EUFORIA di Valeria Golino, 2018

EUFORIA di Valeria Golino, 2018

Matteo è un uomo di successo, circondato dal lusso e dagli eccessi, che ama la vita in tutte le sue manifestazioni più estreme. Ettore è più modesto, insegna in una scuola media di provincia dove vive un’esistenza tranquilla, quasi nell’ombra, ben cosciente dei propri fallimenti personali. Matteo e Ettore sono fratelli. Quando una grave malattia colpisce uno di loro, entrambi dovranno necessariamente confrontarsi, scoprendo il profondo sentimento d’affetto che li unisce.

 

Con questo film, presentato quest’anno a Cannes nella Sezione “Un Certain Regard”, Valeria Golino è alla sua seconda esperienza in veste di regista dopo Miele. In entrambi i film viene affrontato il tema della morte, ma nella sua opera prima come soluzione finale alla sofferenza, come dolce fine, in questo secondo film il tema della morte viene invece affrontato più come qualcosa che incombe ma che si vuole allontanare nel migliore dei modi possibile. Lo scontro fisico e psicologico tra i due fratelli, che non hanno mai saputo dialogare tra loro né tantomeno scoprire ed apprezzare le proprie diversità, rende la situazione quasi paradossale in quanto saranno costretti ad affrontare l’infermità esorcizzandola attraverso una sorta di dissonante “euforia”, un misto di gioia ed ansia per ciò che potrà accadere. Matteo in particolare, che vive di avventure occasionali con uomini e di cocaina, si vedrà costretto a giocare un ruolo più maturo a lui sino ad allora del tutto estraneo, dovendo gestire al meglio qualcosa con cui non si era mai misurato.

La Golino affronta con Euforia il problema dei rapporti interpersonali di fronte alla malattia in maniera quasi ironica, come un pretesto per fare prendere coscienza ai vari personaggi di ciò che si è, a dispetto di ciò che si vuol far credere di essere. Ognuno sembra avere un impedimento a rivelare la propria vera natura a causa di una forza superiore, una sorta di ingiustificato pudore per mascherare le proprie debolezze. Il vero punto di forza del film è che la tensione viene coscientemente alleggerita da situazioni al limite del grottesco, funzionali ad impedire alla narrazione di cadere altrimenti in qualche inevitabile cliché, ciò anche grazie all’utilizzo di un linguaggio fresco e graffiante come a voler minimizzare il dramma incombente.

Molto convincente la prova di Scamarcio, ma altrettanto bravo Mastandrea nella parte di Ettore, uomo oramai alla deriva al quale resta poco tempo per riscattarsi nei confronti della vita; entrambi i personaggi vengono tratteggiati con particolare cura, capaci di esprimersi con profondo realismo. Meno convincenti Isabella Ferrari nella parte della ex moglie di Ettore e Jasmine Trinca nel ruolo della sua nuova compagna. Ottima la fotografia, curata dall’ungherese Gergely Poharnok.

data di pubblicazione:24/10/2018


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JAN PALACH di Robert Sedláček , 2018

JAN PALACH di Robert Sedláček , 2018

(FESTA DEL CINEMA DI ROMA – 13ma Edizione, 18/28 ottobre 2018)

Il 16 gennaio 1969 Jan Palach, studente alla Facoltà di filosofia dell’Università di Praga, si recò in piazza San Venceslao, si cosparse il corpo di benzina e si diede fuoco. Il suo fu un atto estremo di disperazione contro l’occupazione militare della Cecoslovacchia da parte delle truppe sovietiche e servì a sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale su ciò che stava realmente accadendo nel suo Paese.

 

Tra le mille prerogative del cinema c’è non solo quella di raccontare storie inventate, ma anche di portare a conoscenza del pubblico qualcosa che fa parte della storia universale come il fatto narrato in questo film, forse dimenticato, che invece merita di essere ricordato per il significato che ha trasmesso e che potrebbe trasmettere alle nuove generazioni che non hanno vissuto in pieno la dicotomia tra un paese occupato ed un paese occupante. Tuttavia Jan Palach, del regista ceco Robert Sedláček, appare eccessivamente didascalico nel voler raccontare gli ultimi mesi della vita di questo giovane studente, che divide il suo tempo tra i propri affetti e lo studio universitario. In un paese dove la presenza sovietica aveva annullato la libertà di espressione, la popolazione si era rassegnata al sopruso, la sua protesta, insieme a quella di tanti altri studenti impegnati politicamente all’interno dell’Università, fu un vero e proprio grido contro l’invasore.

