THE OLD OAK di Ken Loach, 2023

THE OLD OAK di Ken Loach, 2023

Un solido e resistente Ken Lach all’interno del suo universo di riferimento preferito: le diseguaglianze, la solidarietà il razzismo. Una storia particolare che si fa universale. I poveri contro i più poveri, masse fagocitate dal pregiudizio. In Inghilterra come nel mondo.

 

Ben oltre il capolinea degli ottanta anni Loach, in recente tournèe italiana, muove i fili di una struggente metafora dell’esistente. In un diseredato sobborgo inglese, dove la perduta ricchezza era una miniera, compare una ristretta colonia di siriani, guardati con diffidenza, asprezza e persino violenza da parte della popolazione locale. Un piccolo universo di provocazioni che cova nel pub del protagonista buono. Il progetto di un’unione tra due continenti viene spazzato via da un proditorio attentato. E dunque viene scacciata l’ipotesi banale dell’happy end. Però alla fine la comunità si ritrova sia pure nel dolore per la morte del capo famiglia siriano. Pellicola non banale, dialettica che fa apparire le contraddizioni. E la provincia inglese ci appare persino più retriva di quella leghista, nostrana. Sarà perché i britannici dell’opera sembrano far passare il tempo bevendo solo infinite pinte di birra, come se il resto della vita potesse essere annegato solo nell’alcol. Loach è coerente e fedele alla propria ideologia che sorpassa a sinistra i laburisti ed è ben saldo il suo cerchio magico con lo sceneggiatore e con la produttrice: un trittico denso e fecondo per un buon cinema. Il fondale è economico, quasi tutto in interno e dialoghi non battono mai colpi a vuoto pur nella semplicità proletaria delle suggestioni. I protagonisti non sono acculturati ma pieni di sentimenti, positivi o negativi, a seconda dei ruoli. L’incanto della scena finale è decisamente commovente. E andrebbe rivisto tre o quattro volte.

data di pubblicazione:21/11/2023


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IL GRANDE INQUISITORE da “I fratelli Karamazov” di F.M. Dostoevskij

IL GRANDE INQUISITORE da “I fratelli Karamazov” di F.M. Dostoevskij

con Flavio Albanese e Tony Marzolla, drammaturgia e regia di Marinella Anaclerio, impianto scenico di Francesco Arrivo, costumi di Stefania Cempini,organizzazione Dario Giliberti, produzione Caterina Wierdis

(Teatro Tordinona – Roma, 18/23 novembre 2023)

Un lacerto del testo a più scomparti del grande autore russo, un rimaneggiamento condensato in un’ora di un precedente spettacolo presentato al Mittelfest nel lontano 2010. Il focus si attiva sul contrastato rapporto e il conseguente dialogo/conflitto fra tue fratelli della famiglia dall’indole apparentemente inconciliabile. Dunque una perfetta miscela per far deflagrare un accattivante pezzo di teatro.

 

Cosa hanno in comune un aspirante scrittore e un aspirante monaco se non il legame tendenziale dell’essere fratelli. Alla fine si baceranno sulla bocca ma il duello dialettico tra le loro parole è corrosivo ed abbraccia il credere in Dio, la finzione degli uomini, rievocando la figura del grande inquisitore su cui si regge uno dei capitoli più pregnanti del lungo romanzo originario. Una ripresa non banale, su un lato nettamente diverso dal Karamazov, cavallo di battaglia di Umberto Orsini. Un senso di sincerità, la volontà di trapassare la formalità delle convenzioni per arrivare al bersaglio grosso dell’onesta valutazione dell’essere, del suo accadere e delle sue non infinite possibilità, è il tema centrale del potente confronto. Mentre discutono vivacemente, e a volte litigano, i due attendono un thè e una marmellata all’amarena che mai arriverà. Le parole alludono a una ricerca di salvezza esistenziale che può incamminarsi sulla strada della laicità o su quella della religione. Argomenti posti a misura degli interrogativi allo specchio dello spettatore in una dimensione tipica dell’anima russa.. Interpretazione superba di Flavio Albanese, dalla costante frequentazione dostoevskiyana. E l’attesa nel foyer è colmata dall’entretien di giovani aspiranti attori che si diffondono su aspetto della personalità dello scrittore russo, mai così riscoperto e valorizzato. Una piccola serata di charme in un teatro che non rinuncia a una preziosa qualità.

data di pubblicazione:20/11/2023


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IL GRANDE VUOTO di Fabiana Iacozzilli, dramaturg Linda Dalisi

IL GRANDE VUOTO di Fabiana Iacozzilli, dramaturg Linda Dalisi

con Ermanno De Biagi, Francesca Farcomeni, Piero Lanzellotti, Giusi Merli e, per la prima volta in scena, Mona Abokhatwa, musiche di Tommy Grieco, luci Raffaella Vitiello, video Lorenzo Letina

(Teatro Vascello – Roma,15/19 novembre)

Il coraggio di affrontare un tema difficile, la disgregazione mentale, l’Alzheimer che non ti aspetti. La dissoluzione, appunto il grande vuoto. La prima scena rappresenta una coppia anziana alle prese con una vettura indocile. Si ride, c’è serenità. Poi il quadro cambia, la donna è sola, la compagnia della figlia non attenua il declino.

