I GIGANTI DELLA MONTAGNA di Luigi Pirandello, adattamento e regia di Roberto Latini

12 Apr 2018 | Accredito Teatro

(Teatro Vascello – Roma, 11 e 12 Aprile 2018)

La compagnia della contessa Ilse approda alla Villa della Scalogna, un luogo isolato dove il mago Cotrone, con altri reietti e disadattati, ha scelto di vivere lontano dalla civiltà per coltivare la passione per il teatro. Il conte, pur di assecondare la volontà dell’amata, si è ridotto senza contea e senza contanti, ma pur nella miseria è contento che la moglie si ostini a portare in scena La Favola del Figlio cambiato. Ilse, legata al poeta autore della piéce (nella realtà è lo stesso Pirandello), cerca con tenacia di portare avanti un messaggio di non facile comprensione per il suo pubblico, ed allora il mago le suggerisce di rappresentare lo spettacolo di fronte ai giganti, entità che vivono sulle montagne, dotati di poteri soprannaturali.

 

Con questi fatti e antefatti approdiamo a una delle opere più complesse di Luigi Pirandello, rimasta incompiuta a causa della sua morte avvenuta nel 1936, in cui il celebre drammaturgo siciliano fa nuovamente uso della formula del meta-teatro già in precedenza utilizzata in altri suoi lavori. La sua convinzione era che la vita di per sé è teatro, quindi anche ne I Giganti della Montagna si rappresenta un teatro nel teatro dove non esiste più la quarta parete che separa il pubblico dal palcoscenico in quanto ognuno diventa attore e interprete di sé. Nell’adattamento dell’opera pirandelliana Roberto Latini è regista e attore al tempo stesso. Capace di dare la sua voce a tutti i personaggi di scena, diventa una sorta di istrionico ventriloquo che con i suoi movimenti conquista il dono dell’ubiquità in una sospensione di tempo, fuori dalla realtà, nell’illusione di un sogno perpetuo senza soluzione di continuità. Molto coerente questa rilettura del testo dove riscontriamo elementi che superano il reale per invadere spazi ultraterreni che solo con la fantasia possiamo essere in grado di comprendere. I suoni (Gianluca Misiti) accompagnano la scena con un campo di grano sovrastato dal freddo chiarore della luna e dove si aggirano corvi con il loro gracchiare funesto, presagio di una morte che alla fine invade la scena: un fiume di magma primordiale che avvolge tutto quasi a cancellare ogni traccia di vita. Latini vola in alto, il suo corpo perde peso e consistenza e non ha più una propria identità, quasi un fantasma o forse un angelo asessuato reso impotente dai giganti che come dei dell’Olimpo giudicano e condannano, senza mai mostrarsi anche se ne avvertiamo la presenza. A questo punto il regista, al pari di Pirandello, si chiede e ci chiede: ma noi chi siamo? Di fronte a questa domanda non ci rimane altro che affrontare la paura di una verità crudele e l’unica via percorribile è quella di abbandonarsi al libero gioco dell’immaginazione e tentare così di recitare a essere se stessi.

Lo spettacolo è una produzione Fortebraccio Teatro, le scene sono state curate da Silvano Santinelli e Luca Baldini, mentre le luci da Max Mugnai.

Con questo lavoro Roberto Latini ha vinto il Premio della Critica 2015 (ANCT) mentre Gianluca Misiti il Premio Ubu come miglior progetto sonoro/musiche originali.

data di pubblicazione:12/04/2018


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