UOMO E GALANTUOMO di Eduardo De Filippo, con Geppy e Lorenzo Gleijeses, regia di Armando Pugliese

UOMO E GALANTUOMO di Eduardo De Filippo, con Geppy e Lorenzo Gleijeses, regia di Armando Pugliese

(Teatro Quirino – Roma, 21 febbraio/5 marzo 2023)

In un albergo di una località di villeggiatura sul mare un gruppo di attori prova una scena del prossimo spettacolo. Nel frattempo l’impresario della compagnia, don Alberto De Stefano, piomba improvvisamente in casa dell’amata Bice per chiederla in sposa. Scopre suo malgrado che la donna è sposata e per salvarle l’onore inscena la pazzia. Da qui una carambola di equivoci e situazioni assurde che porteranno uomini e galantuomini a trovarle tutte per salvare la faccia. (ph. Tommaso Le Pera)

 

Un’energica ondata di comicità e divertimento ha travolto il pubblico del Teatro Quirino per la prima romana di Uomo e galantuomo di Eduardo De Filippo, prodotto da Gitiesse Artisti Riuniti in collaborazione con il Teatro nazionale della Toscana. Nel segno del grande rispetto della tradizione, Armando Pugliese – regista che ha lavorato insieme tra gli altri a Luca De Filippo e Raffaele Viviani – mette in scena un lavoro da non perdere per chi desidera rivedere questo classico della letteratura teatrale dello scorso secolo.

Protagonista indiscusso è Geppy Gleijeses nel ruolo di Gennaro De Sia, capocomico della compagnia di guitti girovaghi impegnati a portare il teatro nella località balneare di provincia di Bagnoli. Ineccepibile e travolgente la sua vis comica sostenuta da un gruppo di attori ben preparato, tra cui un particolare encomio va a Gino Curcione nel ruolo di Attilio, spalla perfetta nella scena delle prove dello spettacolo dove si ride fino alle lacrime per la sua performance da suggeritore imbranato. Ma complice è anche un pubblico che si lascia ancora sorprendere da un testo che di anni ne ha compiuti ben cento. Appare infatti nella raccolta Cantata dei giorni pari pubblicata dallo stesso autore, che mette insieme le commedie scritte prima della guerra (la Cantata dei giorni dispari raccoglie invece in tre volumi, secondo l’edizione Einaudi, i lavori tra il 1945 e il 1973). Eduardo De Filippo aveva appena ventidue anni quando la compose nel 1922. Nonostante l’età questo testo non mostra un filo di ruggine tanto è ben oliato il suo meccanismo comico. Continua quindi a dare frutti come un albero ancora robusto. L’edizione in scena al Quirino ne è la prova.

Nella scena di Andrea Taddei l’estate è evocata nel pergolato che fa da impalcatura ai tre luoghi della commedia: l’albergo, il salotto di casa Tolentano e il commissariato. Basta cambiare pochi elementi per suggerire dove ci troviamo. Ma è il testo a risultare sorprendentemente vivo perché reinventato, sottoposto a una nuova metamorfosi – che immaginiamo sia avvenuta in sede di prova – arricchito di lazzi e battute, improvvisati in alcuni punti, ma non compromesso o snaturato. Alla base si percepisce un grande rispetto per la tradizione, sulla quale lo stesso Eduardo poggiò i piedi senza mai perdere di vista però la contemporaneità, la novità. Ed ecco che la finta pazzia di Alberto, il galantuomo interpretato da Lorenzo Gleijeses, diventa la leva con cui scardinare le regole di una società ancora legata all’onore. Meccanismo quello della pazzia che torna utile anche agli altri personaggi che vogliono togliersi dall’impaccio di prendersi la responsabilità delle proprie azioni: il conte Carlo Tolentano (Ernesto Mahieux) rispetto al tradimento della moglie e lo stesso Gennaro De Sia, che da artista squattrinato non ha i soldi per saldare il debito all’albergatore. Tradizione e innovazione che convivono anche nella coppia Geppy e Lorenzo Gleijeses, padre e figlio. Il primo testimone di una grande tradizione dalla quale ha ricevuto lezioni preziose per arrivare a essere il magazzino di esperienza che si vede sulla scena. Il secondo nel quale è ben visibile la lezione di un grande innovatore e teorico del teatro come Eugenio Barba. Non si può non apprezzare nella sua recitazione una padronanza e una sicurezza nella gestualità e nell’uso dell’intera fisicità come strumento di comunicazione. Il copione di Uomo e galantuomo sembra non essere ancora terminato. Eduardo è vivo come è vivo il suo teatro.

