ABOUT LOLITA un progetto di Biancofango

ABOUT LOLITA un progetto di Biancofango

(Teatro India –Roma, 26/30 aprile 2022)

Biancofango presenta al Teatro India di Roma ABOUT LOLITA, diretto da Francesca Macrì e prodotto dal Metastasio di Prato e da Fattore K. Una drammaturgia originale che riscrive il mito di Lolita e l’immagine della ragazzina in costume da bagno che guarda senza pudore la macchina da presa, ricercando quel che è rimasto nell’immaginario collettivo del personaggio nato dalla penna di Vladimir Nabokov e reso immortale da Stanley Kubrick. In un campo da tennis, fisico e metaforico, va in scena il drammatico scambio di colpi tra sensi di colpa, fallimenti, l’attrazione della giovinezza in età adulta (foto di Piero Tauro).

 

ABOUT LOLITA è stato presentato in prima assoluta alla Biennale di Venezia 2020 e rappresenta il primo passo di un dittico dedicato al tema di Lolita.

Il romanzo scandalo di Nabokov e la trasposizione cinematografica di Stanley Kubrick, entrata nella cultura di massa per dare una forma e senso all’ossessione di un uomo maturo per una ragazza pre-adolescente e nel contempo descrivere una persona giovanissima sessualmente precoce che appare comportarsi in maniera seduttiva nei confronti di uomini più grandi, individuano la densa e drammatica eredità da cui parte la rielaborazione di Biancofango. Totalmente ambientata in un campo da tennis, riprende solo alcuni momenti del testo nabokoviano ed alcuni fotogrammi del film cult riattraversandoli entrambi e abbandonandoli per viaggiare dentro il mito di Lolita, per esplorare la triangolazione pericolosa di una ragazzina troppo curiosa e due uomini, per inoltrarsi nei territori proibiti del piacere e del desiderio, in un equilibrio precario l’immaginato e l’agito.

Uno spettacolo che è esasperazione della nostalgia della giovinezza e della sua sconvolgente sessualità, il proibito ed il peccato. Accanto a Lolita impersonata da Gaia Masciale, si ritrovano i personaggi di Humbert e Quilty – rispettivamente Francesco Villano e Andrea Trapani. Giocare a tennis con Lolita diventa giocare con il fuoco, è sudare e fraintendere, desiderare fino a sentirsi male ed in colpa, è provare insieme, dolore e piacere, beatitudine e tortura. Il tutto si consuma sulla terra battuta di un rettangolo di gioco, tra una partita, spasmodici allenamenti alla battuta e chiacchiere tra un cambio di campo e l’altro. C’è il patrigno maturo, paranoicamente geloso, possessivamente legato alla ragazza, che agli occhi degli altri fa passare per sua figlia ed un amico di vecchia data, attore spaesato anch’egli soggiogato dalla ragazzina che rilegge la propria vita e carriera attraverso i protagonisti de Il Gabbiano di Cechov e che poi rinuncia a qualsiasi approccio quando si accorge di non riuscire a tenerne il passo ad una decisa Lolita che prova a giocare con i due uomini, ma che non è in grado di fare i conti con se stessa, tra chewing gum, caramelle e canzoni di Tiziano Ferro.

I dialoghi che si intrecciano tra i protagonisti hanno il sapore di un’affannosa ricerca: dell’amore, del sesso, della consapevolezza, della crescita, della maturità arrivata troppo presto, delle occasioni perdute. Il tutto scandito da frasi e citazioni.

La drammaturgia di Francesca Macrì (che firma anche la regia) e Andrea Trapani non è un adattamento ma un’indagine su cosa sia rimasto di Lolita nel nostro immaginario. Lolita è proprio il frutto proibito, e soprattutto sono i mille stimoli al piacere che tentiamo ripetutamente, in nome di un supposto costrutto sociale, di soffocare e di censurare.

