da Rossano Giuppa | Ott 26, 2023
(ALICE NELLA CITTA’- 18/29 Ottobre 2023)
E’ stato presentato il 24 ottobre scorso ad Alice nella città, nella sezione Panorama Italia Proiezioni Speciali, The Cage – Nella Gabbia, il nuovo film di Massimiliano Zanin, adrenalinico e appassionante, ambientato nel mondo de l’MMA, ovvero le arti marziali miste, sport basato su colpi, prese e combattimento a terra in grande ascesa nazionale e internazionale. Un film sulla competizione al femminile e sulla voglia di riscatto che è anche un racconto intimo e toccante basato sui sentimenti, sull’amicizia e sugli ideali di vita. La protagonista è Giulia (Aurora Giovinazzo), che dopo aver vissuto un evento traumatico, la perdita di un figlio ancora in grembo sul ring ed aver abbandonato i sogni di gloria, decide di uscire dal circolo vizioso in cui è bloccata e di tornare nella gabbia di MMA. Rischia di mettere a repentaglio la sua relazione e la sua stessa vita, ma la passione verso quel mondo e quella disciplina è più grande di qualsiasi altra cosa.
Giulia, un tempo promessa de l’MMA femminile lavora insieme al fidanzato Alessandro (Brando Pacitto) in uno zoo, con un desiderio recondito di tornare sul ring e prendersi la rivincita contro Beauty Killer (Desirèe Popper), l’atleta che l’aveva portata ad abbandonare il mondo degli incontri delle Mixed Martial Arts.
La sua nuova allenatrice, Serena (Valeria Solarino), la sostiene e la incoraggia e grazie a lei Giulia riuscirà ad affrontare i suoi timori e a uscire da quella gabbia, dentro la quale rischia di restar chiusa per sempre. C’è la relazione col fidanzato, geloso e insicuro. C’è la comunità religiosa che frequentano, in cui non si sente capita. E c’è il lavoro allo zoo, metafora del suo stato d’animo, quello di un animale in gabbia. Ma c’è sempre la classica goccia che fa traboccare il vaso e rompe i fragili equilibri, facendo trovare a Giulia trova il coraggio di ribellarsi.
Molto interessante la scelta di ambientare la vicenda all’interno de l’MMA al femminile, che trasmette al racconto dell’impresa sportiva l’emozione e la determinazione di una donna che lotta fisicamente ed interiormente a mani nude a rischio della vita. La gabbia è nostra società contemporanea, popolata da individui appaiono sempre più condizionati e limitati, inconsapevoli del valore della libertà del pensiero e dell’agire, rinchiusi nelle tante gabbie delle convenzioni sociali, della morale, delle relazioni sociali.
La protagonista è combattente dalla nascita per necessità e destino: combatte contro principi e pregiudizi della comunità religiosa nella quale è stata accolta, combatte contro l’idea insistita ed opprimente del fidanzato di trasformare il piccolo zoo a conduzione familiare in un grande business; contro quella convivenza che la imprigiona in una storia che non sente più sua. Realizzare se stessa combattendo a mani nude in una gabbia vera e propria è la strada che Giulia troverà per affermare con grande determinazione la propria identità.
Straordinaria l’interpretazione di Aurora Giovinazzo. Nonostante la giovane età e la corporatura minuta, l’attrice ha lavorato fisicamente e mentalmente su fisico e postura, trasformandosi in un’autentica lottatrice, grazie ad un lavoro da grande professionista.
