EXTRA TERRESTRES di Carla Cavina, Porto Rico/Venezuela

EXTRA TERRESTRES di Carla Cavina, Porto Rico/Venezuela

(CASA DEL CINEMA – Roma, 27/29 Aprile 2018)

Teresa è una astrofisica che vive nelle Canarie e lavora con la sua compagna Daniela presso un centro di osservazione stellare. Dopo sette anni di lontananza da casa decide di tornare in famiglia, in Porto Rico, allo scopo di invitare i parenti al suo matrimonio che si celebrerà alla falde del vulcano Teide. L’impresa sin dall’inizio non si prospetterà facile in quanto il padre ha una mentalità molto retrograda che tiene in pugno figli e moglie, da tempo costretti a vivere una vita di sotterfugi pur di seguire in segreto i propri ideali di felicità. Teresa, convinta dovrà lottare duro contro un genitore prepotente e dispotico, lei vegetariana e lui grande allevatore di polli, che non hai mai compreso le sue scelte di vita e men che meno i suoi sentimenti verso Daniela.

A dare il via a questa tredicesima edizione di Immaginaria è stato scelto il film Extra Terrestres, primo lungometraggio della regista portoricana Carla Cavina conosciuta per i suoi corti e documentari già presentati in molti Festival internazionali a tematica lesbo-femminista. Il film, pur utilizzando metaforicamente l’immagine galattica di stelle e pianeti vaganti nell’universo secondo un ordine cosmico prestabilito, non è un film su extra terrestri ma al contrario racconta di esseri umani che si ritrovano ad affrontare il quotidiano con i normali problemi di sempre. Teresa ha un rapporto stabile con Daniela, compagna nella vita privata e nel lavoro, e dopo anni di assenza da casa sente la necessità di affrontare una volta per tutte la famiglia per comunicare la sua decisione di sposarla. Ecco che la giovane si troverà suo malgrado a lottare contro un padre autoritario, che mai accetterà la sua relazione affettiva omosessuale ritenuta anormale e quindi inaccettabile. Messo di fronte a questa realtà, l’uomo casualmente verrà a conoscenza di un mondo parallelo e segreto dove anche gli altri membri della famiglia hanno trovato rifugio per sfuggire al suo dispotismo. Interessante come la regista abbia utilizzato il linguaggio delle stelle per farci comprendere la forza dell’amore che, al di là delle distanze interplanetarie, è ancora una volta il fulcro energetico che muove i singoli esseri umani in un piccolo pianeta, come il nostro, sperduto nel nulla. Ne viene fuori un film sicuramente ben costruito che non trascura il messaggio che sta alla base dell’intera storia anche se a tratti sembra perdersi nella banalità, così come l’interpretazione degli attori che non riescono a dare quel quid tale da rendere la pellicola convincente per il folto pubblico che affollava le tre sale messe a disposizione dalla Casa del Cinema.

data di pubblicazione:28/04/2018

EXTRA TERRESTRES di Carla Cavina, Porto Rico/Venezuela

IMMAGINARIA – International Film Festival of Lesbians & Other Rebellious Women

(CASA DEL CINEMA – Roma, 27/29 Aprile 2018)

Si inaugura oggi alla Casa del Cinema la XIII edizione di Immaginaria, Festival tutto al femminile organizzato dall’Associazione Culturale Lesbica Visibilia di Bologna insieme al Festival MIX – Milano, con il supporto di numerose unioni lesbo-femministe internazionali. Come in passato, anche quest’anno verranno proiettati film diretti da registe di ogni parte del mondo, tutte impegnate nel sociale per portare a conoscenza tematiche particolari, non facilmente riscontrabili nei normali circuiti di distribuzione. Durante questa kermesse romana verranno presentati in concorso 7 lungometraggi e ben 13 corti, tra questi 5 documentari tutti ovviamente incentrati sulla tematica propria che caratterizza questo Festival. Da ricordare che Immaginaria, fondata venticinque anni fa a Bologna, è la prima manifestazione cinematografica italiana che ha come obbiettivo di portare sullo schermo i problemi delle donne con orientamento sessuale lesbico e soprattutto la loro lotta per emanciparsi dai soliti cliché imposti dalla società maschilista e fallocratica vigente nel nostro beneamato Paese. Quindi i film proposti hanno lo sguardo attento di donne coraggiose, impegnate per la difesa del diritto a vivere serenamente a propria sessualità, con l’intento di superare ogni bigotto e anacronistico pregiudizio. Novità di questa edizione è l’aver introdotto per la prima volta la Sezione speciale “Donne al Corto” che presenterà cortometraggi italiani in anteprima per poi essere distribuiti in maniera più capillare nei festival LGBTQ. Accreditati seguirà la manifestazione e informerà sulle proiezioni in programma.

data di pubblicazione:27/04/2018

 

THE HAPPY PRINCE di Rupert Everett, 2018

THE HAPPY PRINCE di Rupert Everett, 2018

Alla fine del 19esimo secolo Oscar Wilde rappresentava un’icona nell’alta società londinese, affascinata oltre che dai suoi lavori anche dalla sua personalità carica di umorismo e di trasgressione al tempo stesso. A causa della dichiarata omosessualità venne condannato e messo in prigione: due anni dopo ne uscì profondamente provato nel fisico e senza più soldi perché, nel frattempo, le sue opere teatrali erano state messe al bando e non più rappresentate. Trasferitosi in esilio a Parigi, dopo falliti tentativi di riconciliarsi con la moglie Constance, Wilde decise di chiudere la relazione con il giovane Lord Douglas responsabile di averlo trascinato in quel totale disastro. Pur tra i fumi dell’assenzio, Oscar Wilde riuscì comunque con i suoi racconti per bambini a conquistarsi l’affetto di un folto pubblico che fedelmente lo seguirà sino alla fine dei suoi giorni.

