UN RAGAZZO DI CALABRIA di Luigi Comencini, 1987

UN RAGAZZO DI CALABRIA di Luigi Comencini, 1987

Alla vigilia dei Giochi Olimpici di Roma del 1960, in un piccolo paesino calabro, un ragazzo appena tredicenne chiamato Mimì (Santo Polimeno) di famiglia molto disagiata, si allena come atleta di nascosto al padre (Diego Abatantuono) che invece gli impone di studiare per raggiungere una posizione sociale e migliorare la condizione economica familiare. La madre (Thérèse Liotard), accordasi della passione del figlio, lo difende energicamente e prende posizione contro il padre despota. In aiuto del ragazzo interverrà Felice (Gian Maria Volontè) che pur lavorando come autista di corriera, troverà il tempo per diventare l’allenatore personale di Mimì. Il ragazzo seguirà attentamente tutte le gare podistiche delle Olimpiadi entusiasmandosi ancora di più e convincendosi che quello sarà l’obiettivo della sua vita. Infatti Mimì riuscirà a realizzare il suo sogno e riuscirà ad ottenere la sua prima vittoria da campione proprio a Roma durante i giochi della Gioventù. Il film colpisce per la delicatezza del tema trattato e per la naturalezza della recitazione del giovane, scelto dal regista in maniera del tutto casuale tra gente non professionista dello schermo. Ottima anche la recitazione di Gian Maria Volontè che ottenne anche un premio secondario al Festival di Venezia di quell’anno, specialmente per l’uso molto appropriato dell’espressione dialettale locale. La Calabria, con i suoi contrasti di sapori, ci propone una ricetta saporita: panzerotti calabri.

INGREDIENTI: 400 grammi di farina bianca “00” – un dado di lievito di birra   – latte  qb – 200 grammi prosciutto cotto – 200 grammi mortadella – 200 grammi mozzarella per pizza  –  olio per frittura – sale e pepe qb.

PROCEDIMENTO: Aggiungere alla farina piano piano il latte tiepido dove è stato fatto sciogliere il lievito di birra. Aggiungere un pizzico di sale e lavorare bene il tutto sino ad ottenere un impasto morbido. Lasciare riposare. Intanto preparare il condimento tagliando a listarelle sottili il prosciutto, la mortadella e la mozzarella, aggiungere un poco di pepe. Dividere l’impasto in piccole porzioni, spianare con il mattarello in modo da ottenere dei ravioli del diametro di circa 12 centimetri. A questo punto riempire i panzerotti con il ripieno già preparato e richiudere a mezza luna stando bene attenti che i bordi, precedentemente inumiditi, siano ben sigillati. Una volta preparati si può procedere alla frittura. Sistemare i panzerotti su carta da cucina assorbente e servire poi ben caldi.

IO SONO L’AMORE di Luca Guadagnino, 2009

IO SONO L’AMORE di Luca Guadagnino, 2009

Il film presenta il ritratto di famiglia di un ricco imprenditore milanese, includendo i riti e le convenzioni borghesi che si consumano entro le mura domestiche. Emma (Tilda Swinton) moglie russa del ricco industriale Tancredi Recchi (Pippo Delbono), vive nel lusso della villa al centro di Milano (la dimora è la famosa villa Necchi Campiglio, oggi gestita dal FAI) insieme ai tre figli Gianluca (Mattia Zaccaro Garau), Elisabetta (Alba Rohrwacher) e Edoardo (Flavio Parenti). Mentre Gianluca segue le orme paterne anche nell’attività imprenditoriale, Edoardo invece è di carattere simile alla madre, lontano dalla mentalità cinica e borghese propria del suo ambiente. Insieme al suo amico Antonio (Edoardo Gabbriellini) decidono di aprire un ristorante in campagna sulla costa ligure approfittando delle esperienze di chef di Antonio. L’incontro casuale di questi con Emma, che poi si consoliderà in una appassionata storia d’amore, romperà definitivamente i falsi equilibri su cui poggiava la già traballante struttura familiare, tra agi e ipocrisie tipiche di un certo ambiente borghese milanese. Antonio, di basso ceto sociale, è l’unico quindi che non appartiene a questo contesto e pertanto è l’unico che riesce a risvegliare i sentimenti di Edoardo, come amico, e di Emma, come amante segreta. La vicenda avrà un epilogo fatale, ma metterà finalmente chiarezza all’interno del nucleo familiare. Ottima l’interpretazione di Tilda Swinton che riesce perfettamente ad interpretare  la figura di una esotica padrona di casa costretta a reprimere le proprie emozioni per uniformarsi al modus vivendi dell’alta borghesia milanese. Sulla tavola della famiglia Recchi si alternano pietanza raffinate e semplici come questo timballo di mezze maniche con verza al forno.

