LETIZIA VA ALLA GUERRA – LA SUORA, LA SPOSA E LA PUTTANA, di Agnese Fallongo, regia di Adriano Evangelisti

LETIZIA VA ALLA GUERRA – LA SUORA, LA SPOSA E LA PUTTANA, di Agnese Fallongo, regia di Adriano Evangelisti

(Teatro Quirino – Roma, 12/14 ottobre 2021)

Un filo sottile tessuto dal tempo lega insieme la storia di tre donne apparentemente lontane. Piccoli tasselli di un quadro più grande che ha per cornice i due conflitti mondiali. Tutte e tre si chiamano Letizia e in comune hanno anche un destino.

   

Diciamolo senza retorica: Agnese Fallongo è un’artista interessante da seguire con attenzione! Brava sulla scena e nella scrittura. Un talento eccellente, caleidoscopico, entusiasta, a cui si affianca sul palco un’ottima spalla, Tiziano Caputo, attore cantante e musicista. Diretti da Adriano Evangelisti, insieme dànno vita a uno spettacolo ricco di emozione, divertente e profondo, fatto di personaggi veri e buona musica.

Quando l’Italia entra in guerra il 24 maggio del 1915, Michele lascia la Sicilia per andare a combattere in Friuli, una terra lontana e sconosciuta, dove non arrivano le lettere che Letizia gli spedisce di frequente. Si erano sposati poco prima della sua partenza. La guerra, si sa, divide le anime che si amano. Letizia cerca di raggiungerlo, ma non riuscirà a riabbracciarlo. Morirà colpita da una pallottola vagante mentre offre il suo servizio di volontaria al fronte e il suo fantasma rimarrà intrappolato per sempre nella memoria di chi le ha voluto bene. Di lei si vede ormai solo una foto sbiadita in una cornice di mogano sul comò dei ricordi.

Altra data, altro conflitto: 21 giugno 1940, Seconda guerra mondiale. Proprio quel giorno Lina compie 21 anni. È cresciuta in un orfanotrofio di Latina sotto le cure amorevoli di suor Letizia. Improvvisamente irrompe nella sua vita una vecchia zia di Roma, che le offre un lavoro in città. Lina si trasferisce e scopre che dovrà prendere servizio da Sora Gemma, una casa per appuntamenti a via Mario de’ Fiori. Per sole 15 lire e 65 centesimi la ragazza perderà innocenza e nome. Lina diventerà la sensuale Letizia.

Felice Pirrone, detto il biondino, è uno dei clienti più affezionati di Letizia. Tra i due nasce un sincero amore e così orchestrano di fuggire insieme. L’appuntamento è fissato alla stazione Termini, ma Letizia non si presenterà. La sifilide arriva prima e rovina tutti i piani. Per una serie sfortunata di fatti Felice scoprirà solo quattrodici anni più tardi cosa accadde il giorno della partenza, e sarà l’incontro con suor Letizia, ormai anziana, a chiarire la vicenda. È lei a svelare il prezioso legame che teneva strette in un unico destino le tre donne.

Letizia va alla guerra è uno spettacolo che basa la sua forza su un racconto vero e credibile, portato in scena da due interpreti che cantano, recitano e suonano con grande bravura. Perfetta è la sintonia che hanno sul palco, soprattutto nei tempi comici. Agnese Fallongo propone un teatro fatto con passione, consapevolezza e mestiere, meritevole di essere sostenuto e applaudito.

data di pubblicazione:22/10/2021


Il nostro voto:

