IL PALLONE DI STOFFA di Walter Pedullà- Rizzoli editore, 2020

IL PALLONE DI STOFFA di Walter Pedullà- Rizzoli editore, 2020

Più eloquente del titolo che rimanda al calcio giovanile, alla povera infanzia calabrese, illuminante è il sottotitolo: Memorie di un nonagenario. Perché Water Pedullà, esimio critico letterario, festeggiando un’età invidiabile, rivela il suo tonitruante Confesso che ho vissuto. E, in effetti, nella sua esistenza ha cumulato molte vite: professore emerito alla Sapienza, presidente della Rai, primo responsabile del Teatro di Roma, critico letterario de L’Avanti. Sempre in prima fila per battaglie sperimentali nel nome del Partito Socialista ma versione lombardiana, non proprio surrogato ideologico di Craxi. Un fiero combattente della vita che qui ci ricorda la lunga e sofferta gavetta, fino all’affermazione accademica sulla scia del grande e indimenticato maestro Giacomo De Benedetti. Novanta anni raccontati con grande lucidità di pensiero e con qualche pensiero acuminato. Inevitabile momento di bilanci per chi ha avuto tanto dalla vita ma parallelamente ha dato con generosità e slancio, sempre proteso verso il limite dell’ostacolo. Da Siderno ai Palazzi-bene della capitale ma sempre con il sorriso sulle labbra, pronto a demolire il mito sovietico e la labilità di certi irresistibili romanzieri italiani. Pedullà è stato un maestro per disvelare i frutti buoni del novecento italiano. Nel riscoprire Landolfi, nel valorizzare Pizzuto, nell’assecondare le pulsioni del Gruppo ’63 e le vena dell’avanguardia. Critico che era amico e frequentava gli scrittori, primo fra tutti il corregionale Saverio Strati. Insieme uomo di potere e di barricate, estrema sintesi dialettica per un intellettuale che ha sempre difeso con coerenza le proprie tesi, anche correndo il rischio di essere defenestrato da cariche importanti. La godibile lettura ci fa entrare in un mondo personale ricco di aneddoti, di emozioni, di amarezze, di risvolti, di piccoli ma apprezzabili colpi di scena. Con la chiave della militanza e dell’impegno sempre debitamente in primo piano. Un ampio florilegio di citazioni riassunte nell’indice di nomi permetterà di orizzontarsi in una mappa esistenziale complicata.

data di pubblicazione:15/10/2021

PENG  di Marius Von Mayenburg, traduzione di Clelia Notarbartolo, regia di Giacomo Bisordi, con Fausto Cabra, Gianluigi Fogacci, Sara Borsarelli, Giuseppe Sartori, Anna C, Colombo, Francesco Giordano, con la partecipazione di Manuela Kustermann

PENG di Marius Von Mayenburg, traduzione di Clelia Notarbartolo, regia di Giacomo Bisordi, con Fausto Cabra, Gianluigi Fogacci, Sara Borsarelli, Giuseppe Sartori, Anna C, Colombo, Francesco Giordano, con la partecipazione di Manuela Kustermann

(Teatro Vascello – Roma, 24 settembre /10 ottobre 2021)

Un progetto dinamitardo di teatro sovversivo/adrenalico. Due ore tirate allo spasimo per un adeguato impegno fisico di una compagnia omogenea e polivalente. Teatro situazionista e non letterario per due ore di un sano se non istruttivo “lasciatemi divertire”.

Esplodono anche colpi da arma da fuoco in scena (avviso per i più impressionabili) segno che lo spettacolo può riservare qualunque sorpresa. Dagli intermezzi pubblicitari della padrona di casa Manuela Kustermann al pubblico ludibrio di una secchiata di concime in testa riservata alla donna vittima. Del resto lo slogan dominante dell’autore è la massima “il teatro dovrebbe essere un luogo in cui non sentirsi al sicuro”. Difatti lo spettatore avvampa di fronte alle scatole cinesi in finta diretta alla “Grande fratello” sadica e stizzosa dove l’infante Peng è il protocollo di una nuova logica di controllo, auspicando il momento in cui i giovani prendano il sopravvento sui genitori politicamente corretti. Peng, creatura di laboratorio scenico, è completamente all’opposto. Spietato, dissacrante, morboso nella sua voglia di affermazione. Una grandiosa parodia dell’esistente europeo che cerca di ribadire i valori mentre non riesce ad affermarli. Così la donna strapazzata è un essere da rilegare in cantina che si esalta solo nei quiz dove (naturalmente) sarà la peggiore a vincere perché all’avversaria non sarò dato modo di esprimersi. Due ore di svolgimento convulso e senza una trama riassumibile. E, viva la faccia, con grande spreco di materiale nei fai da te in cui gli attori ribaltano scenografie, piani d’incontro, prospettive. Lo spiazzamento è la regola della casa. Nell’occasione il teatro contiene la televisione e il video cinematografico in un affastellamento al quadrato e persino al cubo della fruizione artistica. Il teatro di Monteverde ha investito molto su questa proposta anticonvenzionale che esprime una grande durata in cartellone rispetto all’abituale programmazione. Scelta ripagata da un pubblico plaudente e entusiasta anche per la grande profusione di fisicità dei componenti. Non è un caso che lo script sia venuto nel periodo di massimo imbarazzo per la presidenza-Trump.

