GLI ARANCINI DI MONTALBANO di Andrea Camilleri

GLI ARANCINI DI MONTALBANO di Andrea Camilleri

La ricetta degli arancini di riso (in Sicilia dette arancine) non possiamo che ovviamente abbinarla all’omonimo racconto di Andrea Camilleri ed alla serie televisiva, che hanno come protagonista il Commissario Montalbano, egregiamente interpretato da Luca Zingaretti.

Invece di passare la notte di Capodanno con la fidanzata Livia a Parigi, Montalbano decide di rimanere a Vigata a casa della fedele cameriera Adelina che per l’occasione ha preparato le gustose arancine al ragù. La serata viene drasticamente disturbata dalla notizia che uno dei due figli di Adelina, entrambi pregiudicati, è sospettato di aver partecipato ad una rapina in un supermercato. Sarà una telefonata anonima agli inquirenti a rivelare che il ragazzo è totalmente estraneo al fatto e quindi la cena viene salvata e con essa anche le famose arancine

Vi suggeriamo due tipi di condimento tradizionale della tipica ricetta siciliana: quello al ragù e quello in bianco.

INGREDIENTI (per la preparazione di circa 24 arancini): 800 grammi di riso arborio super fino – una cipolla – brodo – olio d’oliva ed un litro d’olio per frittura – 2 bustine di zafferano una noce di burro – 100 grammi di parmigiano – pan grattato e due cucchiai di farina.

Al ragù: 1 cipolla – 200 grammi di carne di vitello macinata – mezzo tubetto di concentrato di pomodoro – 80 grammi di pisellini surgelati – sale, pepe, mezzo bicchiere di vino bianco, olio d’oliva.

In bianco: 100 grammi provoletta dolce – 100 grammi provoletta affumicata – 100 grammi di prosciutto cotto praga – 30 grammi di salame milano .

PROCEDIMENTO: Preparare un ragù ristretto facendo prima soffriggere in olio d’oliva la cipolla a pezzetti e la carne, sfumando il tutto con un mezzo bicchiere di vino bianco. Aggiungere un bicchiere di acqua ed il concentrato di pomodoro e lasciare cuocere a fuoco lento per un 40 minuti, a metà cottura aggiungere i pisellini, sale e pepe. Altrimenti si prepara una besciamelle abbastanza densa nella quale versare tutti gli ingredienti per arancine in bianco, in modo da ottenere una pasta filante ed omogenea. Si consiglia di preparare i due diversi condimenti la sera prima e di riporli tutta la notte in frigo in modo tale che siano ben solidi al momento di riempire gli arancini.

Preparare il risotto alla maniera tradizionale, facendo soffriggere una cipolla in abbondante olio d’oliva, aggiungere poi il riso ed il brodo insieme a due bustine di zafferano. Il riso dovrà essere cotto al dente. Aggiungere una bella noce di burro ed abbondante parmigiano grattugiato. Il riso va poi disteso su un ripiano e lasciato raffreddare. Una volta che il riso si è freddato, si procede alla preparazione dell’arancino ponendo sul palmo della mano il riso, aggiungere una bella dose di condimento ben rappreso e qualche pezzettino di provola (solo per il condimento rosso al ragù) e richiudere con altro riso in modo da ottenere una palla ben chiusa del diametro di circa 8 o 10 centimetri. Si prepara a parte una pastella semiliquida con farina ed acqua e gli arancini vengono quindi ripassati prima con questo collante, per evitare che si aprano durante la frittura, e poi con il pan grattato cercando di comprimere bene la massa e darle una forma rotonda e compatta.

Infine si passa alla frittura. Si dovrà utilizzare almeno un litro di olio per friggere il quale dovrà essere portato ad una temperatura abbastanza alta prima di immergervi gli arancini; lasciare friggere per circa 4 minuti. Scolare.

PICASSO E LA MODERNITÀ SPAGNOLA

PICASSO E LA MODERNITÀ SPAGNOLA

(Firenze, Palazzo Strozzi-20 settembre 2014-25 gennaio 2015)

In collaborazione con il Museo Nacional Centro deArte Reina Sofìa di Madrid, Palazzo Strozzi ci presenta fino al 25 gennaio 2015 una mostra tutta dedicata a Pablo Picasso ed al suo rapporto con altri pittori spagnoli contemporanei, ben noti anche da noi, quali Joan Mirò, Salvador Dalì, Gris, Julio Gonzàlez, Antoni Tàpies ed altri.