ANITA di Maria Franzè – Masciulli editore, 2021

ANITA di Maria Franzè – Masciulli editore, 2021

Una delicata quanto coerente raccolta di personaggi femminili immersi una diacronia invitante. Viene da pensare al cocktail di fortunati romanzi sudamericani entrati in pianta stabile nel nostro immaginario. Non è facile racchiudere un plot in continenti diversi, utilizzando non pretestuosamente vicende personali intrecciate alle trame politiche dei nostri tempi. La storia principale di Anita si salda con quella di altre esistenze della sua prossimità (amiche, parenti) con una presenza maschile di contralto negativa, inquietante, contraddittoria. Meraviglia il congruente incastonarsi del privato in un pubblico dominio del vissuto. In effetti gli eventi politici sullo sfondo del libro alludono a un sottofondo impressionante di eventi: il nazifascismo, la seconda guerra mondiale, la dittatura militare in Brasile oltre alle mode mainstream dei nostri tempi: l’episodica Milano da bere, l’orientalismo, il culto dello yoga passando per gli hippies, sfiorando i millenials. Cucitura d’incastro molto ispirata che esce dalle strette del sentimentalismo per approdare a un respiro più ampio e universale. In altre parole la mayonese non esce impazzita dalla prova che sa di raggiunta maturità e di perfetto controllo del mood letterario. La sensibilità dell’autrice è di per se comunicativa e invita a una scorrevole lettura, non priva di curiosità per la svolta finale che da buoni anti-spoiler non riveleremo. La capacità narrativa è assecondata dalla predisposizione per uno svolgimento tramite dialoghi illuminanti e mai banali. E non c’è nessuna pretesa intellettualistica ma tanta vita vissuta. Per tanta letteratura che sa di vecchio, di cantine fumose e meccanica, qui si alita il profumo della vera vita. Non priva di inquietudini e di problematiche ma comunque vita. Ricordandoci la fertilità di un antico ma sempre valido adagio: “E’ importante che la morte ci colga vivi”. Se c’è idealizzazione questa si concentra sulla formalizzazione dell’amore come sentimento assoluto, quasi iperuranio.

data di pubblicazione:22/10/2021

C’MON C’MON di Mike Mills, 2021

C’MON C’MON di Mike Mills, 2021

Johnny (Joaquin Phoenix), giornalista radiofonico, sta conducendo un lavoro in giro per gli Stati Uniti che consiste nell’ intervistare bambini sulle loro aspettative, i loro sogni ed i loro desideri. Con pochi fidi collaboratori, un microfono ed un registratore, spostandosi tra New York, Los Angeles e New Orleans, l’uomo raccoglie con passione ed amorevolezza le testimonianze di tanti bambini su come vedono loro il futuro e cosa pensano del mondo in cui vivono.

 

Johnny ha una sorella, Viv, con cui non parla da un anno: dopo la scomparsa della madre, in seguito ad una brutta lite, i loro rapporti si sono interrotti. Una sera Viv rompe il muro di silenzio: al telefono chiede al fratello di occuparsi di suo figlio Jesse, di appena 8 anni, perché lei deve raggiungere il marito, e padre del bambino, ricoverato a Detroit per curare una forma di bipolarismo da cui è affetto da tempo. Johnny, nonostante l’esperienza accumulata con il suo lavoro, resta spiazzato dall’incontro con il nipote (interpretato da uno stupefacente Woody Norman) così attento e consapevole e, non potendolo affidare a nessuno, decide di portarlo con sé durante il suo itinerario lavorativo. Sarà un’occasione formativa per entrambi, di scambi mentali e fisici, che sancirà l’inizio di un legame inaspettato. Entrambi, con le dovute differenze, opereranno un inevitabile cambio di prospettiva, in un confronto continuo che li farà crescere.

Il film ha dei contenuti molto profondi e Joaquin Phoenix, l’uomo dai mille volti, è perfetto nel rappresentare la crescita interiore di un uomo alle prese con un bambino molto impegnativo, senza calcare mai la mano, in maniera equilibrata, tenera, reale. Intenso e dalla trama impalpabile, il film si interroga sui traumi personali presenti ad ogni età, ed affronta le difficoltà di linguaggio per il raggiungimento di una reciproca conoscenza tra adulti e bambini. Da questo continuo confronto tra zio, nipote ed i bambini intervistati da Johnny che raccontano cosa si aspettano dalla vita, cosa desiderano nonostante l’incertezza dei tempi che stanno vivendo tra difficoltà economiche e sociali, il regista trae spunto per rivolgere l’obiettivo sulla necessità di vivere il presente, di andare avanti anche senza una idea precisa del futuro, impedendo alle aspettative di non farci mettere a fuoco tutte le sfaccettature dell’oggi, prestando così il fianco solo ad ansie e dubbi.