data di pubblicazione:07/10/2021


Il nostro voto:

L’UOMO, LA BESTIA E LA VIRTU’ di Luigi Pirandello, regia di Giancarlo Nicoletti, con Giorgio Colangeli, Valentina Perrella, Cristina Todaro, Alessandro Giova, Alex Angelini, Giacomo Costa, Giuseppe Carvutto

L’UOMO, LA BESTIA E LA VIRTU’ di Luigi Pirandello, regia di Giancarlo Nicoletti, con Giorgio Colangeli, Valentina Perrella, Cristina Todaro, Alessandro Giova, Alex Angelini, Giacomo Costa, Giuseppe Carvutto

(Teatro Sala Umberto – Roma, 28 settembre/1 ottobre 2021)

Pirandello in salsa vintage. Regge la storia e in parte anche il linguaggio in una rilettura mainstream che non si preoccupa del politicamente corretto e non si pone il problema di criticare l’evidente misoginia del testo, tutto sbilanciato sul versante maschile. Non sperimentazione ma scapigliata rilettura del testo.

Il romanissimo Giorgio Colangeli, premio David di Donatello per il cinema, è un verace e sempre più godibile mattatore teatrale per due ore di rappresentazione che, peraltro, non sono affidate all’one man show. Un Pirandello laterale su uno stuzzicante tema in cui galoppa per l’occasione un sottotesto stuzzicante ed ammiccante. Che scenicamente guarda soprattutto alla trasformazione della Perrella (attrice) Perella (personaggio) da una scialba donnetta, messa incinta dal protagonista e quasi inconsapevole di quello di cui è insieme carnefice a e vittima, in una provocante dark lady rivestita di un rosso attillata, truccata per l’occasione dal suo manipolatore. Dunque quello che era una dramma del suo tempo diventa un vaudeville per l’ovvio limite di credibilità attuale. Pirandello come Feydeau? Non proprio. Rimane una solida trama di impianto siciliano con una superfetazione sul ruolo delle governanti e sull’accentuazione caricatura del ruolo giovani. Solo così del resto si poteva avviare lo svecchiamento e godere come di un sorridente giallo lo scioglimento verso il finale positivo. Il signor Paolino si salverà perché potrà attribuire al marito dell’amante il figlio che nascerà dal suo seme, evitando una tragedia familiare che ai tempi di Pirandello avrebbe provocato uno sconquasso e che invece ora si deliba con serenità. Gli uomini tengono in pugno la situazione ma, alla fine, il potere della seduzione femminile e di un misterioso prodotto in un dolce al cioccolato (oggi sarebbe il viagra, sic!) muove come un deus ex machina la lieta conclusione del plot. Nell’occasione bravi i caratteristi dei ruoli minori.

data di pubblicazione:06/10/2021


Il nostro voto:

SEDUTA IN QUEL CAFFÈ di Elisabetta Sciabordi, regia e adattamento di Mariella Pizziconi

SEDUTA IN QUEL CAFFÈ di Elisabetta Sciabordi, regia e adattamento di Mariella Pizziconi

(Teatro Porta Portese – Roma, 29/30 settembre 2021)

Un sontuoso ritorno a teatro nel segno del dominio della parola. Tutto esaurito per la prima come ai vecchi tempo per un consolidato successo.