Le tematiche proposte dagli artisti  che emergono da circa 90 quadri e disegni in esposizione, sono varie e abbracciano il periodo che inizia nel 1910 e termina con i primi anni sessanta,  ancora sotto la dittatura franchista, inserendosi quindi in un contesto storico-politico molto drammatico e travagliato per la Spagna.

E’ proprio con riferimento alla guerra civile spagnola e al drammatico bombardamento della città di Guernica (che porterà poi alla vittoria del regime nazionalista di Franco) che Picasso realizza l’opera forse più drammaticamente rappresentativa delle tensioni e contraddizioni del secolo:  la ferocia  della Storia e le drammatiche vicende, di cui l’uomo è vittima e protagonista,  travolgono e cancellano qualunque codice di riferimento precedente sia  etico che estetico … la crisi della Storia e il buio della ragione in cui precipita si traducono  quindi, per un artista  universale come Picasso, in crisi del linguaggio e nel buio di ogni possibile rappresentazione …

È da questo deserto bruciato dal fuoco dei bombardamenti fascisti che diventa necessario rigenerare il senso e il valore di un nuovo linguaggio che, sovvertendo i canoni estetici di riferimento, si  affermi come espressione di una definitiva frattura tra l‘Uomo e la Storia:  una rappresentazione che sia la negazione di quanto fin allora affermato attraverso la pittura commemorativa: in questo senso, pur non proponendo la visione dell’opera definitiva originale, la mostra offre l’opportunità di esaminare tutta una serie di disegni e dipinti preparatori che testimoniano esaurientemente il convulso travaglio dell’artista, in questa disperata quanto appassionata ricerca di un immagine “nuova”, di un immagine “altra” . 

Le macerie di Guernica dunque, sono anche le macerie del quadro cosiddetto “di Storia”, in cui colore, prospettiva, rappresentazione naturalistica, sono annientati dal vuoto prodotto dalla follia umana,  stabilendo una definitiva distanza dal passato e ponendosi come manifesto della pittura del nuovo secolo. L’esposizione universale del 1937 fu infatti teatro del suo sbalorditivo debutto (AdM).

Non penso sia il caso di soffermarsi a sottolineare ulteriormente  l’importanza di questa opera che ha sicuramente rivoluzionato l’arte figurativa del novecento, ma certamente si rimane colpiti dall’atteggiamento di totale opposizione all’ideologia fascista, allora dilagante, con il quale l’artista affronta il soggetto.

Picasso afferma inoltre che non esiste alla base di un dipinto  una idea definitiva e “a priori”, ma l’opera piuttosto subisce tutta una serie di trasformazioni a partire da un’idea in divenire, che dal suo concepimento l’accompagna fino alla definitiva  realizzazione e prosegue, in un processo di continuo cambiamento, attraverso lo sguardo mutevole ed il peculiare stato d’animo dell’osservatore.

Spostando lo sguardo altrove, questa tesi la riscontriamo anche nelle altre sezioni della mostra ed in particolare in quella che comprende alcuni dipinti di donne, iniziando proprio dal lavoro del 1963: Il pittore e la modella.

Le donne sono un tema costante nella vita dell’artista e non solo come soggetto fonte di ispirazione ma come fulcro vitale  della  sua vita  privata  e creativa,  fino alla sua morte.

Il soggetto femminile è un universo  mutevole e inafferrabile da esplorare con ossessiva e divorante curiosità, con maniacale ripetitività; una forma archetipica centrale al suo immaginario  che di volta in volta assume le forme o i tratti delle donne che accompagnano la sua vita sentimentale o che alimentano i sui appetiti sessuali: immagine arcaica, ma anche compagna carnale e lasciva, spesso rappresentata in abbandoni erotici che rasentano il pornografico.