A cadenzare il ritmo racconto filmico ci sono poi le bellissime musiche originali del cantautore Motta. La colonna sonora è inoltre impreziosita dalla voce di L’Aura che ha realizzato la cover della hit Girls Just Want To Have Fun di Cyndi Lauper.
data di pubblicazione:26/10/2023
da Salvatore Cusimano | Ott 25, 2023
(ROME FILM FEST, 18/29 Ottobre 2023)
Antonio, ex operaio di un cantiere nautico, conduce una vita mite e tranquilla: gioca e partecipa a tornei di bocce con gli amici, si prende cura della madre anziana con la quale convive da quando si è separato dalla moglie con cui tuttavia è in ottimi rapporti, anche per amore della loro unica figlia Emilia, alla quale Antonio è legatissimo. Quando Emilia un giorno gli annuncia che ha deciso di sposarsi, la sua gioia di padre è colma perché può finalmente coronare il sogno di regalarle il ricevimento di nozze, nozze sulle quali, sin da quando era bambina, fantasticavano insieme come fosse un gioco. Ma la banca, di cui è da sempre cliente ed alla quale ha affidato i risparmi di una intera vita di lavoro, sembra però nascondere qualcosa e il suo sogno ben presto si trasformerà in un brutto incubo.
Il titolo Cento domeniche è già fortemente simbolico: sono quelle che, ad un suo amico operaio, sono più o meno servite per costruirsi la casa dove vivere con la propria famiglia, lavorando la domenica appunto, mattone su mattone, centesimo dopo centesimo, dopo una intera settimana di lavoro in cantiere. Il riferimento è a tutti quei lavoratori onesti, che dopo anni di risparmi, hanno perso tutto nei vari crack bancari verificatisi in Italia negli ultimi vent’anni. Antonio Albanese, nel suo quinto film da regista, racconta il tutto con grande maestria, sia registica che interpretativa, memore del suo passato da operaio, come da lui stesso raccontato in conferenza stampa.
Se nel film precedente, Contromano, affrontava in modo ironico il tema dell’immigrazione, in Cento domeniche riprende un tema per lui cruciale, il lavoro, argomento che già aveva esplorato nei suoi personaggi a teatro e nei vari film da attore. Il film, volutamente girato a Olginate in provincia di Lecco, è significativo anche nella scelta della suddetta location, zona di origine di Albanese. È un’opera di cui si sente oggi più che mai necessariamente il bisogno, un film di denuncia sociale alla Ken Loach, non propriamente riferito al sistema delle banche, quanto piuttosto alle singole persone che hanno infettato quel sistema, gente malvagia che ha distrutto vite e comunità intere. L’empatia naturale che scatta verso il suo personaggio è totale, riflette lo stato d’animo profondo che molte persone hanno vissuto sulla propria pelle, molte delle quali (da interviste e ricerche effettuate dallo stesso regista) si sentivano in colpa e pieni di vergogna, nonostante fossero vittime di persone senza scrupolo.
La storia è una storia immensa, di una crudeltà incredibile, che racconta un tema molto delicato, trattato con umanità e onestà; racconta anche di come un dramma da collettivo possa diventare individuale ed Albanese ci riesce in modo straordinariamente convincente, descrivendo l’abissale solitudine e disperazione in cui vittime come Antonio si sono venute a trovare dall’oggi al domani.
data di pubblicazione:25/10/2023
da Rossano Giuppa | Ott 25, 2023
(ALICE NELLA CITTA’- 18/29 Ottobre 2023)
Nel quartiere Tiburtino III alla periferia della Capitale, un gruppo di piccoli delinquenti ed emarginati dovranno salvare il mondo da un’invasione aliena. Un piccolo meteorite è caduto dal cielo e poco dopo gli abitanti sono stati infettati da parassiti che agiscono sulla volontà degli individui, comandando a piacimento i loro corpi. Nei giorni seguenti tutti coloro che abitano in quella zona assumono atteggiamenti strani e iniziano ad alzare delle barricate di fatto isolando il quartiere. Nessuno può entrare; l’obiettivo degli alieni è occupare una striscia di terra ed andare alla conquista del mondo. Sono capitanati da Leonardo De Sanctis (Paolo Calabresi), il padre di Pinna, un giovane spacciatore del posto e marito di un’estetista che lavora a domicilio (Paola Minaccioni). È così che Pinna (Antonio Bannò) insieme ai suo gruppo di amici e alla celebre fashion blogger Lavina Conte (Sveva Mariani), che si ritrova bloccata a Tiburtino III, decidono di indagare su cosa stia accadendo. A loro spetta il compito provare a salvare il mondo dall’invasione.
