FURORE di John Steinbeck, adattamento di Emanuele Trevi con Massimo Popolizio

FURORE di John Steinbeck, adattamento di Emanuele Trevi con Massimo Popolizio

(Teatro Argentina – Roma, 6/18 dicembre 2022)

John Steinbeck, insignito del premio Nobel per la letteratura, nel 1939 pubblica Furore frutto di un lavoro giornalistico in massima parte dovuto al suo impegno civile e alla sua denuncia sociale. Nonostante l’incubo della grande depressione si ritenesse oramai del tutto vanificato, ci sono grandi masse di contadini che muoiono di fame a causa della siccità che colpisce alcune regioni degli Stati Uniti. Le tempeste di sabbia coprono irrimediabilmente i raccolti di cotone e le piantagioni di mais, da tutto ciò nasce questo racconto destinato a diventare un insuperabile capolavoro letterario.

  

Emanuele Trevi, critico letterario, autore di diversi saggi e romanzi, ha vinto lo scorso anno il Premio Strega con il libro Due vite, una densa biografia dei suoi più cari amici Rocco Carbone e Pia Pera. Per il Teatro di Roma – Teatro Nazionale cura un adattamento dell’opera di John Steinbeck, riuscendo perfettamente a sintetizzare gli aspetti più salienti di una drammaturgia che non può che colpire la sensibilità dello spettatore. La buona riuscita di questo spettacolo, che verrà presentato nei prossimi giorni al Teatro Argentina di Roma, è soprattutto dovuta alla presenza unica sulla scena di Massimo Popolizio, cresciuto professionalmente come attore teatrale anche per la lunga collaborazione artistica con il regista Luca Ronconi. Tra pacchi di giornali accatastati e una vecchia macchina da scrivere, per ricordarci che Steinbeck era stato anche uno stimato giornalista, Popolizio ci racconta l’odissea di quei contadini costretti dalla miseria a lasciare l’Oklahoma, oramai ridotta ad un deserto di sabbia, per migrare verso la lontana California, un paradiso dove sperano, e forse si illudono, di trovare lavoro e condurre una vita più umana. Le percussioni, curate dal vivo da Giovanni Lo Cascio, accompagnano l’attore nel racconto-resoconto di un dramma che non può non coinvolgerci visto che rimanda ai giorni nostri con l’inarrestabile esodo di migliaia di migranti, alla ricerca di un posto dove vivere e dove sfamare i propri figli. Ecco perché risulta geniale questa trasposizione teatrale che di fatto sintetizza tutti i grandi problemi sociali, ambientali e climatici che riguardano oggi, più che mai, il nostro pianeta. Le immagini video proiettate sulla scena (create da Igor Renzetti e Lorenzo Bruno) segnano i diversi capitoli e ci fanno vedere, oltre che sentire, la disperazione negli sguardi di quegli uomini che, pur essendosi ribellati al brutale sfruttamento, non riescono tuttavia a venir fuori da quell’inferno sociale e morale di quegli anni. Il reiterato problema della globalizzazione, un’economia di mercato che preferisce distruggere grandi masse di prodotti agricoli al fine di mantenere un certo livello dei prezzi, lo sfruttamento dei migranti che si continuano a guardare con diffidenza e paura se non addirittura con odio, ecco la miscela esplosiva che viene proposta in Furore. Massimo Popolizio è un grande interprete che sa calibrare bene i suoi tratti per farci comprendere appieno quanto di disumano ci sia nell’umanità di oggi. Al Teatro Argentina fino al 18 dicembre.

data di pubblicazione:07/12/2022


Il nostro voto:

IL PIACERE È TUTTO MIO di Sophie Hyde, 2022

IL PIACERE È TUTTO MIO di Sophie Hyde, 2022

Nancy, insegnante di religione in pensione, si ritrova a fare i conti con la propria vita passata, ma anche con quella presente: vedova di un uomo con il quale non ha mai avuto una vera intesa affettiva, né tantomeno sessuale, due figli con cui ha rapporti puramente formali, un insegnamento rigido e ai limiti del bigottismo. Finalmente si palesa tanta voglia di recuperare il rapporto con gli altri ma soprattutto con se stessa, iniziando da un oggetto di desiderio per lei finora considerato tabù: il sesso.