Sotto diversa prospettiva è il ritratto di Dora Maar, una delle tante donne di Picasso, amante dell’artista tra la fine degli anni trenta e l’inizio degli anni quaranta, fotografa che ha dettagliatamente documentato la realizzazione di Guernica.

In questo dipinto dalle tinte forti si rimane colpiti dall’intensità dell’espressione della donna ritratta che lascia intravedere il variegato ed incostante mondo dell’artista ed il suo differente atteggiamento verso la vita e soprattutto verso l’amore.

Da non sottovalutare infine le opere degli altri pittori spagnoli in mostra che, nel solco tracciato da Picasso, hanno a loro volta contraddistinto, attraverso un personale percorso di vita e di ricerca, altri aspetti della  modernità, nonostante o forse proprio in virtù del fatto di aver vissuto in un drammatico contesto come quello a cui abbiamo fatto riferimento sopra.

La mostra di Palazzo Strozzi offre pertanto al visitatore un percorso artistico ricco e affascinante e fa comprendere come questi artisti, iniziando appunto  da Picasso, abbiano  veramente rivoluzionato il concetto di forme e di bellezza che ha  caratterizzato il  XX secolo.

 data di pubblicazione 12/12/2014

I SOLITI IGNOTI di  Mario Monicelli, 1958

I SOLITI IGNOTI di Mario Monicelli, 1958

Da annoverarsi tra i capolavori del regista Mario Monicelli che ottenne con questa spassosissima commedia due nastri d’argento ed una nomination agli Oscar nel 1959 come miglior film straniero. Una banda di scalcinati ladruncoli organizza un accurato furto per raggiungere la stanza del Banco dei Pegni, dove è custodita la cassaforte, passando dall’appartamento attiguo, normalmente abitato da due anziane signore. Approfittando dell’assenza di queste, si introducono quindi nella casa e riescono a demolire la parete che secondo i loro piani li avrebbe portati direttamente davanti al cospicuo bottino. Ma con grande stupore si troveranno invece nella cucina dove, fallito il colpo, non gli rimarrà altro che approfittare della pasta e ceci trovata e mangiarsela con gusto. Cast eccezionale di attori passato poi alla storia del cinema italiano: Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Renato Salvatori, Totò, Memmo Carotenuto, Carlo Pisacane, Tiberio Murgia, Lella Fabrizi, Carla Gravina ed una splendida Claudia Cardinale agli esordi. Il film ci suggerisce questa ricetta di pasta e ceci.

INGREDIENTI: 500 grammi di ceci secchi – 100 grammi di guanciale o lardo – rosmarino, salvia, due spicchi d’aglio ed una cipolla – un cucchiaio di concentrato di pomodoro – olio extravergine d’oliva, sale e pepe q.b. – una patata – 200 grammi di pasta ditalini.

PROCEDIMENTO: I ceci vanno messi a bagno almeno la sera prima. Lavare bene i ceci e farli cuocere in acqua con la cipolla, la patata, sale, pepe, alcune foglie di salvia ed un rametto di rosmarino. Preparare il battuto con il lardo o guanciale da far soffriggere in abbondante olio, con l’altro spicchio d’aglio, la salvia ed il rosmarino, tutto ben triturato. Aggiungere al soffritto il concentrato di pomodoro ed amalgamare. Versare i ceci già cotti, dopo averne frullata una buona parte con il frullatore ad immersione insieme alla patata, fare cuocere ancora una decina di minuti prima di versare la pasta. La zuppa va servita tiepida e condita con olio d’oliva extravergine e pepe.

RETROSPETTIVA DI FRANCO FONTANA, Fotografo

RETROSPETTIVA DI FRANCO FONTANA, Fotografo

Mostra a cura di Denis Curti nell’ambito del progetto ABC (Arte-Bellezza-Cultura) – REGIONE LAZIO –

(Palazzo Incontro – Roma, 15 ottobre 2014 – 11 gennaio 2015)

