da Antonio Jacolina | Mar 23, 2020
“… c’era molta gente a spasso … sembravano tutti presi a conversare, il fatto lo colpì, con quanta disinvoltura davano per scontato l’essere insieme e il parlarsi fra loro …” Così scrive Elizabeth Strout nelle prime pagine del suo nuovo libro appena uscito per i tipi di Einaudi. Nulla a che vedere ovviamente con la realtà che stiamo vivendo attualmente, ma come non rifletterci un attimo con amarezza in questi momenti in cui tutto ciò che fino a ieri davamo per scontato come il passeggiare, il conversare camminando in compagnia, sembra essere, d’improvviso, divenuto un ricordo lontano ed un desiderio futuro.
Dopo poco più di 10 anni dalla pubblicazione di Olive Kitteridge (2008 e Premio Pulitzer 2009) che la consacrò come scrittrice di successo insieme con la sua eroina letteraria, la Strout affronta la non piccola sfida di scrivere un seguito ideale di quel suo romanzo e supera la prova in modo brillante confermandosi ottima narratrice dalla scrittura evocativa, impeccabile e scorrevole; facendosi, ancora una volta, apprezzare per la sua capacità introspettiva nel rappresentare storie intense e profonde con personaggi vivi, veri e complessi. L’iconica Olive Kitteridge (il cui successo letterario è stato anche bissato dal 2014 in poi dal successo della serie tv con l’altrettanto iconica Frances McDormand perfettamente calata nei suoi panni), sta ormai per raggiungere gli 80 anni, è più consapevole di sé, e continua ancora, pur con i suoi modi ruvidi e diretti, talora anche egoistici, a cercare di comprendere non solo se stessa ed il senso della propria vita, ma anche quello della vita di chi con lei ed attorno a lei vive a Crosby, piccola città costiera del Maine. La cittadina è un microcosmo di personaggi e caratteri che si illuminano di momenti toccanti, ironici, ridicoli e drammatici, in una parola di profonda concreta umanità, ognuno dei quali ci fa riflettere sulla solitudine, l’infedeltà, l’alcolismo, la malattia, l’invecchiamento, la morte, le delusioni ed il rimpianto, tanti rimpianti. Per fortuna però ci sono ancora anche amicizia, amore ed empatia, sentimenti che la nostra Olive trova in se stessa e che riesce anche ad offrire agli altri.
Come nel primo libro anche questa volta la Strout fonde abilmente humour, compassione e tristezza in storie che confluiscono in un’unica storia il cui filo rosso, che tutte le unisce fra loro, è Olive che a volte ne è la protagonista, a volte invece appare solo sullo sfondo. Olive Kitteridge è un personaggio indimenticabile, una volta conosciuto non si riesce a dimenticarlo tanto è vivo, toccante e realistico. Questa volta però è più profondo, più consapevole, più triste, la malinconia aleggia su ogni pagina come un ultimo sguardo prima del congedo finale da parte di una persona consapevole di essere, col tempo, divenuta una persona migliore ma, forse troppo tardi!
Un bel libro che fa riflettere. Se avete letto ed amato, a suo tempo, Olive Kitteridge non potrete non apprezzare anche questo libro anche se meno allegro e forse più triste, ma la Strout è brava nel penetrare e rappresentare la realtà con Verità e con tutte le emozioni che la Verità porta con sé: allegria o tristezza che siano.
data di pubblicazione:23/03/2020
da Antonio Iraci | Mar 22, 2020
Karin è di origine lituana e si trova internata in un campo di raccolta profughi durante la seconda guerra mondiale. Pur di rimanere in Italia, ed ottenere la cittadinanza, accetta di sposare Antonio e lo segue pertanto nella sua terra natia, l’isola di Stromboli, dove fa il pescatore. La donna non riesce però ad adattarsi alla vita decisamente retrograda del posto, sentendosi sempre più prigioniera, sia per le enormi differenze culturali con la gente del luogo sia per il carattere violento e geloso del marito che la accusa di infedeltà. La donna, incinta, non ha altra scelta che lasciare l’isola facendosi aiutare dal guardiano del faro, unica personale disponibile a sostenerla nella ricerca disperata della salvezza per sé e per il figlio che porta ancora in grembo. Sullo sfondo di questa storia il vulcano, che con le sue frequenti eruzioni, minaccia la vita dell’intera comunità e ostacola così i piani di fuga di Karin alla quale, al colmo della disperazione, non rimane altro che invocare l’aiuto di Dio.
