IL PIACERE DELL’ONESTA’ di Luigi Pirandello, regia di Luca Ferrini, con Michele Cosentini, Valentina Martino Ghiglia, Alberto Melone, Luca Ferrini, Monica Belardinelli, Riccardo Pieretti

IL PIACERE DELL’ONESTA’ di Luigi Pirandello, regia di Luca Ferrini, con Michele Cosentini, Valentina Martino Ghiglia, Alberto Melone, Luca Ferrini, Monica Belardinelli, Riccardo Pieretti

(Teatro de’ Servi -Roma, 25/26 febbraio 2023)

Un Pirandello correttissimo distillato in versione ultra-basica per 65’ di durata. Inevitabile misurarsi con l’intellettualismo cerebrale dello scrittore siciliano in una versione tradizionale di buon impatto. Si ride anche con un prete di maniera.

La vita come forma più che come contenuto nello strano contratto matrimoniale che viene proposto a un apparente spiantato. Ma Baldovino, aderendo a una proposta che ne cancella i debiti, sale in cattedra e detta condizioni per niente umili. Se matrimonio sia che ne rispetti tutti i dettami. Ecco la contraddizione che si scatena in una famiglia borghese dove viene frustrata la comodità del proponente, il cinico nobile che ha messo incinta l’amante e cerca riparo e giustificazione rispetto ai pettegolezzi della società. La lettura che nei mesi fa Baldovino della nuova realtà porta a un ribaltamento dei ruoli. Il nobile vuole solo sesso, il neo-marito insinua l’amore nell’emotività della giovane sposa. E anche la nascita di un bambino s’instaura nel complicato circuito dei rapporti e dei sentimenti. Pirandello così insinua la sua abituale corda pazza nel plot fino all’inaspettato capovolgimento dei ruoli. Un trucco contabile smaschera l’intenzione di liberarsi di Baldovino. Ma ecco scattare l’inaspettato. Le maschere lasciano il posto all’autenticità. La donna riconosce l’amore di Baldovino. E’ l‘occasione per liberarsi da grettezze e inganni per aderire a una nuova proposta di vita. Nel testo c’è tutta la pulsione di Pirandello perché i suoi personaggi si liberino dai legami delle consuetudini. Un soffio di vita permea la scena. La sublimazione della forma ha prodotto una nuova più congruente realtà. Attori per un set di completa affidabilità per un teatro pieno nel giorno della prima in un teatro che dunque non si dedica solo a un repertorio comico.

data di pubblicazione:26/02/2023


Il nostro voto:

PANE E LIBERTA’ di e con Paolo Rossi, con l’orchestra dal vivo composta da Emanuele Dell’Aquila, Alex Orciari e Stefano Bembi

PANE E LIBERTA’ di e con Paolo Rossi, con l’orchestra dal vivo composta da Emanuele Dell’Aquila, Alex Orciari e Stefano Bembi

(Teatro Vittoria -Roma, 21/26 febbraio 2023)

Gli anni sono 70, il periodo d’oro forse è alle spalle ma Pablito è ancora in grado di sorprenderti in uno spettacolo che apparentemente non ha copione né capo né coda ma che in realtà si fonda su una struttura solida eppure di grande spontaneità.

 

Paolo Rossi si offre coram populo per matrimoni, battesimi, feste di piazza, circoncisioni. Nel consueto ritrovo del Vittoria dà vita a un cabaret condito di musica in cui rinnega le hit che il pubblico gli suggerisce inserendo brandelli di satira non più appoggiata alla politica. Semmai ai grandi obiettivi ci arriva di rimbalzo, indirettamente, ammiccando, richiedendo allo spettatore una lettura filtrata. Così Berlusconi, la famiglia Agnelli (in particolare Gianni), il Pd, diventano solo un filo rosso di sottotesto stimolante nella sua corrosiva comicità. Si rende e conto che il momento dell’aggressione diretta è finita e non può parlare di una realtà politica che giorno per giorno dispensa fior di naturale comicità sua sponte. Riconosce che quel filone gli ha assicurato un grande benessere anche se è vero che i soldi del periodo d’oro li ha spesi tutti. Così suggestiona il pubblico con quell’affabulazione spezzata, un po’ ubriaca e sghemba, che è il suo marchio di fabbrica della parola da un trentennio. Nelle due ore in scena ci sono tanti omaggi a Enzo Jannacci e anche un gustoso sketch sulla perdita della memoria di Felice Andreasi. La musica è pane e companatico con l’affiatato trio che lo segue sin dai tempi della massima fama televisiva. E un pubblico complice tutto per lui richiede un bis inevitabile. Il plot risolvere i conflitti suoi e del pubblico nell’ansia di rievocare sogni luglio, storie, che aiutano a resistere “a scegliere tra il pane e la libertà”. Un programma che ricorda molto il titolo di un film di Ken Loach.

