UNA COSA ENORME regia di Fabiana Iacozzilli con Marta Meneghetti e Roberto Montosi

UNA COSA ENORME regia di Fabiana Iacozzilli con Marta Meneghetti e Roberto Montosi

(Teatro Vascello – Roma, 16/21 novembre 2021)

È in scena al Teatro Vascello di Roma dal 16 al 21 novembre Una Cosa Enorme, spettacolo di Fabiana Iacozzilli con Marta Meneghetti, Roberto Montosi. Produzione CrAnPi, La Fabbrica dell’Attore – Teatro Vascello, Fondazione Sipario Toscana in corealizzazione con Romaeuropa Festival.

 

In scena una donna con una pancia enorme. È incinta probabilmente da un tempo indefinito e fa di tutto per ritardare e rimandare l’evento. Tutto è sospeso ma nello stesso il tempo è trascorso, la casa è trascurata, il frigo è vuoto, la pianta è secca, le acque tentano di aprirsi. Quella condizione la turba e la affatica ma non vuole uscirne, preferendo uccidere a colpi di fucile le cicogne che sorvolano il suo tetto piuttosto che lasciare che le stesse portino fortuna e prosperità nella sua casa. E’ affaticata e trasandata, con le sole sigarette in suo soccorso. Perché trattiene quel feto in se stessa e ritarda l’evento? Perché ho così tanta paura di mettere al mondo un figlio? Vuole essere madre o può non esserlo?

Parte da questi interrogativi e dallo studio dei testi della ricercatrice israeliana Orna Donath Regretting Motherhood e del diario Maternità di Sheila Heti il processo performativo messo in atto da Fabiana Iacozzilli, che la porta ad esplorare le zone più recondite dell’identità femminile tra cultura, natura e istintività personale dando vita a uno spettacolo esasperato e naturale al tempo stesso, dando voce a paure e desideri di donna in bilico tra il desiderio e il rifiuto di essere madre. La maternità è però ben oltre le paure, le insicurezze ed i dolori della gravidanza, ma va ad affrontare l’identità simbolica della donna ed il suo ruolo di madre e di figlia che genera ed accompagna il ciclo naturale della vita. Eccola così improvvisamente madre ad accudire la sua creatura, il bambino, ragazzo, uomo e padre, sempre al suo fianco dalla nascita alla morte, secondo una circolarità che la vede protagonista e testimone. Può decidere di esimersi da tutto questo? Può scegliere di non dedicarsi alla cura dell’altro?

L’interessantissimo e coraggioso spettacolo, presentato nel 2020 alla Biennale Teatro di Venezia, racconta il tema intimo e personale della maternità, aprendo nel contempo a una riflessione sulla condizione di donne e uomini perennemente in bilico tra il volere e dovere essere genitori. Una performance forte e delicata al tempo stesso, dedicata alla condizione esistenziale declinata al femminile, tra ruoli attribuiti e scelte da porre in essere, fatto di accenni e tensioni, di rumori e respiri, di pensieri e azioni.

Un plauso ai due straordinari attori, all’allestimento ed al disegno luci ed audio. Tutto è enormemente dilatato ma anche enormemente vero. E’ questa la forza di uno spettacolo che va assolutamente visto, che abbisogna di essere decantato per entrarci maggiormente in empatia.

data di pubblicazione:20/11/2021


Il nostro voto:

CHI HA UCCISO MIO PADRE regia di Daria Deflorian e Antonio Tagliarini

CHI HA UCCISO MIO PADRE regia di Daria Deflorian e Antonio Tagliarini

(Teatro India – Roma, 2/7 novembre 2021)

Daria Deflorian e Antonio Tagliarini firmano la regia di Chi ha ucciso mio padre, tratto dall’omonimo testo letterario del giovanissimo scrittore Edouard Louis, andato in scena al Teatro India di Roma dal 2 al 7 novembre. Una lettera al padre in cui il figlio, interpretato Francesco Alberici, si mette di fronte a quell’uomo che per anni gli ha negato ogni confronto, eludendo in tal modo il confronto con sé stesso, un confronto scontro fra un figlio omosessuale e un padre ossessionato dal maschile, terrorizzato dalla consapevolezza di essere un perdente.