La guerra del Tiburtino III di Luna Gualano, presentato in concorso nella sezione Panorama Italia ad Alice nella Città lo scorso 22 ottobre uscirà nelle sale il prossimo 2 novembre. Proprio nel 2018 la Gualano vinse il concorso Panorama Italia sempre ad Alice nella Città con il film Go Home – A casa loro, progetto indipendente, un film di zombie ambientato in un centro di accoglienza che affrontava in maniera originale il tema dell’odio xenofobo.
Questa volta racconta la periferia romana, una delle più estreme e meno conosciute, in una commedia che intreccia azione, fantascienza, allegria e temi sociali.
Il Tiburtino III è un’area urbana di Roma, nata come borgata e poi inglobata in uno dei municipi della capitale. È uno di quei microcosmi che vivono di vita propria che ha i propri equilibri sociali ed economici. C’è la piccola criminalità di Pinna, che spaccia il fumo per coltivare il sogno modesto di comprarsi una Porsche, che va bene anche usata, c’è la fatica fisica di Chanel (Francesca Stagni), ogni mattina presto pronta dietro al bancone del suo bar, c’è la totale nullafacenza di Panettone (Federico Majorana), perso tra i fumi delle sue canne.
Da quiLa guerra del Tiburtino III, scritto dalla stessa regista assieme ad Emiliano Rubbi che è anche autore della colonna sonora, riflette sulla distanza sociale tra chi decide e governa e chi è costretto ad arrabattarsi con i propri strumenti e le proprie forze. Quando gli abitanti del quartiere cominciano a comportarsi in maniera del tutto anomala, il fatto naviga rapidamente sul web, ma l’interesse rimane del tutto virtuale. Esistono contesti così periferici che anche quando si fanno campo di battaglia, rimangono una questione interna. Al Tiburtino III non arriva nessuno che si preoccupa dei segnali di malessere. Arriva solo Lavinia Conte, influencer da 2 milioni di follower, che ha bisogno di un trend social forte per accaparrarsi un importante contratto con un’azienda di moda.
Un film assolutamente corale, visto che tutte le comparse sono abitanti del quartiere, divertente, ironico e sociale al tempio stesso perché parla di intolleranza, razzismo e degrado, con una straordinaria colonna sonora, la descrizione pop di uno spaccato che solo in parte distorce il reale. Attori fantastici, intuizioni felici e battute intelligenti, forse si vola troppo in superficie, ma va benissimo così.
