HITLER CONTRO PICASSO E GLI ALTRI di Claudio Poli, 2018

Nel luglio del 1937, in pieno regime nazista, furono organizzare a Monaco due mostre contemporaneamente. Nella prima erano presentate in maniera volutamente confusa lavori di artisti contemporanei, appartenenti alle cosiddette avanguardie moderniste, posti all’indice in quanto la loro opera veniva considerata degenerata. La seconda era una grande esposizione d’arte germanica di ispirazione classica che doveva anche servire come propaganda dell’ideologia al potere. Hitler e il suo principale luogotenente Goering iniziano una vera e propria razzia di capolavori nei musei dei paesi occupati e soprattutto nelle case dei collezionisti ebrei con il pretesto che le opere sarebbero state collocate in un nuovo museo a Linz, progetto grandioso che poi non fu mai realizzato.

 

Il documentario Hitler contro Picasso e gli altri, che verrà presentato nelle sale cinematografiche italiane il 13 e 14 marzo e successivamente distribuito in altri 50 paesi nel mondo, racconta il destino di migliaia d’opere d’arte saccheggiate dai nazisti, soprattutto nelle case di ricchi mercanti d’arte ebrei in cambio di una presunta via di fuga da quello che invece fu un ineluttabile destino. Al di là di importanti filmati storici di repertorio, il film descrive in maniera uniforme, attraverso la voce narrante di Toni Servillo, le varie fasi che portarono in un primo momento al bando di tutte quelle opere contemporanee considerate una vera degenerazione secondo quella che era la concezione nazista. Successivamente vengono presentate le testimonianze di tutti quei galleristi e esperti d’arte che ancora sono impegnati a recuperare le opere trafugate, allo scopo di restituirle agli eredi di coloro che un tempo ne erano i legittimi proprietari. Ancora oggi non si è infatti venuti a capo nel rintracciare in toto questo enorme patrimonio e la minima parte di esso è attualmente in mostra nei principali musei del mondo, poco restii a cederli a coloro che ne vantano il diritto. I lavori di artisti quali Max Beckmann, Paul Klee, Oscar Kokoschka, Otto Dix, Marc Chagall, El Lissitzky erano considerati come una deformazione del bello secondo la concezione nazista, frutto di menti perverse che travisavano e distorcevano il concetto stesso dell’armonia e dell’estetica. Queste opere sequestrate, venivano poi vendute in aste private e i proventi finivano nelle casse del regime o utilizzati per l’acquisto, a prezzi irrisori, di quadri e sculture più gradite a Hitler e a Goering, che entrambi  fecero dell’arte una forma di ossessione personale. Interessanti le interviste a studiosi che si stanno occupando di riclassificare i capolavori recuperati e sulle tracce di quelli ancora da ritrovare. La complessa macchina del regime, con l’eliminazione dai musei delle opere ritenute indegne, mirava contestualmente a distruggere ogni manifestazione di pensiero che potesse offuscare la loro immagine. Come Picasso ebbe a dire: “la pittura non è fatta per decorare gli appartamenti. E’ uno strumento di guerra offensiva e difensiva contro il nemico…” Con il suo capolavoro Guernica, l’artista intese infatti illustrare quel conflitto fratricida che aveva invaso la Spagna con le nefaste conseguenze che tutti ben conosciamo. Il film di Claudio Poli, su soggetto di Didi Gnocchi e sceneggiatura di Sabina Fedeli e Arianna Marelli, con musiche di Remo Anzovino é distribuito nell’ambito del progetto della Grande Arte al Cinema con il patrocinio dalla Comunità Ebraica di Milano. Sicuramente un ottimo strumento didattico-informativo rivolto a tutti per conoscere la storia e per sapere come l’arte sia in grado di influenzarne gli eventi.

data di pubblicazione:10/02/2018

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