data di pubblicazione:28/02/2023


Il nostro voto:

L’ITALIA È DI MODA

L’ITALIA È DI MODA

(High Street Italia – Seoul, Corea del Sud, 1/12 febbraio 2023)

Grandissimo successo per la mostra l’Italia è di Moda, da un’idea e a cura di Stefano Dominella, Presidente della sezione Moda e Design di Unindustria, che è stata ospitata a Seoul in Corea del sud, nelle sale di High Street Italia, dal 1 al 12 febbraio, sotto l’egida dell’Ice Agenzia (Italian Trade & Investment Agency), dell’Ambasciata Italiana a Seoul e di Unindustria (Unione degli Industriali e delle Imprese del Lazio). Oltre 8.000 visitatori in 12 giorni, tra cui il famosissimo regista coreano Park Chan-wook, attualmente presente nelle sale cinematografiche italiane con il bellissimo film Decision to leave.

Era il 12 Febbraio del 1951 quando venne organizzata a Firenze da Giovanni Battista Giorgini una sfilata che cambiò per sempre le sorti della moda italiana lanciando nel mondo quello che poi sarebbe diventato il “made in Italy”. Da quel giorno di 72 anni fa, l’Italia ha vestito il mondo intero, dalle dive attrici di Hollywood ai grandi personaggi, creando una rivoluzione di stile globale, che ha cambiato per sempre la storia del nostro paese.

La moda italiana è sempre stata al passo con i tempi, dettandone molto spesso anche le regole. Dallo stile pacato ed elegante degli anni Cinquanta, passando per le creazioni anticonformiste della generazione rivoluzionaria degli anni Sessanta e Settanta, fino all’esplosione del fenomeno progressista dei ‘giovani in carriera’ degli anni Ottanta, il made in Italy ha sempre attirato l’attenzione muovendosi con cura tra innovazione e tradizione, tra passato, presente e futuro, tra talento e genialità creativa, tra business ed economia. Oggi il contributo della moda italiana non è solo economico. Le collezioni, i designer e le aziende manifatturiere continuano ad influenzare il resto del mondo. Dagli anni ’80 del novecento in poi le passerelle di Milano, Parigi e New York hanno decretato il made in Italy come sinonimo di qualità e le creazioni firmate dalle griffe italiane diventare vere e proprie icone del bello e ben fatto.

La mostra l’Italia è di Moda è stata strutturata secondo un percorso espositivo sorprendente, con abiti e materiali mai visti prima, un excursus creativo-artigianale, sia per un pubblico tecnico che per i comuni visitatori della mostra stessa. L’esposizione ha presentato creazioni inedite, provenienti da importanti archivi e da collezioni contemporanee realizzate con lavorazioni che hanno scritto le più importanti pagine della storia della moda internazionale e che ancora oggi vengono create con indubbia maestria, anche grazie alle nuove tecnologie. Plissé, ricami, nervature millimetriche, tessuti dipinti a mano e molte altre tecniche sartoriali saranno, anche loro, protagoniste. In mostra le mirabilie sartoriali frutto della creatività insolita delle più importanti maison di moda italiane.

Tra le 50 creazioni, provenienti da importanti archivi storici  la giacca black and white di Giorgio Armani; il total white di Walter Albini; il paltò di Max Mara; l’ironica creazione di Franco Moschino dedicata al latte, dall’ampia gonna sulla quale troneggia una mucca black and white; l’abito firmato Emilio Pucci con la stampa che lo rese famoso in tutto il mondo; dall’archivio storico di Gattinoni ecco gli abiti delle star di Hollywood Lana Turner e Kim Novak vestite di georgette e raso duchesse, Audrey Hepburn in stile impero, Anita Ekberg protagonista del film diretto da Federico Fellini, i tubini neri di Anna Magnani; l’abito dalla lunga coda con l’iconica stampa paisley di Etro; la stampa coloratissima di Gianni Versace; il rosso di Valentino Garavani; il virtuosismo sartoriale di Gianfranco Ferrè; il coloratissimo mondo di Missoni; le paillettes di Enrico Coveri; la pura sperimentazione di Miuccia Prada. Solo per citarne alcuni.