data di pubblicazione:25/10/2023
da Antonio Iraci | Ott 24, 2023
(ROME FILM FEST, 18/29 Ottobre 2023)
Dopo anni di monarchia assoluta il re del Bhutan, piccolo stato nella catena dell’Himalaya, decide di abdicare e di indire, per la prima volta nella storia del Paese, elezioni sul modello delle democrazie occidentali. Il popolo, di natura prevalentemente rurale, non solo non è preparato a questo cambiamento epocale ma non ne intravede neanche il motivo, visto che tutti sono felici e contenti del proprio sovrano. Intanto il monaco Tashi è incaricato dal suo capo spirituale buddista di procurargli delle armi…
Arriva a sorpresa in questa edizione della Festa del Cinema di Roma un film già presentato al Toronto Film Festival, scritto e diretto da un regista bhutanese, occasione più che rara visto che il Paese continua a mantenere una rigida politica isolazionistica per proteggere il proprio patrimonio culturale e la propria indipendenza. Il film è quindi un’opportunità per entrare nel modus vivendi di un popolo che vive felice di quello che ha e che guarda con riluttanza ogni cambiamento che possa di fatto interferire negativamente sul proprio stato sociale. La storia narrata è divertente ma non superficiale perché segue le vicende rocambolesche di Ron, che dagli Stati Uniti si ritrova sull’Himalaya per seguire le tracce e recuperare un fucile, da tempo nelle mani improbabili di un vecchio. Il giovane americano deve comprare a tutti i costi quel prezioso cimelio, mentre la popolazione locale non sa neanche mettere a fuoco il concetto di arma e dell’uso che se ne può fare. Ecco che il regista, con un messaggio veramente sottile, ci fa comprendere come noi occidentali abbiamo oggi un’idea distorta della democrazia e di come le armi siano diventate un mezzo di aggressione anche per risolvere problemi di ridicola entità. Il film intreccia varie vicende e ricorre spesso ai principi religiosi del buddismo dove un punto cardine sembra essere il concetto di compassione, inteso come partecipazione empatica alla vita del prossimo. La narrazione quindi è allegra e profonda nello stesso tempo, macchiettistica ma con risvolti di sentita religiosità in quanto riesce bene a miscelare la vita dei monaci con quella degli abitanti dei villaggi, e trasmette quella felicità che trova fondamento nella semplicità. Dal piccolo stato himalayano ci arriva quindi una boccata di ossigeno, un insegnamento universale sul denaro e sul suo degenerato utilizzo a scopi essenzialmente edonistici. Forse aveva proprio ragione Platone quando era scettico sul concetto di democrazia, senza peraltro aver la più lontana idea di come oggi viene applicata…
data di pubblicazione:24/10/2023
da Antonio Iraci | Ott 23, 2023
(ROME FILM FEST, 18/29 Ottobre 2023)
Sandra, nota scrittrice tedesca, vive in uno chalet vicino Grenoble insieme al marito Samuel e al loro figlio ipovedente Daniel. La coppia, che prima risiedeva a Londra dove lui era professore universitario, aveva deciso di trasferirsi in montagna essenzialmente dopo un incidente stradale subito dal bambino che gli aveva causato la perdita parziale della vista. Un giorno Daniel, dopo una passeggiata per i boschi con il suo fedele cane, trova il padre morto davanti casa: si è suicidato o è stato ucciso?
La regista e sceneggiatrice francese Justine Triet, che per questo suo film ha vinto la Palma d’oro al Festival di Cannes di quest’anno, riesce a creare un perfetto thriller legale facendo seguire le varie fasi investigative senza smorzare mai la tensione e l’interesse da parte dello spettatore. Il tutto parte dalla morte di Samuel, precipitato dalla finestra di uno chalet dove abitava insieme alla moglie e al figlio. Ci sono varie ipotesi, ma quella più plausibile e che sia stato prima colpito e poi spinto fuori in modo da procurarne la morte. Non essendoci moventi o altre persone in giro per casa, l’unica sospettata di omicidio è la moglie (Sandra Hüller). Durante il processo ci saranno diversi colpi di scena, ma ciò che rende particolare l’intero iter procedurale è il rapporto conflittuale che esisteva tra i due coniugi. Mentre Sandra si può definire come una scrittrice affermata per aver scritto diversi libri, Samuel (Samuel Theis) invece si riteneva un fallito, non essendo riuscito neanche a terminarne uno. Particolare il tratto psicologico di quest’ultimo che riversava sulla moglie le proprie frustrazioni soprattutto per delle sue scelte professionali e di vita del tutto sbagliate. Lo stesso si riteneva responsabile dell’incidente che aveva creato seri problemi alla vista del figlio e rimproverava la moglie di accusarlo ripetutamente di tutto ciò. La regista è molto abile nel tracciare gli aspetti peculiari dei singoli personaggi, le loro conquiste e le loro frustrazioni inserendo abilmente anche la figura del figlio, coinvolto poi direttamente in fatti a lui del tutto sconosciuti. Il dramma di un bambino che si sente piombare addosso, con la sua testimonianza, la responsabilità di salvare o meno la madre da un’accusa resa, dalla dinamica dei fatti, assolutamente inoppugnabile. La causa sembra persa sin dall’inizio e lo spettatore si trova lui stesso a giudicare una donna, per lo più anche madre, dai tratti spesso freddi e controllati, le cui passate vicende coniugali sembrano ingarbugliarsi via via che il processo va avanti. Se lo script non si può certo definire originale, risulta invece assolutamente geniale il linguaggio narrativo utilizzato, con immagini e inquadrature di grande livello che dimostrano una grande maestria nel maneggiare la cinepresa.