 

 

Dopo aver interpretato il ruolo di protagonista in tantissimi film di successo (per citarne alcuni: Ballando con uno sconosciuto, Il matrimonio del mio miglior amico, Shakespeare in Love, L’importanza di chiamarsi Ernesto, Stage Beauty, Hysteria) Rubert Everett è alla sua prima regia con The Happy Prince, presentato quest’anno alla Berlinale nella Sezione Teddy Award. Interpretando il ruolo di Oscar Wilde, il regista Everett sembra dare il meglio di sé e confermare una eccellente bravura supportata da una evidente maturità personale che incide in maniera determinante nell’imprimere una giusta dose di empatia nel personaggio da lui rappresentato. L’immagine che ne viene fuori si adatta perfettamente alla figura dell’insigne scrittore, che negli ultimi anni della sua vita si era completamente lasciato andare a degli eccessi che la puritana società vittoriana di allora difficilmente avrebbe potuto tollerare. Il film ci parla di Oscar Wilde oramai in esilio a Parigi, lontano dall’amata moglie Constance e dai suoi due figli, in uno stato di perenne indigenza e oramai prossimo a morire, pur tuttavia sempre pronto a ironizzare sulla propria persona e a guardare il lato buono delle cose. Ecco così che Rupert Everett riesce nel delicato compito di non rivelare il lato buio della personalità di Wilde, ma al contrario di mostrare la sua capacità di venir fuori dalle situazioni più cupe con ineguagliabile sarcasmo. Riferendosi al De Profundis, testamento di Wilde dalla prigione, Everett ci narra di un uomo che fu punito per essere quello che lui stesso desiderava essere, senza ricorrere ad ipocrisie o ad atteggiamenti che contraddicessero la sua genuina personalità. The Happy Prince è una favola per bambini, oramai di rilevanza universale, che colpisce il cuore di tutti a prescindere dall’età anagrafica ed il film che ne porta il titolo ha centrato in pieno lo spirito del suo autore, considerato a ragione tra i grandi della letteratura di tutti i tempi. Nell’ottimo cast spicca Emily Watson nella parte di Constance e Colin Firth nel ruolo dell’amico Reggie Turner. Il film è nelle sale italiane e se ne consiglia la visione.

data di pubblicazione:13/04/2018


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I GIGANTI DELLA MONTAGNA di Luigi Pirandello, adattamento e regia di Roberto Latini

I GIGANTI DELLA MONTAGNA di Luigi Pirandello, adattamento e regia di Roberto Latini

(Teatro Vascello – Roma, 11 e 12 Aprile 2018)

La compagnia della contessa Ilse approda alla Villa della Scalogna, un luogo isolato dove il mago Cotrone, con altri reietti e disadattati, ha scelto di vivere lontano dalla civiltà per coltivare la passione per il teatro. Il conte, pur di assecondare la volontà dell’amata, si è ridotto senza contea e senza contanti, ma pur nella miseria è contento che la moglie si ostini a portare in scena La Favola del Figlio cambiato. Ilse, legata al poeta autore della piéce (nella realtà è lo stesso Pirandello), cerca con tenacia di portare avanti un messaggio di non facile comprensione per il suo pubblico, ed allora il mago le suggerisce di rappresentare lo spettacolo di fronte ai giganti, entità che vivono sulle montagne, dotati di poteri soprannaturali.

 

Con questi fatti e antefatti approdiamo a una delle opere più complesse di Luigi Pirandello, rimasta incompiuta a causa della sua morte avvenuta nel 1936, in cui il celebre drammaturgo siciliano fa nuovamente uso della formula del meta-teatro già in precedenza utilizzata in altri suoi lavori. La sua convinzione era che la vita di per sé è teatro, quindi anche ne I Giganti della Montagna si rappresenta un teatro nel teatro dove non esiste più la quarta parete che separa il pubblico dal palcoscenico in quanto ognuno diventa attore e interprete di sé. Nell’adattamento dell’opera pirandelliana Roberto Latini è regista e attore al tempo stesso. Capace di dare la sua voce a tutti i personaggi di scena, diventa una sorta di istrionico ventriloquo che con i suoi movimenti conquista il dono dell’ubiquità in una sospensione di tempo, fuori dalla realtà, nell’illusione di un sogno perpetuo senza soluzione di continuità. Molto coerente questa rilettura del testo dove riscontriamo elementi che superano il reale per invadere spazi ultraterreni che solo con la fantasia possiamo essere in grado di comprendere. I suoni (Gianluca Misiti) accompagnano la scena con un campo di grano sovrastato dal freddo chiarore della luna e dove si aggirano corvi con il loro gracchiare funesto, presagio di una morte che alla fine invade la scena: un fiume di magma primordiale che avvolge tutto quasi a cancellare ogni traccia di vita. Latini vola in alto, il suo corpo perde peso e consistenza e non ha più una propria identità, quasi un fantasma o forse un angelo asessuato reso impotente dai giganti che come dei dell’Olimpo giudicano e condannano, senza mai mostrarsi anche se ne avvertiamo la presenza. A questo punto il regista, al pari di Pirandello, si chiede e ci chiede: ma noi chi siamo? Di fronte a questa domanda non ci rimane altro che affrontare la paura di una verità crudele e l’unica via percorribile è quella di abbandonarsi al libero gioco dell’immaginazione e tentare così di recitare a essere se stessi.