A latere dell’iniziativa descrittta, inoltre, dal 1 al 3 Febbraio a Seoul è stata organizzata la manifestazione fieristica Italian Fashion Days in Korea, quest’ultima sotto l’egida di EMI -Ente Moda Italia. Italian Fashion Days in Korea è dedicata a presentare ai buyer coreani le collezioni italiane di abbigliamento, calzature, pellicceria, pelletteria e accessori uomo e donna ed è realizzata in sinergia tra AIP, Assocalzaturifici, Assopellettieri, Sistema Moda Italia, con il sostegno di ICE Agenzia.

Sotto l’egida di Ambasciata d’Italia a Seoul e Ice per tre giovani designer, Francesca Cottone, Gianluca Saitto e Michele Gaudiomonte selezionati da Stefano Dominella Presidente della sezione Moda, Design di Unindustria, è stato allestito, all’interno della manifestazione, uno spazio ad hoc per la presentazione  delle loro capsule collection ai buyer e alla stampa coreana.

Sarà una mostra itinerante: prossime tappe certe saranno Belgrado, Tbilisi, New York, Madrid.

data di pubblicazione:28/02/2023

IL PIACERE DELL’ONESTA’ di Luigi Pirandello, regia di Luca Ferrini, con Michele Cosentini, Valentina Martino Ghiglia, Alberto Melone, Luca Ferrini, Monica Belardinelli, Riccardo Pieretti

IL PIACERE DELL’ONESTA’ di Luigi Pirandello, regia di Luca Ferrini, con Michele Cosentini, Valentina Martino Ghiglia, Alberto Melone, Luca Ferrini, Monica Belardinelli, Riccardo Pieretti

(Teatro de’ Servi -Roma, 25/26 febbraio 2023)

Un Pirandello correttissimo distillato in versione ultra-basica per 65’ di durata. Inevitabile misurarsi con l’intellettualismo cerebrale dello scrittore siciliano in una versione tradizionale di buon impatto. Si ride anche con un prete di maniera.

La vita come forma più che come contenuto nello strano contratto matrimoniale che viene proposto a un apparente spiantato. Ma Baldovino, aderendo a una proposta che ne cancella i debiti, sale in cattedra e detta condizioni per niente umili. Se matrimonio sia che ne rispetti tutti i dettami. Ecco la contraddizione che si scatena in una famiglia borghese dove viene frustrata la comodità del proponente, il cinico nobile che ha messo incinta l’amante e cerca riparo e giustificazione rispetto ai pettegolezzi della società. La lettura che nei mesi fa Baldovino della nuova realtà porta a un ribaltamento dei ruoli. Il nobile vuole solo sesso, il neo-marito insinua l’amore nell’emotività della giovane sposa. E anche la nascita di un bambino s’instaura nel complicato circuito dei rapporti e dei sentimenti. Pirandello così insinua la sua abituale corda pazza nel plot fino all’inaspettato capovolgimento dei ruoli. Un trucco contabile smaschera l’intenzione di liberarsi di Baldovino. Ma ecco scattare l’inaspettato. Le maschere lasciano il posto all’autenticità. La donna riconosce l’amore di Baldovino. E’ l‘occasione per liberarsi da grettezze e inganni per aderire a una nuova proposta di vita. Nel testo c’è tutta la pulsione di Pirandello perché i suoi personaggi si liberino dai legami delle consuetudini. Un soffio di vita permea la scena. La sublimazione della forma ha prodotto una nuova più congruente realtà. Attori per un set di completa affidabilità per un teatro pieno nel giorno della prima in un teatro che dunque non si dedica solo a un repertorio comico.

data di pubblicazione:26/02/2023


Il nostro voto:

PREMIAZIONE BERLINALE 2023 – DISCO BOY DI GIACOMO ABBRUZZESE PREMIATO CON L’ORSO D’ARGENTO

PREMIAZIONE BERLINALE 2023 – DISCO BOY DI GIACOMO ABBRUZZESE PREMIATO CON L’ORSO D’ARGENTO

(73 INTERNATIONALE FILMFESTSPIELE – Berlino, 16 – 26 Febbraio 2023)