Il film scava nel rapporto tra adulti e bambini analizzando anche la difficoltà di essere genitori ed i traumi presenti ad ogni età, in una sorta di itinerario di crescita, di stimolo ad incontrarsi, di sprone ad andare avanti (come il titolo stesso recita) anche se non si ha idea di cosa accadrà nel futuro, regalando allo spettatore una vera e propria meditazione su quanto i rapporti d’amore aiutino a crescere nel modo migliore e ad ogni età.

data di pubblicazione:22/10/2021








I AM ZLATAN di Jens Sjogren, 2021

I AM ZLATAN di Jens Sjogren, 2021

Si racconta degli inizi, della vita, della crescita e del talento di Zlatan Ibrahimovic, icona del calcio mondiale. Si parte dalla sua infanzia nelle periferie svedesi. Una famiglia di immigrati balcanici che a fatica va avanti senza togliere peraltro ai figli la possibilità di studiare e praticare sport. La scuola non è l’attività preferita del piccolo Zlatan che trova invece nei campi di calcio la ragione di vita…fino a diventare un giovane campione e passare dal Malmo all’Ajax e poi alla Juventus… ed è a questo punto che la pellicola s’interrompe, dal momento che il resto è … “storia di successi” che ancora continua.

 

Chi si aspettava un docu-film sul famoso attaccante (uno che ha vinto quasi tutto nelle più prestigiose squadre del mondo di calcio) potrebbe rimanere deluso dalla pellicola di Sjogren, regista pubblicitario con al suo attivo diversi film in Svezia (mai distribuiti da noi). Il calciatore compare, in realtà, solo nei titoli di testa e di coda e in poche immagini di repertorio. Sono invece attori, anche molto espressivi, a interpretare il campione nelle diverse età della vita: bambino e giovinetto di belle speranze. Siamo quindi di fronte al “solito” film su uno sportivo (ma potrebbe essere una rock star) che parte da situazioni problematiche: ambiente, famiglia, scuola, coach, fidanzate, avversari per trovare, infine, la strada più congeniale ed esprimere il proprio innegabile talento. Personaggio non facile, poco incline a sottostare alle regole, l’esistenza del piccolo Zlatan, per come la racconta lui stesso nella sua biografia (Io, Ibra) e Sjogren in un racconto onesto seppure benevolo, non è stata una passeggiata, ma la forza interiore, la voglia di emergere, certamente il desiderio di riscatto sociale e naturalmente le sue doti ne hanno fatto il campione che tutti conoscono. I meriti del regista vanno ascritti a una narrazione sobria, a riprese di eventi sportivi (le partitelle fra ragazzi e poi quelle fra i team svedesi) assolutamente credibili, alla scelta degli attori protagonisti dai nomi impronunciabili (Granit Rushiti e Dominic A. Bajraktani) e dei loro comprimari (padre e madre del nostro) tutti perfetti nei rispettivi ruoli. E’ legittimo porsi una domanda: può interessare un pubblico vasto ed eterogeneo? Non saprei, ma ai giovani tifosi che conoscono e amano il calcio, certamente il film piacerà e credo anche per fanatismo/fideismo agli adulti tifosi di Juve, Inter e Milan, …che, da noi, non sono pochi. Altro è chiedersi se I Am Zlatan, sia un film da Festival o Festa del Cinema, e lì qualche dubbio rimane.

data di pubblicazione:21/10/2021








IL POTERE DI ROMA – DIECI SECOLI DI IMPERO di William V. Harris – Carrocci Editore-Sfere, 2021

IL POTERE DI ROMA – DIECI SECOLI DI IMPERO di William V. Harris – Carrocci Editore-Sfere, 2021

Per quale motivo, se non si è un appassionato, interessarsi ad un nuovo libro su ROMA? L’ennesima analisi di un accademico americano sul declino e sulla caduta dell’Impero? Niente affatto! Il libro di Harris è invece un libro interessante scritto con prosa scorrevole che genererà sicuro interesse fra i cultori di Storia, ma, potrà anche coinvolgere, soddisfare ed arricchire i neofiti offrendo uno scorcio di visuale divulgativa del tutto nuova su Roma e, “lato sensu” sul concetto eterno ed universale di Potere. Un approccio molto originale e moderno, una chiave di lettura diversa e stimolante su temi che si suppone spesso di conoscere già a sufficienza.