La pandemia non è stata solo solitudine, raccoglimento e frustrazione ma ha rappresentato anche un solido innesco creativo per l’ispirazione di Elisabetta Sciabordi, polivalente attrice/scrittrice/lettrice. Seduta in quel caffè in un giorno non a caso perché il 29 settembre di Equipiana memoria. Un motivo di Lucio Battisti la cui aura non si è persa nel corso degli anni. L’autrice scrive, medita, congettura, fantastica dai tavolini di un bar immaginario che, non a caso, prende il nome di Corona. E non nel senso della birra messicana ma della bufera epidemica che ha attraversato l’umanità. E traccia ritratti sapidi del vago, del seduttore, delle mille facce della commedia umana che può transitare in un bar. Bozzetti impressionisti animati dalla verve tutta napoletana di Marina Vitolo e inframmezzati dal duo voce/chitarra in un grande ripasso della canzone melodica italiana e non solo dell’ultimo cinquantennio, spingendosi fino all’interpretazione de “O Sarracino”. Uno spettacolo leggero, brioso e insieme profondo di 75 minuti per un pubblico attento e partecipe. Il cocktail lettura, recitazione, musica non produce una majonese impazzita ma un prodotto coerente e di rara godibilità. Viene da pensare ai Bar di Benni con trasmutazione romana perché anche qui non manca il riferimento alla golosità della pasta e a particolari sindromi da cornetto. Difatti la Sciabordi, per chi la conosce, è un esempio di bon vivant. Una particolare citazione per la voce femminile. La dottissima cantante si produce in fuori copione particolarmente apprezzabili.

data di pubblicazione:30/09/2021


Il nostro voto:

UNO SGUARDO RARO: IL CINEMA A SERVIZIO DELLA RICERCA

UNO SGUARDO RARO: IL CINEMA A SERVIZIO DELLA RICERCA

Con un intenso programma di proiezioni ed incontri tra Roma e provincia, la Nove Produzioni torna per il sesto anno consecutivo a trattare il difficilissimo tema delle malattie rare attraverso la potenza della macchina da presa. Altissimi i patrocini che supportano questa meravigliosa ed importante iniziativa nata dalla volontà di Claudia Crisafio e Serena Bartezzati, “due sognatrici” come esse stesse si definiscono sul programma di un Festival nato per raccogliere da tutto il mondo film che parlano delle sfide di chi convive con una malattia rara.

Ed il loro “sogno” ancora una volta si è avverato: sono stati oltre 200 i corti partecipanti alla corrente edizione e sottoposti all’attenta selezione dalla giuria tecnica del RARE DISEASE INTERNATIONAL FILM FESTIVAL che il prossimo 17 ottobre 2021 alla Casa del Cinema di Roma, nella giornata conclusiva della settimana di appuntamenti che avranno inizio il 9 ottobre p.v., annuncerà i nomi dei vincitori della VI edizione di Uno sguardo raro, concorso internazionale di cortometraggi sul tema delle malattie rare.

Argentina, Italia, Turchia, Iran, Qatar, Venezuela, Egitto, Belgio, Brasile, United Kingdom, Usa, India sono i paesi di provenienza dei cortometraggi finalisti e di quelli meritori dei premi speciali, tutti partecipanti con raffinatissime opere cinematografiche brevi che hanno per denominatore comune l’intento di sottolineare l’importanza della ricerca. A pronunciarsi sui corti vincitori dell’ edizione 2021 sarà una giuria di qualità presieduta da Gianmarco Tognazzi e composta da un pull di eccellenze in ambito medico sanitario quali Guglielmo Lorenzo di Telethon, Margherita Gregori, Vice Presidente della Federazione Italiana Malattie Rare onlus, Domenica Taruscio, Direttore del Centro Nazionale Malattie Rare, Stefania Collet dell’Osservatorio Malattie Rare oltre che prestigiosi nomi di spicco dello sport e spettacolo tra i quali l’attrice Maria Amelia Monti, l’autore Edoardo Erba, il regista Lorenzo Santoni e Fabrizio Zappi, Vice Direttore Rai Fiction o di atleti e dirigenti del Comitato Olimpico Nazionale Italiano quali Stefano Pantano e Cecilia D’Angelo cui si aggiunge la giovanissima “influencer” d’origine salernitana Benedetta De Luca, autentica testimone di cosa significhi per un portatore di malattie rare lottare per i propri diritti. Fuori programma ma non meno importante per pregio dei protagonisti, sarà la consegna di un premio speciale a Paola Tiziana Cruciani e Lorenzo Lavia per l’interpretazione del corto diretto da Tiziana Martini “E’ stato solo un click” sulla diffusissima tematica della demenza senile, patologia certamente non catalogabile come malattia rara ma ovunque troppo frequente. In attesa del verdetto della Giuria di Qualità che proclamerà i vincitori delle tante categorie del Premio UNO SGUARDO RARO 2021, coloro che vorranno vedere i corti finalisti potranno facilmente accedere alla piattaforma unosguardoraro.tv dove potranno esprimere il proprio giudizio iscrivendosi alla Giuria Popolare.

Per ulteriori informazioni o per conoscere il calendario delle proiezioni, degli incontri e degli appuntamenti è consigliato visitare il sito www.unosguardoraro.org.

data di pubblicazione:28/09/2021