BOBBY & AMY di Emily Jenkins, traduzione di Natalia Di Giammarco

BOBBY & AMY di Emily Jenkins, traduzione di Natalia Di Giammarco

(Teatro Belli in streaming – Roma, 16/19 dicembre 2020)

Affresco di vita dolce e crudele, spaccato dell’Inghilterra povera e rurale, pennellate alla Steinbeck per un Furore britannico disegnando la scena nuda con fantasia attoriale.

Che fatica per gli attori, entrare in pochi secondi nella pelle di personaggi diversi, rimanendo fedeli al plot che per accumulazione inventa una scena in realtà nuda, prova a colorarla. L’esasperazione domina nel recitato con un mono tono che non è monotono ma febbrile e orgasmico. Bravi i due interpreti sinergicamente coesi nel disegnare, con povere armi a disposizioni, una storia che cambierà per sempre la vita nella comunità agricola che fa capo alla sonnolenta cittadina di Costwold. Non sono i destini individuali in ballo ma quelli di tutta una comunità che fa i conti alla fine degli anni novanta con l’afta epizootica che stermina le mandrie di mucche e mette a repentaglio il teorico benessere della popolazione. Tutti i dialoghi in forma di dialogo a due virano verso la ricostruzione di questo andamento con un richiesto ampio impegno del pubblico. Perché il recitato è impegnato, strillato, anzi urlato, tanto è drammatico il quadro che si tende a ricostruire. Quindi, attorno ai due protagonisti principali Bobby e Amy si sviluppa un florilegio di personaggi-spalla assolutamente non minori, una sorta di afflitta Spoon River localistica anche se qui si parla di viventi in difficoltà, tutt’altro che proni ad accettare la situazione di disagio e carestia. Si parla di una minaccia che viene da lontano e che potrebbe essere metafisica, richiamo a una difficoltà esterna più grande: insuperabile. Si parla di amicizia e forse di amore per i due protagonisti principali a cui è richiesto un grande impegno in una macchina oleata a dovere. Immaginiamo il grande lavoro a monte della traduttrice Di Giammarco.

data di pubblicazione:19/12/2020


Il nostro voto:

L’ATTRICE di Anne Enright – La nave di Teseo, 2020

L’ATTRICE di Anne Enright – La nave di Teseo, 2020

Quante sorprese presenta la letteratura, quante sacche insondabili di fiction può riservare un libro. Leggi pagine trecento e oltre di un massiccio volume virato sull’epopea di un’attrice dal gloriosi trascorsi e dalla mesta decadenza ed immagini che sia vicenda autobiografica che ha toccato l’autrice. Invece niente di tutto questo. E il disvelamento avviene nei ringraziamenti quando vengono citati intrecci di storie simili e racconti collaborativi di protagonisti del palcoscenico, Ed allora tanto più lode va girata al mestiere di Anne Enright che ci tocca e ci commuove con una story all’interno di complicati grovigli familiari. Vissuta dall’interno, emotivamente riflessa sul lettore. Con picchi di coinvolgimento e prolisse diversioni. Perché più che il plot è interessante l’atmosfera. Come viene descritta un’interprete di fama che si perde nei meandri della vita e finisce addirittura in carcere per aver sparato a un uomo con cui intrattiene rapporti equivoci. L’autrice tiene mano salda nel dipanarsi di flash back e di racconti di vita in un arco cronologico piuttosto vasta. L’eco della promiscuità del mondo dello spettacolo, della sua vacuità, dell’effimero successo sono richiami a un orizzonte esistenziale più ampio. La memoria della diva che poi è anche la madre della protagonista narrante si dipana in un flusso di coscienza amaro e pieno di rimpianti. Nel progressivo distaccarsi dalla realtà e nell’avvicinarsi alla follia, a un mondo succedaneo che metta al riparo la donna ormai anziana dalla disillusione e dalla crudezza della realtà. La figlia è la mente lucida ma non distaccata che osserva lo sfacelo che poi è l’invecchiamento, la malattia psichica, la decadenza. Una parabola quasi fisiologica per ogni cosa o persona in divenire. Una narrazione laica, a tratti dura, a tratti delicata. Per una lettura gradevolmente non inutile, ammesso che la letteratura debba per forza considerarsi utile. Con il libro si entra in un enclave femminile fatta di umori, di ricerca della fama e di una consacrazione, di amore e anche di sesso.

data di pubblicazione:19/12/2020

STRONCATURE di Davide Brullo – Gog Edizioni, 2020

STRONCATURE di Davide Brullo – Gog Edizioni, 2020

Il titolo è una parola che va di moda. Due libri usciti negli stessi giorni, un sito che si sta facendo strada. Una gran voglia di esercitare il pensiero critico circola nel mondo. Brullo ha dispensato un sottotitolo che non lascia dubbio sulle sue intenzioni: il peggio della letteratura italiana (o quasi). Un pamphlet che tira dei grandi fendenti all’accademia, al recensore in pantofole, alla classifica dei libri più venduti e ai protagonisti più ammirati in televisione. Si salva forse chi non c’è più. Ma tutti i più famosi rientrano in questo paniere di stroncature anche coraggiose visto il rischio di azioni giudiziarie e di diffide. Brullo ha dovuto fare i conti con la querela di D’Avenia, esibita quasi come un titolo di merito. Un elenco dei reprobi? Presto fatto: Stefania Auci, Alessandro Baricco, Aldo Busi, Gianrico Carofiglio, Paolo Cognetti, Maurizio De Giovanni, Paolo De Paolo, Elena Ferrante, Michela Murgia, Francesco Piccolo, Antonio Scurati. C’è il Gotha della letteratura italiana attuale. Ma Brullo non spara a salve ma documenta con estrapolazioni la labilità di certa prosa e si stupisce del successo dei protagonisti, valori riconosciuti e stabili anche in virtù di potenti staff editoriali alle spalle. Ma non ci sono solo romanzieri tra le vittime di queste verosimili invettive. Nella seconda parte i bersagli sono altrettanto importanti se citiamo i nomi di Corrado Augias, Massimo Recalcati, Michele Serra e, udite udite, Roberto Saviano. La sua è un critica letteraria militante di pronto utilizzo che ricorda il celebre volumetto con cui Goffredo Fofi smitizzava valori consacrati del cinema italiano. Saggismo tutt’altro che embedded, puntuale reazione all’intorpidimento dei critici dei quotidiani, spesso proni all’ossequio, quindi non rendendo un buon servizio al pubblico utente che dovrebbe avere un riscontro più oculato rispetto ai propri consumi culturali. Qui la voglia di osare non manca e con un certo sprezzo del pericolo perché Brullo racconta senza falsi pudori il progressivo allontanamento da testate che hanno preso a considerarlo come un collaboratore fastidioso, perché troppo pungente e/o intemperante.

data di pubblicazione:16/12/2020

THE COLLECTOR di Mark Healy, dal romanzo di John Fowles, traduzione di Giorgio Lupano, regia di Francesco Bonomo, con Giorgio Lupano e Beatrice Arnera

THE COLLECTOR di Mark Healy, dal romanzo di John Fowles, traduzione di Giorgio Lupano, regia di Francesco Bonomo, con Giorgio Lupano e Beatrice Arnera

(Teatro Belli in streaming – Roma,10/13 dicembre 2020)

Black comedy della nuova scena inglese. Groviglio a due con l’avvio dei tipici meccanismi di attrazione/repulsione di un sequestro. La presunta oggettività di una percezione è in realtà la deriva della mente malata del protagonista.

La malattia mentale si nasconde sotto spoglie di apparente normalità. E ci appare convincente e quasi seduttivo il protagonista quando nel monologo iniziale sciorina un programma che sembra realistico, un godersi la vita in seguito a una grande vincita alla lotteria. Ma in realtà il denaro evidentemente dà alla testa se sequestra una giovane con donna con l’intento pervicace di farla innamorare. Missione impossibile perché la ragazza è sotto sequestro per un numero di settimane definito dai due dopo una lunga trattativa. E la donna non ha nessuna intenzione di farsi assoggettare, anzi mette in gioco tutte le proprie capacità, anche seduttive , per riuscire a procurarsi un’ora d’aria prima e per scappare poi. Ma il suo persecutore si rivela ancora più duro e dopo qualche tentennamento e qualche errore strategico, dopo aver abdicato a un tentativo di amplesso, si fa sempre più crudele trascinandola in un gioco che avrà conseguenze letali. Il bello e il brutto insieme è che si convincerà che quella conclusione se l’è proprio andata a cercare. Delirio corrosivo nel gioco a due del teatro da camera che questa volta offre anche un minimo di scenografia in una scena quasi completamente riempita dai dialoghi e da qualche uscita dei due protagonisti. Il tasso di determinazione e di accanimento sado ma anche un po’ masochistico cresce con il passare dei minuti e così la tensione in un climax che degenera ma che poi viene tranquillamente metabolizzato dal protagonista. Che un minuto dopo si metterà in caccia di ulteriori giovani pulzelle che possano riempire il suo enorme vuoto sentimentale. Teatro forte, all’altezza dei tempi che viviamo.

data di pubblicazione:12/12/2020


Il nostro voto:

MANUALE DI FILOSOFIA COATTA di Giulio Armeni – Momo edizioni, 2020

MANUALE DI FILOSOFIA COATTA di Giulio Armeni – Momo edizioni, 2020

Un simpatico divertissement da gustare profilo per profilo. Un anti-Bignami della filosofia moderna in sala romanesca con vere fissazioni sul tifo Roma&lazio e sull’attrazione per le donne. Linguaggio da suburra ma con un retrogusto alto, filtrato nitrato di cultura assorbita. Così in questo Gotha di personalità intinte nel mainstream contemporaneo sfilano tra gli altri Karl Marx, Hegel, Schopenhauer, Leibniz,  riveduti e correttivi corrosivamente con lo spirito irriverente e a volte pesante in una rilettura  caustica e.  Poco più di cento pagine da delibare senza eccessi per evitare di rincorrere una certa monotonia nella sfilata del Pantheon. Il rispetto si limita a una frase che riassume il filosofo in questione, il resto è pura indulgenza al più sfrenato trash. Un agile volumetto che è un po’ figlio dello spirito del tempo, ricorrere agli eccessi per significare. Qualcuno si scandalizzerà per l’uso disinvolto della parolaccia e di espressioni che un tempo sarebbero state etichettate come “oscene” ma che ormai fanno parte del lessico contemporaneo. Nonostante la grevità è un testo che ha richiesto cura e preparazione con un substrato non indifferente di know how per cimentarsi nel profilo di pensatori piuttosto lontani dall’attualità o scarsamente rivalutati (basti pensare a Plotino). Uno spiritaccio romano che può anche essere apprezzato fuori dai contorni del Raccordo Anulare perché la comprensibilità del gergo è volutamente alla portata di tutti. E quando meno te lo aspetti l’autore piazza la battuta che ti stende. Chi vuole approfondire potrà ricorrere a face book dove Armeni gestisce un pagina dal titolo analogo, condendo insieme la passione per la filosofia e l’appeal come influencer romanesco. Così si spiega come un libro (e il suo plot) possa anche essere frutto per partogenesi di una diffusa popolarità.

data di pubblicazione:04/12/2020