Punti cruciali dello spettacolo rimangono certamente gli scambi di sguardi, ritmi e movimenti esasperazioni del quotidiano, lo sfibrante allenamento-amplesso, la fatica della partita fatta di urla e gemiti, espedienti interessanti per dare suono e immagine al desiderio e alla disperazione. I riferimenti di partenza appaiono però talmente distanti e perfetti da vanificare lo sforzo di riscrittura drammaturgica che appare talvolta un po’ banale e poco coinvolgente.

data di pubblicazione:29/04/2022


Il nostro voto:

ENIGMA. REQUIEM PER PINOCCHIO Teatro Valdoca

ENIGMA. REQUIEM PER PINOCCHIO Teatro Valdoca

(Teatro India – Roma, 19/27 marzo 2022)

Un corpo di legno mutilato giace in proscenio mentre i suoi pezzi sono sparsi e in parte bruciati. La catarsi è dura e dolorosa: quale è il percorso per diventare essere umani? Una partitura di canto e suono dal vivo liberamente ispirata al burattino di Collodi è il nuovo lavoro del Teatro Valdoca in scena al teatro India di Roma dal 19 marzo, Enigma. Requiem per Pinocchio (foto Simona Diacci Trinity).

 

Un canto malinconico e una voce ancestrale guidano la riscrittura della vicenda di Pinocchio secondo i versi originali scritti da Mariangela Gualtieri, all’interno di un panorama onirico che vede al centro due attrici portentose nella loro bravura e particolarità, Silvia Calderoni e Chiara Bersani, alla quale la Gualtieri dal vivo presta la voce e il corpo espressivo, potente e leggero di Matteo Ramponi enfatizzato dal canto di Silvia Curreli ed Elena Griggio, e dal suono di Enrico Malatesta, Attila Faravelli, Ilaria Lemmo. Un’opera che Cesare Ronconi disegna alla perfezione su tutti gli interpreti, in totale armonia esaltandone le unicità.

Silvia Calderoni, straordinaria e sensibile interprete, è il burattino curioso e triste che deve percorrere il suo sentiero di crescita. Inoltre in scena c’è una fata totalmente fuori dagli schemi, Chiara Bersani e la sua fisicità poetica e c’è la forza gentile di Mangiafuoco, Matteo Ramponi.

Si affronta il tema dell’infanzia in cui la mente è brillantissima e pura ed il passaggio all’adolescenza, quando il corpo comincia ad avere una potenza sfrenata che si contrappone al senso.

Ma come si può fare per preservare l’essenza dell’infanzia? La strada forse è quella di seguire il mantra meditativo formulato dalla Fatina e dal suo femminile potente e magico, mentre un maschile ammutolito, forte come un Mangiafuoco, lo sostiene e lo diffonde nell’aria.

Pinocchio viene ad immunizzarci dalla paura della morte, ad insegnarci la speranza e la rinascita.

Ancora una volta il Teatro Valdoca ci sorprende per unicità ed attualità del suo messaggio, grazie al suo sguardo mai banale sul passato ed il futuro, sul senso della fisicità, sul valore della parola, del gesto, degli oggetti, della luce, sulla natura dell’uomo.

data di pubblicazione:27/03/2022


Il nostro voto:

L’ATTESA con Anna Foglietta e Paola Minaccioni, regia di Michela Cescon

L’ATTESA con Anna Foglietta e Paola Minaccioni, regia di Michela Cescon

(Auditorium Parco della Musica – Roma, 15/20 marzo 2022)

In scena alla Sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica di Roma in prima nazionale L’attesa per la regia di Michela Cescon con in scena Anna Foglietta e Paola Minaccioni. Due donne, una nobildonna ed una domestica, Cornelia e Rosa, condividono una convivenza forzata ed indesiderata. La nobile deve nascondere agli occhi di tutti una gravidanza conseguenza di un rapporto occasionale, ha un matrimonio in vista, siamo nel ‘700, e non ha alternative. Anche la serva è nelle medesime condizioni ed ad entrambe tocca l’isolamento. La separazione dall’esterno è dura, il tempo è immobile, mentre i corpi si modificano.

Michela Cescon dopo essersi misurata nella sua prima regia teatrale con la trasposizione scenica dell’ultimo romanzo di Alberto Moravia La donna leopardo, sceglie di portare in scena L’Attesa di Remo Binosi, testo che ha fatto conoscere l’autore veneto al grande pubblico, permettendogli di conquistare il “Biglietto d’oro Agis” come migliore novità teatrale italiana nel 1994.

