IL FREDDO di Raffaella Fanelli – Paper First, 2022

IL FREDDO di Raffaella Fanelli – Paper First, 2022

Il sottotitolo completa un’informazione che potrebbe apparire sibillina, La storia, i delitti, i retroscena, l’ultima testimonianza del capo della Banda della Magliana. Da Romanzo Criminale in avanti la figura di Maurizio Abbatino è perentoriamente venuta a galla nell’immaginario iconico, forte della propria violenza e di un carisma che le fiction hanno ulteriormente ribadito. Questo è un libro-intervista ma ricco di approfondimenti e vicoli illegali infiniti. Vedi le connessioni con la mafia e la massoneria, non escluso il circolo della P 2. Per accorgersi della centralità della Banda, dal primo sequestro per auto-finanziamento di Grazioli fino ai legami con i servizi segreti e con i tanti misteri della storia italiana degli ultimi quaranta anni. Abbatino, uscito dai ranghi della protezione, fa la figura oggi di una sorta di irredente pecora nera di sistema la cui testimonianza non è stata convenientemente messa a fuoco. E l’autrice lo interroga sulla strage di Bologna, sulla sparizione di Emanuela Orlandi, sul delitto Pecorelli, sulla tante sentenze aggiustate anche grazie all’opera di prezzolati specialisti. Dalle origini della banda come espressione di un quartiere ai legami con i gruppi di Testaccio e Val Melaina, con una serie di regolamenti di conti senza pietà. Un racconto crudo e spiegato di violenza, di un codice dell’onore perverso che ha attraversato la storia politica italiano e non solo quella, limitata, della cronaca nera. Abbatino racconta i segreti dell’organizzazione, le oscure trame di compiacenze in un romanzo verità che vale anche la possibilità di una grande riscatto etico, di un esercizio di memoria. E alla fine ti chiedi se non siano più pericolose le parabole di killer come Giuseppucci o Diotallevi e non invece il compassato cinismo di un politico come Andreotti, scampato a probabili condanne solo grazie all’esercizio della prescrizione. Quel periodo evidentemente non è ancora alle spalle perché tutti i conti con la giustizia non sono stati fatti o, ancora peggio, sono stati truccati.

data di pubblicazione:04/05/2022

PERSONE NATURALI E STRAFOTTENTI di Giuseppe Patroni Griffi, con Marisa Laurito, Giancarlo Nicoletti, Giovanni Anzaldo, Livio Beshir, regia di Giancarlo Nicoletti

PERSONE NATURALI E STRAFOTTENTI di Giuseppe Patroni Griffi, con Marisa Laurito, Giancarlo Nicoletti, Giovanni Anzaldo, Livio Beshir, regia di Giancarlo Nicoletti

(Teatro Sala Umberto –Roma, 20/24 aprile 2022)

Rivisitazione post-cinquantennale di uno spettacolo che diede scandalo e ancora lo dà. Cercando a piè sospinto l’oscenità e il trash. Del resto la pubblicità della locandina non lascia adito a dubbi: censurato, ironico, spudorato.

Chi avrebbe potuto immaginare Marisa Laurito come unico volto femminile nel ruolo che fu di Pupella Maggio per una proposta che fu oggetto di oltraggio al pudore. La provocazione è manifesta e sfuma piacevolmente in toni leggeri quando le battute sono pronunciato da un travestito che dispensa perle di saggezza tra le vampe di una denunciata stupidità. Il resto rivela i suoi limiti quando mette troppa carne al fuoco. Dopo due ore di recitazione gli intellettualismi sul razzismo dell’afro-americano risultano un sovrappiù che è valore un sottratto più che aggiunto alla combinazione alchemica di quattro piuttosto desolanti esistenze. La notte di Capodanno è la cartina di tornasole di un resoconto esistenziale fatto di fragilità, di sesso, di isolamento, con il fondale di una Napoli raggelante. Definite “quattro persone naturali e strafottenti” che intereagiscono anche con una violenza oggi più che mai politicamente scorretta. La simulazione dell’atto sessuale è il prologo a una vera e propria violenza maschile, accusata con una rassegnazione docile che oggi stupirebbe. In platea per la prima una platea omogenea al tema ricca di gaytudine. Si può immaginare retrospettivamente lo sconcerto di mezzo secolo prima quando certe tematiche erano inaffrontabili, ben prima dell’avvento mainstream di Annibale Ruccello e del suo consolidato mito. Consonanza del plot a parte, meritano un vivo applauso gli attori immersi in parti estremamente impegnative. Chi confinava la Laurito in ruoli leggermente comici ora sarà costretto a ricredersi mentre Anzaldo si conferma come uno dei prototipi attoriali più interessanti del nuovo teatro italiano. L’ultima parola pronunciata (“Spettacolo”) è la metafora della finzione a cui si è assistito.