 

L’iperrealismo di una vasta scenografia spalanca l’abisso su una malattia insidiosa, capace di dimidiare l’equilibrio mentale di intere famiglie. Così l’iterazione ripetuta di un ricordo teatrale dell’attrice malata scatena l’ira della figlia che non sa rassegnarsi alla condizione della genitrice avendo sperimentato ben diversi percorsi nella loro relazione. Con il conforto del video, con un continuo richiamo al prima e al dopo, con una recitazione sgomenta per assenza, si rappresenta la fotografia del male. Con durezza e senza concessioni allo spettacolo. Davanti agli occhi di un Nanni Moretti, ormai consueto habituè con mascherina del Vascello, gli oggetti fanno da spesso tramite alla manifestazione del disagio. Il vecchio torna bambino e infantile anche rinunciando al pudore per svestirsi liberamente. Ma il finale è catartico in una scena di grande bellezza e complessità. L’accettazione e la sublimazione del male assurge al valore più alto dell’amore e della comprensione alludendo alla capacità di riuscire a trasformare il dolore in bellezza. Attori straordinariamente bravi e solita profusione di generosi applausi di una platea giovane ed entusiasta. La tensione cala solo quando sciorinando il catalogo degli oggetti trascorrono troppi minuti senza che una sola fase di dialogo sia pronunciata. Anche quello un vuoto troppo grande.

data di pubblicazione:17/11/2023


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ASTEROID CITY di Wes Anderson, 2023

ASTEROID CITY di Wes Anderson, 2023

Un cast stellare per un film irraccontabile. Lo sai già. Quando vedi un film di Wes Anderson, regista di nicchia, non c’è narrazione coerente che tenga. E il tentativo di riassumere il plot misero e poco significativo, per chi si accontenta: in un artificiale paesaggio desertico nel 1955 i visitatori occasionale della cittadina di Asteroid assistono a incontro ravvicinato. La quarantena costringe tutti a rivedere abitudini e filosofie di vita. La fotografia sembra copiata da Barbie nel paludamento di un ottimismo di facciata.

Il regista procede per frammenti e le star distillano piccoli gioielli di cammei tanto da farti chiedere che risultato si avrebbe se al loro posto ci fossero modesti e poco noti caratteristi. Scorri una collezione di figure importanti e alla fine ti accorgi che all’elenco manca Goldblum. Mistero? No, Il lungagnone interpreta l’alieno e dunque il suo volto rimane celato fino all’ultimo. Il film si può interpretare ovviamente come una dissacrante satira dell’American life. Un’umanità eccentrica e scombinata che vive valori deformati e schizofrenie assortite. Persino i lutti fanno sorridere per il modo inconsueto con cui vengono affrontati. Il personaggio principale, un fotografo, sembra perdere l’occasione della vita quando manca lo scatto su una Scarlett Johansson senza veli. Un’atmosfera disincantata circola nella pellicola, un vasto sentore di disillusione. Non si sa quanto funzionale sia l’inquadramento del cinema in un’opera teatrale con tanto di scene numerate e tempi che nulla aggiungono alla tensione e all’interesse. Le riprese sarebbero dovute avvenire a Roma ma all’ultimo momento furono spostate in Spagna. La finzione dei fondali è avvertibile sin dal primo momento ma è omogenea al mood tutto particolare del regista. Opera per cinefili con precisi limiti di fruizione e anche di incasso.

data di pubblicazione:14/11/2023


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UN CURIOSO ACCIDENTE di Carlo Goldoni, regia di Gabriele Lavia, con Gabriele Lavia, Federica Di Martino, Simone Toni, Giorgia Salari, Andrea Nicolini, Lorenzo Terenzi, Beatrice Ceccherini, Lorenzo Volpe, Leonardo Nicolini

UN CURIOSO ACCIDENTE di Carlo Goldoni, regia di Gabriele Lavia, con Gabriele Lavia, Federica Di Martino, Simone Toni, Giorgia Salari, Andrea Nicolini, Lorenzo Terenzi, Beatrice Ceccherini, Lorenzo Volpe, Leonardo Nicolini

(Teatro Argentina – Roma, 31 ottobre/19 novembre 2023)

Recupero di un’opera minore di Goldoni qui forse esageratamente dichiara un capolavoro. Lavia deve riscattare la semplicità del plot con una serie di trovate sceniche estrose. Una fetta di pubblico va in scena, gli attori zigzagano in platea cercando conforto ed empatia con il pubblico.

L’azione si svolge in Olanda per una parentesi internazionale di Goldoni del 1760. Dunque si sfottono i francesi, si riesuma proditoriamente l’antica maschera di Arlecchino, un pianoforte condisce entrate e uscite di scena. Lavia dilata un copione semplice in due ore e mezzo di spettacolo confermandosi nei panni del primattore che fa ridere con battute inopinate, sensi girati, accentuazioni. Nella povertà delle attuali proposte teatrali uno spettacolo ricco di un teatro capostipite ancora in cerca di un direttore artistico e di una continuità di programmazione. Ma il pubblico risponde positivamente nonostante qualche alto e basso di tensione. Il registro grottesco spesso prende la prevalenza, Ma non ci annoia mai e questo è già un gran bel merito della compagnia. Divertimento di charme senza abbassare troppo il livello drammaturgico. Per Lavia Goldoni è nell’alveo degli autori importanti. Nell’incontro pomeridiano ha sottolineato la sua filiazione dall’illuminismo, corroborata dall’amicizia con Voltaire e si è rammaricato di non potersi cimentare nel dimenticato Brecht, un polo decisamente lontano dalle corde del teatro attuale, a causa dei budget non sostenibili dell’eventuale progetto. Goldoni del resto raccolta di aver ricavato la vicenda da un fatto vero riferito nel Caffè della Sultana in Piazza San Marco a Venezia, nel luogo dove oggi si propone ai turisti il prestigioso Caffè Florian. E Lavia si diffonde volentieri sul mito della Sultana, una intraprendente donna italiana alla corte dei turchi.

data di pubblicazione:11/11/2023


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