data di pubblicazione:23/10/2023
da Salvatore Cusimano | Ott 22, 2023
(ROME FILM FEST, 18/29 Ottobre 2023)
Fine anni ’70. Sono giovani, belli e hanno appena 25 anni. Si incontrano per caso e si innamorano perdutamente. Un avvenimento inaspettato però li separa. Per trent’anni inseguono comunque la speranza di ritrovarsi, perché si amano ancora.
L’ultimo film di Ozpetek parte da una storia d’amore nata negli anni 70, molto probabilmente autobiografica, che si sviluppa successivamente in quattro atti che corrispondono a quattro epoche diverse, in cui l’amore diventa impossibile perché contrastato dagli eventi della Storia. All’inizio sembra un’opera piena solamente di auto-citazioni, con poco da raccontare, col freno a mano tirato, dopo la storia si allarga e si stacca dal punto iniziale personale e va verso altre dinamiche e altri temi, soprattutto il tema del ricordo dei tempi che furono e che non torneranno mai indietro, così come il tema della vita, in genere sempre appesa ad una sorta di ‘sliding doors’, con il caso sempre a farla da padrona.
Ancora una volta il mondo dell’omosessualità viene nuovamente smontato e ricostruito da Ozpetek che ha parlato diverse volte di questo tema e l’ha sempre fatto con una sensibilità ben al di sopra della norma. Luisa Ranieri, qui quasi irriconoscibile (con Mina come punto di riferimento sicuro), alla sua terza esperienza con Ozpetek dopo Allacciate le Cinture e Napoli Velata, con il suo splendido personaggio della cassiera del cinema, dà lustro a tutta la storia.
Una storia, però, che alla fine sa di qualcosa visto e rivisto più volte, così come i protagonisti che vedono e rivedono più volte nel corso della vite i film classici con Anna Magnani. Il fatto che il film esca solo in piattaforma (Netflix) e non nei cinema significa forse che il nostro buon Ferzan consideri le classiche sale un grande rischio per il raggiungimento del così detto “break even point” (costi vivi spesi per la produzione del film), affidandosi invece alla quasi ‘sicurezza’ della piattaforma, con diritti economici inferiori. Ai posteri l’ardua sentenza!
data di pubblicazione:22/10/2023
da Maria Letizia Panerai | Ott 21, 2023
(ROME FILM FEST, 18/29 Ottobre 2023)
“Vi siete mai chiesti come mai accanto alla più grande acciaieria d’Europa non ci sia nemmeno una fabbrica di forchette? Il nostro acciaio serve a costruire la ricchezza di qualcun altro…”. Tra il 1997 ed il 1998 presso l’Ilva di Taranto viene praticato nei confronti di circa 80 impiegati specializzati una operazione di mobbing collettivo allo scopo di “fiaccarli”, per far accettare loro una novazione del contratto che declassava gli stipendi a salari come quelli degli operai.