Il film con la sua ambientazione riesce comunque a trasmettere quel clima grigio di tristezza che appesantiva gli animi e che contribuiva nel silenzio a spegnere ogni speranza di indipendenza, ponendo di fatto fine a quell’effimera stagione riformista che era stata indicata come la “Primavera di Praga”. Il protagonista Viktor Zavadil, con il suo sguardo smarrito, contribuisce a rendere l’atmosfera claustrofobica dove non c’è spazio neanche per una logica spiegazione del perché di quel gesto. Certamente un documento importante per i giovani che sconoscono la non libertà e che oramai hanno abbandonato quegli ideali a vantaggio di altri, forse meno nobili. Il film, a volte eccessivamente lento nel farci entrare negli ingranaggi della storia, desta qualche sporadico sbadiglio assieme ad un misto di interesse ed apprensione. Se ne suggerisce la visione a quei ragazzi ignari, che magari hanno incontrato il nome di Jan Palach per indicare una strada o una piazza della propria città: occasione buona per soddisfare magari una propria curiosità.

data di pubblicazione:24/10/2018







BOY ERASED di Joel Edgerton, 2018

BOY ERASED di Joel Edgerton, 2018

(FESTA DEL CINEMA DI ROMA – 13ma Edizione, 18/28 ottobre 2018)

Jared, figlio del pastore protestante di una piccola cittadina dell’Arkansas, è costretto dal padre a seguire una terapia riabilitativa di conversione dopo aver confessato di essere gay. Mandato in un centro specializzato, dovrà seguire un rigido programma allo scopo di modificare forzatamente il proprio orientamento sessuale. Una maggiore presa di coscienza di sé determinerà in lui un radicale cambiamento ma non nella direzione che gli si voleva imporre.

 

 

Questa tredicesima edizione della Festa del Cinema di Roma affronta in maniera decisa problematiche ancora attuali nella società americana e che, per estensione, riguardano anche la realtà in cui ci troviamo: la discriminazione razziale e la difficoltà a manifestare apertamente la propria identità sessuale. Su quest’ultimo punto il film Boy Erased, che porta la firma del regista e attore australiano Joel Edgertorn, sembra essere perfettamente calzante per gettare uno sguardo nell’animo di un adolescente al quale viene impedito di essere se stesso, prima dalla famiglia e poi dalla società in cui vive. Il protagonista, interpretato da Lukas Hedges, è circondato da un ambiente impregnato di una religiosità austera tutta rivolta a suscitare in lui infondati sensi di colpa solo per il fatto di essere attratto da individui dello stesso sesso. Al padre, da buon pastore protestante, non rimane che applicare le proprie insane convinzioni e imporre al figlio quel radicale “trattamento” necessario per essere accettato dagli altri. Il ruolo dei genitori è interpretato da un ingombrante Russel Crowe e da una sempre affascinante Nicole Kidman, meno ingessata del solito, che riescono a manifestare quel sentimento di impotenza, mista a rabbia, che sentono nei confronti del loro figlio Jared. Una violenza psicologica, a tratti anche fisica, che si percepisce e della quale non ci si riesce a liberare.

Tratto dall’omonimo romanzo autobiografico dello scrittore Garrad Conley, il film ripercorre con un senso di grande sensibilità il travaglio del giovane protagonista e le difficoltà che dovrà affrontare per accettarsi e farsi accettare. Nello strepitoso cast troviamo anche lo stesso regista, nella parte del terapeuta, mentre un piccolo ruolo viene ricoperto da Xavier Dolan, sul quale non è necessario soffermarsi data la sua conclamata notorietà. Un film coraggioso del quale se ne consiglia vivamente la visione.

data di pubblicazione:22/10/2018








DETECTIVE PER CASO di Giorgio Romano, 2018

DETECTIVE PER CASO di Giorgio Romano, 2018

(FESTA DEL CINEMA DI ROMA – 13ma Edizione, 18/28 ottobre 2018)

La polizia sta seguendo le tracce di Piero, sospettato principale per una rapina effettuata in una discoteca romana. Sua cugina Giulia, amante dei programmi polizieschi, convoca i suoi fidati amici per iniziare insieme un attento esame dei pochi indizi di cui dispone. Sarà proprio lei, detective per caso, a risolvere l’enigma e portare all’arresto del vero colpevole.

