da Rossano Giuppa | Ott 27, 2019
(FESTA DEL CINEMA DI ROMA – Alice nella città 17/27 ottobre 2019)
Famosa, opera prima della regista Alessandra Mortelliti, è la toccante e delicatissima storia di Rocco, un adolescente solitario ed incompreso che vive in un piccolo paese della Ciociaria e che desidera trasferirsi a Roma, per poter realizzare il suo più grande sogno: partecipare ad un talent per poter diventare un ballerino. Con tenacia e grande forza di volontà Rocco riesce ad organizzare quel viaggio che si rivelerà ancora più amaro e crudo rispetto al microcosmo nel quale è cresciuto e che lo farà precipitare, ma non spezzare, perché finirà per ritrovare alcune certezze che daranno conforto alle sue scelte.
Rocco (il giovanissimo Jacopo Piroli) schiacciato da una famiglia chiusa e limitata, vittima e facile bersaglio dei suoi compagni di classe, emarginato, cerca il luogo in cui poter essere se stesso in libertà, senza pregiudizi. Vuole andare a Roma a fare le selezioni per partecipare a quel talent show, perché crede che solo la fama gli potrà dare quell’attenzione, quella visibilità, quel riconoscimento, quell’amore di cui non riesce a nutrirsi a casa.
Rocco vuole ballare per esprimersi e dare un’identità alla propria esistenza soffocata da un padre violento e di mentalità molto arretrata (Adamo Dionisi), in crisi per la perdita del lavoro e per un sogno d’amore infranto e da una madre (Gioia Spaziani), incapace di proteggerlo e di denunciare il marito per le violenze subite quotidianamente. Rocco, ai margini del paese che lo considera strano, trova conforto e amore in un piccolo universo in cui vivono la zia Maura, la sua fata turchina, Luigi, il suo compagno di classe di cui è innamorato e Azzurra, la sua amica manga. Luigi (Matteo Paolillo) nonostante la corteccia di bello e dannato sta capendo quale è a sua volta la strada che deve percorrere, mentre Azzurra (Ginevra Francesconi) vuole coltivare il suo sogno di diventare disegnatrice; Zia Maura (la bravissima Manuela Mandracchia) vive sola in una casa piena di ricordi e soprattutto di orologi che segnano ore diverse per confondere il tempo, un tempo che probabilmente le ha portato via le speranze, ma che le ha dato la consapevolezza di accettare le sconfitte e andare avanti. È lei che lo spinge ad andare avanti, ad affrontare quel viaggio che si rivelerà devastante, a dargli la forza di andare avanti, nonostante tutto.
Rocco è incompreso ma non è sbagliato. Il riconoscimento, la lotta per il sogno, quella che Rocco prima timidamente e poi con ferocia porta avanti, rappresentano il riscatto da un mondo dove non abbiamo chiesto di nascere, ma che comunque ci ha dato la forza e gli affetti per mettere in piedi i nostri progetti.
Una fiaba semi-noir che oscilla tra il crudo realismo di un quotidiano colmo di ingiustizia ed il sogno dove la speranza è viva. Una storia di esseri sofferenti che cercano di sopravvivere. Una storia di sogni infranti, rivoluzione e liberazione di disperazione e riscatto, ma anche una storia di identità, di amicizia e di accettazione di se stessi e degli altri, un viaggio di crescita interiore e di consapevolezza, nonostante tutto quello che accade intorno.
