LA TRAMA FENICIA di Wes Anderson, 2025

LA TRAMA FENICIA di Wes Anderson, 2025

Imprenditore super ricco, Anatole Zsa-Zsa Korda, tipino, peraltro poco raccomandabile, va alla ricerca della sua giovane figlia Liesl, nel frattempo diventata novizia cui intende lasciare la sua ingente fortuna. Prende tale decisione a seguito di un ennesimo attentato subito mentre vola sul suo jet personale. Ovviamente è solo uno spunto per dipanare spassosi legami familiari e invenzioni surreali alla maniera del talentuoso regista americano.

Tra inevitabili colori pastello, accuratezza e singolarità dei costumi (opera della nostra Milena Canonero), rimandi frequenti alle commedie slapstick, cast stellare di amici e amiche, torna il cinema inconfondibile di Wes Anderson, quasi un genere a sé stante oramai. Sempre uguale, sempre col suo marchio indelebile, quello di Anderson è un universo immaginario seppure intriso di inevitabili riferimenti a personaggi del nostro tempo. Dopo Asteroid city e l’Oscar per La Meravigliosa Storia di Henry Sugar (visto solo in streaming), è tornato in Concorso per la quarta volta al festival di Cannes con La Trama Fenicia. Apparso sulla terra nel 1969 a Houston, introverso studente di filosofia presso l’università di Austin, Wes si nutre da sempre di arte e cultura pop. Così i suoi film che per molti lo rendono un genio, per altri solo un “regista fighetto e ripetitivo”, divisivo certo, ma anche ricco di innegabile talento e fantasia. Senza dubbio riuscitissimi I Tenenbaum o Le Avventure Acquatiche di Steve Zizzou, in cui gabellava ricchi e viziati personaggi, al tempo stravaganti e bizzarri, ma ancor più Grand Hotel Budapest, o il recente Asteroid City, ne hanno accresciuto fama e contrasti. Il film visto a Cannes, di recente uscito nelle sale italiane, non sembra distaccarsi di molto dai precedenti appena citati. Un gioco di scatole cinesi, ora riuscitissime, ora inespresse o persino incomprensibili. gestite da grandi star, con Benicio Del Toro, a farla da campione, nel ruolo del capitalista enigmatico e corpulento. Lo affiancano, Mia Threapleton (sorella Liesl), talentuosa figlia di Kate Winslow e Michael Cera (Bjorn) nei ruoli protagonisti, con Mathieu Amalric, Jeffrey Wright, Scarlett Johansson, Tom Hanks, Bryan Cranston e compagnia cantando in fugaci amichevoli camei. Quinta sceneggiatura a quattro mani con il fidato Roman Coppola, La Trama Fenicia si discosta solo leggermente dalle precedenti produzioni del prolifico genietto di Houston, perché pur mantenendone i tratti distintivi e caratteristici: iperboli, giochi di parole, toni e situazioni sfumate, inquadrature simmetriche (alla Kubrick) e prospettive inconsuete, scene che sembrano quadri, appare, in ultima analisi, meno frivolo e lezioso, intrecciando da par suo dinamiche familiari, thriller e giochi di potere. Tutto per confezionare il solito, fra parentesi, film di Anderson, bello e frustrante al tempo stesso, con i suoi stilemi narrativi, spesso confusi ed enigmatici, i suoi aspetti calligrafici, i suoi deliranti dialoghi tra l’assurdo, e l’irreale(?), sempre comunque ben orchestrato e piacevole, anche se inevitabilmente di non facile fruizione per tutti.

data di pubblicazione:29/05/2025


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NON È IL PUNTINI PUNTINI PUNTINI SHOW con Nino Frassica e Giovanni Veronesi

NON È IL PUNTINI PUNTINI PUNTINI SHOW con Nino Frassica e Giovanni Veronesi

(Teatro Ambra Jovinelli – Roma, 12/19 maggio 2025)