data di pubblicazione:25/02/2023


Il nostro voto:

TÁR di Todd Field, 2023

TÁR di Todd Field, 2023

Dieci anni di preparazione, sedici anni di distanza dall’ultimo film. Due date che fanno intuire l’ambizione di un progetto a completa misura di Kate Blanchett e con orizzonte Oscar. Script troppo vasto per Todd Field che non riesce a dominare la materia del racconto lungo 158 minuti di sviluppo.

  

Un film seducente che avrà una coda giudiziaria perché c’è chi si è riconosciuto (secondo noi a torto) nel personaggio della direttrice d’orchestra omosessuale che progressivamente s’impantana in una serie di viluppi poco professionali. Un me too alla rovescia secondo le regole del politicamente corretto? Non solo perché i fili che tengono uniti la pellicola per la mirabile interpretazione della protagonista sono molteplici e vanno al di là delle varie attrazioni che sminano l’unità dell’orchestra. C’è il valore della musica con citazioni quasi da specialisti nel mondo di Bach, Beethoven, Mozart ma con un raggio di pensiero assolutamente lontano dalle Prove d’Orchestra felliniana. C’è l’ambizione professionale di una donna dura e caparbia che non s’arresta di fronte a nulla. C’è l’ondivago atteggiamento a cui è portato lo spettatore che alla fine quasi tifa per la sua rinascita, dopo un gorgo inestricabili di contraddizioni che la costringono a lasciare l’importante incarico berlinese. La ricostruzione dell’ambiente di lavoro è impeccabile a suon di citazioni puntuali ma la programmaticità dell’assunto nuoce alla snellezza del racconto. E a un inizio didascalico (un quarto d’ora di brillante intervista, ma da set televisivo) subentra progressivamente la fretta di far precipitare gli eventi con un accumulo di azione probabilmente gratuita. La comunicazione è fredda anche quando vorrebbe essere estremamente emotiva. Il classico film che sarebbe stato migliorato al montaggio da congrui tagli. Ma vale il prezzo del biglietto per le musiche e per la classe della Blanchett in una parte da cinquantenne a pennello per la Meryl Streep di venti anni fa. Field non avrebbe potuto immaginare un film del genere senza il suo eccezionale contributo.

data di pubblicazione:23/02/2023


Scopri con un click il nostro voto:

LA STORIA, tratto dal libro omonimo di  Elsa Morante, drammaturgia di Marco Archetti, regia di Fausto Cabra, con Franco Penone, Alberto Onofrietti, Francesco Sferrazza Papa

LA STORIA, tratto dal libro omonimo di Elsa Morante, drammaturgia di Marco Archetti, regia di Fausto Cabra, con Franco Penone, Alberto Onofrietti, Francesco Sferrazza Papa

(Teatro Vascello – Roma,8/19 febbraio 2023)

Il teatro tenta l’impresa di misurarsi con l’epocale libro del 1974 e la vince con una solida ricostruzione ellittica. Scenografia di grande suggestione e richiesta drammaturgica anche fisica che conta sull’eccezionale disponibilità degli attori.