L’esordiente Giacomo Abbruzzese vede premiato il suo film con l’Orso d’argento per il contributo artistico di Hélène Louvart che ne ha curato la fotografia. Avevamo avuto modo di parlare di Disco Boy e ci aveva impressionato molto il linguaggio cinematografico usato, la tematica trattata visto che si tratta di un film di guerra contro la guerra, ottima l’interpretazione dell’attore protagonista Franz Rogowski al quale sarebbe dovuto andare un riconoscimento. Comunque è una grande soddisfazione per il cinema italiano, anche se di italiano c’è solo la regia, perché ancora una volta qui a Berlino viene premiata la professionalità e l’impegno di un nostro connazionale. Un poco di malumore in sala stampa per i film premiati, con palesi aspettative andate in fumo come per il film Tòtem di Lila Avilés, sul quale la critica internazionale qui presente aveva manifestato fondate previsioni che venisse premiato. Qui di seguito i premi assegnati dalla giuria internazionale, quest’anno presieduta dall’attrice statunitense Kristen Stewart:

Sur l’Adamant di Nicolas Philibert Orso d’oro per il Miglior film;

 

Roter Himmel di Christian Petzold Orso d’argento Gran Premio della Giuria;

 

Mal Viver di Joao Canijo Orso d’argento Premio della Giuria;

 

Philippe Garrel per la Miglior regia di Le Grand Chariot;

 

Sofìa Otero come Miglior interpretazione da protagonista per 20.000 Especies de Abejas;

Thea Ehre come Miglior interpretazione non da protagonista per Bis ans Ende der Nacht;

 

Angela Schanelec per Miglior sceneggiatura di Music.

Ancora una volta la Berlinale ha voluto dare un suo peculiare contributo alle tematiche politiche e sociali di oggi, come dimostra l’assegnazione dell’Orso d’oro ad un documentario che ci mette a contatto con una realtà parigina tutta particolare: l’Adamant è un barcone sulla Senna che raccoglie molti individui affetti da disabilità mentale e che proprio lì vengono seguiti in varie attività pratiche e culturali, un modo intelligente per farli sentire parte attiva di una società che altrimenti li considererebbe come emarginati. Anche questa 73esima edizione si è così conclusa e non rimane altro che augurarci di ritrovarci ancora una volta qui, l’anno prossimo, per seguire uno dei festival del cinema più importanti a livello internazionale.

data di pubblicazione:26/02/2023

PANE E LIBERTA’ di e con Paolo Rossi, con l’orchestra dal vivo composta da Emanuele Dell’Aquila, Alex Orciari e Stefano Bembi

PANE E LIBERTA’ di e con Paolo Rossi, con l’orchestra dal vivo composta da Emanuele Dell’Aquila, Alex Orciari e Stefano Bembi

(Teatro Vittoria -Roma, 21/26 febbraio 2023)

Gli anni sono 70, il periodo d’oro forse è alle spalle ma Pablito è ancora in grado di sorprenderti in uno spettacolo che apparentemente non ha copione né capo né coda ma che in realtà si fonda su una struttura solida eppure di grande spontaneità.

 

Paolo Rossi si offre coram populo per matrimoni, battesimi, feste di piazza, circoncisioni. Nel consueto ritrovo del Vittoria dà vita a un cabaret condito di musica in cui rinnega le hit che il pubblico gli suggerisce inserendo brandelli di satira non più appoggiata alla politica. Semmai ai grandi obiettivi ci arriva di rimbalzo, indirettamente, ammiccando, richiedendo allo spettatore una lettura filtrata. Così Berlusconi, la famiglia Agnelli (in particolare Gianni), il Pd, diventano solo un filo rosso di sottotesto stimolante nella sua corrosiva comicità. Si rende e conto che il momento dell’aggressione diretta è finita e non può parlare di una realtà politica che giorno per giorno dispensa fior di naturale comicità sua sponte. Riconosce che quel filone gli ha assicurato un grande benessere anche se è vero che i soldi del periodo d’oro li ha spesi tutti. Così suggestiona il pubblico con quell’affabulazione spezzata, un po’ ubriaca e sghemba, che è il suo marchio di fabbrica della parola da un trentennio. Nelle due ore in scena ci sono tanti omaggi a Enzo Jannacci e anche un gustoso sketch sulla perdita della memoria di Felice Andreasi. La musica è pane e companatico con l’affiatato trio che lo segue sin dai tempi della massima fama televisiva. E un pubblico complice tutto per lui richiede un bis inevitabile. Il plot risolvere i conflitti suoi e del pubblico nell’ansia di rievocare sogni luglio, storie, che aiutano a resistere “a scegliere tra il pane e la libertà”. Un programma che ricorda molto il titolo di un film di Ken Loach.