INGREDIENTI: 400 grammi di mezze maniche rigate – 500 grammi di verza lessata  – 200 grammi di pancetta affumicata – 150 grammi di provola dolce – 50 grammi di burro – 4 uova  –  3 cucchiai di panna fresca –  sale e pepe qb.

PROCEDIMENTO: Sbattere le uova con la panna, salare e pepare. Rosolare la pancetta con il burro, unire la verza già lessata tagliata a listarelle, la provola a dadini e cuocere per circa due minuti. Lessare  la pasta molto al dente e condirla con la crema di uova e panna e con la verza saltata. Imburrare una teglia e versarvi la pasta. Fare cuocere al forno a 200 gradi per circa 30 minuti, qualche minuto sotto il grill per gratinare un poco. Servire le mezze maniche non eccessivamente calde ma dopo averle fatte riposare un poco fuori dal forno.

IO SONO LI di Andrea Segre, 2011

IO SONO LI di Andrea Segre, 2011

Shun Li (Zhao Tao) è una immigrata cinese che lavora in una fabbrica tessile facendo turni massacranti pur di ripagare il suo debito e poter far venire in Italia suo figlio rimasto intanto in Cina. Trasferitasi a Chioggia, inizia a lavorare come barista in una osteria frequentata essenzialmente da vecchi pescatori, dove, dopo un periodo di sbandamento a causa della poco padronanza della lingua, farà amicizia con un uomo da tutti chiamato il Poeta (Rade Serbedzija). Li inizierà con lui, immigrato dalla Jugoslavia molti anni prima, una intensa relazione che non troverà approvazione né da parte degli italiani né da parte dei cinesi. Per non compromettere la possibilità di far arrivare suo figlio, Li interrompe bruscamente la relazione con il Poeta e va a lavorare in una fabbrica. Con grande gioia un giorno la donna verrà arrivare improvvisamente suo figlio dalla Cina e subito pensa che sia stato il Poeta ad aiutarla segretamente. Il film che nasce da una storia vera, affronta anche metaforicamente il problema  dell’integrazione degli immigrati attraverso il racconto di come vivono e pensano. Ambientato quindi in luoghi reali e con personaggi reali, il film sviluppa un linguaggio tutto proprio attingendo proprio dal genere documentario anche per la scelta linguistica, dal momento che viene utilizzato il dialetto di Chioggia. Presentato alla 68° edizione del Festival del Cinema di Venezia, ottenne un premio secondario proprio per la delicatezza dell’argomento trattato, nonché altri premi internazionali e infine anche un David di Donatello a Zhao Tao, quale migliore attrice protagonista. Pur ambientato tra i vecchi pescatori veneti, il film ci suggerisce una ricetta dal tocco un poco cinese in quanto si tratta di un filetto di maiale in agrodolce.

INGREDIENTI: 600 grammi circa di filetto di maiale – 2 radicchi trevigiani  – 40 grammi di burro – ½ bicchiere di vino bianco – 1 cipolla bianca  – 50 grammi di burro  – 3 spicchi d’aglio –  una spruzzata di aceto bianco – 1 cucchiaio di miele d’acacia – una manciata di uvetta – 1 rametto di rosmarino e 4 foglie di salvia – due cucchiai d’olio extravergine d’oliva – sale e pepe qb.

PROCEDIMENTO: Lavare il radicchio, eliminare la parte dura e tagliarlo a spicchi molto sottili. Tritare la cipolla e stufarla in una casseruola con l’olio. Unire quindi il radicchio, aggiungere il miele e quando inizia a caramellare spruzzare l’aceto. Fare sfumare bene, salare e pepare, quindi aggiungere l’uvetta precedentemente ammollata a fare cuocere il tutto a fiamma bassa per circa 6 minuti. Intanto salare e pepare bene il filetto e rosolarlo bene in una casseruola con il burro, l’aglio in camicia schiacciato. Sfumare poi con il vino ed aggiungere il rosmarino intero a la salvia sminuzzata. Fare cuocere per circa 8 minuti rigirando spesso la carne. Fare riposare un paio di minuti ed affettare il maiale che verrà servito con il radicchio brasato.

3 GENERATIONS – UNA FAMIGLIA QUASI PERFETTA di Gaby Dellal, 2016

3 GENERATIONS – UNA FAMIGLIA QUASI PERFETTA di Gaby Dellal, 2016

Ramona, perdon Ray, ha sedici anni, si sente un ragazzo e vuole essere un ragazzo come tutti gli altri: indossa pantaloni e maglioni larghi, camice a quadri di pesante flanella e scarponi gialli. A scuola si comporta secondo la sua vera natura, provando sentimenti verso una sua compagna, nel quartiere viene visto girovagare con il suo skateboard, adottando il tipico look di un giovane dell’East Village newyorkese.