Il film fu girato da Rossellini sull’isola di Stromboli e Ingrid Bergman, per la sua singolare interpretazione, vinse il Nastro d’Argento. Durante le riprese ebbe inizio una relazione sentimentale tra l’attrice ed il regista che, a quei tempi, aveva già un legame con Anna Magnani alla quale inizialmente aveva destinato il ruolo di protagonista. La Magnani, per ripicca, montò una produzione per girare a Lipari il film Vulcano, che interpretò insieme a Rossano Brazzi e Geraldine Brooks, e che, anche per la concorrenza con il film di Rossellini, riuscì ad ottenere un imprevedibile riscontro. In Italia Stromboli ebbe un discreto successo, sia pur inferiore alle aspettative, se non altro per la curiosità del pubblico, alimentata dalla stampa scandalistica dell’epoca, riguardo l’unione tra il famoso regista e l’altrettanto famosa attrice svedese, soprattutto perché entrambi erano già a loro volta sposati.
Tutta la situazione ebbe il merito di far scoprire a livello turistico le Isole Eolie, che ci suggeriscono una tipica ricetta: la frittella.
INGREDIENTI: 4 carciofi, 300 grammi di piselli freschi e 300 grammi di fave fresche sgusciate, una cipolla bianca, 3 cucchiai di aceto, 1 cucchiaio di zucchero, olio d’oliva, sale e pepe q.b.
PROCEDIMENTO: Per prima cosa bisognerà specificare che, contrariamente al nome, la preparazione non prevede alcuna frittura, ma anzi un umido composto da tre tradizionali ortaggi. Bisogna sbollentare per circa 10 minuti una grande cipolla bianca dopo averla tagliata a fette; quindi scolarla e farla rosolare in abbondante olio d’oliva. Aggiungere i carciofi ben puliti e tagliati a spicchi, i piselli e le fave, e lasciare cuocere a fuoco lento con un mezzo bicchiere d’acqua, sale e pepe a piacere. Aggiungere quindi l’aceto e lo zucchero in modo da creare un equilibrato sapore agrodolce. Terminata la cottura lasciare raffreddare. La frittella va gustata fredda, meglio ancora dopo 24 ore dalla sua preparazione.
da Antonio Jacolina | Mar 22, 2020
I sogni non ci chiedono il permesso per svilupparsi, ci invadono bruscamente e ci impongono la loro legge; ma, quando ci si sveglia, noi abbiamo però tutto il diritto di sviluppare gli spunti ricevuti dai sogni stessi e dar loro l’aspetto narrativo o psicologico che meglio riteniamo, senza dovergli chiedere il permesso. E’ questa la legge del sognatore!
Daniel Pennac, il creatore della saga di Monsieur Malaussène e della sua fantastica famiglia (ben 6 milioni di copie vendute) ci offre, con questo suo nuovo libro, un viaggio nel vasto paese dei sogni, un’ode al potere dei sogni e dell’immaginazione, alla famiglia, all’amicizia ed un omaggio alla libertà creativa di Federico Fellini di cui Pennac si dichiara fervente ammiratore. Come Fellini il nostro scrittore sogna enormemente e come lui tiene un quaderno in cui annota i propri sogni. Fellini poi li disegnava, ne traeva spunto per soggetti cinematografici o li inseriva direttamente nei propri film, Pennac invece li usa per scrivere e raccontare. Entrambi però ci invitano ad attuare la legge del sognatore e a fare dei nostri sogni il carburante per le nostre vite.
Il libro è un gradevole mix di letteratura, cinema, sogni, memorie e fantasia. Un racconto ove l’autore si concede una sorta di “autofinzione sognata”, piena di colpi di scena in cui mischia il vero con il falso per meglio evocare i propri ricordi di infanzia, gli anni dell’insegnamento, i vari allievi avuti e poi la sua grande fascinazione per il genio dell’amato Fellini. Raccontare un sogno è immaginarlo ed inventarlo nell’istante stesso in cui si inizia a raccontarlo. Quindi maliziosamente in equilibrio fra sogno e realtà, senza poter sapere dove finisca l’uno ed inizi l’altra, Pennac trascina il proprio lettore in un racconto che è tutto un grande inno all’immaginazione ed alla spensieratezza.