Lo spettacolo è una produzione Fortebraccio Teatro, le scene sono state curate da Silvano Santinelli e Luca Baldini, mentre le luci da Max Mugnai.

Con questo lavoro Roberto Latini ha vinto il Premio della Critica 2015 (ANCT) mentre Gianluca Misiti il Premio Ubu come miglior progetto sonoro/musiche originali.

data di pubblicazione:12/04/2018


Il nostro voto:

VAN GOGH TRA IL GRANO E IL CIELO di Giovanni Piscaglia, 2018

VAN GOGH TRA IL GRANO E IL CIELO di Giovanni Piscaglia, 2018

Helene Kröller-Müller (1869-1939), figlia di ricchi industriali tedeschi, si era trasferita con il marito in Olanda. Seguendo le lezioni culturali del pittore Henk Bremmer, era venuta casualmente a conoscenza dell’arte e della personalità di Vincent Van Gogh, di cui ne rimase profondamente affascinata. Nel 1909 Helene acquista il primo quadro di Vincent e pian piano riesce a costituire una importante collezione di quadri e disegni del pittore arrivando persino a concepire un luogo dove riunire le opere e poterle così esporre. Un anno prima della sua morte lo Stato olandese riuscirà a portare a termine la costruzione del museo, a condizione che quelle opere sino ad allora di proprietà privata divenissero di proprietà pubblica. Il Kröller-Müller Museum si trova ad Otterlo, immerso nel verde di un parco, a circa un’ora d’auto da Amsterdam.

 

La 3D Produzioni e Nexo Digital presentano in anteprima mondiale nelle sale cinematografiche italiane e solo nei giorni 9, 10, 11 aprile un documentario di grande interesse culturale non soltanto perché si parla della vita e delle opere del celebre Van Gogh, ma anche perché in esso ci viene descritta la passione di Helene Kröller-Müller verso la sua pittura, ed ancor più della sua unione intellettuale con il pittore olandese. Anche se i due fisicamente non si incontrarono mai, dal momento che la donna era appena una ragazzina quando Vincent morì, tuttavia Helene si rese presto conto che la sua personalità era molto simile a quella dell’artista. Entrambi andavano alla ricerca di un qualcosa di trascendentale che andava ricercato nella natura dei semplici, operai e contadini, lasciando all’arte il compito di operare questa estrapolazione che assunse carattere religioso e filosofico allo stesso tempo. Pur partendo da condizioni sociali e soprattutto finanziarie completamente diverse, dal momento che Van Gogh era estremamente povero mentre Helene era considerata una delle donne più ricche del suo tempo, i due riuscirono a seguire un percorso spirituale parallelo spesso tormentato da un travaglio interiore dal quale difficilmente ne uscirono indenni. Altro elemento che unì i due singolari personaggi fu un’enorme mole di lettere, dalla quale emerge il complesso temperamento di entrambi e quanto fossero affascinati dalla bellezza della natura e dall’immensità dell’universo. Per Helene, Vincent fu inoltre un esempio morale da seguire soprattutto per quanto riguarda la sua attitudine ad immergersi nel quotidiano, tra i campi, dove i contadini erano impegnati nel duro lavoro. Il documentario ci racconta pertanto di queste due vite che ebbero molti punti in comune e ci porta per mano tra le sale del museo di Otterlo dove sono sistemate circa trecento opere di Van Gogh raccolte pazientemente negli anni da Helene Kröller-Müller, portando a conoscenza di tutti le opere del pittore che raggiunsero nel tempo quotazioni stratosferiche.

Il film si avvale della consulenza scientifica di Marco Goldin che ha anche curato l’allestimento della mostra omonima Van Gogh, tra il grano e il cielo presso la Basilica Palladiana di Vicenza. Al viaggio dentro le sale della mostra si aggiungono anche i luoghi dove è nata e si è evoluta l’arte dello sfortunato pittore olandese, il tutto accompagnato dalla voce narrante di Valeria Bruni Tedeschi e dalle musiche originali di Remo Anzovino, compositore considerato oggi tra i massimi esponenti della musica strumentale italiana.

data di pubblicazione:02/04/2018