L’idea di Roma ed il concetto di Potere sono legati in modo indissolubile. L’Impero Romano è durato più a lungo di qualunque altro. E’ dunque legittimo per l’autore chiedersi cosa effettivamente sia il Potere e come, di conseguenza, per definirne la vera natura, si debba analizzare l’esercizio di questo potere all’interno di una determinata Società in un lungo contesto storico. Cosa e perché poi qualcosa andò storto per Roma? Perché Roma non riuscì più a mantenere la sua posizione? Cosa ne determinò la fine?

L’approccio innovativo di Harris, pur nei vincoli di sintesi espositiva dovuta alla lunghezza dell’arco temporale preso in esame, parte dalla sovrapposizione comparativa fra loro di vari e ben definiti periodi della storia romana per la durata di dieci secoli (dal 400 A.C. al 641 D.C.). Lo storico studia infatti le dinamiche del Potere dall’epoca Repubblicana al Principato; da Tiberio a Costantino; dalla morte di Costantino all’inizio dell’espansione araba. Più in particolare esamina poi a fondo il Potere Interno (il Soft Power nelle sue varie forme) rispetto al Potere Esterno.

Un criterio del tutto nuovo che analizza con una visione più ampia le idee astratte, i simboli, la propaganda, gli strumenti religiosi, culturali, economici e sociali che contribuirono a diffondere e mantenere il Potere di Roma, l’Idea di Roma stessa, l’accettazione di Roma Universale. E … di contro, esamina anche come questi stessi elementi intangibili, al loro venir meno, affievolirsi o contaminarsi con altre idee o valori religiosi, agirono sul processo di indebolimento di un Insieme non più in grado di tenere il passo con le necessità di mobilitare tutte le energie collettive per respingere le minacce alla sua stabilità. La forza propulsiva delle élite, la disciplina sociale, la lealtà al mito di Roma, l’ideale comune si frantumarono tutti perché minati dai dissidi, dalla frantumazione del corpo sociale e soprattutto dalle fratture causate dalle diverse fedi ed appartenenze.

Un approccio estremamente ambizioso quello di Harris: fare uno studio comparato sull’espressione del Potere in un millennio, focalizzando la sua ricerca sul soft power. Una visione che nessun altro lavoro aveva finora preso in esame. Una visione ampia ed omnicomprensiva ed una lettura moderna del passato che dovrebbe farci riflettere sull’espressione del Potere nei moderni “imperi”… quello Americano e quello Cinese.

data di pubblicazione:21/10/2021

THE LOST LEONARDO di Andreas Koefoed, 2021

THE LOST LEONARDO di Andreas Koefoed, 2021

Il lato oscuro del Mondo dell’Arte! Il “dietro le quinte” dell’incredibile storia del SALVATOR MUNDI. Un quadro di Leonardo, oppure attribuibile a Leonardo, o alla sua Scuola, o una copia o anche un falso! Tutto e niente! Un’avventura che parte da New Orleans nel 2005 ove viene scovato per poco più di 1000 dollari fino ad essere poi rivenduto da Christie’s nel 2017 a ben 450 milioni di dollari! Da allora è nuovamente scomparso nel nulla … forse nelle mani di un principe arabo … forse l’erede al trono Saudita …

 

La storia, se scritta da uno sceneggiatore Hollywoodiano sarebbe eccessiva ed assurda, ma è invece realtà. Una storia che è un mix di dubbi ed intrighi che coinvolgono personaggi inverosimili: cacciatori d’opere d’arte, mercanti, restauratori, direttori di grandi musei, critici ed esperti, media internazionali, finanzieri, oligarchi russi e poi la politica internazionale. Giochi di Potere, geopolitica post petrolifera, orientamento delle masse e gli Arabi. Colpi di scena, doppi e tripli giochi, l’FBI ed anche la CIA.

Un affascinante ed insolito documentario girato dal danese Koefoed come fosse un vero film: un vero heist thriller movie che, al di là delle vicende narrate, vuole anche denunciare il cinismo del Potere che si avvale, ancora una volta di più, per i propri fini anche del bello, dell’arte, e della storia della nostra civiltà. Il film già presentato al Tribeca Festival di New York prima di venire qui a Roma è un racconto molto vivo e molto coinvolgente che come un lungo filo parte da New Orleans e si snoda per New York, Londra alla National Gallery, passa per Parigi, Ginevra, di nuovo al Louvre, poi le più prestigiose Case d’Asta per perdersi infine … di nuovo nel buio … forse in un bunker, in un “porto franco”, forse in … un mare di dune di sabbia.