data di pubblicazione:25/02/2023


Il nostro voto:

L’ULTIMA NOTTE DI AMORE di Andrea Di Stefano – BERLINALE 2023

L’ULTIMA NOTTE DI AMORE di Andrea Di Stefano – BERLINALE 2023

(73 INTERNATIONALE FILMFESTSPIELE – Berlino, 16 – 26 Febbraio 2023)

Franco Amore lavora in polizia da 35 anni e può affermare con orgoglio di aver fatto onestamente il suo dovere senza mai aver dovuto sparare a nessuno. Il giorno prima del suo pensionamento, la moglie Viviana organizza a casa una festa a sorpresa con parenti e amici. Una inaspettata telefonata da parte del suo capo lo richiama in servizio…

Andrea Di Stefano ha già alle spalle un’apprezzabile carriera, sia come regista che come attore, e presenta oggi nella Sezione Berlinale Special Gala il suo ultimo film L’ultima notte di Amore, protagonisti Pierfrancesco Favino e Linda Caridi. Si tratta di un thriller made in Italy tutto girato a Milano e la prima scena, mentre scorrono i titoli di testa, presenta dall’alto la metropoli con le sue bellezze e con il suo skyline mozzafiato. Non è un caso che è stata scelta Milano per ambientare questa storia di criminalità e corruzione, quasi a indicare il lato oscuro di una città che si presenta al mondo come sinonimo di eleganza e di estrema efficienza. La vicenda narra di due poliziotti dalla carriera ineccepibile, amici e colleghi da vent’anni, che rimangono coinvolti in una operazione architettata dalla malavita cinese. Un film d’azione ben fatto e che riesce a coinvolgere ed entrate nel mood dei vari personaggi, senza sbavature o eccessi di stile. A parte Favino, risulta veramente sorprendente l’interpretazione di Linda Caridi, nella parte della moglie Viviana. Pur nella sua spietata efferatezza, il film comunque rivela il suo lato tenero che è messo in evidenza dalla rettitudine e dai sani principi del protagonista e soprattutto dal suo rapporto sincero di vero amore nei confronti della moglie e della figlia. Il finale risulta funzionale a dare una morale sana a tutto quell’intreccio di malaffare che è prerogativa della narrazione. Il film sarà in sala dal 9 marzo, distribuito da Vision Distribution.

data di pubblicazione:24/02/2023








POUR UN OUI OU POUR UN NON di Natalie Sarraute regia di Pier Luigi Pizzi con Umberto Orsini e Franco Branciaroli

POUR UN OUI OU POUR UN NON di Natalie Sarraute regia di Pier Luigi Pizzi con Umberto Orsini e Franco Branciaroli

(Teatro Argentina – ROMA, 21 febbraio/5 marzo 2023)

Cosa può scatenare il “non detto” o l’esasperazione di un’intonazione? Quanto un’amicizia può essere drammaticamente messa in discussione da un malinteso? Due grandissimi interpreti, Umberto Orsini e Franco Branciaroli di fronte al gioco al massacro messo su da Natalie Sarraute autrice di grande acume ed eleganza. Questa il condensato al vetriolo di Pour un oui ou pour un non, titolo ambiguo poiché in realtà significa molto di più. Perché quel “Per un sì o per un no” è quel nulla che può cambiare tutto, quel piccolo dettaglio che può provocare lacerazioni profonde e ferite insanabili. (foto di Amati Bacciardi).

La commedia di Nathalie Sarraute, una delle più importanti scrittrici francesi della seconda metà del novecento, mette al centro della scena la potenza delle sfumature e delle intonazioni di voce e parola in una ragnatela emotiva di grande abilità.

Due amici si incontrano, dopo un immotivato e lungo distacco, e si interrogano sulle ragioni della loro separazione, scoprendo che sono stati i silenzi tra le parole dette e soprattutto le ambiguità delle intonazioni a deformare la loro relazione, incrinandola con significati multipli e controversi non tanto per eventi straordinari ma per le lievi sfumature messe nelle proprie affermazioni.

