da Antonio Iraci | Mar 29, 2023
(Teatro Il Parioli – Roma, 27/28 Marzo 2023)
Dopo anni di confusione e sensi di colpa, resistenze e vani tentativi di dissuasione, una madre si rassegna alla fine ad accettare che la figlia realizzi il proprio sogno e diventi a tutti gli effetti un ragazzo. Eva sarà riconosciuta per quello che da sempre sente di essere, vale a dire Alessandro. Uno scontro che diventa incontro tra due generazioni che si sforzano di comprendersi e di imparare a considerare la validità delle rispettive posizioni…
Questi tempi turbolenti che stiamo vivendo, assediati da mille problemi interni e internazionali, con rischi incombenti sulle nostre già malferme convinzioni, tra le tante negatività sono riusciti almeno in parte a risvegliare nella coscienza di molti una consapevolezza che non si era mai finora realizzata. La pubblica opinione, soprattutto con riferimento alla generazioni con alle spalle qualche decennio, si trova oggi, suo malgrado, ad affrontare problematiche che, un poco per ignoranza un poco per puritanesimo, disconosceva o che riteneva non la riguardasse. Stefania Rocca mostra oggi una lodevole sensibilità nel ricucire per il teatro l’adattamento del romanzo La madre di Eva di Silvia Ferreri, finalista al premio Strega nel 2018. Oltre alla sensibilità, viene qui evidenziato un certo coraggio ad affrontare senza reticenze il problema dell’identità di genere, e quello ancor più importante dell’intervento chirurgico per far apparire il proprio corpo per quello che è nella sostanza e non nell’apparenza. Da un lato una madre che si sforza di comprendere del perché di un frutto, quello suo, mal riuscito e dall’altro una figlia/figlio che si sforza di far comprendere che la sua è proprio un’esigenza imprescindibile per continuare a vivere nel proprio ambito familiare e sociale. Le riflessioni rivolte al pubblico, da una sala d’attesa di un ospedale serbo dove la figlia sta per essere sottoposta ad una operazione per rimodellare il proprio corpo, sono frutto di anni di accese discussioni che hanno da sempre avvelenato e comunque condizionato il loro rapporto affettivo. Ecco che si mette in gioco quel meccanismo delicato che andrà a stabilire le regole dello scontro, ma se lungo sarà il percorso da entrambe le parti alla fine prevarrà il buon senso, il sentimento istintivo di una madre verso la figlia che non si potrà mai negare perché è l’unico cardine che regge le sorti di tutto il suo mondo. Merito indiscusso di Stefania Rocca, nei panni della madre, è quello di aver portato sulla scena una realtà che non è finzione, perché l’attore Bryan Ceotto che la affianca è direttamente e personalmente impegnato in questo processo di transizione, un percorso che modifica il corpo ma non l’identità. La sua recitazione è talmente appassionante e vera che lo spettatore non può che rimanerne coinvolto anche perché l’oggetto da affrontare è molto delicato e forse anche troppo pesante, ma mai ingombrante. Vari personaggi appaiono in sottofondo tramite proiezioni, elementi questi di un insieme che ci parlano per farci capire di che stiamo parlando. Una regia perfetta, una recitazione di intenso pathos per farci realizzare quanto stupidi siano i pregiudizi che ci portiamo dietro e quanto importante sia parlare di questi argomenti per abbattere ogni muro di indifferenza e di falso perbenismo.
data di pubblicazione:29/03/2023
Il nostro voto:
da Antonio Iraci | Mar 11, 2023
Franco Amore lavora in polizia da 35 anni e può affermare con orgoglio di aver fatto onestamente il suo dovere senza mai aver dovuto sparare a nessuno. Il giorno prima del suo pensionamento, la moglie Viviana organizza a casa una festa a sorpresa con parenti e amici. Una inaspettata telefonata da parte del suo capo lo richiama in servizio…
Andrea Di Stefano, che ha già alle spalle un’apprezzabile carriera sia come regista che come attore (in pellicole come Prima che sia notte, Cuore Sacro, In guerra per amore), ha presentato il suo film L’ultima notte di Amore nella Sezione Special Gala della Berlinale appena conclusasi, con Pierfrancesco Favino e Linda Caridi nel ruolo dei protagonisti.