Premetto di apprezzare Nino Frassica come uno dei più puri talenti della comicità di casa nostra. La sua presenza scenica, la sua innata simpatia, ma soprattutto la capacità di creare a volte improvvisando giochi di parole, personaggi fantasiosi, battute fulminanti riconosco che mi conquistano e così credo conquistino vasti strati di pubblico popolare ma anche colto. Non nascondo quindi la quasi totale delusione difronte allo spettacolo che ieri, 12 maggio (si replicherà il prossimo 19) è stato presentato all’Ambra Jovinelli, teatro che notoriamente mette in scena produzioni leggere di ottima fattura. Ma come sottrarsi al compito precipuo di un critico? Per definizione la funzione di un critico di cinema, teatro, musica o qualsivoglia è quello di assistere ad una performance ed offrire un commento puntuale ed obiettivo, volto a plasmare e/o influenzare, nei limiti, il successo come il fallimento, di una determinata opera.  Questo modo di interpretare il ruolo è proprio della tradizione anglo-sassone che vanta grandi e severi critici, molto temuti ma anche riconosciuti da attori, registi e musicisti. Da noi, tocca dirlo, prevale quasi sempre la logica dell’italico volemose bene, traducibile nel concetto di non parlare mai male di nessuno. Certo, vanno evitati pregiudizi e antipatie ma anche pressioni esterne di ogni tipo. Al netto di quanto sopra lo spettacolo condotto da Giovanni Veronesi e, solo in parte, da Nino Frassica (uno specchietto per le allodole vista la sua ridotta partecipazione?) è qualcosa di difficilmente consigliabile. Magari l’idea di partenza non era male, a cavallo tra il vecchio Maurizio Costanzo Show e le meravigliose zingarate della compagnia di Arbore, non a caso scopritore del bravo Frassica.  Ma il risultato si è rivelato, in verità, assai modesto. Ci sono alcuni ospiti interessanti come Margherita Bui, costretta a giudicare due imbarazzati giovani attori e brava nell’interpretare una famosa canzone di Ornella Vanoni o Rocco Papaleo, simpatico ma ripetitivo nel suo personaggio di amante sfortunato. C’è un gruppo di ottimi musicisti, Musica da Ripostiglio, ma, il resto, è una rappresentazione di personaggi minori anche un po’ tristi, quasi mai ironici, che fanno pensare ad un teatro di nani e ballerine in tono minore. Il colpo di grazia, infine, viene offerto da un surreale intervento provocato da uno spento Giovanni Veronesi che intervista un prete (pare vero) sedicente esorcista che ammorba un’attonita platea, fin troppo paziente, in una concione sul diavolo per oltre 45 minuti. Alla fine applausi frettolosi e di mera cortese simpatia, e il comune sentire di aver perso gli ideatori dello spettacolo un’occasione di far divertire e il nutrito pubblico presente tempo e denaro. Per quanto riportato, cresce nello scrivente la curiosità di leggere le critiche paludate sui giornali nazionali nei prossimi giorni.

data di pubblicazione:14/05/2025


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I PECCATORI di Ryan Coogler, 2025

I PECCATORI di Ryan Coogler, 2025

La storia inizia con il ritorno a Clarksdale dei fratelli gemelli Smoke e Stack, fortificati dalle trincee della Grande Guerra e dall’attività criminale al servizio di Al Capone a Chicago. L’idea è quella di aprire un juke joint, ovvero un locale in cui si suona, si balla e si beve liberamente, a beneficio della comunità locale di colore. A tal fine comprano da un bianco in odore di Ku Klux Klan un vecchio capanno. La realtà del luogo, siamo nel 1931 nel profondo sud degli USA, è ampiamente variegata: neri sfruttati nelle campagne di cotone, presenza del KKK, sette più o meno sataniche, cristiani benpensanti e su tutto il blues, per molti, la musica del diavolo.