Pour un oui ou pour un non è la storia di un’amicizia profonda, durata una vita, la storia di un’amicizia che sembra naufragare per gli accenti posti su semplici frasi. Accenti che a volte creano ferite ben più crudeli di lunghi e intricati discorsi. D’altronde soltanto un’amicizia così prolungata potrebbe far nascere fraintendimenti così feroci, in cui si incrociano rivalse, narcisismi, incomprensioni, esplodendo nell’inatteso.

Orsini e Branciaroli sono impeccabili nella loro arte, vivendo il palco con una naturalezza e una padronanza assoluta. In un mondo di rapporti virtuali, i due maestri ci guidano con eleganza in un’indagine sul valore delle parole e sulle loro insidie.

data di pubblicazione:24/02/2023


Il nostro voto:

20.000 ESPECIES DE ABEJAS di Estibaliz Urresola Solaguren – BERLINALE 2023

20.000 ESPECIES DE ABEJAS di Estibaliz Urresola Solaguren – BERLINALE 2023

(73 INTERNATIONALE FILMFESTSPIELE – Berlino, 16 – 26 Febbraio 2023)

Cocò è una bambina di otto anni che ha ricevuto alla nascita il nome di Aitor che rifiuta e desidera ora essere chiamata Lucia. Durante un’estate a casa della nonna cerca di farsi accettare per quello che sente di essere, affrontando gli sguardi sospettosi degli altri bambini che percepiscono, ma non capiscono appieno, questa sua forma di diversità. Per fortuna, in ogni situazione, arriva l’intervento salvifico della madre che tranquillizza la figlia e l’accompagna nella sua, sia pur precoce, scelta.

 

Il cinema spagnolo, dopo il trionfo di Alcarràs diretto da Carla Simòn che ottenne l’Orso d’oro nella scorsa edizione della Berlinale, ci riprova quest’anno presentando in concorso 20.000 Especies de Abejas (tradotto in italiano: 20.000 specie di api) opera prima della regista basca Estibaliz Urresola Solaguren. Nel film ci si focalizza sui due personaggi chiave: una madre (Patricia Lòpez Arnaiz) in profonda crisi professionale e sentimentale, e una figlia (Sofia Otero) che ha difficoltà ad interagire con gli altri, ma che ha ben chiaro come vedere se stessa. Interessante come la regista presenti la bambina nel proprio contesto familiare, al principio ostile nei suoi confronti perché non riesce a contestualizzare in pieno la vera identità della piccola. Ed è proprio la famiglia lo spazio naturale dove si collocano i vari protagonisti e come loro stessi si trovano a confrontare le proprie differenti visioni della realtà. Il riferimento alle api, come recita il titolo, non è casuale perché le api all’interno dell’alveare svolgono un ruolo specifico, rispettando regole precise esattamente come all’interno di una famiglia. La piccola piano piano sperimenta come il suo corpo assuma un ruolo fondamentale nella propria identificazione come individuo e come sia il mezzo più immediato per comunicare con gli altri. Il fluire dei dialoghi con la nonna e la zia servono a rendere più pesante lo stato emozionale dei personaggi, ma l’azione prende il posto delle stesse parole quando la madre oramai accantona ogni esitazione verso la figlia. Il film pecca nel voler attardarsi troppo sulle immagini che riguardano il rapporto tra madre e figlia, come si incrociano i loro sguardi ed infine il contatto fisico dei loro corpi. Al di là della tematica, oggi quanto mai di attualità, il film va avanti con lentezza e, anche se trasmette un messaggio sociale importante, alla fine conduce ad una irrefrenabile noia.

data di pubblicazione:23/02/2023







TÁR di Todd Field, 2023

TÁR di Todd Field, 2023

Dieci anni di preparazione, sedici anni di distanza dall’ultimo film. Due date che fanno intuire l’ambizione di un progetto a completa misura di Kate Blanchett e con orizzonte Oscar. Script troppo vasto per Todd Field che non riesce a dominare la materia del racconto lungo 158 minuti di sviluppo.