Una conferma di quale sia l’immaginario dell’autore: affascinante, dolce e folle, ricco e malizioso e tanto inafferrabile e indefinibile quanto può esserlo un sogno. È indubbio che l’arte di saper scrivere e raccontare sia una delle qualità di Pennac, il lettore deve solo affidarsi e lasciarsi portare dal racconto e perdersi nel racconto stesso, tanto onirico quanto accattivante e piacevole a leggersi.
data di pubblicazione:22/03/2020
da Antonio Iraci | Mar 21, 2020
Dante, brava persona con il solo vizio di rubare ogni tanto qualche banana al mercato, vive a Cesena dove lavora come autista di uno scuolabus per ragazzi disabili. A seguito di un causale incidente d’auto, incontra Maria e i due iniziano a frequentarsi mentre la donna comincia gradualmente a cambiare il look di Dante facendolo vestire in maniera elegante, disegnandogli un neo sulla guancia, mettendogli in bocca uno stecchino e chiamandolo persino Johnny. L’uomo, oramai innamorato, accetta tutto e non esita a trasferirsi a Palermo su richiesta di Maria che invece ha per la testa un piano ben diverso. Nella realtà è moglie di Johnny Stecchino, pentito e latitante, e, sfruttando l’incredibile somiglianza fisica tra i due uomini, cerca di sostituire l’ingenuo Dante con il marito in modo che la mafia uccida lui e non il suo uomo. Il film si basa su tutta una serie di situazioni comiche al limite del grottesco: alla fine Maria (Nicoletta Braschi) si renderà conto della bontà e serietà dell’ingenuo Dante e stanca del marito consegnerà proprio lui ai mafiosi salvando così la vita del povero sosia, di cui nel frattempo si è innamorata. Il film interpretato da Roberto Benigni, che ne curò anche la regia, ebbe un grande successo di pubblico e lo stesso regista venne premiato con un David di Donatello e con un Nastro d’Argento per la sua singolare interpretazione. Nonostante gli strepitosi incassi al botteghino, la critica all’inizio lo accolse piuttosto tiepidamente ma con il tempo lo ha rivalutato e oggi è unanime nel considerarlo tra i lavori meglio riusciti dell’attore toscano, già premio Oscar. Girato in massima parte a Palermo, il film si può abbinare ad una ricetta tutta dal sapore mediterraneo: polpettine di melanzane.
INGREDIENTI: 1 kg di melanzane, 100 grammi di parmigiano grattugiato, 100 grammi di formaggio pecorino romano grattugiato, 80 grammi circa di pan grattato, 1 uovo, 40 grammi di uvetta passa di Corinto e 40 grammi di pinoli, abbondante basilico fresco, olio per frittura, sale e pepe q.b.
PROCEDIMENTO: Per prima cosa bisognerà preparate la base dell’impasto quindi si devono mettere a lessare le melanzane, tagliate a pezzi grossi, in acqua salata per circa 15 minuti. Una volta raffreddate, dovranno essere strizzate bene e lavorate sino ad ottenere una massa compatta. Aggiungere i formaggi, il pan grattato, l’uovo, abbondante basilico, sale e pepe a piacere. Fare delle polpettine non troppo grandi e farle friggere in abbondante olio, dopo averle passate nel pan grattato. Servirle possibilmente ben calde.