Difficile definire il film di Coogler, buon regista, già apprezzato per Creed e i due Black Panther. La trama de I Peccatori sembra, inizialmente, seguire il percorso del blues pre-war (come lo definiscono gli esperti del filone musicale), che evoca in parte la leggenda di Robert Johnson “l’uomo che vendette l’anima al diavolo per diventare il più grande suonatore di chitarra di sempre”. In realtà c’è molto di più e c’è soprattutto il formidabile cambio di registro della seconda parte che lo fa virare nelle truci atmosfere del genere horror. Questo va a vantaggio di una pellicola che, attraverso una tensione costante, riesce a confrontarsi con più generi creando una interessante seppure audace combinazione. Escludendo mere ragioni commerciali (riuscire a catturare gli amanti del blues e i seguaci dell’horror) trovo l’episodio in gran parte riuscito. Certo, l’emozione di vedere riprodotta la Clarksdale del 1931 con la consueta perfezione dei film americani, in un contesto arricchito dal blues, è comunque un bel vedere e sentire. Se aggiungiamo poi le atmosfere gotiche, il vampirismo utilizzato in chiave allegorica, i temi del razzismo e della discriminazione, una recitazione superba, finiamo col ritrovarci all’interno di una narrazione ben costruita e coinvolgente, di forte impatto. Gli attori, in particolare Michael B.Jordan, nel doppio ruolo dei gemelli afro americani, Miles Caton, il cugino Sammie Moore, prodigioso chitarrista  di talento e l’icona blues Buddy Guy, caratterizzano al meglio i rispettivi personaggi, rendendo una performance di tutto rilievo. Altre perle da segnalare, in primis, la strepitosa colonna sonora di Ludwing Goransson che vibra di corde di chitarra blues per tutto lo spettacolo, la fotografia di Autumn Durald (il film è girato su pellicola da 65 mm) che rende la pellicola fruibile al meglio solo al cinema, merito da non poco. Senza tornare ad evidenziarli, ricordo solo che il direttore della fotografia, il compositore, il costumista, il montatore sono tutti artisti in varie occasioni insigniti di premio Oscar. Dunque, si tratta di una produzione importante che ha incontrato un notevole successo al box office statunitense. Da noi un po’ meno, forse perché non c’è stata un’adeguata pubblicità.

I limiti?  Qualcuno potrebbe notare un eccesso di durata, o di effetti grandguignoleschi (e sfido a non ricorrervi in presenza di vampiri!) ma, onestamente, non si corre il rischio della noia, grazie, ripeto, a un ritmo e un montaggio sempre incalzanti. Un ultimo suggerimento: aspettate la fine del film fino ai titoli di coda. Ne avrete una bella sorpresa che, ovviamente, non rivelo.

data di pubblicazione:30/04/2025


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EDEN di Ron Howard, 2025

EDEN di Ron Howard, 2025

Tra la prima e la seconda guerra mondiale, due utopisti tedeschi, Friedrich Ritter e Dora Strauch lasciano la Germania e vanno a vivere nell’isola di Floriana alle Galapagos. Pensano di sfuggire alla civiltà europea che credono in declino e contano di vivere in quel posto sperduto in perfetta solitudine. Speranza vana. Vengono raggiunti prima dalla famiglia Wittmer e in seguito da una sedicente baronessa con amanti- aiutanti al seguito. La sopravvivenza tra i diversi gruppi non sarà idilliaca.

Gli inizi di Eden si soffermano sull’instaurarsi della vita sull’isola da parte della famiglia Wittmer, padre (Daniel Bruhl), madre (Sydney Sweeney) e figlio cagionevole (Toby Wallace), appena giunti alle Galapagos, per sfuggire al nazismo e seguaci delle idee di Fredrich Ritter. L’ambiente ostile ed il trattamento loro riservato, almeno inizialmente, da parte di Fredrich (Jude Law) e Dora (Vanessa Kirby) smonteranno, sulle prime, gli entusiasmi di una nuova avventura. A complicare ulteriormente le cose sarà l’arrivo della baronessa Eloise (Ana De Armas), avventuriera priva di qualsivoglia scrupolo morale. Le diverse motivazioni dei personaggi: l’idealismo di Ritter e moglie, l’esigenze da sopravvivenza della famiglia Wittmer e gli obiettivi della baronessa (costruire un lussuoso albergo per ricchi) creeranno un’inevitabile miscela esplosiva. In apparenza quindi, un film di avventure con un climax che va crescendo fino alla violenza tout court?  Non direi o meglio non solo. Ron Howard, regista di interessanti pellicole e, cito a caso A Beautiful Mind, Apollo 13, Frost/Nixon, riflette piuttosto sui conflitti umani, la convivenza forzata, il ruolo della donna, la profondità stessa dell’esistenza, l’utopia, come ispirazione ideale, quasi sempre irrealizzabile o irrealizzata. Il rifiuto della scienza e della politica, la libertà creativa e sessuale, il vegetarianesimo, ma anche la voglia di lasciare tracce della propria esistenza, il desiderio del potere della mente, questo ed altro ancora avevano spinto nel 1929 Fredrich Ritter a recarsi a Floreana, da cui inviava periodici aggiornamenti alla stampa europea. Il personaggio, realmente esistito e tutta la storia, si basa su testimonianze dei sopravvissuti agli eventi raccontati nel film. La narrazione, senza essere un thriller in senso stretto, alterna tensione a pause che consentono al regista riflessioni sulle condizioni della vita di allora come di oggi. I personaggi sono ben delineati, assolutamente convincenti nei rispettivi ruoli, in virtù di un cast di altissimo livello. Jude Law offre un ritratto sfaccettato dell’idealista frustrato, Vanessa Kirby è una moglie dalla fede incrollabile, la Sweeney e Bruhl, misurati e coerenti piccolo borghesi, ma, direi che su tutti primeggia per bellezza, carisma ed eclettismo, Ana De Armas, la spumeggiante e controversa baronessa. Un po’ per i personaggi, un po’ per le atmosfere, il film mi ha ricordato due pellicole, il Fitzcarraldo di Herzog e il più recente, Capri Revolution del nostro Martone. In entrambi c’era l’utopia, e la riflessione filosofica sulla vita e le relazioni umane quando vengono private delle convenzioni sociali. Nel complesso una singolare ed intensa esperienza cinematografica, certo non un intrattenimento leggero, ma un percorso ricco di domande anche scomode, per una rievocazione che riesce a cogliere tanto la bellezza aspra dei luoghi quanto la ricchezza degli stati d’animo degli individui. Ovviamente, la fotografia di Mathias Herndl è parte integrante, nonché valore aggiunto, nell’immersione suggestiva cui ci si sottopone in oltre due ore di proiezione.