Si tratta di un thriller made in Italy tutto girato a Milano e la prima scena, mentre scorrono i titoli di testa, presenta dall’alto la metropoli con le sue bellezze e con il suo skyline mozzafiato. Non è un caso che è stata scelta Milano per ambientare questa storia di criminalità e corruzione, quasi a indicare il lato oscuro di una città che si presenta al mondo come sinonimo di eleganza e di estrema efficienza. La vicenda narra di due poliziotti dalla carriera ineccepibile, amici e colleghi da vent’anni, che rimangono coinvolti in una operazione architettata dalla malavita cinese. Un film d’azione ben fatto e che riesce a coinvolgere ed entrate nel mood dei vari personaggi, senza sbavature o eccessi di stile. A parte Favino, risulta veramente sorprendente l’interpretazione di Linda Caridi, nella parte della moglie Viviana. Pur nella sua spietata efferatezza, il film comunque rivela il suo lato tenero che è messo in evidenza dalla rettitudine e dai sani principi del protagonista e soprattutto dal suo rapporto sincero di vero amore del protagonista nei confronti della moglie e della figlia. Il finale “aggiusta-tutto” risulta funzionale a dare una morale sana a tutto quell’intreccio di malaffare che è prerogativa della narrazione. Il film è appena uscito nelle sale distribuito da Vision Distribution.
data di pubblicazione:11/03/2023
Scopri con un click il nostro voto:
da Antonio Iraci | Feb 26, 2023
(73 INTERNATIONALE FILMFESTSPIELE – Berlino, 16 – 26 Febbraio 2023)
L’esordiente Giacomo Abbruzzese vede premiato il suo film con l’Orso d’argento per il contributo artistico di Hélène Louvart che ne ha curato la fotografia. Avevamo avuto modo di parlare di Disco Boy e ci aveva impressionato molto il linguaggio cinematografico usato, la tematica trattata visto che si tratta di un film di guerra contro la guerra, ottima l’interpretazione dell’attore protagonista Franz Rogowski al quale sarebbe dovuto andare un riconoscimento. Comunque è una grande soddisfazione per il cinema italiano, anche se di italiano c’è solo la regia, perché ancora una volta qui a Berlino viene premiata la professionalità e l’impegno di un nostro connazionale. Un poco di malumore in sala stampa per i film premiati, con palesi aspettative andate in fumo come per il film Tòtem di Lila Avilés, sul quale la critica internazionale qui presente aveva manifestato fondate previsioni che venisse premiato. Qui di seguito i premi assegnati dalla giuria internazionale, quest’anno presieduta dall’attrice statunitense Kristen Stewart:
Sur l’Adamant di Nicolas Philibert Orso d’oro per il Miglior film;
Roter Himmel di Christian Petzold Orso d’argento Gran Premio della Giuria;
Mal Viver di Joao Canijo Orso d’argento Premio della Giuria;
Philippe Garrel per la Miglior regia di Le Grand Chariot;
Sofìa Otero come Miglior interpretazione da protagonista per 20.000 Especies de Abejas;
Thea Ehre come Miglior interpretazione non da protagonista per Bis ans Ende der Nacht;
Angela Schanelec per Miglior sceneggiatura di Music.
Ancora una volta la Berlinale ha voluto dare un suo peculiare contributo alle tematiche politiche e sociali di oggi, come dimostra l’assegnazione dell’Orso d’oro ad un documentario che ci mette a contatto con una realtà parigina tutta particolare: l’Adamant è un barcone sulla Senna che raccoglie molti individui affetti da disabilità mentale e che proprio lì vengono seguiti in varie attività pratiche e culturali, un modo intelligente per farli sentire parte attiva di una società che altrimenti li considererebbe come emarginati. Anche questa 73esima edizione si è così conclusa e non rimane altro che augurarci di ritrovarci ancora una volta qui, l’anno prossimo, per seguire uno dei festival del cinema più importanti a livello internazionale.