 

Sophie Hyde è una regista e produttrice australiana per la verità poco conosciuta in Italia anche se ha già ricevuto diversi riconoscimenti internazionali, in particolare al Sundance Film Festival nel 2014 per il film 52 Tuesdays. Questo suo ultimo lavoro (dal titolo originale Good Luck to You, Leo Grande) è già da qualche tempo distribuito nelle sale italiane e sta riscuotendo un discreto successo anche tra il pubblico, dopo essere stato elogiato dalla critica. Il film ha praticamente due soli protagonisti – la matura Emma Thompson e l’avvenente Daryl McCormack – e l’intera vicenda si svolge all’interno della camera di un hotel, sufficientemente elegante ma anonimo. Il motivo dell’appuntamento tra i due sconosciuti è molto preciso: da un lato l’insicura Nancy è in cerca di una genuina emozione sessuale che culmini in quell’orgasmo che non ha mai raggiunto in tutta la sua vita precedente, dall’altro l’intraprendente Leo Grande (nome di fantasia per nascondere la vera identità di un escort), è il professionista che gliela può regalare. I primi dialoghi, molto verbosi da parte della donna, sono tutti incentrati sul sesso: qualcosa di cui lei non è mai riuscita a parlare, un poco per i propri dubbi, ma soprattutto per un mero senso di vergogna. Durante i ripetuti incontri, sembra che il gioco delle parti proceda via via in senso inverso dal momento che i tentennamenti di lei passano a lui, rivelando in Leo una natura fragile e infelice per l’abbandono da parte della madre che lo rifiuta come figlio. Ma in definitiva ci si chiede: come mai la regista si accanisca su questo argomento? La risposta sta forse nell’iniziale e prolungato imbarazzo della protagonista che mostra al tempo stesso anche attrazione verso qualcosa che è sostanzialmente al centro dei propri desideri me che le è stato da sempre negato da colui, suo marito, che è stato l’unico con il quale abbia fatto sino ad allora le sue esperienze sessuali. Ed è proprio in quella “stanza ad ore” che si realizza inconsapevolmente quanto di fatto non ci si aspettava. Attraverso i dialoghi, preludio poi di una sexual session vera e propria, si mettono a nudo i problemi di entrambi, problemi che poi porteranno ad una sorprendente intimità e complicità. Lo spettatore percepisce una certa elettricità nell’aria, un certo impatto emotivo, una certa attrazione fisica per quanto ovvio più verso il seducente Leo che non per l’attempata Nancy, ma tutto ciò non toglie nulla al fatto che il film ci faccia stare bene, ci faccia fare qualche sana ed intelligente risata e ci suggerisca quanto sia semplice affrontare cose solo in apparenza complicate. Inutile sottolineare la bravura drammatica di Emma, assolutamente disinibita nel mostrarsi nuda, e l’altrettanta bravura di Daryl, per metà irlandese e per metà afroamericano, anche lui disinibito, ma con qualche difficoltà in meno considerata la giovane età ed il fisico da statua greca. Entrambi danno comunque prova di grande coraggio nel mettersi “a nudo” ed il film ci rende partecipi di quello che è il percorso di entrambi, divertendoci con intelligenza.

data di pubblicazione:04/12/2022


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TRIANGLE OF SADNESS di Ruben Östlund, 2022

TRIANGLE OF SADNESS di Ruben Östlund, 2022

Carl e la sua ragazza Yaya, entrambi impegnati nella moda come modelli, sono a bordo di un panfilo di lusso per una crociera tra miliardari più o meno stravaganti e capricciosi. A loro lo sfarzoso viaggio è stato offerto gratis in cambio della pubblicità che procureranno sui social in quanto influencer di tutto rispetto. Un’improvvisa tempesta si abbatterà sulla nave e, quel che è peggio, sugli ospiti mettendo a nudo le loro fragilità e paradossalmente anche i loro punti di forza.  