Alessandra Mortelliti disegna una favola moderna con singolare e sconvolgente personalità, un viaggio avventuroso e mistico, fatto di silenzi, purezza, ingenuità, mescolando sacro e profano, attori professionisti e non, proiettandoci in un’aura magica e poetica.
data di pubblicazione:27/10/2019
da Rossano Giuppa | Ott 27, 2019
(FESTA DEL CINEMA DI ROMA – Alice nella città 17/27 ottobre 2019)
Il premio per il miglior film di Alice nella città 2019 è andato meritatamente a The Dazzled di Sarah Suco, una storia drammaticamente autobiografica, che porta con sé la forza del dramma ma non la devastazione dello stesso. La vita di Camille, adolescente con la passione per il circo, maggiore di quattro fratelli, viene sconvolta radicalmente quando i suoi genitori decidono di entrare a far parte di una comunità cattolica oltranzista trasferendo l’intera famiglia nel contesto fisico e sociale della stessa. La sottomissione di Camille a regole e soprusi man mano vacilla e poi quando anche i fratelli più piccoli danno segnali di estremo disagio, Camille capisce che, non potendo fare affidamento sui genitori, abbagliati dalla setta, deve andare oltre.
data di pubblicazione: 27/10/2019
The Dazzled racconta il rapporto genitori-figli ed il profondo contrasto tra la visione degli adulti, per cui l’adesione alla comunità religiosa significa sottomissione e annientamento e la visione di Camille, decisa a mettere a fuoco le cose in maniera diversa arrivando a mettere in discussione l’autorità dei genitori e caricandosi le responsabilità dell’intera famiglia.
The Dazzled non è un film di denuncia, ma piuttosto una opera che parla di debolezza degli adulti e di forza di una ragazzina che deve imparare in fretta a non essere più una figlia che si affida alla madre, ma il punto di riferimento per i due fratelli e la sorella più piccoli.
Camille, in fondo, vorrebbe tanto essere solo una ragazzina come tante con i sogni, i turbamenti e la spensieratezza della sua età ma improvvisamente si trova a dover capire prima degli altri, vedere oltre l’abbaglio, fingere inizialmente e poi decidere di scappare lontano per trovare la forza della denuncia. La salvaguardia dei suoi fratelli, di fatto rimasti orfani, diventerà la sua prima preoccupazione e il motore principale che la porterà a cercare una via di uscita dall’abisso che rischia di inghiottirli tutti.
The Dazzled tratta il problema della pericolosità dell’indottrinamento mostrando gli incredibili e disturbanti risultati che può avere sulle persone, anche fino a quel momento lontane dal mondo religioso. Quello che accomuna le vittime di questo processo sono la debolezza e l’insicurezza, sfruttate abilmente da chi usa qualsiasi mezzo per prevalere e assoggettare.
Un film lucido che parla per immagini attraverso i volti dei giovanissimi protagonisti, tutti straordinari con una menzione speciale per la debuttante Celeste Brunnquell in grado di rendere sempre convincente il percorso di crescita di Camille, i suoi sentimenti contrastanti, il sua repentino ingresso nel mondo degli adulti e la dolorosa decisione di denuncia.
data di pubblicazione: 27/10/2019
da Rossano Giuppa | Ott 18, 2019
(FESTA DEL CINEMA DI ROMA – Alice nella città, 17/27 ottobre 2019)
Buenos Aires oggi. Esistono delle case famiglia religiose per ragazze madri di estrazione sociale bassa in cui le giovani, spesso minorenni, vengono accolte per essere assistite durante la gravidanza ed anche in via successiva se non hanno un lavoro ed una casa dove andare. Maternal racconta l’esistenza di madri adolescenti che vivono li. In particolare Lu è divisa tra il crescere la sua dolcissima bambina e il desiderio di scappare dall’istituto per stare con il compagno violento. Fatima è più accomodante e rassegnata, non sente di avere prospettive fuori da quelle mura. Nonostante le loro diverse personalità, l’esperienza condivisa della maternità adolescenziale porta le due donne a stare vicine. Dall’Italia arriva Suor Paola, una suora sui generis, giovane e bella, in procinto di prendere i voti perpetui, sensuale e pura allo stesso tempo, differente da ogni altra. Le tre esistenze si sfiorano e si contagiano, rompendo alcuni schemi e ricomponendone altri.
La regista Maura Delpero ha lavorato proprio in quel luogo per quattro anni e quanto raccontato è l’elaborazione di quanto respirato e vissuto.