data di pubblicazione:26/02/2023
da Antonio Iraci | Feb 24, 2023
(73 INTERNATIONALE FILMFESTSPIELE – Berlino, 16 – 26 Febbraio 2023)
Franco Amore lavora in polizia da 35 anni e può affermare con orgoglio di aver fatto onestamente il suo dovere senza mai aver dovuto sparare a nessuno. Il giorno prima del suo pensionamento, la moglie Viviana organizza a casa una festa a sorpresa con parenti e amici. Una inaspettata telefonata da parte del suo capo lo richiama in servizio…
Andrea Di Stefano ha già alle spalle un’apprezzabile carriera, sia come regista che come attore, e presenta oggi nella Sezione Berlinale Special Gala il suo ultimo film L’ultima notte di Amore, protagonisti Pierfrancesco Favino e Linda Caridi. Si tratta di un thriller made in Italy tutto girato a Milano e la prima scena, mentre scorrono i titoli di testa, presenta dall’alto la metropoli con le sue bellezze e con il suo skyline mozzafiato. Non è un caso che è stata scelta Milano per ambientare questa storia di criminalità e corruzione, quasi a indicare il lato oscuro di una città che si presenta al mondo come sinonimo di eleganza e di estrema efficienza. La vicenda narra di due poliziotti dalla carriera ineccepibile, amici e colleghi da vent’anni, che rimangono coinvolti in una operazione architettata dalla malavita cinese. Un film d’azione ben fatto e che riesce a coinvolgere ed entrate nel mood dei vari personaggi, senza sbavature o eccessi di stile. A parte Favino, risulta veramente sorprendente l’interpretazione di Linda Caridi, nella parte della moglie Viviana. Pur nella sua spietata efferatezza, il film comunque rivela il suo lato tenero che è messo in evidenza dalla rettitudine e dai sani principi del protagonista e soprattutto dal suo rapporto sincero di vero amore nei confronti della moglie e della figlia. Il finale risulta funzionale a dare una morale sana a tutto quell’intreccio di malaffare che è prerogativa della narrazione. Il film sarà in sala dal 9 marzo, distribuito da Vision Distribution.
data di pubblicazione:24/02/2023
da Antonio Iraci | Feb 23, 2023
(73 INTERNATIONALE FILMFESTSPIELE – Berlino, 16 – 26 Febbraio 2023)
Cocò è una bambina di otto anni che ha ricevuto alla nascita il nome di Aitor che rifiuta e desidera ora essere chiamata Lucia. Durante un’estate a casa della nonna cerca di farsi accettare per quello che sente di essere, affrontando gli sguardi sospettosi degli altri bambini che percepiscono, ma non capiscono appieno, questa sua forma di diversità. Per fortuna, in ogni situazione, arriva l’intervento salvifico della madre che tranquillizza la figlia e l’accompagna nella sua, sia pur precoce, scelta.
Il cinema spagnolo, dopo il trionfo di Alcarràs diretto da Carla Simòn che ottenne l’Orso d’oro nella scorsa edizione della Berlinale, ci riprova quest’anno presentando in concorso 20.000 Especies de Abejas (tradotto in italiano: 20.000 specie di api) opera prima della regista basca Estibaliz Urresola Solaguren. Nel film ci si focalizza sui due personaggi chiave: una madre (Patricia Lòpez Arnaiz) in profonda crisi professionale e sentimentale, e una figlia (Sofia Otero) che ha difficoltà ad interagire con gli altri, ma che ha ben chiaro come vedere se stessa. Interessante come la regista presenti la bambina nel proprio contesto familiare, al principio ostile nei suoi confronti perché non riesce a contestualizzare in pieno la vera identità della piccola. Ed è proprio la famiglia lo spazio naturale dove si collocano i vari protagonisti e come loro stessi si trovano a confrontare le proprie differenti visioni della realtà. Il riferimento alle api, come recita il titolo, non è casuale perché le api all’interno dell’alveare svolgono un ruolo specifico, rispettando regole precise esattamente come all’interno di una famiglia. La piccola piano piano sperimenta come il suo corpo assuma un ruolo fondamentale nella propria identificazione come individuo e come sia il mezzo più immediato per comunicare con gli altri. Il fluire dei dialoghi con la nonna e la zia servono a rendere più pesante lo stato emozionale dei personaggi, ma l’azione prende il posto delle stesse parole quando la madre oramai accantona ogni esitazione verso la figlia. Il film pecca nel voler attardarsi troppo sulle immagini che riguardano il rapporto tra madre e figlia, come si incrociano i loro sguardi ed infine il contatto fisico dei loro corpi. Al di là della tematica, oggi quanto mai di attualità, il film va avanti con lentezza e, anche se trasmette un messaggio sociale importante, alla fine conduce ad una irrefrenabile noia.
data di pubblicazione:23/02/2023
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