Il giovane scrittore torna al cospetto del padre che non vede da quando, quindicenne, aveva abbandonato il piccolo paese nel nord della Francia alla volta di Parigi, per fuggire da un’adolescenza di discriminazione e violenza e da piccola provincia omofoba e xenofoba quanto lo stesso padre. Ora i due sono lì, a qualche metro di distanza uno dall’altro in un grande spazio asettico e vuoto. Nel genitore, abbandonato anche dalla moglie, nel suo corpo di operaio invecchiato e vittima di un grave infortunio in fabbrica, si fanno largo stima e interesse per il figlio. Qualcosa è cambiato, perché? Una inattesa vicinanza che per Louis è e diviene anche un momento di riflessione sull’identità politica di un Paese sempre più a destra.

Il tornare da lui genera inizialmente nel ragazzo una rabbia sorda e profonda che cerca sfogo nei violenti calci dati a sacchi di spazzatura neri. Ma quei sacchi picchiati, calpestati e lacerati racchiudono i ricordi, raccontano il passato, l’infanzia, la spensieratezza e l’incomprensione, il baratro di una felicità non ottenuta. Louis si racconta, secondo un dialogo, per voce sola, tra l’esponente di classe operaia ormai condannata al declino ed il figlio omosessuale desideroso di far accettare la propria identità ad un padre ossessionato dal maschile e dalla consapevolezza di essere a sua volta un emarginato, un dominato, un perdente, proprio come le persone che più odia e a cui più teme di rassomigliare, gli arabi, le donne, gli effeminati. Ma è uno sguardo non più rabbioso, ma conciliante ed anche malinconico verso l’incapacità del padre a capire ed ad accettare, ma di certo non ad odiare. Si materializza così il VHS del film Titanic, regalo di compleanno chiesto da Eddy bambino al padre, che seccamente aveva risposto quanto fosse quello un film per femminucce, che non potevano essere dei regali da maschio e che se le cose stavano così, allora non avrebbe ricevuto alcun regalo. Tanta sofferenza ma anche la sorpresa di trovare poi la mattina del compleanno ai piedi del letto un bel cofanetto bianco, con su scritto “Titanic” in lettere dorate.

Il vero dramma non è pertanto la mancanza d’amore ma il dolore di non poter essere capiti da chi si ama per una sorta di buco culturale che non si colmerà mai. Il padre dello scrittore può soffrire per la sofferenza inferta al figlio e può soffrire perché ha fallito come marito, padre e lavoratore, perché non si è arricchito, non ha svoltato, non ha saputo dare un futuro sicuro alla sua famiglia, ma forse non capirà fino in fondo, con precisione, che il dolore di Edouard da grande, da figlio, da scrittore, sta soprattutto in questo dialogo mancante, nel suo sapere più di lui, che pure le ha subite sulla propria pelle, delle ingiustizie della vita.

Per la prima volta Deflorian/Tagliarini portano in scena un testo non scritto da loro, ma da un autore certamente affine alle tematiche trattate dai due registi ed interpreti, quali la relazione tra realtà e finzione o il rapporto tra individuo e società. Una drammaturgia performativa che guarda sempre di più alla letteratura. Tuttavia, è proprio la fedeltà al testo che permette di cogliere al meglio la qualità della drammaturgia scenica, fatta di sostanziali dettagli, di luci e respiri, di liason perfette ed efficaci tra scrittura ed interpretazione che permettono al bravissimo Francesco Alberici di raccontare il disagio familiare e generazionale in uno spazio sospeso e denso in cui riflettere.

data di pubblicazione:09/11/2021


Il nostro voto:

MAISON MÈRE di e con Phia Ménard

MAISON MÈRE di e con Phia Ménard

(Teatro India – Roma, 26/31 ottobre 2021)

In un’atmosfera post atomica una figura femminile a metà tra il punk e il metal d’annata, armata di lance di ferro, contempla una struttura piatta e suggestiva di cartone che si rivela essere un cartamodello enorme che rappresenta una casa. La donna gli gira intorno. Lo osserva ed inizia una relazione con la struttura, dapprima eliminando furiosamente il superfluo e poi iniziando la costruzione e l’assemblaggio. Si apre così Maison Mère l’ennesimo interessantissimo lavoro della performer Phia Ménard che ne cura drammaturgia e regia, in scena al Teatro India di Roma dal 26 al 31 ottobre.