 

In questa tredicesima edizione della Festa del Cinema di Roma è veramente lodevole che gli organizzatori, o meglio i selezionatori delle pellicole, abbiamo trovato lo spazio per questo film dove, accanto ai nomi di alcuni attori professionisti, recitano per la prima volta giovani disabili. Il regista Giorgio Romano, qui al suo esordio, precisa che nel suo lavoro non si tratta affatto di disabilità e insieme a Daniela Alleruzzo, che ne ha curato il soggetto, ha deciso di portare sul grande schermo una commedia simpatica e divertente che, con la giusta dose di ironia, riesce a dare spazio alla diversità. Un esperimento sicuramente ben riuscito che rende concreti i sogni e le ambizioni di questi attori in erba, che hanno così avuto la possibilità di esibire la propria abilità recitativa.

I ragazzi, che hanno già calcato le scene a teatro, fanno parte dell’Associazione L’Arte nel cuore, un’Accademia dove vengono formati giovani diversamente abili per essere immessi nel circuito teatrale e cinematografico internazionale. In un programma così impegnativo, dove vengono ogni giorno presentati grandi film di importanti registi, fa bene respirare un’aria più leggera e frizzante che abbatta ogni barriera, che si frappone tra ciò che è considerato normale dal diverso, e offra spazio anche alla voce di chi ha talento, a prescindere dalla propria disabilità.

Il progetto, promosso dalla Fondazione Allianz UMANA MENTE, pone lo spettatore a considerare i giovani attori come i veri protagonisti della scena perché l’essere diverso non significa essere automaticamente sbagliato o fuori posto ma sovente, per essere diverso, ci vuole molto coraggio.

data di pubblicazione:21/10/2018








AN IMPOSSIBLY SMALL OBJECT di David Verbeek, 2018

AN IMPOSSIBLY SMALL OBJECT di David Verbeek, 2018

(FESTA DEL CINEMA DI ROMA – 13ma Edizione, 18/28 ottobre 2018)

Durante uno dei suoi frequenti viaggi di lavoro, un fotografo olandese fissa con la sua macchina fotografica l’immagine di una bambina con il suo aquilone, sola in una strada buia di Taipei. Tornato a casa quella foto, più di ogni altra, evocherà in lui un’infanzia oramai lontana e stimolerà, nel presente, una maggiore presa di coscienza di sé e della solitudine che lo circonda.

 

 

Dopo aver visto questo ultimo film del regista olandese David Verbeek ci si chiede spontaneamente se la fotografia fissi solo l’immagine che rappresenta o se si debba andare oltre per esplorare tutto un universo che essa stessa racchiude, davanti e dietro l’obiettivo. Forse quello scatto non è altro che quel minuscolo buco nero, quella particella microscopica che racchiude però in sé la massa di tutto l’universo: un nanosecondo che concentra il passato e il futuro e in buona sostanza tutta l’eternità. La foto della bambina con il suo aquilone fa sì che la sua giovane vita possa intrecciarsi con quella del fotografo e non solo nell’istante preciso in cui viene realizzata; la piccola, divenuta adulta, trova nell’abbandono del suo migliore amico la forza di reagire e di costruirsi una propria esistenza, mentre il giovane sembra vagare ancora tra un posto e l’altro del globo terrestre per trovare una propria identità. In un momento di totale alienazione, troverà finalmente il modo per interrogarsi e cercare una spiegazione del perché la vita lo rende triste, solo e incapace di realizzare i sogni e le aspirazioni proprie della sua infanzia.

Il regista David Verbeek, che nel film interpreta praticamente se stesso, ci mostra un mondo delicato ma nello stesso tempo freddo, dove non vi è spazio per il sentimento e per la comunicazione interpersonale. Ecco quindi che per lui la fotografia non è altro che l’espressione di una ricerca sociale stratificata, parole che per chi gli sta accanto risultano intrise del nulla ma che per lui sono l’essenza propria del suo esistere. Il montaggio della pellicola permette che le sequenze temporali si sovrappongano proprio per sottolineare il fatto che ognuno è sospeso nel tempo in una dimensione indefinita.

Il film, decisamente ben riuscito, si lascia seguire con interesse, stimolando nello spettatore vari interrogativi sulla propria realizzazione personale e rappresentando un vero e proprio pretesto per mettersi in discussione, e per cercare ancora una volta il posto adatto dove approdare.

data di pubblicazione:20/10/2018