Il ritmo narrativo usato dal regista è sempre incalzante, vivace, incisivo, mai tedioso o eccessivo. Riesce a tener viva la curiosità ed il dubbio con continui colpi di scena narrativi, combinando sapientemente interviste, belle riprese originali e filmati d’epoca. Così facendo l’autore esamina tutti i possibili punti di vista svelando le sfaccettature del mistero o della truffa, ed il viaggio del Leonardo perduto subito dopo essere stato “ritrovato” diviene un’interessante, emozionante odissea fra arte, commercio, mistificazione, avidità, finanza, speculazione e politica.

La fondatezza o meno dell’attribuzione, i misteriosi movimenti di denaro, sono misteri, dubbi affascinanti già di per se stessi, se poi messi tutti insieme in relazione fra loro ed in un contesto ambiguo, in una storia lunga 15 anni, dopo ben 600 anni di silenzio e buio assoluto, è evidente quanta abbondanza di materiale ci sia per dare spazio alle fantasie più fervide ed all’affascinazione filmica. Ne risulta infatti una buona realizzazione cinematografica, accattivante, ricca di suspense, interessante e coraggiosa che combina intelligentemente ironia, sarcasmo e serietà che coinvolge gli intervistati (liberi di essere se stessi) e lo spettatore (anche il più informato dei fatti).

Perché, alla fine le masse credono perché hanno bisogno di credere che qualcosa sia vera, che poi non lo sia non ha più nessuna importanza. L’evento diviene un Mito perché serve un Mito!

data di pubblicazione:20/10/2021








BOBI di Roberto Calasso- Adelphi, 2021

BOBI di Roberto Calasso- Adelphi, 2021

Due miti in uno. Il recentemente scomparso Roberto Calasso che rende un tardivo omaggio a un cofondatore dell’Adelphi, quella complessa e bizzarra figura di critico che risponde al nome di Bobi Bazlen. L’intreccio tra due estrosità, il biografo e la leggenda, produce un piccolo volumetto d’essai che per propri esclusivi meriti, si issa addirittura in classifica nelle gerarchie della saggistica. Sulla figura di Bazlen si sono già spesi Grazia Cherchi e, attraverso il romanzo, un’altra illustre perdita recente (Daniele Del Giudice). Calasso non ha la pretesa di riassumere in poche pagine una figura tanto complessa. Ma si esprime per frammenti, interpunzioni, brevi virgolettate, parafrasi a memoria secondo un fascinoso percorso ellittico, caro a chi conosceva di fama Bazlen, suggestivo per chi si avvicina per la prima volta a un’intellettuale che, udite udite, non ha mai iscritto un libro chiuso e compiuto. Per nulla preoccupato della fama, se non vigile alla stima e e alla complessità del mondo. Il riflesso di Bazlen ammicca più spesso alla filosofia che alla critica letteraria. Acume intuitivo al servizio della scoperta dei talenti. Era questa l’operazione a cui tendeva l’Adelphi, sin dalla scelta del nome, prima che una frettolosa valanga editoriale si rivolgesse alla quantità delle proposte dopo aver dissodato negli anni migliori la qualità. Lo slogan di Bazlen era eloquente nella sua semplicità. “Stamperemo solo i libri che ci piacciono molto”. Come intuite l’intento commerciale non era minimamente sfiorato dalla scelte editoriali. Daumal, Guènon, Walser, Zweig, Flaiano sono solo alcuni i nomi di una linea diritta che privilegiava le scoperte e l’esoterico, scuotendo con un sano anti-provincialismo i vezzi consolidati della società letterari italiana. Nel piccolo volumetto c’è un profumo di anni ’50, anticipatore di quella che sarebbe stata La Dolce vita. Bazlen ne è a suo modo un profeta inconsapevole, polemista puntuto che non risparmia Gadda.

data di pubblicazione:19/10/2021

PROMISES di Amanda Sthers, 2021

PROMISES di Amanda Sthers, 2021

Alexander (Pierfrancesco Favino), figlio di madre inglese e padre italiano, ha solo 10 anni quando suo padre muore annegato sotto i suoi occhi. Pur vivendo un’adolescenza in un contesto agiato fra la madre a Londra ed il nonno paterno (Jean Reno) a Roma, ne resterà segnato per sempre nel carattere. Quando la Vita gli farà incontrare il vero Amore e la vera Passione in Laura (Kelly Reilly) non saprà osare per prendere la giusta decisione al giusto momento … la ricercherà e la rimpiangerà tutta la vita …