Armata di forza e intelligenza oltre che di semplice nastro adesivo, la donna prosegue l’opera di edificazione, con grande caparbietà, perché gli equilibri sono instabili. E’ uno sviluppo sorprendente, perché nell’immediato non si immagina quale possa essere la forma definitiva che la casa andrà a prendere; e pian piano cresce e si stabilizza al suolo trasformandosi in un tempio, proprio il Partenone, grazie ad una sega elettrica che le permette di trasformare le pareti in colonne. Ma una nuvola si addensa sulla scena, diventando sempre più oscura e minacciosa, generando una pioggia dapprima leggera e poi sempre più fitta ed insistente. La casa non ha capacità di resistere a lungo, cede inesorabilmente e si liquefa al pavimento.

Dopo una formazione in giocoleria con Jérôme Thomas, nel 1998 la performer Phia Ménard ha fondato la compagnia Non Nova mettendo sempre al centro dei propri lavori le questioni sociali quali l’identità, il genere, la difesa dei diritti dell’uomo. La Ménard ricostruisce un villaggio Marshall di cartone a dimensioni reali in memoria del nonno materno vittima a Nantes dei bombardamenti degli alleati nel 1943, facendo i conti anche con l’assurdità di quel famoso piano Marshall che gestiva la ricostruzione seguendo modelli di case prefabbricate. Ancora una volta sorprende con il suo linguaggio fatto di virtuosismi e di ripetitività, dal forte impatto e dalla diretta comprensione, trasformando gli elementi di scena in struttura. L’artista effettua una riflessione su distruzione e ricostruzione attraverso l’esperienza, la fisicità, tenendosi a debita distanza da qualunque altro significato. E quel Partenone gabbia, casa, edificio primordiale, che implode sotto il peso letale dell’acqua apre a riflessioni che si accavallano una sull’altra, vera forza di questo lavoro, così come la nuvola carica di pioggia e distruzione che è un monito per le persone che non devono perdere di vista i valori fondamentali di un’umanità che si va sgretolando giorno dopo giorno a favore di cinismo, interessi personali esterni alla polis e culto del denaro.

Crolla il Partenone simbolo di una Unione Europea che si frantuma giorno dopo giorno tra sovranismi e Brexit. Crolla la casa, archetipo di protezione e sicurezza, solidità e riparo, così come tutto crolla sotto il peso del tempo che ogni cosa ricopre, tutto cancella, crollo al quale si può solo assistere in disparte, con dolore e rassegnazione come fa la Ménard. Unica interprete in scena, l’artista costruisce la gigantesca casa di cartone senza esitazione, come una guerriera che affronta la battaglia. Niente sangue, solo sudore, quello della tensione tra un’architettura titanica e la sua costruttrice. Rimane il dubbio di chi sia. Una mortale o una figura mitologica? Una rifugiata dei nostri giorni o l’artefice della ricostruzione?

data di pubblicazione:30/10/2021


Il nostro voto:

PETITE MAMAN di Céline Sciamma, 2021

PETITE MAMAN di Céline Sciamma, 2021

Il mondo visionario e affascinante dell’infanzia raccontato al presente, con uno sguardo delicato e profondo. È Petite maman, il nuovo film di Céline Sciamma presentato in concorso a Berlino 71 e ad Alice nella città durante la Festa del cinema di Roma e presente dal 21 ottobre nelle sale cinematografiche italiane. E’ la storia di Nelly (Josèphine Sanz), una bambina di otto anni che si ritrova nella casa d’infanzia della madre Marion in seguito alla morte della nonna. Marion è distrutta, non sa come gestire la situazione, e a un certo punto se ne va, lasciando Nelly sola con il padre. La piccola, mossa da una grande curiosità esce di casa per esplorare il bosco circostante, e a un certo punto si imbatte in una coetanea  (Gabrielle Sanz, sorella gemella di Joséphine), che sta costruendo una capanna. Le due diventano subito amiche, e Nelly impara a conoscere la famiglia di questa bambina apparsa dal nulla, il cui nome, guarda caso, è Marion.