Ray (Elle Fanning) vive in una famiglia di sole donne dal momento che sua madre Maggie (Naomi Watts) da anni non ha più contatti con il suo uomo, e la nonna Dolly (Susan Sarandon) vive da sempre un equilibrato ménage con la sua compagna Frances (Linda Emond). Una famiglia, più o meno, come tante altre, che come tutte si trova a dover affrontare il delicato problema della crescita di un figlio adolescente: non tanto nella ricerca del proprio orientamento sessuale, quanto piuttosto nella determinazione di riconoscere la propria identità e prendere atto di essere nato in un corpo che non gli appartiene. Il film di Gaby Dellal si fa subito amare per la delicatezza con la quale vengono affrontate le diverse dinamiche all’interno del nucleo familiare. In casa tutte sono animate da buoni sentimenti e rispettano la decisione, oramai inconfutabile, presa da Ray di iniziare la terapia ormonale che lo spingerà in una nuova dimensione dove non sono ammessi ripensamenti. Tutte, ognuno a modo proprio, sono pronte ad affrontare questa sfida che le impegnerà in prima persona anche a confrontarsi con problemi di identità nei confronti di sé stesse. Film divertente ed intelligente che però nel contempo coinvolge lo spettatore in tematiche che possono risultare anche molto forti per chi è ancora legato a schemi sociali preconfezionati dove c’è poco spazio per la tolleranza e il rispetto delle scelte altrui. La sceneggiatura, curata dalla stessa regista insieme a Nikole Beckwith, è bene equilibrata e mette in risalto l’intero cast che, inutile dirlo, è di ottimo livello. Elle Fanning, bravissima nel ruolo di Ray, è un transgender felice di poter finalmente affrontare comportamenti e tematiche maschili e ci insegna che è bello anche presentarsi a casa con un occhio nero dopo aver fatto a cazzotti per strada.

data di pubblicazione:24/11/2016


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TRE UOMINI E UNA GAMBA di Aldo, Giovanni, Giacomo e Massimo Venier, 1997

TRE UOMINI E UNA GAMBA di Aldo, Giovanni, Giacomo e Massimo Venier, 1997

Aldo, Giovanni e Giacomo lavorano in un negozio milanese di ferramenta di proprietà del Cavaliere Eros Cecconi (Carlo Croccolo) che è padre delle rispettive consorti di Aldo e Giovanni. I tre dovranno attraversare l’Italia e andare a Gallipoli, dove avrà luogo il matrimonio di Giacomo con la terza figlia dell’imprenditore, e con l’occasione portare una scultura in legno a forma di gamba di uno scultore famoso oramai in procinto di morire. Durante il viaggio i tre dovranno affrontare una serie di disavventure di tutti i generi che metteranno in serio pericolo la scultura che, a detta dell’irascibile suocero, un giorno avrà un valore inestimabile. Nel bel mezzo del loro viaggio i tre incontreranno Chiara che chiede loro passaggio fino a Brindisi per poi imbarcarsi per la Grecia dove ha programmato di fare una vacanza. La ragazza viene quindi coinvolta nelle diverse vicende in cui si trovano sempre i tre amici fino a quando non si accorge che Giacomo si è innamorato di lei. A questo punto decide, con una scusa, di allontanarsi per non mandare all’aria il matrimonio in programma. I tre arriveranno finalmente a destinazione ma dopo, aver preso coscienza di voler radicalmente cambiare la loro vita, decideranno di abbandonare la famosa gamba sul cancello della villa del suocero e quindi di allontanarsi definitivamente dal loro destino nella famiglia Cecconi. Il film, record assoluto di incassi, segno il debutto di Aldo, Giovanni e Giacomo sul grande schermo, dopo che i tre comici si erano fatti già conoscere ed apprezzare dal pubblico in vari corti televisivi. Nel film, da loro curato anche nella regia, i tre funzionano bene come anche le battute, molte delle quali riciclate dai precedenti corti, che, anche se non completamente originali, riescono comunque a suscitare ilarità senza avere troppe pretese e senza mai sfiorare la volgarità. Il colore del meridione ci suggerisce questa ricetta molto mediterranea di un antipasto a base di pesce: insalata di mare colorata.

INGREDIENTI: 6 mazzancolle – 4 calamari piccoli – 4 seppie piccole – 150 grammi di pomodorini – 1 peperone giallo – 1 peperone verde – olio extra vergine d’oliva – prezzemolo – sale e pepe qb.

PROCEDIMENTO: Lavare i peperoni, tagliarli in fette larghe e cuocerli alla piastra in ghisa per circa 10 minuti. Una volta cotti condirli con olio, sale, pepe e prezzemolo tritato. Tagliare i calamari a listarelle, le seppie a metà e sgusciare le mazzancolle. Fare cuocere il tutto per due minuti in acqua salata, scolare bene e aggiungere il pesce ai peperoni e ai pomodorini tagliati a metà. Condire l’insalata con altro olio, mescolare bene e servire tiepida.