La mostra fotografica di Franco Fontana (Modena 1933) si presenta suddivisa in sezioni, ciascuna con tematiche ben segnate: i paesaggi – urbani ed extraurbani – il mare e le piscine. Come prima sensazione il visitatore si trova subito immerso, direi inaspettatamente, in un contesto dove regna assoluto il colore, reale presenza nel tutto insieme al contrasto tra luce e ombra, che sviluppa con i suoi toni iperreali una sovrapposizione piatta di forme e di superfici, creando una composizione geometrica ben costruita e volutamente artificiale. In Fontana il colore è infatti il vero protagonista della scena a cui viene affidato il compito magico e fantastico di svelarci quello che non riusciremmo mai a percepire con i nostri sensi, di vedere al di là della superficie. Ciò si percepisce subito nelle immagini riguardanti le distese extraurbane delle campagne della Basilicata o della Puglia: qui il colore fa contrasto e si confonde nello stesso tempo ed il tutto ci emoziona intimamente come se ci trovassimo di fronte ad un quadro di Rothko. Diversa sensazione per quanto riguarda i paesaggi urbani. Qui le superfici cromatiche si alternano tra contrasti di luce che appiattiscono il tutto e dove non c’è più spazio per niente se non per la solitudine umana che invade il campo: l’uomo, o la sua ombra, sta lì quasi a contemplarsi solo, immerso in un contesto quasi metafisico. Non è forse la stessa sensazione che potremmo percepire davanti ad un quadro di Hopper? Anche in Fontana infatti i colori brillanti e luminosi ci trasmettono solo una sensazione di vuoto, un senso di inquietudine, di disagio. Anche le immagini riguardanti il mare, tema molto caro a Fontana, ci infondono una percezione di smarrimento: qui solo una leggera quasi invisibile linea lo divide con il cielo, come se le due masse si fondessero in un’unica superficie piatta e priva di movimento. Negli spazi acquosi delle piscine vengono poi mostrati i corpi sinuosi e tonici di donne  che, come sculture dalle forme ben levigate, sembrano esaltare una fisicità tutta al femminile perché, come dice lo stesso Fontana, quando manca la donna, il mondo perde la luce…Ecco perché oggi, nella celebrazione dei suoi cinquanta anni di attività, Fontana si presenta a noi non solo come un eccellente fotografo, ma come un artista a tutto campo, i cui lavori trovano giusto e meritato apprezzamento, a livello nazionale ed internazionale, con il continuo conferimento di prestigiosi premi a riconoscimento della sua non comune opera.

 data di pubblicazione 17/11/2014

CHOCOLAT di  Lasse Hallström, 2000

CHOCOLAT di Lasse Hallström, 2000

In un tranquillo quasi anonimo paesino francese arriva dal nulla la estroversa Vianne (Juliette Binoche) insieme alla sua bambina Anouk (Victoire Thivisol) per sconvolgere, con l’apertura sulla piazza della sua singolare cioccolateria, le abitudini degli abitanti del luogo. Il sindaco moralista e bigotto (Alfred Molina) non esita a scatenare una guerra  contro la peccaminosa donna che, oltre ad offrire cioccolato in tempo di penitenza quaresimale, socializza persino con l’estroverso Roux (Johnny Deep) a capo di un gruppo nomade di zingari che si sono accampati nei paraggi. Alla fine la donna riuscirà con la sua tenacia ed il suo buon umore a scalfire il cuore di tutti, incluso quello del sindaco, ed a portare un poco di vita nel grigiore freddo di quella comunità chiusa e piena di pregiudizi. Il film non può che suggerirci questa ricetta di un plumcake tutto al cioccolato.

INGREDIENTI: 200 grammi di farina – 1 cucchiaino di bicarbonato – 50 grammi di cacao amaro – 275 grammi di zucchero – 80 grammi di panna acida – 175 grammi di burro morbido – 2 uova – 1 bustina di vaniglina – 175 grammi di gocce di cioccolato.

PROCEDIMENTO: Amalgamare tutti gli ingredienti mescolando bene ed aggiungendo poi 125 ml di acqua bollente, sino ad ottenere un impasto molto fluido, e completando infine il tutto con le gocce di cioccolato. A questo punto sistemare l’impasto in uno stampo da plum cake, foderato di carta da forno bagnata, ed infornare per 45 minuti ad una temperature di 180 gradi quindi coprire lo stampo con carta di alluminio e completare la cottura per altri 20 minuti. Servire da solo o accompagnato con una abbondante cucchiaiata di panna montata.