Drammaturgia d’autore che si presta anche alla didattica se è vero che il teatro era affollato di liceali, assolutamente pronti alla ricezione del messaggio attraverso due ore di spettacolo teso con almeno cinque punti di suggestivo ed emotivo climax. Partendo da lontano, non tentando neanche lontanamente un approccio omogeneo con il film di Comencini, il plot si snoda precipuamente nella forbice pregna di eventi 1941/19457. In mezzo c’è il fascismo, l’improvvisa conversione del figlio della protagonista (metafora del cambiamento di milioni di italiani): dall’adorazione per il fascismo alla ribellione partigiana. In ordine sparso: il dramma degli ebrei, l’immersione negli stenti della guerra, le sconfitte, l’armistizio, una saga familiare, letta attraverso gli occhi di una donna che cerca di assembleare e gestire la piccola famiglia creata, allargata dopo uno stupro. La scelta evocativa scavalla l’esigenza realistica. Sono simboli cane e gatto, un attore capace e adulto si cala nelle vesti del bambino. Le luci e veloci cambi di scena permettono di sdoppiare le interpretazioni. Dunque uno spettacolo che ha richiesto una lunga gestazione, una Storia lunga e che viene da lontano. L’allocuzione dell’attore che si avvicina al pubblico sembra una riflessione d’attualità sull’eterno fascismo (tesi di Umberto Eco), mai scacciato definitivamente dal popolo italiano. Una Storia nuda e cruda che non sembra offrire vie di fuga e anticipate salvezze e dunque non contiene alcun palpito moralistico e sembra proporre allo spettatore la richiesta di risposte possibili e plausibili. Spettacolo di contenuti forti e di forma scenica ineccepibile. Coraggioso anche nella lunghezza (due ore) senza la pretesa di restituire tutti i particolari del complesso poliforme mosaico creato dalla Morante.

data di pubblicazione:16/02/2023


Il nostro voto:

LA STOFFA DEI SOGNI DI Riccardo Pirozzi, uno spettacolo di Massimiliano Civica, con Renato Carpentieri, Vincenzo Abbate e Maria Vittoria Argenti

LA STOFFA DEI SOGNI DI Riccardo Pirozzi, uno spettacolo di Massimiliano Civica, con Renato Carpentieri, Vincenzo Abbate e Maria Vittoria Argenti

(Teatro India – Roma, 7/12 febbraio 2023)

Teatro nel teatro con un titolo che rimanda al topos scespiriano ma anche edoardiano. Sperando di non farsi suggestionare dai luoghi comuni di Marzullo.

Un attore dedito a una facile commercializzazione del proprio lavoro si confronta con due interlocutori irrisolti: la figlia che rimprovera al padre l’abbandono, l’allievo che si specchia con ammirazione nel maestro e cerca di ripercorrerne le orme, provando a instaurare un rapporto dialettico, a tratti paritario. In scena non tutte le ciambelle riescono con il buco. La scenografia minimale a disposizione dell’indubbia bravura di Carpentieri non raccoglie palpiti perché i due partner non reggono il gioco con adeguata maestria. L’attrice sfoggia una voce metallicamente monocorde che ci impedisce di entrare nella sua sfera emotiva. Così è un’occasione sprecata per tanto talento, Perché quando il protagonista distilla perle del teatro classico quasi spereresti che si abbandonasse a un lunghissimo monologo. Certo, non erano queste le intenzioni di autore e regista che volevano dare vita a una storia compiuta. Il finale tronco e inaspettato è un altro imprevedibile strappo incoerente. Così i dialoghi a volte si animano ma poi ricadono nella piattezza banale non riuscendo a dare continuità allo sviluppo. Stoffa cucita male, un po’ rattoppata all’ombra del mattatore La magia del teatro si annusa a tratti ma non ammalia come ambirebbe nella sua dichiarazione programmatica di scena. Di diverso avviso evidentemente il pubblico stregato dall’indubbio carisma di Carpentieri. Il Teatro India dal giorno dell’apertura si dibatte nella consueta provvisorietà: parcheggio impossibile, bar ai limiti della presentabilità, spazi teatrali non utilizzati, peraltro ben in linea con la fatiscenza di chi lo gestisce (vedi anche stallo del Teatro Valle, molto più funzionale e vivo quando era occupato).

data di pubblicazione:11/02/2023


Il nostro voto: