Ma solo apparentemente.

data di pubblicazione:13/10/2017


Il nostro voto:

ROMA EUROPA FESTIVAL ESPÆCE – Regia di Aurélien Bory

ROMA EUROPA FESTIVAL ESPÆCE – Regia di Aurélien Bory

(Teatro Argentina – Roma, 7 e 8 ottobre 2017)

Già ospite del Romaeuropa Festival con Plexus (REf 2014) e con Questcequetudeviens? (REf 2015), Aurélien Bory è tornato a Roma per presentare al Teatro Argentina il 7 e l’8 ottobre 2017  Espæce.

Con l’acrobata Guilhem Benoit, il danzatore Mathieu Desseigne Ravel, la contorsionista Katell Le Brenn, la cantante d’opera Claire Lefilliâtre e l’attore Olivier Martin Salvan,  Bory celebra lo scrittore francese Georges Perec e la sua scrittura attraverso un viaggio poetico fatto di giochi di parole, di allusioni, di memorie, di percorsi.

Il titolo di questa sua ultima prova è Espæce, crasi di Espèces d’espaces, una delle opere di Perec un neologismo coniato da Bory proprio per definire nel più visivo dei modi il tema dello spettacolo, lo spazio, o meglio, i vari tipi di spazio e il vuoto che li circonda e li contiene.

La scena diviene allora un enorme libro in continuo divenire, che racconta storie, emozioni, vuoti, ironie di 5 individui alla ricerca di se stessi e della propria identità, attraverso pagine che si sfogliano e si raccontano, cariche di immagini, di sguardi e di pensieri.

Un divenire che trova nella macchina scenica la magia onirica e maliconica di Bory, capace di usare magistralmente lo spazio  e di fondere, nel suo teatro visivo, elementi di danza, di musica, di acrobazia e di poesia.

È il teatro nudo con i suoi elementi tecnici, i muri che avanzano e si trasformano, per definire l’azione e generare sorpresa e commozione raccontando le esistenze e le storie.

L’impatto poetico e visivo è altissimo, come se fosse il libro stesso a parlare. Un altro raffinato tassello di un Festival che quest’anno continua a regalare emozione.

data di pubblicazione:13/10/2017


Il nostro voto:

ROMA EUROPA FESTIVAL FRACTUS V – Regia e coreografia di Sidi Larbi Cherkaoui

ROMA EUROPA FESTIVAL FRACTUS V – Regia e coreografia di Sidi Larbi Cherkaoui

(Auditorium della Conciliazione – Roma, 26 e 27 settembre 2017)

Dopo Sasha Waltz Roma Europa Festival segna anche il ritorno del grande coreografo e danzatore Sidi Larbi Cherkaoui, impegnato a presentare in prima nazionale, il 26 e 27 settembre 2017 all’Auditorium Conciliazione di Roma, lo spettacolo Fractus V.

Una riflessione straordinaria e sensibile sul tema del conflitto tra informazione e manipolazione, tra pensiero e differenze culturali e integrazioni multiculturali, frutto di riflessioni e scambi con il filosofo e linguista Noam Chomsky. A incarnarle sulla scena, oltre lo stesso Cherkaoui, quattro danzatori dalla provenienza geografica e dal background diversissimo e un gruppo altrettanto nutrito di musicisti, che esplorano e fondono percussioni giapponesi, sonorità coreane, voci congolesi e sarod indiano. Cherkaoui continua a essere un incessante esploratore di geografie, discipline e culture, esteta di una ricerca permeata dal desiderio di commistione culturale.

Fractus V è anche una nuova esplorazione nelle modalità di comunicazione della società contemporanea e, al contempo, un altro tentativo di reinventare la propria identità.

E tutti gli interpreti, pur mantenendo i loro linguaggi di origine, finiscono per mettere corpi e movimenti in dialogo fra loro creando una nuova comunità.

In scena vengono recitati i testi di Chomsky. L’opera di Chomsky afferma qualcosa di molto importante: tutti i sistemi di assetto di una società ‒ sia essa monarchia, democrazia o qualunque altro sistema ‒ produrranno sempre delle vittime, in coloro che vivranno ai margini o che saranno esclusi dal sistema.

Le immagini in video dello spettacolo ricordano il racconto della cronaca dei nostri giorni: rifugiati che sbarcano sulle spiagge e, in parallelo, immagini di personalità politiche che affermano che tutto va bene, che non c’è da preoccuparsi di niente…

Molti artisti superano le frontiere geografiche e politiche perché è ciò che l’arte fa da sempre.

E Fractus è la frattura, non solo intesa come atto fisico ma metaforicamente, come separazione e crisi identitaria che sottolinea come tutte le persone siano tutti una parte di un unicum che lotta tra la frattura e il ricongiungimento, all’infinito.

Sessantacinque minuti di poesia, metafisici e primordiali, estatici e profondi.

data di pubblicazione: 30/9/2017


Il nostro voto:

ROMA EUROPA FESTIVAL SASHA WALTZ&FRIENDS IN KREATUR – Regia e coreografia di Sasha Waltz

ROMA EUROPA FESTIVAL SASHA WALTZ&FRIENDS IN KREATUR – Regia e coreografia di Sasha Waltz

(Teatro Argentina – Roma, 20/23 settembre 2017)

Sasha Waltz ha inaugurato la 32esima edizione del Romaeuropa Festival con il debutto italiano di Kreatur, la sua nuova opera presentata in anteprima mondiale lo scorso 9 giugno al Radialsystem Berlin e andata in scena in prima nazionale dal 20 al 23 settembre 2017 al Teatro Argentina di Roma.  La coreografa tedesca ha regalato al Festival la sua travolgente carica di linee, forze e corpi rinnovando la sua attenzione al dialogo con altre forme artistiche, per tornare ad esplorare le paure di oggi.