Il dramma è costruito attorno a due donne che vengono allontanate e rinchiuse per nove mesi per nascondere una gravidanza. Si racconta una clausura, un’impossibilità ad uscire e vivere, una condivisione non solo di spazi quasi claustrofobici, ma anche di dolori e sentimenti. In tale contesto il gioco isterico padrona serva non può reggere a lungo, gli equilibri pian piano si ribaltano, la debolezza e la forza si alternano e si annientano a vicenda mentre l’elaborazione del dolore condiviso diviene l’elemento che dà forza ad entrambe, soprattutto quando poi si scopre di essere molto più simili di quanto si potesse inizialmente immaginare. L’affetto che le lega allora diventa profondo.

Il testo di Binosi ha una grande forza drammatica e di coinvolgimento e nonostante l’azione sia ambientata in un’epoca lontana i temi e i contenuti sono estremamente attuali. La mano registica della Cescon segue con attenzione l’evoluzione del rapporto tra le due donne e la loro distanza sociale, lavora sulla diversa fisicità tra l’essere serva o padrona, ricostruisce la dignità delle due donne attraverso l’accettazione del dramma comune: il colpevole seduttore Casanova, la negazione e accettazione della maternità, la sofferenza del parto, il legame morboso che alla fine le unisce.

Le straordinarie Anna Foglietta e Paola Minaccioni sono semplicemente vere, emozionano. Il linguaggio è originale e sorprendente, desrammatico ma con naturali sprazzi di vis comica che coinvolgono.

Costumi, luci e allestimento enfatizzano ancora di più questo racconto tutto al femminile, un racconto sul corpo femminile e sulla punizione per il desiderio, un racconto sulla forza di scoprirsi madre, amica, complice, donna.

data di pubblicazione:18/03/2022


Il nostro voto:

DESTINAZIONE NON UMANA di Valentina Esposito

DESTINAZIONE NON UMANA di Valentina Esposito

(Teatro India – Roma, 22/27 febbraio 2022)

In scena al Teatro India di Roma Destinazione non umana, nuovo spettacolo scritto e diretto da Valentina Esposito con la Compagnia Fort Apache Cinema Teatro, che vede coinvolti attori, performer ed ex detenuti formatisi all’interno delle carceri di provenienza ed oggi, professionisti di cinema e palcoscenico. Sette cavalli da corsa oramai vecchi e malandati condividono gli ultimi crudi momenti di un’esistenza fatta di fugaci attimi di esaltazione a fronte di dolore e sopraffazione, nel solco di una predestinazione che è per loro condanna e morte straziante.

Torna a distanza di tre anni al Teatro India di Roma la drammaturga e regista Valentina Esposito e la sua meravigliosa factory Fort Apache Cinema Teatro. A gennaio 2019 ci aveva sorpreso e commosso con lo spettacolo Famiglia, foto ricordo di una famiglia con le sue tre generazioni tra vivi e morti riunite il giorno del matrimonio dell’ultima e unica figlia femmina, testimonianza di un’umanità  marginale, perdente che cannibalizza e divora affetti e sentimenti.

Con Destinazione non umana Valentina Esposito colpisce ancora di più al cuore con la drammatica storia dell’ospizio prigione per ex cavalli da corsa, cavalli pensanti, esseri sopraffatti e mai liberi, vittima ognuno di un destino imposto dall’essere pensante per eccellenza, l’uomo, la magnifica creatura che lo ha fatto nascere senza amore, lo ha privato di sentimenti, drogato e seviziato, facendolo sentire apparentemente invincibile, per poi costringerlo ad una fatiscente reclusione in attesa di essere smembrato e venduto a pezzi al migliore offerente.

In scena tanti attori straordinari (ex detenuti e non) che danno vita al dramma: uno spettacolo che prova a scandagliare l’anima dei personaggi facendo perno anche sulla sofferenza legata ai lunghi anni di reclusione affrontata da molti di loro. Ecco allora i ricordi sbiaditi di corse e inseguimenti, di anfetamine e veleni, di inseminazioni artificiali ed uteri in affitto, di amori non vissuti, in nome di un gioco e di una corsa stupida e senza senso. Ci si ritrova così vecchi e zoppi, malati e storditi in attesa del supplizio.