  

Un film seducente che avrà una coda giudiziaria perché c’è chi si è riconosciuto (secondo noi a torto) nel personaggio della direttrice d’orchestra omosessuale che progressivamente s’impantana in una serie di viluppi poco professionali. Un me too alla rovescia secondo le regole del politicamente corretto? Non solo perché i fili che tengono uniti la pellicola per la mirabile interpretazione della protagonista sono molteplici e vanno al di là delle varie attrazioni che sminano l’unità dell’orchestra. C’è il valore della musica con citazioni quasi da specialisti nel mondo di Bach, Beethoven, Mozart ma con un raggio di pensiero assolutamente lontano dalle Prove d’Orchestra felliniana. C’è l’ambizione professionale di una donna dura e caparbia che non s’arresta di fronte a nulla. C’è l’ondivago atteggiamento a cui è portato lo spettatore che alla fine quasi tifa per la sua rinascita, dopo un gorgo inestricabili di contraddizioni che la costringono a lasciare l’importante incarico berlinese. La ricostruzione dell’ambiente di lavoro è impeccabile a suon di citazioni puntuali ma la programmaticità dell’assunto nuoce alla snellezza del racconto. E a un inizio didascalico (un quarto d’ora di brillante intervista, ma da set televisivo) subentra progressivamente la fretta di far precipitare gli eventi con un accumulo di azione probabilmente gratuita. La comunicazione è fredda anche quando vorrebbe essere estremamente emotiva. Il classico film che sarebbe stato migliorato al montaggio da congrui tagli. Ma vale il prezzo del biglietto per le musiche e per la classe della Blanchett in una parte da cinquantenne a pennello per la Meryl Streep di venti anni fa. Field non avrebbe potuto immaginare un film del genere senza il suo eccezionale contributo.

data di pubblicazione:23/02/2023


Scopri con un click il nostro voto:

TÓTEM di Lila Avilés– BERLINALE 2023

TÓTEM di Lila Avilés– BERLINALE 2023

(73 INTERNATIONALE FILMFESTSPIELE – Berlino, 16 – 26 Febbraio 2023)

Sol si sta preparando per la festa di compleanno di suo padre Tona, che compirà ventisette anni e verrà festeggiato da amici e parenti. La madre Lucia cerca in tutti i modi di distrarre la bambina dalla sua palese malinconia dal momento che il suo unico desiderio ora è che suo padre ”non muoia”. Questo incontro è quasi una festa d’addio….

 

Uno dei miracoli che il cinema a volte può fare è quello di dare uno sguardo ai sentimenti più intimi e nascosti dell’uomo, riuscendo a creare quella naturalezza che spesso sfugge alla vita reale. Dopo il successo ottenuto nel 2018 con The Chambermaid, la regista messicana presenta a questa Berlinale un piccolo capolavoro, una commedia di grande sensibilità che ha sulla sfondo una reale tragedia. Ancora una volta il mondo dei grandi, nel bene e nel male, è osservato dalla sguardo pulito e innocente dei bambini, mettendo in luce quella rara sensibilità che negli adulti poi è destinata a scomparire, per dar posto spesso ad una costruita razionalità. La Avilés riesce così a sintetizzare con eleganza, per la durata limitata della proiezione, i momenti più salienti della vita fino a quello conclusivo della morte. L’azione si svolge nell’arco di una giornata ed inizia con i preparativi in cui tutti a diverso livello sono coinvolti, sullo sfondo la figura di Tona, oramai allo stremo delle proprie forze che, pur impossibilitato a muoversi, si sforza di apparire allegro e contento per la festa in suo onore. Dal momento che alla piccola non è consentito di vedere subito suo padre, perché questi deve riposare e raccogliere le poche energie per la sera, lo sguardo della regista è rivolto prevalentemente su di lei e sulla sua preoccupazione di essere ancora oggetto dell’amore paterno. La giornata sembra passare con una velocità diversa per la taciturna Sol che, mentre fervono i preparativi, si trova a vagare per casa con un raro impulso esplorativo, in attesa del momento in cui potrà finalmente abbracciare il padre. Nonostante il finale assuma un tono allegro e celebrativo, la regista concentra la propria attenzione sul concetto più grande dell’esistenza umana e della fragilità nell’affrontare i problemi seri di ogni giorno: lo sguardo di Sol (Naima Senties) ci traghetta all’interno di una grande famiglia, senza che la bambina possa comprendere ciò che sta per accadere. Una sceneggiatura che funziona bene, che si prende i tempi giusti per non cadere nella superficialità, una narrazione che al contrario necessita di attenzione per coglierne le più sottili sfumature. Un film che ispira tenerezza, affetto e qualche pensiero sulla caducità della vita che, proprio per questo, dovrebbe essere vissuta appieno in ogni momento. Tótem è stato accolto bene dalla critica internazionale e forse meriterebbe un Orso…

data di pubblicazione:22/02/2023