Un film costruito sui silenzi e sugli occhi di tutte le protagoniste. La regista ha volutamente scritturato delle attrici non professioniste come le due ragazze madri al centro della vicenda ed entrambe sono superbe. Denise Carrizo interpreta Fatima, una timida ragazza incinta che è la migliore amica nonché convivente di Lu, la ribelle interpretata da Agustina Malala.
Ma nel modello di vita e di famiglia predicata nel convento manca assolutamente la figura maschile, esterno anche alla conflitto che ciascuna delle donne presenti nell’Hogar (è il nome argentino di queste case famiglia nonché il titolo originale del film), religiose o non, deve prima risolvere .
Tutta l’azione si svolge all’interno dell’istituto e con un solo terrazzo che tange l’esterno, ma non è un film claustrofobico. Un film essenziale ed ascetico per certi versi, che vive sul contrasto tra i dogmi religiosi e l’ora et labora predicato dalle vecchie suore ed il mondo esterno cui appartengono le giovani madri, fatto di smalti e violenze, di desiderio di vita e di futuro che non sembra possa però essere loro riservato.
L’unica suora a cavallo dei due emisferi è Paola, interpretata da Lidiya Liberman, arrivata dall’Italia per terminare il suo noviziato e prendere gli ultimi voti, in un periodo che anche per lei è di grande confusione. Paola si lega a Fatima e quando Lu scappa improvvisamente dal convento, inizia a prendersi cura della sua adorabile bambina Nina (Isabella Cilia). Il rapporto con la piccola fa vacillare la sua devozione all’abito che indossa e questa crisi viene raccontata attraverso piccoli dettagli significanti, tocchi sapienti Un legame che quasi mette in crisi la relazione che Paola ha con il proprio destino.
È un film d’esordio straordinario, un’opera prima intensa e rigorosa, in cui la regista dimostra di amare e rispettare tutte le sue protagoniste, raccontandole nella propria intimità, nel proprio modo di essere madre e donna, senza stereotipi e con tanta bellezza.
data di pubblicazione:18/10/2019
da Rossano Giuppa | Ott 8, 2019
(Teatro Argentina – Roma, 2/6 ottobre 2019)
Un uomo solo rinchiuso in una torre che prende coscienza dello spazio e della materia che lo circonda per iniziare un percorso che lo porta progressivamente a liberarsi di tutte le sue sovrastrutture. Ecco l’essenza di Raoul, spettacolo feticcio dell’artista belga James Thierrée presentato, nell’ambito di Roma Europa Festival al teatro Argentina di Roma dal 2 al 6 ottobre.
James Thierrée, mago della scena teatrale e innovatore delle forme circensi, dialoga con il suo amico immaginario e visionario che vive isolato in una torre-corazza, in un mondo incantato, abitato da teiere parlanti, vestiti animati, meduse-ombrello ed elefanti fantasma.
Thierrée è un predestinato (i genitori gli artisti circensi Victoria Chaplin e Jean-Baptiste Thierrée, il nonno Charlie Chaplin) in grado di intrecciare sapientemente gli elementi della sua formazione artistica quali teatro, circo, danza e arti visive per creare un unicum teatrale, innovativo e senza tempo, poco tecnologico e di grandissimo effetto.
Gesti provenienti del quotidiano, lo scherzo, le parole inventate, l’assurdo entrano in relazione con il cammino di Raoul nel quale la solitudine, l’instabilità e l’insicurezza del vivere incontrano quali compagni di viaggio degli animali fantastici che entrano in gioco per dialogare, infastidire o illudere il protagonista che a volte seccato, altre volto avvinghiato a loro, decide di trasformare la propria vita.