 

 Favino speaks english, and even speaks it very well”! Complimenti! L’attore potrà piacere o non piacere, ma gli va dato atto che oltre che essere, a nostro parere, bravo e simpatico, è anche preparato e svetta nello scenario degli attori nostrani costretti nei limiti linguistici della nostra realtà. Gli si prospetta auspicabilmente anche un’opportunità di carriera internazionale vera. Auguri!

Scrittrice, sceneggiatrice e regista la francese Sthers ha adattato per questo suo 4° lungometraggio lo script dal suo stesso romanzo omonimo uscito nel 2015. Al centro del film di oggi c’è una grande storia d’amore inespressa ed incompiuta, che avrebbe potuto concretizzarsi ed essere vissuta se solo il protagonista avesse avuto la forza, il coraggio, l’incoscienza e l’egoistica determinazione di prendere una decisione. Un intrigo esistenziale sull’incapacità soprattutto degli uomini, di taluni uomini, di saper cogliere l’opportunità di essere felici e prendere su di sé il rischio di amare. Chi? Chi meglio di una donna autrice e regista può trovare allora la giusta modalità per scrivere prima, e rappresentare poi, questa incapacità ed il rimpianto che la felicità e l’occasione perduta genererà per tutta la vita?

In un certo qual modo è una storia che ricorda molto L’età dell’innocenza di Scorsese, una storia quindi vista e rivista, ma è una storia ogni volta sempre coinvolgente, perché tocca nel profondo l’essenza stessa dell’Essere Umano: la costante ricerca della Felicità e dell’Amore e con loro la ricerca del Tempo perduto e delle opportunità perdute fino … alla presa di coscienza di averle perse definitivamente. Allora non resterà che il dolore ed il rimpianto perché, a quel punto, c’è solo la consapevolezza che non esiste un’altra opportunità per una seconda occasione.

Alexander è bloccato emotivamente per non soffrire, vincolato fra famiglia, amicizie e lavoro. Un uomo in bilico fra due anime, cerca di fuggire i fantasmi di un passato che lo ha segnato e lo segna. Vive un effimero presente senza nemmeno darsi spazio per sognare un futuro o lottare per averlo. Così, quando incontra l’Amore e intuisce che quello può essere la Felicità di cui ha bisogno, non è in grado di agire per riuscire a viverlo perché, abituato a subire, non sa più osare.

Il film, come fosse una riflessione del pensiero, è costruito a spirali in un’alternanza continua fra passato e presente e flashforward che creano quasi una dimensione narrativa atemporale come in effetti è il pensiero e perché la vera domanda se si è felici è, di per se stessa, al di là del tempo e dell’attimo. Il montaggio dà ritmo e scansione, ora lenta ora rapida, alla narrazione che procede come sospesa in un mare di pensieri. La regista opera con molta eleganza e con mano sicura, evitando di cadere nel melodramma. Bravo, a suo agio, partecipe, tenero ed intenso Favino, un po’ più sottotono la bella Reilly. Precisi, come sempre in questo tipo di produzioni, tutti i secondi ruoli. Pur buono al film forse manca però qualcosa per essere ottimo, forse un pieno coinvolgimento emotivo, non che debba essere per forza struggente sia ben chiaro, tutt’altro! Ma, l’insieme appare fin troppo distaccato. Non vuole o non riesce a smuovere le emozioni profonde dello spettatore che osserva le pene del protagonista ma non ce la fa a commuoversi per la sua felicità perduta!

data di pubblicazione:18/10/2021








ANNA CAPPELLI ADORA I BAUSTELLE Performance tra teatro, moda e musica per la regia di Rossano Giuppa, con Bianca Nappi, coreografie di Laura Talluri e abiti di scena di Italo Marseglia

ANNA CAPPELLI ADORA I BAUSTELLE Performance tra teatro, moda e musica per la regia di Rossano Giuppa, con Bianca Nappi, coreografie di Laura Talluri e abiti di scena di Italo Marseglia

(Teatro di Villa Torlonia – Roma, 9 ottobre 2021)

Un evento unico immerso in uno scenario suggestivo. Un omaggio all’arte, nelle forme del teatro della musica e della moda. La figura della donna al centro, con i suoi desideri, le sue frustrazioni, i suoi progetti: Anna Cappelli di Annibale Ruccello dialoga con i Baustelle negli splendidi abiti confezionati da Italo Marseglia.

  

Anna Cappelli preferisce il profumo della pancetta fritta alla fastidiosa puzza di pesce bollito che cucina la signora Rosa Tavernini, in casa della quale ha preso una stanza in affitto. A dire il vero non sopporta neanche i gatti della signora e il fatto che i genitori abbiano dato il suo letto alla sorella Giuliana dopo che è andata via di casa. L’indipendenza però vale di più e il futuro è una pagina bianca ancora da scrivere. È determinata a ottenere la felicità che desidera. Così quando incontra Tonino, un ragioniere scapolo che abita in un appartamento di proprietà con dodici stanze, cede all’invito di andare a convivere. Certo, il fatto che l’uomo non voglia né matrimonio né figli è un problema per lei, ma non si scoraggia. Sa che l’ostinazione la porterà a realizzare i progetti che le stanno a cuore. Tuttavia i pregiudizi della gente non sono facili da affrontare. Specialmente quelli dell’anziana cameriera che vive in casa di Tonino da sempre: licenziarla sarebbe la soluzione e così avviene. Anna ha finalmente tutto in mano e non vuole perderlo per nessun motivo. L’aggettivo possessivo “mio” è la parola che ricorre più spesso nel testo. Bianca Nappi, che nella performance dà voce e corpo alla protagonista, lo calca con forza e vigore. La sua interpretazione restituisce i tratti di una donna semplice, popolana ma allo stesso tempo emancipata e volitiva, per nulla capricciosa. Dialoga sul palco con un Tonino impassibile e silenzioso, l’attore e modello Vincenzo Iantorno. Attorno a lei si muovono figure imbrigliate in lacci neri di gros-grain a contrasto con abiti bianchi che ricordano camicie di forza. Raccontano la pazzia nella quale è costretta Anna e sono preludio del gesto folle che commetterà alla fine. Le figure intorno a lei danzano le coreografie ideate da Laura Talluri, amplificando i movimenti della sua mente e moltiplicando l’immagine di una donna ricca di sfumature e carattere come è nell’interpretazione del regista. I brani della band toscana dei Baustelle, che cavalcano sonorità elettroniche pop-rock, danno ritmo ai passi delle modelle e dei modelli che sfilano sul palco, mentre i testi delle loro canzoni aggiungono senso al racconto. Le voci di Francesco Bianconi e Rachele Bastreghi fanno eco a Anna e Tonino.

La performance ideata da Rossano Giuppa – storica firma del nostro sito Accreditati.it – ha il merito di cucire insieme espressioni artistiche di diversa natura e destinazione, creando un lavoro nel suo insieme coerente e armonico. Trova il modo di far dialogare le sue passioni in uno spazio incantevole come è il Teatro Torlonia, con la sua scena ottocentesca dipinta a drappi rossi e nicchie abitate da allegorie. Manca una vera e propria passerella da sfilata, ma il regista risolve proponendo un prologo appena dietro il teatro, nella struttura a vetri che si affaccia sul parco romano. Uno scenario suggestivo che lascia apprezzare da vicino le creazioni di Italo Marseglia. Il bianco e il nero è la cifra dello stilista, che sottolinea la caparbietà di Anna Cappelli nell’essere estrema nelle sue scelte. O si ottiene tutto dalla vita o, se non si può, meglio distruggerlo. Tonino licenzia Anna con lo stesso cinismo con cui ha mandato via la vecchia cameriera. Ha accettato un nuovo incarico lontano da dove vivono e non vuole che la sua compagna lo segua, costringendola a cercare vendetta per l’abbandono subìto. Nell’atto finale decide di vestire il nero della morte, tutto precipita e le si sgretola intorno. Uccide Tonino facendolo a pezzi che poi mangerà, come a inglobare definitivamente l’amante e a farlo suo definitivamente, con un gesto di possessione totale. L’amore è violenza, come cantano i Baustelle. La vita è tragica però è bellissima e vale viverla fino in fondo nei suoi contrasti di gioia e tormento.