Ufficialmente la Palazzina LAF (acronimo di Laminatoio A Freddo) era un posto dove i proprietari e i dirigenti dell’Ilva decisero di spedire coloro che erano dei buoni a nulla, in prevalenza impiegati a cui non andava di lavorare, a discapito degli operai che invece tutti i giorni, a differenza di loro, si spaccavano la schiena negli altoforni. Per essersi dunque rifiutati di accettare una variazione delle loro mansioni, 80 impiegati come punizione vennero “confinati” in questo luogo ad occupare stanze vuote dove un tempo c’erano dei vecchi archivi.
Michele Riondino, tarantino e figlio di un operaio dell’Ilva, dopo aver raccolto materiale e testimonianze per diversi anni, esordisce alla regia con questo film di denuncia, di cui scrive anche la sceneggiatura assieme a Maurizio Braucci; l’amico di sempre Antonio Diodato ha curato la colonna sonora e Vanessa Scalera, brindisina, ha accettato un piccolo ruolo pur di esserci, impersonando una impiegata “punita” dal padrone e per questo spedita nella Palazzina LAF. Elio Germano interpreta Giancarlo Basile, direttore del personale viscido e senza troppi scrupoli, mentre Michele Riondino è Caterino Lamanna, un operaio convinto che i “confinati” siano tutti realmente dei lavativi da punire. Caterino (l’unico personaggio parzialmente inventato) farà di tutto per farsi mandare nella Palazzina LAF, contento di essere pagato senza fare nulla e collaborando in qualche modo nello spifferare al padrone tutto ciò che accade al suo interno, senza avere i mezzi per accorgersi realmente che quella sorta di confino rappresenta una grave violazione della dignità dei lavoratori.
Riondino si ritaglia un ruolo scomodo che però rispecchia appieno quella che ingiustamente era l’opinione che circolava in azienda a discapito di persone che, oltre a non poter più lavorare inventandosi qualsiasi cosa per ammazzare il tempo all’interno di uffici fantasma, dovevano anche subire l’umiliazione dell’opinione di colleghi e operai ignari che quella era una punizione nei confronti di pochi per educare i rimanenti 12.000 lavoratori. Per questa vicenda, realmente accaduta, la giustizia penale commisurerà al patron dell’Ilva Emilio Riva una condanna per violenza privata.
Palazzina LAF rappresenta un ottimo esordio di ferma e sentita condanna civile, che denuncia parallelamente anche il tema delle polveri sottili che causò oltre che gravi forme tumorali agli abitanti d’interi quartieri della periferia tarantina, anche l’abbattimento di 600 pecore che pascolavano nelle zone limitrofe gli stabilimenti.
data di pubblicazione:21/10/2023
da Salvatore Cusimano | Ott 21, 2023
(ROME FILM FEST, 18/29 Ottobre 2023)
È un fine settimana di gennaio a Roma, quando un’anomala ondata di caldo si impossessa della città. Nell’arco di due giorni i nostri protagonisti vengono messi con le spalle al muro, costretti ad affrontare tutto quello che hanno abilmente evitato nelle loro vite, abituati a usare il sesso, il cibo, le droghe e persino l’amore come via di uscita, adesso non possono più scappare, devono attraversare il caldo e farsi trasformare da esso, ognuno con il suo ritmo, ognuno con la sua voce.
Durante una calda estate romana, dove tutto si scioglie, si pone il seguente interrogativo: e se il mondo fosse così per sempre, caldo, giallo e secco? È questa la premessa fondamentale di questo film, dalla quale non si può certamente prescindere. In mezzo alla catastrofe per così dire ‘biblica’, una serie di peccatori intrecciano le loro storie, ognuno con le proprie disfunzionalità, molto umane, con ovvie complicità di famiglie sgangherate : la pericolosa Gianna (Valeria Bruni Tedeschi) che persegue la pornostar che le ha rubato il marito, Pupa (Valeria Golino); il sacerdote Bill (Danny Huston) e la sorella giunta dall’America (Greta Scacchi) che hanno il compito di spargere le ceneri della madre al cimitero acattolico; l’alcolizzata Caterina (Alba Rohrwacher) che cerca di recuperare il rapporto col marito Riccardo (Riccardo Scamarcio) e il figlio Max (Andrea Rossi); Mila (Sofia Panizzi), figlia di Gianna, alterna bulimia e assistenza all’anziana signora Maria Antonietta (Marisa Borini).
Te l’avevo detto parla di questo. I personaggi del film si confrontano con le proprie debolezze di una vita intera, che si tratti di cibo, sesso, droghe, religione o chirurgia plastica. Ma è arrivato il momento in cui non si può più scappare. Il cast del film è ben assortito, ma una menzione particolare va fatta per le due Valerie, Valeria Golino e Valeria Bruni Tedeschi, amiche nella vita, nemiche in quest’opera, che danno luogo ad una serie di splendidi duetti, pieni di comicità surreale per certi versi, ma anche malinconica e cruda.
La scelta di ambientare il film a Roma possiede una sorta di solennità e universalità che è in sintonia con i temi del film, scritto durante la pandemia, che sicuramente dividerà, il che è sempre una buona cosa, un segno di vita; il tutto accompagnato da una fotografia che rende perfettamente questo senso di oppressione, fino a far perdere i contorni e i riferimenti.
data di pubblicazione:21/10/2023
da Paolo Talone | Ott 21, 2023
(carrozzerie n.o.t. – Roma, 13/22 ottobre 2023)
Lui e lei si incontrano finalmente per la prima volta in una stazione da qualche parte al Nord, dopo aver lungamente chattato su una app di incontri. Imparano a conoscersi tra imbarazzo e curiosità. Le cose sembrano andare bene finché non spunta l’altro. In scena alle carrozzerie n.o.t. il nuovo spettacolo della compagnia Teatrodilina. (ph. Manuela Giusto)
La bella amicizia e il sodalizio lavorativo che lega gli artisti della compagnia Teatrodilina – un gruppo di professionisti che occasionalmente si riunisce per dar vita a lavori centrati sulla parola, il suono e i gesti degli attori – si riflette sul palco lasciando lo spettatore meravigliato, divertito, in qualche modo edificato da una storia che in parte lo riguarda perché riflette le fragilità di ognuno. L’idea che regge l’impalcatura di questo loro ultimo lavoro, Meno di due, è estremamente efficace e solida nella sua semplicità.
Lui (Francesco Colella) è professore di greco in un liceo di Catanzaro, ha due figli e un divorzio alle spalle. Lei (Anna Bellato) manda avanti l’azienda di famiglia, anche se avrebbe voluto lavorare nella moda. Di figli non ne ha, ma convive con quattro cani. Si incontrano in una stazione di treni in un giorno piovoso, come lo sono spesso le giornate autunnali. Finalmente un appuntamento per conoscersi dal vero. Dopo aver lungamente scambiato messaggi sui social, ora possono scambiarsi gli sguardi, le esperienze, i dialetti. Davanti a un macchiatone, che è poco meno di un cappuccino ma più di un caffè (come lui e lei sentimentalmente poco più di uno, ma meno di due), iniziano a fare domande l’uno all’altra, tra imbarazzo e reciproco interesse. Chissà quante persone si stanno incontrando ora nella stessa modalità, mentre ne parliamo. Perché storie come questa accadono. È dai tempi antichi che succede così. C’è sempre in giro qualcuno con addosso l’odore di un cane abbandonato che, per lenire la solitudine, va in cerca di compagnia.
Spunta improvvisamente l’altro (Leonardo Maddalena) con cui lei ha una relazione, anche se è sposato con figli. Per un attimo l’idillio iniziale si affievolisce. Ma anche l’altro è uno come loro, come noi, e il gioco di specchi (di superfici riflettenti è fatta la scena di Salvo Ingala) si moltiplica e si arricchisce. Lo specchio è l’amico che ti dice la verità, ma anche lo strumento davanti al quale orchestri i travestimenti. Specialmente quando si vuole apparire migliori di quello che si è in realtà, creando aspettative a volte fasulle sugli altri, ingannando prima di tutto noi stessi.
Giocata sulla bravura e la naturale espressività degli interpreti, affiatati nel lavoro sul palcoscenico, la regia di Francesco Lagi cura ogni più piccolo dettaglio dello spettacolo con la meticolosità di un mastro orologiaio. Il tappeto sonoro di Giuseppe D’amato è così realistico da far dimenticare perfino di essere a teatro. Si ride della goffaggine e dell’ingenuità dei personaggi e finisce che ce ne affezioniamo perché in fondo ci somigliano. Nelle insicurezze. Nei desideri.
data di pubblicazione:21/10/2023
Il nostro voto:
da Rossano Giuppa | Ott 21, 2023
(ALICE NELLA CITTA’- 18/29 Ottobre 2023)
La sete di vendetta della tragedia greca classica ispira il racconto corale di Eravamo bambini del regista Marco Mantani, la storia di un gruppo di amici rimasti traumatizzati da un brutale fatto di sangue che da bambini, in un piccolo paese della Calabria dove trascorrevano le vacanze, ha cambiato per sempre le loro vite. Quando uno di loro manifesta l’intenzione di voler tornare, spinto dalla sete di vendetta, gli amici non possono non seguirlo, ma una volta arrivati in quel luogo di vacanze e di ricordi, si renderanno conto che il vero motivo che li ha spinti a ritrovarsi dopo tanti anni sarà affrontare l’orrore che hanno vissuto e fare finalmente i conti con il passato.
Un viaggio nel tempo che scava nei ricordi più oscuri. Ricordi traumatici di una infanzia devastata che ha segnato le loro vite. Marco Martani ha scritto e girato il film Eravamo bambini traendolo liberamente dal testo teatrale Zero di Massimiliano Bruno.
In un paese della costa calabrese, un pacifico trentenne viene arrestato per aver minacciato con un coltello un carabiniere. Durante il suo interrogatorio racconta quello che successe vent’anni prima a lui e ai suoi cinque amici per la pelle: Gianluca, Walter, Peppino, Margherita e il piccolo fratellino di lei, Andrea. Quegli stessi amici (i bravissimi attori Lorenzo Richelmy, Alessio Lapice, Lucrezia Guidone, Francesco Russo, Romano Reggiani), ora poco più che trentenni, tutti con difficoltà emotive e con disturbi della personalità, vivono sparpagliati in tutta Italia. Un messaggio di uno di loro rompe la quotidianità perché manifesta l’intenzione di voler tornare nel paese calabrese per vendicarsi di qualcosa o qualcuno.
Il film, presentato ad Alice nella Città lo scorso 19 ottobre in concorso nella sezione Panorama Italia, è un puzzle emotivo e temporale, una storia di amicizia, un thriller che si fa dramma umano, ma anche una storia di vite spezzate, di sangue e di un feroce e doloroso conto alla rovescia procrastinato per vent’anni. Quel paese, luogo di vacanze e di ricordi, abbandonato traumaticamente vent’anni prima è una calamita troppo potente per loro. Una volta lì, in preda ai ricordi e alla nostalgia, si renderanno conto che devono esorcizzare quel trauma che non ha mai permesso loro di vivere una vita normale bensì l’ha trasformata in un inferno. Ed ineluttabile sarà il loro destino, perché le colpe dei genitori ricadono sempre sui figli.
Il film scorre e coinvolge nella sua onestà di intenti e funziona grazie ad un ritmo stratificato ed altalenante che segmenta le vite incompiute dei protagonisti, reggendosi poi grazie ad un efficace montaggio che da vigore e sussulti al racconto e fa passare in secondo piano qualche forzatura del racconto e dell’identità dei protagonisti.
data di pubblicazione:21/10/2023
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