Uno spettacolo intenso, faticoso, vissuto, come tutta la scena, progressivamente ed inesorabilmente scardinata e scomposta per arrivare all’essenza: palizzate di ferro che diventano delle vele e il corpo che alla fine può librarsi nell’acqua e nell’aria. Un’ora e mezza di intensissimo one man show per cogliere appieno coglie tutto il brio dell’attore, regista e mago e il suo rapporto personale con la danza, l’acrobazia, la trasformazione, l’ironia ed il silenzio.
Uno spettacolo enigmatico, visionario, capace di avvincere il pubblico, punteggiato di simboli, ma al tempo stesso semplice da decodificare emotivamente; una performance che unisce straordinaria qualità tecnica e un impatto visivo altamente suggestivo alla tenerezza e all’empatia che il protagonista suscita nello spettatore.
data di pubblicazione:08/10/2019
da Rossano Giuppa | Ott 2, 2019
Stupefacente prova d’attore per Joaquin Phoenix nel Joker di Todd Phillips, film Leone d’0ro a Venezia. In una Gotham City in cui imperversa un crescente malessere metropolitano, fatto di immondizia, rabbia e violenza, di diseguaglianze sociali estremizzate, cerca di sopravvivere il debole Arthur Fleck (Joaquin Phoenix) vittima di un grave disturbo che lo fa scoppiare in risate isteriche quando è sottoposto a stress emotivi rilevanti e che lo porta ad essere umiliato, deriso, malmenato ed emarginato.
Fleck vive con una madre anch’essa malata che ha rovinato irrimediabilmente la sua vita. Fa parte della schiera degli ultimi. Il suo sogno è quello di diventare un cabarettista, e magari essere un giorno ospite del suo show televisivo preferito, quello condotto dal comico Murray Franklin (uno straordinario Robert De Niro), ma nel frattempo si arrabatta come può travestendosi di clown. Sempre più ai margini, in un susseguirsi di vicissitudini grottesche, quasi vittima sacrificale di un disegno preordinato, non può che far esplodere la sua impotenza in una rivolta improvvisa e feroce verso tutti. Una trasformazione violenta e folle in un nuovo Joker la cui patologia viene eretta a simbolo di una rivolta popolare egualmente brutale e cieca, di cui diviene l’emblema suo malgrado.
In un panorama a fosche tinte tra le atmosfere de I Guerrieri della Notte e Taxi Driver, ma vicino anche all’indefinito futuro di Blade Runner ed agli scenari apocalittici di Romero, Joaquin Phoenix plasma un nuovo Joker a sua immagine e somiglianza, esorcizzando il suo passato ed il suo grandissimo talento. C’è lo sguardo folle di Nicholson ma anche la nera eleganza di Heath Ledger scomposti ed elaborati secondo una nuova fisicità, frutto di un lavoro ossessivo e profondo.
Joaquin Phoenix polarizza letteralmente tutto il film dalla prima all’ultima sequenza, grandissimo nel costruire un personaggio che dal fumetto rimanda ad echi letterari ea a personaggi di spessore mostrando una profondità non comune.
Arthur Fleck è la risata ossessiva e disperata del disagio di oggi, anche se trasposto in un’atmosfera torbida da comics apparentemente lontana, fatta di sporcizia e di rabbia, di soprusi, di segreterie telefoniche e vecchi lettori VHS, in un’atmosfera nella quale servizi sociali e medicine non sono in grado di sostenere la fragilità del giovane Arthur e dei suoi sogni, aprendo di fatto la voragine della cieca follia. E Arthur non può che affondare nel dolore e nella violenza trascinando con sé tutta quella piccola umanità selvaggia. Non c’è speranza su questa terra, forse un po’ di luce e di candore gli sono destinati in un’altra vita, nella quale dar sfogo alla sua andatura sconnessa e sognante.
Un film decisamente bello e misurato, con un importante lavoro di regia e con tanti superlativi attori (De Niro in primis), ma condizionatissimo dal suo mostruoso protagonista, cui spetteranno certamente tantissimi riconoscimenti che non può non meritare.
data di pubblicazione:02/10/2019
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