data di pubblicazione:21/03/2020
da Antonio Jacolina | Mar 21, 2020
Il Festival di Cannes in programma per il prossimo mese di Maggio è stato rinviato. L’uscita di quasi un centinaio di film è bloccata. Una cinquantina di troupes e di set in preparazione sono ferme o sono chiusi. Sospesi vari progetti. L’intera industria cinematografica è costretta a fermarsi! E, con lei tutto il volume di affari, di occupazione e di abitudini ad essa connessa. Con il Cinema anche tutto il mondo della Cultura. Il Mondo come noi lo conoscevamo e che pensavamo immutabile, sta cambiando ogni giorno di più davanti ai nostri occhi increduli e … noi con lui e, con lui anche il nostro modo di vivere. Purtroppo non stiamo né assistendo, né partecipando, come comparse, ad un film “distopico” su un futuribile domani su cui poter proiettare e scaricare le nostre ansie. Non siamo affatto sul set immaginato da Fritz Lang per la Metropolis del 2026, né in quello della putrida e bagnata Los Angeles del 2019 di Blade Runner, né nel visionario mondo del 2035 di L’esercito delle 12 scimmie ove l’umanità, per sfuggire ad un virus letale, si è rifugiata sottoterra. Non c’è un Bruce Willis incaricato di tornare indietro nel tempo per scoprire l’origine dell’infezione e l’antidoto, non c’è un Will Smith, un Denzel Washington né un Tom Cruise che possono intervenire. Non è un film ma la Realtà. La vera realtà è anche che tutti i luoghi della Cultura sono ormai chiusi … tutte le cose che amiamo fare, sono costrette oggi a fare un passo indietro davanti l’incalzare di questa nuova (ma temporanea) realtà. Ma fare un passo indietro non significa affatto rinunciare o perdere ciò che si ama, e fra le tante anche il cinema. Si tratta di adattarsi ed abituarsi, per ora, all’idea di fruire e godere di ciò che si ama in modi nuovi, inusuali e diversi, e … non è affatto detto che questi modi nuovi non siano altrettanto piacevoli e validi. Certo, fino ad oggi eravamo tutti convinti che il Cinema potesse essere apprezzato solo e soltanto “dal vivo”, direttamente e ritualisticamente immersi nel buio di una sala, seduti vicino ad altre persone rivolte tutte con lo sguardo affascinato verso uno schermo illuminato, in momenti di Pura Magia! Ma per essere realisti, se i cinema resteranno chiusi ancora per settimane, la fruizione dei film “in modo indiretto” deve poter assumere un altro valore ed acquisire un altro nuovo gusto meno indigesto e forse altrettanto buono. È la realtà che ci si prospetta davanti senza infingimenti. Le certezze cambiano velocemente, basti pensare che davanti alla crisi dell’intera industria cinematografica si parla già di cambiare anche i regolamenti degli Oscar e dei Festival che fino a ieri imponevano, per poter concorrere o partecipare, l’uscita del film in sala. Si parla anche, coerentemente, di far uscire in streaming o a pagamento on demand tutti i film bloccati dall’emergenza, e si parla pure di poter vedere dei film dal nostro divano di casa in contemporaneo collegamento con gli amici potendo chattare con loro per sentirci così tutti in una sorta di sala virtuale ed in compagnia.
“Il Futuro Prossimo venturo” sarà un futuro vicinissimo in cui andremo al cinema senza essere al cinema. Ce la faremo? Certo che sì! Ce la faremo e ci adatteremo, sapersi adattare è la nostra qualità vincente, anche se c’è ancora qualcuno, come c’era nel passato, che critica l’avvento del sonoro, l’avvento del technicolor, l’avvento del cinemascope, dei grandi schermi, l’avvento del digitale in post produzione, l’avvento della computer grafica, l’avvento dei dvd … In attesa che questo Futuro si realizzi attorno a noi e con noi, nel modo meno cruento possibile, occorre tener alti i morali e tener viva la passione per l’Arte, lo Spettacolo, la Musica, il Teatro ed il Cinema, e, ben vengano tutte le iniziative che ci consentono di vivere, godere ed apprezzare le nostre passioni, i nostri interessi ed i nostri sogni.
Fra queste proposte merita di essere segnalata con particolare affetto ed apprezzamento da Accreditati quella volta a portare a casa la Cultura, proprio per aiutarci a superare individualmente, ma in virtuale compagnia di tanti altri, questo momento. E’ l’idea brillante lanciata dalla rivista culturale Scene Contemporanee.it con l’iniziativa: #SCenerestiamoacasa-proposta-film e spettacoli per la quarantena.
Un’intelligente ed apprezzabile iniziativa che propone ai suoi lettori e a chiunque altro sia interessato di coglier l’occasione di potere avere a casa, nella propria poltrona, un’accurata selezione di spettacoli e film nazionali ed internazionali scelti con cura, passione e competenza fra quelli di maggior successo e qualità delle ultime stagioni. Un’ampia selezione che abbraccia tutti i generi e che verrà costruita, adattata e integrata ogni giorno con la redazione stessa di Scene per poter così continuare ad essere una comunità di appassionati che stanno insieme, che insieme godono le proprie passioni pur restando, per ora, distanti. Una opportunità da cogliere.
Per ulteriori e più dettagliate informazioni consultate direttamente il sito di Scene Contemporanee.it
data di pubblicazione:21/03/2020
da Paolo Talone | Mar 20, 2020
I giorni di quarantena stanno moltiplicando le iniziative culturali online di teatro e cinema, che non sfuggono agli occhi vigili di Accreditati. In un tempo in cui si è invitati a rimanere a casa per il bene di tutti, anche il Teatro di Roma #TdRonline, aderendo alla campagna nazionale e comunale del #iorestoacasa e #laculturaincasa, ha deciso di aprire il sipario sui canali social di Facebook, Instagram e YouTube, proponendo al suo pubblico un ricco palinsesto di eventi virtuali.
Si apre questo fine settimana la programmazione digitale del Teatro di Roma, per poi continuare con una proposta settimanale di eventi che verranno costantemente aggiornati in rete. Sabato 21 marzo, in occasione della Giornata Mondiale della Poesia, a partire dalle ore 16, lo spazio sarà dedicato a VOCE, una maratona online di poeti e autori che declameranno i propri componimenti in clip di pochi minuti a comporre un unico racconto poetico espanso. Apre Giorgio Barberio Corsetti con l’inedito Commedia, seguono alcune tra le voci più apprezzate del panorama poetico, a partire da Mariangela Gualtieri con Nei passi – la notte, Antonella Anedda con Osservatorio, Ida Travi con Presto ce ne andremo, Silvia Bre con Se un mosaico di dolore assume il canto e Nell’isola che è di ombra e ti denuda; a cui si affiancano voci dagli stili differenti, ricchi ed eleganti, come Franco Marcoaldi con Quand’è che l’idea di limite e confine, Azzurra D’Agostino con La volpe, Maria Grazia Calandrone con Interiore invernale e Canzone, Vincenzo Ostuni con n°1 – Tiritì tiritì, Marco Mantello con Malattia e Le anafore; e autori che evocano mondi affascinanti e distanti tra loro come Orso Tosco con Adesso è preservare e Ecco la nera murena a caccia tra gli scogli, Tommaso Giartosio con Sono il figlio, o la pietra col tuo nome e Quando ne resta soltanto una lingua, Laura Pugno con l’inedito Pietra focaia, Paolo Maccari con Si dorme ancora nel mondo; tutti caratterizzati dalla loro ‘presa di parola’.
Doppio appuntamento domenica 22 marzo rivolto invece alle giovani generazioni. Alle ore 11 il Laboratorio Piero Gabrielli, dedicato all’integrazione con e senza disabilità, lancia un tutorial per la creazione della canzone Chiuso dentro casa che coinvolge i ragazzi nella realizzazione del testo e del video-clip; alle ore 21 la prima favola serale delle Fiabe della buonanotte a cura di teatrodelleapparizioni (in collaborazione con CSS di Udine), introdotta da Fabrizio Pallara che in diretta streaming mostrerà il teatrino ideato per realizzare il ciclo di spettacoli. Altre fiabe in programmazione per mercoledì 25, venerdì 27 e domenica 29 sempre alle 21.
Di seguito elenchiamo altri appuntamenti in scaletta per la prossima settimana.
Martedì 24 (ore 16) sarà postata la registrazione dell’incontro pubblico di Alessandro Serra con Fausto Malcovati su uno dei capolavori del teatro mondiale, Il giardino dei ciliegi di Čechov.
Doppio appuntamento per giovedì 26 (ore 12) con Lino Guanciale che legge Flaiano e con Monica Demuru (ore 16) che ci riconduce alle pagine simboliche della peste del 1348 riportando in voce La cornice del Decameron di Boccaccio.
Protagonisti della sezione conversazioni in diretta streaming, sabato 28 (ore 21), saranno Giorgio Barberio Corsetti e Alessandro Serra, in dialogo tra pensieri, riflessioni e spettacoli.
Domenica 29 (ore 16), infine, prende il via la prima intervista video del ciclo Persone a cura di Daria Deflorian, una chiacchierata con la ‘persona della settimana’ tra pratiche di lavoro e racconti autobiografici.