Sul palco 14 danzatori, di cui tre italiani, indagano aspetti dell’esistenza umana e della realtà sociale. Attraverso delicati fraseggi e improvvise esplosioni di violenza segnano il rapporto con lo spazio che li circonda, affrontando gli opposti del nostro quotidiano ovvero la forza e la debolezza, la libertà ed il controllo, il gruppo e l’isolamento, la democrazia e l’oppressione. Tutti senza distinzione di età, sesso, estrazione sociale e orientamento sessuale alla conquista di un proprio ruolo nel mondo. Manca lo spazio vitale ed allora tutti tentano inutilmente di salire una scala appoggiata ad una parete bianca. Si ammucchiano, si spingono, si sovrastano per poi cadere.

Kreatur si basa anche su due importanti collaborazioni: con la fashion designer Iris van Herpen, che nei suoi abiti scultorei combina tecniche artigianali e tecnologie digitali e dall’altro con il light designer Urs Schönebaum, per lungo tempo collaboratore di Robert Wilson.

Ad affiancare questo sofisticato trio, sono le musiche di Soundwalk Collective, band di New York che spazia tra musica, performance, e installazioni e che vanta anch’essa collaborazioni con star come Patti Smith.

Kreatur racconta le ansie del presente, tra minaccia del terrorismo, paura degli immigrati, disoccupazione e crisi economica. Sul palco i ballerini si spostano in bozzoli bianchi eterei, rifugi ma anche prigioni interiori. E i corpi sono in continua trasformazione. È anche questo, tra l’altro, per porsi la domanda Where are we Now? che è un tema portante di questo Festival.
Una combinazione esplosiva ed austera di danza, moda, musica e luce. Uno spettacolo che assorbe e rilascia significative riflessioni sulla nostra identità, su ansie e paure del quotidiano, ma anche sulla forza interiore e sulla capacità di comprendere il presente e di viverlo degnamente.

data di pubblicazione: 30/9/2017


Il nostro voto:

THANKS FOR HURTING ME KAFKA. UN TRIBUTO POSTUMO – Regia, coreografia, scene e costumi di Enzo Cosimi

THANKS FOR HURTING ME KAFKA. UN TRIBUTO POSTUMO – Regia, coreografia, scene e costumi di Enzo Cosimi

(Teatro India – Roma, 26 e 27 settembre 2017)

A chiusura della terza edizione della rassegna Il Teatro che danza-Vetrina sulla coreografia contemporanea, il Teatro India di Roma ha ospitato la Compagnia Enzo Cosimi con la prima nazionale di Thanks for hurting me Kafka. un tributo postumo con regia e coreografia  dello stesso Enzo Cosimi, che ha curato anche le musiche insieme a Stefano Galanti.

Autore e artista tra i più noti e autorevoli della coreografia italiana contemporanea, capace di suscitare forti emozioni con le sue creazioni, Cosimi dopo Fear party, sulla paura collettiva, e Estasi che affronta il tema del desiderio e il rapporto tra questo e gli aspetti più profondi generati oggi nella società contemporanea, chiude la trilogia Sulle passioni dell’anima proponendo a Roma, in anteprima nazionale, una performance complessa, un tributo postumo al grande Franz Kafka,  dedicata all’esperienza emozionale del dolore.

Attraverso percezioni e sensazioni, percorsi del ricordo e visioni oniriche, Thanks for hurting me racconta la catarsi del dolore, visto non più come condizione da evitare e rifiutare, bensì percorso di crescita e purificazione, attraverso l’ascolto dell’io più intimo che aiuta ad accettare e superare, rendendo l’uomo più permeabile e forte e più in sintonia con i misteri della vita e del mondo.

Come lo stesso Cosimi sottolinea “ Il dolore – processo di purificazione che permette di santificare l’uomo, di allontanarlo dalla vita – permette di aprirsi ai segreti del mondo. L’avvento del nichilismo ha annullato ogni valore metafisico in un sistema votato al dominio planetario della tecnologia e della scienza. Quindi il dolore viene estirpato dalla vita perché non abita più persone ma strumenti. Dal mutato rapporto col dolore sorge una nuova koinè del pensiero che celebra il mondo virtuale, la velocità e la narcosi, in una sola parola, la fuga”.

La drammaturgia del lavoro si sposa perfettamente con l’universo Kafkiano attraverso visioni e costruzioni della mente; il dolore insegna ad ascoltare e a trasmettere l’unicità dell’essere umano.

Narrazioni sovrapposte in cui storie vere e biografie inventate si mescolano fra loro, in cui si mette in crisi l’idea della storia unica e oggettiva, creando una drammaturgia a più livelli, multidimensionale, senza confini tra le discipline artistiche, mettendo il corpo al centro del processo creativo.

Opera a tutto tondo di Enzo Cosimi che firma regia, coreografia, scene e costumi mentre l’interpretazione e la collaborazione alla coreografia sono di Paola Lattanzi, Elisabetta Di Terlizzi, Alice Raffaelli.

Brave le tre interpreti a condurci nel percorso di sofferenza ed espiazione, attraverso il gesto ripetuto ed esasperato, il sentiero accidentato da percorrere, le pause e le convulsioni. Una contrizione che alla fine sublima il dolore e lo rende umano.

Uno spettacolo ipnotico e non esasperato, ritmico ma privo di sussulti emotivi, poco accattivante  ed asciutto.

data di pubblicazione:28/09/2017


Il nostro voto: