BULLET TRAIN EXPLOSION di Shinji Higuchi – Netflix, 2025

(Foto privata)

Un treno ad alta velocità diretto a Tokyo rischia di saltare in aria per effetto di una bomba piazzata nelle vetture da un anonimo attentatore. Impossibile viaggiare al di sotto dei cento chilometri orari, impossibile frenare. Difficile, per il personale di bordo, gestire l’emergenza e le reazioni dei tanti passeggeri, facendo i conti al tempo stesso con la paura di morire. Suspense garantita fino all’ultima sequenza o quasi: chi si salverà? chi dovrà essere sacrificato?

Remake di una pellicola giapponese datata 1975 (vaghe reminiscenze del contemporaneo Cassandra crossing potrebbero affiorare alla mente di qualche spettatore), questo thriller a tema ferroviario offre un miscuglio ben dosato di adrenalina e commozione.

Vi si ritrovano, uno dopo l’altro, tutti i “passaggi” tipici del genere. Dalla breve carrellata dei personaggi – molto diversi tra loro – nella parte introduttiva, all’irruzione della minaccia con crescente percezione del pericolo. Panico tra i passeggeri, scontri spesso violenti, e tensioni tra gli “addetti” a mantenere ordine e controllo. Tra questi, spicca la figura del capotreno Takaichi (interpretato da un intenso Tsuyoshi Kusanagi), sin dalle prime scene presentato come una sorta di nume tutelare dei vagoni, tanto calmo, quasi imperturbabile, quanto attento e scrupoloso. A lui il compito di proteggere, mettere in salvo ciascun viaggiatore (non uno di meno), mantenere viva la speranza, in più di un senso. E al di là dei binari, nel chiuso di un’efficientissima centrale operativa, il medesimo ruolo è svolto, col massimo del coinvolgimento, dal direttore e dai collaboratori tutti, compreso un rappresentante del governo per buona parte della vicenda trincerato nel proprio cinismo.

Il tratto di maggiore originalità – nella narrazione di questa storia che è luogo comune del cinema – è dato da quelle “suggestioni d’oriente” di cui la pellicola risulta per buona parte impregnata. Così il tema si snoda, al ritmo vorticoso del treno, tra un harakiri autopunitivo – percepito nelle scene più impetuose o drammatiche – e una pacata saggezza, messa in risalto grazie a certi primi piani realizzati ad hoc, con focus sullo sguardo.

Tecnologie all’avanguardia e umanità, reciproci e profondi inchini – segno di obbedienza o devozione – ma anche spirito di squadra e senso di appartenenza, ponderazione e operosità estrema si alternano armoniosamente fino alle ultime riprese. Con un messaggio che prevale su tutto, persino sull’angoscia della catastrofe, o sull’istinto di sopravvivenza: amare chi non riesce ad amarsi è l’unica salvezza possibile. Per tutti quanti. Perché, semplicemente, “è difficile da credere, ma si può sempre ricominciare”. Insieme.

data di pubblicazione:01/05/2025


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3 Commenti

  1. Interessante. Bella recensione, grazie …

  2. Che bellissima recensione. Il finale stupendo. Grazie ❤️

  3. Bella recensione che nella perfetta e apprezzabile sintesi dà un’idea esaustiva dei pregi del film.

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