Un teatro mistico e ancestrale, fatto di dolore e polvere, di imbracature e pastelli, scandito dal rumore di frustini e catene ma anche dal suono di nenie e dialetti, forte di una coralità estrema, di fotogrammi intensissimi, un teatro voce degli ultimi e dei deboli, una poesia sulla dignità dell’esistenza che va riconosciuta a tutti.

data di pubblicazione:26/02/2022


Il nostro voto:

DARWIN INCONSOLABILE di Lucia Calamaro

DARWIN INCONSOLABILE di Lucia Calamaro

(Teatro India – Roma, 9/23 gennaio 2022)

In scena al Teatro India di Roma Darwin Inconsolabile (un pezzo per anime in pena)scritto e diretto da Lucia Calamaro con Maria Grazia Sughi, Riccardo Goretti, Gioia Salvatori e Simona Senzacqua.Maria Grazia, ottantenne artista performativa, mette in scena la rappresentazione della sua inevitabile morte, o presunta tale, per cercare di attirare l’attenzione dei suoi tre figli. Una storia di una famiglia in cui riconoscere le nevrosi e gli stili di vita della nostra quotidianità, raccontata con pungente ironia e forte empatia, senza giudizi o prese di posizione ma con grande umanità (foto Laura Farneti)

 

Darwin inconsolabile è l’ultima interessantissima pièce di Lucia Calamaro, drammaturga, attrice e regista di fama internazionale, in scena al Teatro India fino al 23 gennaio.

Darwin è un nome-metafora, ossia l’evoluzione ed involuzione della specie umana, così come inconsolabile è l’aggettivo-metafora e dei personaggi in scena: l’inconsolabilità della madre viene dal sentimento di solitudine, che si contrappone all’indifferenza o al presunto sapere dei figli.

Si inizia in un supermercato con due carrelli colmi di acquisti, con gli animi già esasperati. La spesa in sé e le connessioni sottostanti aprono svariati vasi di Pandora. Uno dopo l’altro i tre fratelli, (Riccardo Goretti, Simona Senzacqua e Gioia Salvatori), discutono animatamente tra loro e con la madre, si allontanano e si avvicinano, fuggono. Rimane Maria Grazia Sughi, madre artista visivo-performativa che progetta una “tanatosi”, finta morte praticata da alcuni animali per difendersi dai predatori, allo scopo di riavvicinare i figli a sé. È una morte imminente di crepacuore, quella che annuncia, a cui quasi nessuno sembra credere veramente, tranne Gioia, vittima di un rapporto irrisolto con la madre.

I fratelli si scontrano, ciascuno scaricando sugli altri i propri tormenti esistenziali, tra cui l’astio per una madre bugiarda e lontana, infelici nella componente affettiva ed incapaci di individuare il proprio ruolo e la propria dimensione nel contesto che li circonda.

Nell’appartamento dove la madre si appresta a recitare la propria dipartita, si accatastano intanto le opere della gioventù di Maria Grazia da lei richieste al suo fianco per accompagnarla nel viaggio che l’attende. È proprio in questo luogo sulla soglia, di passaggio, che restano per un lungo tempo da soli Gioia, Riccardo e Simona, a vivisezionare il loro rapporto, ciò che non li lega più e a rinfacciarsi le rispettive mancanze avute nei confronti della madre. Riccardo è un frustrato maestro elementare e soffre da sempre la gravità della componente femminile, Simona è la madre matura e ostetrica, ambientalista irrisolta e confusa, Gioia invece, solo con la morte annunciata della genitrice si rende conto di essere una sorella, non si era infatti mai percepita tale. Con scrupolosa analisi, ricercatezza di metafore e indagine speculativa, passano in rassegna la loro esistenza giungendo a parlare di un inedito manoscritto di Darwin de L’Origine della specie, consegnato da un amico a Maria Grazia in persona, durante una delle sue avventure artistiche e sentimentali, divenuto per loro manuale di vita. Peccato che si tratti di un falso, come confessa la madre, da lei stessa redatto.

Nessuno dei tre figli accetta che la madre abbia loro comunicato che il suo cuore non regge più, è stanco, e potrebbe morire. Quando? Non si sa, ora come domani, ciò che conta è la consapevolezza della precarietà, della fine. Potrebbe esser un monito, un richiamo, un avvertimento, una metafora spiega la regista. “Una madre che simboleggia il pianeta? Forse. Dei figli che simboleggiano noi? Può essere. Ma nessuno, di certo la bontà. Né la colpa. O il destino. Nessuno è vittima. Tutti sono creatura e natura, e hanno le loro strategie di sopravvivenza predatorie”.

data di pubblicazione:23/01/2022


Il nostro voto: