DOLORE SOTTO CHIAVE-SIK SIK L’ARTEFICE MAGICO di Eduardo De Filipo, regia di Carlo Cecchi, con Vincenzo Ferrera, Angelica Ippolito, Dario Iubatti, Remo Stella e Marco Trotta

DOLORE SOTTO CHIAVE-SIK SIK L’ARTEFICE MAGICO di Eduardo De Filipo, regia di Carlo Cecchi, con Vincenzo Ferrera, Angelica Ippolito, Dario Iubatti, Remo Stella e Marco Trotta

(Teatro Argentina – Roma, 10/23 dicembre 2021)

Eduardo forever, immaginando il grande De Filippo con i suoi napoletanismi, le sue pause. Il leggendario Cecchi non è erede ma epigono nella tradizione. Un po’ privo di energia ma ancora profondamente carismatico, perché altrimenti, con diverso interprete, il teatro non sarebbe positivamente semipieno.

 

Due brevi attivi unici per 80 minuti complessivi di spettacolo. Che sembrano un po’ l’aperitivo e il prologo a un piatto più gustoso. Che non arriva. Ossatura da fragili sketch, seppure gustosi e corroboranti. Impresentabili da soli se non altro per la brevità della durata fanno pendant e valore aggiunto per una serata di gala nel nome di uno dei grandi interpreti del teatro italiano, collante e additivo per il botteghino. Forse una proposta che meritava uno scenario più familiare e angusto perdendosi nella maestosità del primo teatro di Roma. Angelica Ippolito, fedele nei secoli al copione, è presenza autorevole e non dimessa della pièce. Cecchi si muove fisicamente con un po’ di disagio dovendo rappresentare un personaggio considerevolmente più giovane ma si muove perfettamente a suo agio nell’incastro perfetto delle interazioni drammaturgiche. Lo zoccolo duro delle due proposte ruota intorno al tema della morte e del trucco. Nel primo si agita la tragedia inconsapevole, nel secondo l’illusionismo maldestro e chapliniano di un tipico personaggio partenopeo. Sik Sik a suo tempo covò un successo clamoroso a Napoli con oltre 450 repliche, con Eduardo sulfureo e malandrino al centro della scena, affiancato dal figlio Luca e dall’immancabile Ippolito. Proposta che s’incastra magnificamente con il tema natalizio come hanno intuito gli assemblatori della stagione. Non si può perdere l’occasione di ammirare Cecchi in un pezzo forte del suo repertorio replicante.

data di pubblicazione:16/12/2021


Il nostro voto:

HOUSE OF GUCCI di Ridley Scott, con Lady Gaga, Adam Driver, Jared Leto, Jeremy Irons, Salma Hayek, Al Pacino, 2021

HOUSE OF GUCCI di Ridley Scott, con Lady Gaga, Adam Driver, Jared Leto, Jeremy Irons, Salma Hayek, Al Pacino, 2021

Giallo drammatico, biopic: giallo che manca gli obiettivi, forse per colpa delle vicissitudini produttive. Snaturato l’antico progetto, assemblato con dovizia di mezzi un imponente cast di grandi attori, vistosamente fuori parte, molto dei quali inquadrabili in un cameo. Comprensibile la dissociazione della famiglia. Verità a parte la restituzione estetica dei personaggi appare forzata e quasi caricaturale.

 

Un cast senza confini per un piccolo risultato. Curiosamente l’anteprima offre il prodotto internazionale con i sottotitoli italiani. E la globalizzazione dello scandalo sottrae la specificità italiana di uno scandalo interamente vissuto nell’ex Belpaese senza che compaia un solo attore nazionale. Dunque climax hollywoodiano e firma di Scott non all’altezza della sua fama. Troppe scene scontate ed un‘Italia quasi da barzelletta. Lady Gaga sculetta come nessun altra donna nella realtà di tutti i giorni e gli operai galletti la fischiano con grande spregio del politicamente corretto. Se la verità è solo folclore l’obiettivo è mancato. Per non dire della strana caratterizzazione musicale quasi asincrona e provocatoria rispetto all’andamento delle scene. I personaggi sono tagliati con l’accetta assecondando una sceneggiatura un po’ pedestre. E il giallo è relativo perché le carte sono scoperte sin dall’inizio. L’ingenuo Maurizio Gucci viene abbindolato da un’arrampicatrice sociale e facile sua preda. Si sa per chi tifare sin dai primi minuti. Un prodotto che può avere successo sul mercato mondiale ma difficilmente convincerà i critici italiani per la mancanza di spessore e di verosimiglianza. Roma, Firenze e Milano appaiono come fondali da cartolina e lo stile Gucci mai profondamente evocato. Sarà un caso l’inserimento nel cast di Salma Hayek che è l’attuale moglie del capo di Gucci Francois Henri Pinault? Un particolare che evoca scelte compromissorie, come quella di rinunciare in itinere all’apporto di Robert De Niro e Margot Robbie. Tra i produttori c’è Giannina Scott, moglie d’arte, più nota da noi come Giannina Facio.

data di pubblicazione:15/12/2021


Scopri con un click il nostro voto:

VAUDEVILLE, tre anni unici da Eugene Labiche, ideazione, drammaturgia e regia di Roberto Rustioni

VAUDEVILLE, tre anni unici da Eugene Labiche, ideazione, drammaturgia e regia di Roberto Rustioni

(Teatro India – Roma, 1/12 dicembre 2021)

Si stenta a riconoscere Labiche e sembra di più di entrare nel mondo caricaturale della telenovela utilizzando il frequente tentativo di interazione (poco riuscito in verità) con la platea. Spettacolo giovane, piccante, veloce, un po’ naif. Un diversivo per Rustioni avvezzo a tentativi più maturi e difficili.

La parola “vaudeville” riassume un mood che non si ritrova in tre virtuali atti unici senza soluzioni di continuità per la scena continuamente rimodellata e cangiante a opera degli stessi interpreti. Bravi tutti gli attori per un compito camaleontico entrando in panni sempre diversi, tra l’altro, con impressionanti variazioni vocali. C’è un intento sottilmente sovversivo nel progetto che è quello di smantellare attraverso un cliché di facile riconoscimento un mondo convenzionale squassandolo con l’obiettivo di un sorriso che a volte è risata. C’è il modello, c’è la forza straniante di rielaborarla con scarsa o alcuna attenzione per la conclusione del giallo e sottolineatura invece sul percorso e sulle sue imprevedibili varianti. Si può scrivere che gli attori si arrampichino su tutti i luoghi comuni possibili. Il resto dell’ottocento volge a un’inevitabile rimodulazione nel contemporaneo con un lavoro piuttosto immane di Rustioni, uno e trino nell’occasione. Commedia catartica e liberatoria il cui fine ultimo è un palazzeschiano “Lasciatemi divertire” senza pretese. Pubblico giovane, incuriosito da uno spettacolo non propriamente da India, ma proprio questo attrattivo e forse accuratamente pre-natalizio. La meccanica dell’azione teatrale può ricordare quella di Rumori fuori scena. All’insegna di un continuo girandolesco dentro e fuori degli attori. Una proposta di apparente semplicità che, al contrario, al proprio interno contiene una serie di scatole cinesi, degne di approfondimento e di metabolizzazione da parte dello spettatore.

data di pubblicazione:11/12/2021


Il nostro voto:

TAVOLA TAVOLA, CHIODO CHIODO, un progetto di Lino Musella e Tommaso De Filippo, tratto da appunti, corrispondenze e carteggi di Eduardo De Filippo, con Lino Musella, musiche dal vivo di Marco Vidino

TAVOLA TAVOLA, CHIODO CHIODO, un progetto di Lino Musella e Tommaso De Filippo, tratto da appunti, corrispondenze e carteggi di Eduardo De Filippo, con Lino Musella, musiche dal vivo di Marco Vidino

(Teatro Vascello – Roma, 30 novembre/5 dicembre 2021)

Ritratto sulfureo di Eduardo in un anno molto eduardiano. Musella non prova a imitarne la voce ma ad entrarne nello spirito attraverso suoi scritti diretti e puntuti. Che introducono un uomo di teatro con le idee chiare e un uomo difficile ma di inappuntabile serietà.

Con Eduardo non c’è diritto di primogenitura parentale, semmai la napoletanità è una naturale chiave d’accesso per entrare più facilmente nel personaggio, complice il dialetto. Musella seleziona suoi scritti importanti e li valorizza in uno spettacolo in cui non desta fatica e stanchezza l’attore solitario per più di novanta minuti in scena. La tavola e il chiodo del titolo riassumono il carattere globale dell’attore di teatro, fatto anche di scena, di maestranze, di personale tecnico, dunque di chiodi che entrano nella superficie, nell’abituale concretezza del lavoro pratico di tutti i giorni. E quelle sono le parole incise su una lapide del palcoscenico del San Ferdinando, ricordo di Peppino Mercurio, suo macchinista per una vita. Musella anima la scena importante del Vascello con movimenti accurati e mai casuali e con un sottofondo musicale tutt’altro che invasivo conquistando il pubblico. Forse crea leggermente più in ansia nella deriva finale. Leggendo la lettere lunga (forse troppo lunga) rivolta al Ministro Tupini. Parole che avrebbero valore anche oggi se indirizzate al Ministro Franceschini. Il teatro come pecora nera della cultura, l’assoluta valorizzazione degli Stabili a dispetto dei teatri minori e/o di provincia. Eduardo in quella missiva chiede un riscatto impossibile con parole di oggi. C’è la stanchezza dell’uomo che tanto si è speso per una causa che alla fine è persa. Eduardo è spiritoso, paradossale, conseguente. L’intellettuale, l’uomo di teatro, il capocomico, il combattente, l’uomo di teatro, logorato da tante battaglie. Con tanti consigli legati alla professione dell’attore spese in uno spettacolo di riuscita rievocazione che va dritto al cuore e al cervello anche attraverso il lavoro allo specchio di un’intervista con lampi fulminanti d’ilarità.

data di pubblicazione:03/12/2021


Il nostro voto:

BATTI CINQUE di Paolo Nanna alias Dottor Pesce – edizioni Amazon, 2021

BATTI CINQUE di Paolo Nanna alias Dottor Pesce – edizioni Amazon, 2021

One man show meglio dal vivo che dal morto, il comico da strada vedendosi vietata quest’ultima, ha fatto di necessità virtù e dall’interno della propria abitazione ha scortato presso presso la pandemia giorno dopo giorno con un diario di viaggio, ruspante e familiare. Appena sveglio, in vestaglia, in condizione di trasmissione telematica di emergenza, da solo o con ospiti, condominiale o solitario Nanna, ha reso più allegra, meno dura e più ricca di speranza la vita di centinaia di persone che hanno seguito i suoi collegamenti. E questo libro è il diario di viaggio nel tunnel della pandemia, ricco della sferzante ironia che lo ha resto celebre nel porta a porta e nella comunicazione verbale delle sue scorribande comiche, magari in coppia con Stefano Vigilante. Una descrizione fedele che registra i lutti, i sussulti della campagna, i profondi attimi di sconcerto, le illusioni, la dura quotidianità dell’esistenza. Così le dirette diventano testimonianza di un periodo che sogniamo ancora di lasciarci alle spalle. Se la letteratura pandemica non è stata gettonata nel biennio per ovvi motivi di rigetto, la traccia comica, auto-ironica e autocritica invece ha spalancato sentieri che il nostro autore ha agevolmente e disinvoltamente percorso con quella sana faccia tosta romana di periferia che lo contraddistingue. Dunque, non vi attendete nel libro concioni ideologiche o sofisticazioni intellettuale ma una sana voglia di comunicazione e il desiderio-mozione di uscire dalla palude, tutti insieme, magari tenendosi per mano e scacciando il maleficio con una battuta, un esorcismo. Dunque un manuale terapeutico e un’indicazione per il futuro oltre che un lieto auspicio. I collegamenti in quarantena sono stati un inno alla creatività e una soluzione per assistere menti turbate per le quali una risata ha avuto un effetto estremamente liberatorio. Leggendolo il cinque lo abbiamo battuto idealmente con lui un sacco di volte. Grazie Paolo, per questo enorme regalo collettivo.

data di pubblicazione:03/12/2021