data di pubblicazione:18/10/2021


Il nostro voto:

MOTHERING SUNDAY di Eva Husson, 2021

MOTHERING SUNDAY di Eva Husson, 2021

Inghilterra 1924, Festa delle mamme, come da tradizione alcune famiglie aristocratiche si incontrano per un pic-nic, su tutti aleggia il dolore per la perdita dei figli nella recente Grande Guerra. La servitù ha un giorno di vacanza e la giovane domestica Jane (Odessa Young) poiché orfana ne approfitta per incontrarsi con il suo amante segreto Paul (Josh O’Connor). Sarà il loro ultimo incontro perché Paul è ormai prossimo a sposarsi per convenienza con un’aristocratica come lui che lo aspetta con i genitori al pic-nic. Un attimo di quiete sospesa della Vita per entrambi gli amanti prima che il dramma metta in moto eventi che cambieranno la vita di Jane …

 

La Husson, giovane e talentuosa attrice, sceneggiatrice e regista francese ha già presentato (con differenti apprezzamenti) il film a Cannes 2021 ed ora è qui, fuori concorso, alla 16ma Festa di Roma. Questo suo quarto lungometraggio è una produzione britannica che è tratta dall’omonimo romanzo di Graham Swift al cui adattamento cinematografico ha collaborato la stessa Husson.

Avrebbe potuto essere l’ennesimo classico film inglese inizi ‘900, stile “Dowton Abbey” tutto centrato sulle diverse classi sociali, le convenzioni aristocratiche, mondanità, falsi pudori e matrimoni contrastati, ma il lavoro della sceneggiatura porta invece sensualità e vitalità al contesto, togliendo polvere e ragnatele al genere, dandogli un tocco più moderno sia scomponendo e ricomponendo la storia e le varie sottostorie, sia decidendo di giocare più sulle possibili risonanze emozionali degli spettatori piuttosto che sull’ambientazione o sull’intrigo delle vicende.

Sia ben chiaro, l’universo cinematografico della “Vecchia Inghilterra” fatto di magioni di campagna, di nobili famiglie, di prati ed angoli idilliaci c’è sempre, anzi, all’inizio le riprese dei campi, dei raggi di sole fra il fogliame degli alberi, l’erba bagnata, i fiumi e la voce narrante che sussurra fanno addirittura pensare a Malick. La regista però non pensa affatto alla bellezza dell’Inghilterra o del mondo e, con un taglio non convenzionale gioca con classe e coraggio sugli stilemi, sulla storia, sul montaggio, sul ritmo e la fotografia. Il racconto viene infatti frammentato con risultati forti ed efficaci grazie ad un montaggio alternato che diviene così elemento significativo della narrazione filmica stessa, intercalando immagini e scene appartenenti ad altri momenti della vita di Jane. La regista si avvale di un ritmo ora vertiginoso nei grandi momenti della vita della protagonista, ora rallentato quasi a sottolineare invece i momenti di pace sospesi nel tempo. La fotografia poi è veramente splendida e contribuisce a dar forza ed a sottolineare, con il variare dei toni e dei colori, le diverse situazioni emozionali e l’intensità drammatica delle scene.

Il film è un viaggio elegante e brioso nel tempo e nella vita di Jane sotto le vesti di una storia d’Amore/Amori, con un velo di mistero. Un mosaico di frammenti di vita e di film con il mistero che si svela solo nel finale. Un racconto ben scritto e ben diretto, impreziosito da prove attoriali perfette: nei ruoli di supporto ci sono attori del calibro di Colin Firth ed Olivia Colman, un cameo finale della grande Glenda Jackson ed ovviamente i due giovani protagonisti.

A voler trovare dei difetti andrebbero rilevate alcune incongruenze nel casting nei secondi ruoli ed alcuni temi o personaggi avrebbero meritato un maggiore approfondimento, ma, nel complesso si tratta di un film dalla forte singolarità. Un film che non si piange addosso, tutt’altro, perché sono le donne a sopravvivere e sono loro che scrivono le loro Storie e la regista si conferma indubbiamente come un’autrice da seguire con attenzione nei prossimi anni.

data di pubblicazione:17/10/2021