È compito di un teatro nazionale trasformare il contributo spontaneo e creativo di questi artisti in un gesto responsabile e in un impegno che sarà sempre più concreto e strutturato. Il Teatro di Roma è una comunità di persone fisiche che lavorano e si ritrovano intorno a degli oggetti artistici, ma anche una comunità ideale, disseminata nella città e oltre. Creare l’occasione perché questa comunità si ritrovi insieme è la responsabilità dello Stabile nazionale. Si inizia da domani a scoprire un altro modo per farlo, giorno dopo giorno, insieme al pubblico, agli artisti e alle artiste coinvolti, tessendo un percorso comune che renderà l’incontro ancora più ricco.
Facebook: @teatroargentinaroma @teatroindia @teatrovillatorlonia
Instagram: teatrodiroma
YouTube: Teatro di Roma
data di pubblicazione:20/03/2020
da Daniele Poto | Mar 20, 2020
Emozionante rileggere il primo tentativo letterario di Philip Roth a meno di due anni dalla sua scomparsa e dal torto macroscopico della mancata attribuzione del Premio Nobel per la letteratura, complici altre scelte e l’empasse del prestigioso riconoscimento. Racconto lungo o romanzo breve? Si può rimanere nel guado del dubbio per un volumetto con un’indimenticabile copertina di Fulvio Bianconi, un miracoloso prezzo d’esordio di 350 lire per un testo storico ancora reperibile su E Bay o fruibile nella versione cinematografica con il titolo neutro di La ragazza di Tony svettante Ali Mc Graw che poi si sarebbe affermata con la versione filmica di Love Story. Alla trave portante sono corredati cinque racconti di ambientazione ebraica che potresti benissimo confondere con altrettanti creazioni di Malamud o di Bellow, tanto forte è il calcolo di una tradizione narrativa fortemente caratterizzata per ambiente, consuetudini, gergo yiddish. Quando si produce in questo primo libro Roth ha appena 26 anni ma già si spende in una corrosiva descrizione del vuoto benessere americano, fatto di esteriorità, consumo ma con un assoluto vuoto di valori. Dunque il fidanzamento “pronti e via” di una copia è la cartina di tornasole per ispezionare la famiglia di lei con i suoi stanchi riti, affrontando la piacevole inconcludenza di vite sotto il segno del nulla. Dal nulla al nulla verrebbe voglia di dire per una coppia che non quaglia, che non sopravvive alle formalità e al perbenismo per un’America che sta affrontando la temperie di “Scandali al sole”. Nel sesso anche la scoperta di un diaframma anti-concezionale può sbattere su un muro di pregiudizi e di veti. Rimane la simpatia per il protagonista maschile che è sbalzato in un mondo assolutamente non a sua misura, con cui si sforza di confrontarsi senza grande successo. Roth fa largo uso di dialoghi per graffiare un’American life che già 60 anni rivelava la propria inconsistenza. Ma è solo l’alba di annunciati successivi capolavori con l’apoteosi per Il Lamento di Portnoy, non il migliore ma certamente il più famoso.
data di pubblicazione:20/03/2020
da Accreditati | Mar 20, 2020
In un periodo nel quale l’emergenza CoVid-19 ci impone di stare a casa, prevedendo la chiusura di tutte le sale di cinema ed i teatri italiani, vi proponiamo una piacevole iniziativa proposta da Fabia Bettini e Gianluca Giannelli di Alice nella città. Proiezioni in diretta Facebook e Instagram dal giovedì alla domenica alle ore 22 sulle facciate della nostra città ed anche in tanti altri luoghi nel mondo di sequenze di film scelti e commentati da attori e personaggi appartenenti al mondo della cultura. Noi li seguiremo e ve li racconteremo, ma invitiamo tutti a collegarsi ai canali social di Alice nella città per essere presenti e partecipare. L’iniziativa è partita il 19 marzo alle 22 con Anna Foglietta, mentre oggi 20 marzo sempre alle 22 ci saranno Paola Minaccioni e Paolo Calabresi.