 

Ruben Östlund è un regista svedese che non ha più bisogno di grandi presentazioni per il pubblico internazionale e italiano in particolare. Ha già vinto a Cannes per ben due volte la Palma d’oro, nel 2017 con The Square e quest’anno con Triangle of Sadness, mentre nel 2014 era stato premiato sempre a Cannes nella sezione Un Certain Regard con il film Forza maggiore. La critica ha in diverse occasioni evidenziato come i suoi film siano preminentemente rivolti a mettere in luce i lati più nascosti, o meglio sconosciuti, della complessa e quanto mai enigmatica natura umana. L’individuo sostanzialmente è un essere fragile, pieno di paure e tentennamenti, soprattutto quando è di fronte a difficoltà e a situazioni estreme poco prevedibili. In Triangle of Sadness i due giovani protagonisti Carl e Yaya si trovano per caso catapultati in un mondo di lusso esagerato tra oligarchi russi e magnati guerrafondai, dove pur sforzandosi di integrarsi non potranno certamente ignorare le loro eccentricità. Tra i facoltosi croceristi e il personale, addestrato a soddisfare ogni loro desiderio, si viene a creare un inevitabile gioco di potere dove si trovano contrapposti gli oppressori e gli oppressi. Il regista vuole così raccontarci come da sempre esistono questi due mondi che solo eventi straordinari riescono a sovvertire, ribaltando le posizioni delle rispettive parti. Il film, forse un po’ prolisso di suo, ha dei momenti tragicomici funzionali a stemperare le situazioni che potrebbero altrimenti risultare pesanti e poco attendibili. I dialoghi, soprattutto quello iniziale tra i due giovani protagonisti (rispettivamente Harris Dickinson e Charlbi Dean, modella e attrice sudafricana da pochi mesi venuta precocemente a mancare) risultano a volta tediosi e ripetitivi, volutamente costruiti per suscitare nello spettatore un palese stato di insofferenza. Ma sicuramente è proprio questo l’obiettivo del regista, che ha curato anche la sceneggiatura, cioè di costringere il pubblico a fare una scelta e decidere forzatamente da che parte stare. Determinante, per la buona riuscita del film, anche la partecipazione di Woody Harrelson, attore statunitense con un curriculum da capogiro avendo lavorato con i migliori e più famosi registi di Hollywood, che nel film interpreta la parte del capitano Smith, per natura grande ubriacone, che tra un bicchiere e l’altro riesce a sciorinare con vera convinzione le più sottili teorie marxiste. Una commedia divertente, e profonda nello stesso tempo, che ci fa comprendere come il potere non è mai solo da una parte e che non occorrono le grandi rivoluzioni sociali per fare spostare drasticamente l’ago della bilancia a favore di uno e a sfavore dell’altro. Sostanzialmente un film ben riuscito.

data di pubblicazione:01/12/2022


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L’OMBRA DI CARAVAGGIO di Michele Placido, 2022

L’OMBRA DI CARAVAGGIO di Michele Placido, 2022

La sera del 28 maggio 1606 in Campo Marzio a Roma, a causa di una banale discussione nata durante il gioco della pallacorda, Caravaggio viene ferito e, a sua volta, ferisce mortalmente il rivale, un certo Ranuccio Tomassoni. Il pittore aveva già avuto con lui diverse discussioni, spesso a causa di donne, che inevitabilmente sfociavano in violente risse, alle quali lui stesso era molto avvezzo. Condannato a morte, deve darsi alla fuga per sottrarsi al suo maledetto destino e, con l’aiuto di nobili famiglie romane, riesce in qualche modo a far perdere le sue tracce…

 

 

Come si è già avuto modo di notare, non è facile portare sul grande schermo un personaggio di grande spessore artistico o culturale senza cadere in schemi stereotipati che possano rendere l’immagine stessa del soggetto “sopra le righe”, se non addirittura vicine al ridicolo. Ad esempio, senza voler oscurare la figura del grande regista russo Andrej Koncalovskij, la pellicola da lui diretta e sceneggiata su Michelangelo, nonostante l’impiego di enormi mezzi finanziari e di un cast rilevante, non fu bene accolta da pubblico e critica proprio perché poco credibile nel tentativo di esplorare il mondo dell’artista, così ricco di pregiudizi e di false credenze religiose. Michele Placido, al contrario, riesce in questo film, come autore, interprete e regista, a portare realisticamente sul grande schermo la figura di un uomo che è stato capace di influenzare la pittura del suo tempo e a creare una visione realmente rivoluzionaria del sacro e del profano. Merito proprio di Caravaggio è stato quello di portare nelle grandi pale d’altare personaggi che non erano mai stati rappresentati, sia pur come modelli, quali prostitute, gente del popolo e vagabondi di ogni genere. Il film di Placido ha la forza e la credibilità di portarci in quel mondo, per farci comprendere come l’arte, se è per definizione immagine rielaborata della realtà, mai come in questo caso è proprio tra i poveri e i derelitti che va cercata e mostrata. Frutto di una attenta sceneggiatura curata dallo stesso regista insieme a Sandro Petraglia e Fidel Signorile, il film enfatizza la figura di un pittore maledetto e lascivo che però ha saputo portare l’arte ai massimi livelli di espressione proprio per la sua schiettezza narrativa.