data di pubblicazione:21/04/2022


Il nostro voto:

IL FRANCESE di Massimo Carlotto – Mondadori, 2022

IL FRANCESE di Massimo Carlotto – Mondadori, 2022

Carlotto si è conquistato un meritato spazio nell’editoria noir italiana e, per una volta, ha accettato l’invito di una casa editrice mainstream, ricadendo sotto l’egida del prestigioso Giallo Mondadori. La chiamata, vantaggiosa per l’interessato, richiede qualche non trascurabile contropartita perché il libro risponde alle necessità di una chiamata e sembra meno ispirato rispetto alla saga dell’Alligatore oltre a richiedere un notevole esborso per l’acquirente del libro. E’ evidente l’esigenza dell’autore di uscire da uno schema seriale collaudato e di battere nuove piste. Il personaggio del macrò, tanto caro a tanta fiction francese (Manchette, Le Breton) nasce da studi di settore, interviste, frequentazioni, ma non si può dire che Carlotto ci restituisca un personaggio troppo credibile soprattutto quando questa attività borderline di protezione, tollerata dalla legge, sfocia in imprese delinquenziali senza limiti. Ovviamente il libro pullula di caratterizzazioni di donne prostitute, più o meno fidate o alleata del Francese, il protagonista. Ci si tuffa nei meandri di una vicenda ingarbugliata e in una trama e non sempre facilmente decifrabile che Carlotto colora con la consueta vivacità e con qualche compiacimento erotico. La caduta nell’inferno di vendette incrociata e para-mafiose è inevitabile. Il personaggio del commissario donna è di una durezza senza precedenti ma nel suo conclamato cinismo si attira pure qualche simpatia. L’ambientazione è come di consueto nel Veneto bigotto ma peccatore, ricco di devianze e di ipocrita borghesia. E’ la provincia nel cui torbido Carlotto sguazza da tempo. Come documentarista che chiaramente illustra senza avere la pretesa di indicare una via d’uscita. La Maison del Francese accontenta tutti ma è in un equilibrio precario che presto si rompe. Ed i destini delle 12 donne che gli sono legate per interesse si collocano su un precario asse di resilienza. Senza indulgenza e pietà.

data di pubblicazione:06/04/2022

 

NON E’ VERO MA CI CREDO di Peppino De Filippo, regia di Leo Muscato, con Enzo De Caro, scene Luigi Ferrigno, costumi Chicca Ruocco

NON E’ VERO MA CI CREDO di Peppino De Filippo, regia di Leo Muscato, con Enzo De Caro, scene Luigi Ferrigno, costumi Chicca Ruocco

(Teatro Il Parioli – Roma, 31 marzo/10 aprile 2022)

Omaggio a Peppino ma anche a Luigi a quattro anni dalla scomparsa. Un classico del repertorio del più farsesco dei De Filippo. Con un De Caro all’altezza della parte e della commemorazione. I suoi partner sono la compagnia del compianto Luigi.