Cinema da casa è una iniziativa immaginata da Alice nella Città, il Festival Internazionale dedicato ai più giovani, per unire le persone attraverso il cinema. Le proiezioni nascono dall’idea di usare come schermo gli spazi di vita delle persone, e proiettare le trame e le immagini dei film che ci legano per aver modo di stare insieme anche se lontani. Le sequenze e le immagini dei film che abbiamo amato di più verranno proiettate ogni sera alle 22:00 dalla nostra finestra di casa, alternando sequenze tratte da feel-good movies, titoli di cinema classico e film vintage-pop italiani. Una multiprogrammazione corale fatta da tante persone, da tante finestre diverse. In questa prima settimana, solo per citare alcuni titoli, abbiamo proiettato I 400 colpi, L’attimo fuggente, Billy Elliot, Nuovo cinema paradiso, La dolce vita, Il cielo sopra Berlino, Miracolo a Milano, Il Grande Dittatore ma anche titoli dedicati ai bambini come Gli Aristogatti. Chi non ha la possibilità di proiettare, potrà inviarci dei suggerimenti tramite tutti i canali social e saremo noi a programmare le immagini dei loro film del cuore. Chi invece può farlo, è invitato ad aprire le finestre come noi, illuminando la propria strada, il proprio palazzo e la propria città. Sono tante le città che hanno già aderito al progetto, tante le finestre affacciate sul mondo che hanno voglia di sognare insieme a noi. Solo a Roma stanno proiettando i quartieri Montemario, Centocelle e San Lorenzo ma, contemporaneamente, lo stanno facendo anche le città di Torino – con il condominio di Via Santagiulia 55 – Palermo e Bari. All’estero stanno partecipando dalle Filippine, da Metro Manila, dal Brasile e dal Vietnam, e stanno per iniziare anche in Inghilterra, in Francia, in Svizzera e in Bulgaria, luoghi dai quali s le nostre dirette sono seguite tutte le sere, e dove le nostre immagini vengono ricondivise.
Da oggi e per tutte le prossime settimane dal giovedi alla domenica, oltre alle consuete proiezioni, avremo degli amici di finestra – degli ospiti, in diretta Facebook e Instagram che condivideranno con noi questo momento, scegliendo due film significativi per ognuno. Ecco i primi nomi:
GIOVEDÌ 19 MARZO – ORE 22:00
Anna Foglietta
VENERDÌ 20 MARZO – ORE 22:00
Paola Minaccioni e Paolo Calabresi
SABATO 21 MARZO – ORE 22:00
Silvia D’amico e Pappi Corsicato
DOMENICA 22 MARZO – ORE 22:00
Michela Cescon e Blue Yoshimi
L’idea di proiettare alle 22:00 nasce dalla speranza che si riesca ad andare a dormire con il cuore più leggero dopo queste giornate faticose, grazie alla condivisione di un momento dedicato alla visione di scene tratte dai film che amiamo di più. Per ulteriori informazioni su come aderire al Cinema da Casa, consulta il sito o i canali social.
data di pubblicazione:20/03/2020
da Antonio Jacolina | Mar 18, 2020
Chi conosce la Nothomb sa che la 54enne scrittrice belga fin dai suoi primi esordi nel 1992 con Igiene dell’assassino e poi con i vari romanzi che si sono via via succeduti al ritmo di uno l’anno, non è certo un’autrice che si possa dire che possieda il dono della giusta misura. Così come la si può adorare e detestare, così lei ama provocare con l’originalità dissacrante del suo stile e dei temi al cui centro c’è autobiograficamente lei stessa o il corpo fisico con i suoi bisogni o limiti. Ecco quindi, fra i tanti: Stupore e tremori nel 1999, Metafisica dei tubi nel 2000 e Biografia della fame nel 2005. La scrittrice riesce sempre nelle sue provocazioni e la sua megalomania aveva bisogno di un protagonista all’altezza della sua stessa megalomania, e quindi, cosa di meglio stavolta che lasciare i campi autobiografici e mettersi nei panni di Gesù Cristo dando parola in prima persona ai suoi pensieri e scrivere così una versione tutta personale di un Vangelo, il “Vangelo secondo Amelie Nothomb”.