L’Ombra di Caravaggio ha il grande vantaggio di fare riflettere come il passato, tutto sommato, non è altro che una metafora del presente e come dal presente ci si senta spinti ad andare avanti proprio in considerazione degli insegnamenti del passato. Riccardo Scamarcio è un perfetto Caravaggio, sguardo ammiccante e ambiguo in tutte le sue manifestazioni, uomo di mondo ma con quella sensibilità che è prerogativa, paradossalmente, di quegli uomini materiali e poco avvezzi alle buone maniere. L’attore viene egregiamente affiancato da Louis Garrel, nella parte dell’inquisitore, agente segreto del Vaticano, incaricato di ricostruire le vicende del pittore, e da Isabelle Huppert, nel ruolo di Costanza Sforza Colonna, nobile ammiratrice e protettrice del genio. La fotografia, curata da Michele D’Attanasio, introduce sapientemente lo spettatore in quel mondo di luci e ombre tipico della pittura caravaggesca, primi piani perfetti per cogliere l’espressione tormentata dei volti in un contesto ora paludato ora misero e maleodorante. Il film, sicuramente di grande impatto visivo e emotivo, è stato presentato all’ultima edizione della Festa del Cinema di Roma e da qualche giorno è distribuito nelle sale.

data di pubblicazione:09/11/2022


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RAMONA di Andrea Bagney, 2022

RAMONA di Andrea Bagney, 2022

(Festa del Cinema di Roma, 13/23 Ottobre 2022)

Ramona, oramai trentenne, scodinzola per le strade di Madrid con la speranza di trovare la strada giusta per il suo futuro. Molte idee confuse per la testa: attrice o madre di molti bambini? Nico, il cuoco con il quale ha già una relazione, o Bruno, che si rivela essere il regista di un film per il quale si era presentata? Un colpo al cerchio e uno alla botte per cercare di quadrare ogni cosa al posto giusto. Impresa non facile però visto che lei ancora non sa da che parte stare…

 

 

Film d’esordio per la regista spagnola Andrea Bagney che con Ramona porta sul grande schermo una messinscena tutta spagnola e ambientata ai giorni nostri. Sicuramente emerge l’intenzione di ispirarsi a quelle commedie americane di un tempo dove con un certo sarcasmo, tra una battuta e l’altra, si lasciava allo spettatore una piacevole sensazione di appagamento. Tra le righe un omaggio a Woody Allen quando Ramona, durate un provino per la partecipazione al cast di un film, recita con grande bravura ed espressività un monologo da Io e Annie, non meno brava in questo dI Diane Keaton. Ci sono delle aspirazioni nella sua vita, ma spesso contraddittorie per cui non è facile per lei fare la scelta giusta e capire esattamente cosa sia più opportuno fare. E’ innamorata del suo fidanzato ma incomincia ad esserlo anche del regista che, sin dal primo incontro casuale in un bar, palesa senza tanti giri di parole il suo amore. Il film è diviso in capitoli, la narrazione è fatta di dialoghi serrati e vivaci dove la protagonista (Lourdes Hernandez) prende sulla scena i colori sgargianti e sopra le righe di un Almodòvar degli esordi, mentre fuori dal set il film si svolge in un elegante bianco e nero, un escamotage della regista per evidenziare il contrasto tra la pura fantasia e la vita reale. Accanto alla divertente interpretazione dell’attrice abbiamo quella molto convincente di Bruno Lastra, nella parte appunto del regista Bruno, attore spagnolo che si è distinto soprattutto a teatro in importanti produzioni a Londra, dove abitualmente risiede. Film leggero e divertente che ci catapulta nel mondo della Spagna di oggi, piena di incertezze e di tanti interrogativi sulla vita di oggi e peggio ancora su quella che ci si aspetta domani. In sottofondo la prorompente musica di Tchaikovsky e il quinto concerto per piano di Beethoven, e se ci si chiede il perché di questo strano accostamento: beh, non è dato sapere…

data di pubblicazione:18/10/2022


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