Prima fastosa per un classico tutto esaurito da debutto con tanti significati. Pittoresca confusione da generone romano all’ingresso (citazioni per Giovanni Ralli, festeggiatissima e Gianni Letta, di meno). Ma la ricompensa è ghiotta sul palcoscenico per uno spettacolo da 90 minuti senza interruzioni ma con tre suture. L’evocazione della superstizione partenopea è caricata all’eccesso in avvio ma poi si diluisce nella concentrazione sulla gobba portafortuna. Peppino sulla particolarità è più leggero di Eduardo. Poi senza spoilerare il ricorso a quello che viene definito “il regolamento” evapora nella sorpresa finale. Ovviamente l’happy end è in vista con una scena corale che è la fotografia istantanea che riassume tutto l’impegno della compagnia. L’ambientazione è spostata negli anni ’80, senza dimenticare ovviamente Maradona e Pino Daniele. Il poliedrico Muscato ha una storia antica, un sodalizio ventennale con parte della famiglia e non si nega dedizione all’opera di ravvivamento del testo. Concede persino una coreografia di balli moderni nel finale quando l’inevitabile matrimonio salda tutte le contraddizioni, le paure del protagonista. De Caro culmina un bel percorso attoriale, lontano ormai decenni dagli antichi compagni di viaggio. Mostrando di sapersi evolvere da solo, assolvendo un compito non banale. Piero Maccarinelli con questa tappa salda un altro pezzettino di stagione come tanti altri teatri romani. Alti e bassi, non sempre omogenei ma all’insegna della poliedricità per accontentare vaste fasce di pubblico. Senza dimenticare che siamo a Roma nord, in quello che una volta era il tempo del Maurizio Costanzo show.

data di pubblicazione:01/04/2022


Il nostro voto:

ESOTICI, EROTICI, PSICOTICI, il peggio degli anni ‘70 in 120 film di Renato Palazzi – Cue Press, 2021

ESOTICI, EROTICI, PSICOTICI, il peggio degli anni ‘70 in 120 film di Renato Palazzi – Cue Press, 2021

Quando c’erano le seconde e le terze visioni, una catena vasta di cinema porno, anche il cinema di serie B o C era preso in alta considerazione e si meritava delle recensioni che non erano semplici trafiletti sui principali quotidiani nazionali. Renato Palazzi si prestava a questo umile compito di filtraggio filmico sulla più diffusa testata nazionale e lo faceva senza sciatteria ma con un preciso senso del dovere, applicando le categorie estetiche che avrebbe utilizzato per una pellicola di Fellini o di Bunuel. Dunque questa è un’antologia vintage di un mondo che non c’è più, circoscritto alla commedia pecoreccia all’italiana, al filone del kung fu caro a Bruce Lee, alla moda dei poliziotteschi tutti eguali con registi e attori che ci hanno costruito sopra una discreta carriera. Carrellata sul film di genere e degenere con notazioni vintage che possono essere care a una generazione over. Libro di nicchia ma prezioso perché documenta un felice momento al botteghino perché c’erano film capostipite e modello che aprivano una lunga scia di imitazioni, con l’occhio mirato agli incassi. Sulla qualità si può discutere ma la quantità è indiscutibile. La sorpresa è trovare uno scrittore di vaglia come Daniele Del Giudice come autore di uno di queste non memorabili sceneggiature (si doveva pure campare, il film in questione è L’assassino è costretto a uccidere ancora, 1975). È anche vero che dall’horror ruspante dei Bava e dei Fulci è scaturito un maestro come Dario Argento. Così questo cinema marginale e residuale, nella rievocazione, acquista dignità e consistenza. E forse i nomi di Femi Benussi, Ria De Simone o Orchidea De Santis diranno qualcosa a un vasto pubblico di estimatori, direi soprattutto maschili. Corpi di attrice ma anche voci ed espressioni. Il sottotitolo ironico veicola il profilo basso dell’intenzione ma la scrittura di Palazzi è sempre controllata e inappuntabile. Onore al merito.

data di pubblicazione:29/03/2022