data di pubblicazione:18/04/2025


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1923 di Taylor Sheridan, serie tv Paramount

1923 di Taylor Sheridan, serie tv Paramount

Seconda stagione della serie prequel di Yellowstone e seguito cronologico di 1883. Le diverse vicende nei primi anni del XX secolo con al centro il ranch dei Dutton trovano il loro logico (?) divenire e si dipanano fra tragedie, agguati, crudeltà ed eroismi vari. L’evento principale è il tentativo di Spencer, eroe di guerra e nipote di Jacob Dutton, di riuscire a tornare nel ranch di famiglia nel Montana per aiutare lo zio in lotta con spietati nemici. La stessa idea ma con ancora maggiori tribolazioni la vive la dolce Alexandra che vorrebbe ritrovarsi con Spencer, suo grande amore.

Non è facile raccontare quanto accade in questa interminabile saga che fra originale, sequel, prequel e spin-off rischia di confondere i tanti appassionati frequentatori. A costo di ripetermi, tutto questo è merito o colpa del suo autore, Taylor Sheridan, lo sceneggiatore statunitense di molti dei grandi successi dello streaming mondiale. Della saga primigenia di Yellowstone – e quindi 1883 e 1923 di cui trattasi ma anche di Landman, Lioness. Mayor of Kingstown, solo per citare i più visti sulle diverse piattaforme. Tutto quello che tocca Sheridan si trasforma in oro, in prodotti di grande appeal e risonanza, questo a prescindere che lo si giudichi un reazionario wasp o un anarchico libertario.

Tornando alla serie, va dato atto che la sua riuscita è nel ritmo incalzante, nella forza e nella complessità delle vicende, nella grandezza degli attori (in primo piano il formidabile Harrison Ford e la sempre straordinaria Helen Mirren), nella perfezione dei dialoghi, nella assoluta fedele rappresentazione dei tempi e dei luoghi, nella bellezza delle locations, nel montaggio serrato, nel commento sonoro equilibrato e piacevole. I personaggi continuano a evolversi anche con le loro fragilità e la loro determinazione. In questo sono accumunati buoni e cattivi.

Dopo una prima stagione, questa seconda ha dovuto attendere la fine della pandemia, ma ha ripreso gli eventi dove si erano interrotti. Si era partiti dalla fine della Prima guerra mondiale e dallo scoppio del grande amore fra Spencer Dutton, (Brandon Sklenar, bello e schivo) e Alexandra (Julia Schaepfer. attraente e intensa). Terribili circostanze li avevano separati, niente in confronto a quello che affronteranno nei sette episodi che integrano questa seconda e probabilmente non ultima stagione. Non c’è stato un episodio in cui i protagonisti e i loro comprimari non si siano trovati a vivere/sopportare carichi e situazioni ai limiti del possibile e dell’impossibile. Senza dubbio anche la seconda stagione di 1923 ha mantenuto gli alti standard qualitativi della prima. Non aggiungo altro per non togliere il piacere della scoperta, ma rassicuro che la serie in questione ha certamente tutti i crismi di una delle più riuscite e appassionanti saghe familiari di sempre.

data di pubblicazione:10/04/2025