L’autrice in SETE da voce infatti al corpo di Gesù qualche ora prima della sua passione e crocefissione, non come figlio di Dio ma soprattutto come essere umano. Quali sono i suoi pensieri? Quelli degli Evangeli o piuttosto quelli di un uomo? Pensieri umani e terreni sul senso di una scelta, sulla paura e sulla sete, il bisogno di acqua di un corpo per sentirsi ancora vivo. Un monologo provocante e provocatorio, dissacrante e dissacratorio, un libro molto controverso che è la rappresentazione del paradosso Nothomb. La scrittrice, come al solito, sa ben scegliere un tema originale e sorprendente, controlla con la sua solita maestria lo stile, scrive bene e la lettura è fluida; che sappia scrivere bene e sappia provocare è innegabile, ma non basta! Affrontare un tema come quello della crocefissione dal punto di vista del corpo è una buona idea, è innegabile, ma non basta! L’intero breve libro manca purtroppo di profondità, le riflessioni sono troppo superficiali, quasi banali e non arrivano di certo a toccare né il cuore né lo spirito. SETE non è né buono né cattivo, non aggiunge nulla di nuovo ai lettori, credenti o non credenti che siano, è intelligentemente provocatorio ma nulla di più, manca proprio la sostanza, la effettiva consistenza dei contenuti. Davanti a tanta ambizione il risultato è assolutamente del tutto trascurabile.
Questa volta il giochino non è riuscito. Forse un libro scritto velocemente, che va letto velocemente e … ancor più velocemente va dimenticato.
data di pubblicazione:18/03/2020
da Antonio Jacolina | Mar 18, 2020
“…La viabilità di Roma è male organizzata e mancano i piazzali; i monumenti sono ristretti entro costruzioni di nessun pregio e perdono gran parte della loro bellezza…” così scriveva a Napoleone, ai primi del 1800, Camille de Tourner, Prefetto dell’amministrazione capitolina francese. Roma era la “Seconda città dell’Impero”, ma la discrepanza tra la magnificenza di una città ideale e la mediocrità della città reale era tragicamente percepita dall’amministrazione francese. Già allora emergevano in tutta la loro drammaticità i problemi che decenni più tardi, i Piemontesi prima, Mussolini poi indicheranno come i nodi da sciogliere per la modernizzazione e la grandezza della Capitale. In una città ritornata vitale le esigenze del ruolo, la crescente pressione demografica ed il processo di motorizzazione impongono interventi urbanistici che portano alla contrapposizione fra i paladini del pittoresco sedimentatosi nei secoli e quanti invece in tutto ciò vedevano solo malformazioni e degrado da sanare e modernizzare.
La Roma di Mussolini di Sidoni, acuto saggista ed attento ricercatore e storico, non è un libro destinato ai soli specialisti, tutt’altro, è invece un libro accessibile a tutti perché è uno sguardo, un’analisi acuta di quanto avvenuto fino a ieri l’altro per consentirci anche di meglio comprendere l’oggi. E’ quindi una buona opportunità di avere una visione precisa, semplice e completa degli eventi e degli antefatti che hanno portato alla Città così come la viviamo oggi e di conoscere come sono stati disegnati i suoi assetti urbanistici e pianificata la sua monumentalizzazione e come sarebbe potuta essere e perché non lo è. Un’analisi completa, documentata e ricca di aneddoti, di sorprese, di fatti e retroscena spesso gustosissimi, scritta con stile asciutto e scorrevole, dello sviluppo e delle trasformazioni urbanistiche ed architettoniche che incisero sul volto di Roma nel tentativo di farne una grande metropoli moderna. Una modernità che veniva intesa come razionalismo e futurismo, che aveva bisogno di spazi, di nuove regole e modelli e, per quanto difficile, doveva anche riuscire a coniugarsi con le tradizioni. Uno dei risultati fu lo stile architettonico del “Monumentalismo Neoclassico Semplificato” che, sottolinea Sidoni, affrontando in modo distaccato, senza preconcetti ideologici, un tema che ha visto scontrarsi nel passato visioni contrapposte, non fu solo italiano o fascista, ma fu universale ed è infatti presente negli edifici pubblici a Washington, a Parigi, a Dublino e in altre grandi città. Dunque un libro che merita di essere letto e consultato e che può interessare e soddisfare sia gli appassionati di cose romane sia ed anche coloro che ci sono solo venuti a vivere, per dar loro l’opportunità di meglio comprendere dove si trovano.
data di pubblicazione:18/03/2020
Gli ultimi commenti…