Un film fiaba che colpisce nel profondo chi lo guarda, lasciandolo incantato ed emozionato, una poesia sull’amore, la famiglia, il lutto. Nelly non è riuscita a salutare la nonna prima della sua morte, è la prima volta che perde qualcuno che ama e deve confrontarsi anche con il dolore di sua madre Marion (Nina Meurisse) che scorre ad un ritmo diverso dal suo. Con i suoi genitori inizia a svuotare la casa d’infanzia della madre immersa in un bosco in cui un tempo c’era una casetta di legno di cui la bambina aveva tanto sentito parlare. Immerso in un’atmosfera sospesa nel tempo, in un autunno caldo e sognante, il film compie una vera e propria magia regalando a Nelly una seconda possibilità: quella di rivedere sua nonna e conoscere sua madre bambina. Un desiderio che forse appartiene ad ognuno di noi.

Petite Maman racconta di un viaggio nel tempo che non guarda al passato o al futuro ma si muove nel presente. Céline Sciamma elude l’immagine della morte grazie alla potenza della memoria, per cui nessuno scompare davvero e basta semplicemente un oggetto, un vecchio bastone, dei giocattoli di un’altra epoca, per continuare a sentire la persona vicino al proprio cuore. Le due bambine hanno così l’opportunità di conoscersi in un mondo magico in cui preparano crêpes e bevono latte al cioccolato, mettono in scena recite e costruiscono casette di legno secondo una sintonia di anima e corpo che permette loro di integrarsi definitivamente.

Dopo il successo di Ritratto della giovane in fiamme di due anni fa, Céline Sciamma firma un’altra pellicola stratificata e complessa, capace di esplorare ancora una volta il tema dell’identità, da sempre uno degli argomenti più significativi del suo cinema.

E come ogni fiaba, Petite Maman è fatta di case e sentieri, di luoghi non luoghi da abitare o disabitati che nascondono storie, porte e oggetti che collegano spazio, tempo e identità. Così il rapporto tra una bimba, la mamma e la nonna, diventa un viaggio intimo in cui ogni singolo elemento ha un suo preciso senso e una sua precisa funzione.

Petite maman, con la sua complessità poetica, è uno di quei film da studiare per scoprire la magia che può creare la macchina da presa, senza clamori ed effetti speciali, ma solo raccontando i sentimenti.

data di pubblicazione:25/10/2021


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TUTTO BRUCIA della compagnia Motus, ideazione e regia di Daniela Nicolò ed Enrico Casagrande

TUTTO BRUCIA della compagnia Motus, ideazione e regia di Daniela Nicolò ed Enrico Casagrande

(Teatro India – Roma, 9/23 settembre 2021)

La compagnia Motus debutta al teatro India di Roma con lo spettacolo Tutto Brucia, una riscrittura delle Troiane di Euripide, attraverso le parole di J. P. Sartre, Judith Butler, Ernesto De Martino, Edoardo Viveiros de Castro, NoViolet Bulawayo, Donna Haraway, in scena dal 9 al 23 settembre. Una spiaggia coperta da cenere è quanto resta di Troia. Le fiamme hanno già distrutto la città e le principesse superstiti al massacro aspettano le navi dei conquistatori che le porteranno in Grecia. Restano il canto di un coro essenziale e disperato, i latrati della madre Ecuba, i movimenti disturbati e spezzati di Cassandra.

 

Enrico Casagrande e Daniela Nicolò mettono in scena un percorso di ricerca composito e sovrapposto che partendo dai tragici destini delle donne troiane di Euripide, andrà a denunciare le storie e i tormenti delle schiave di oggi. Tutto si è compiuto e le protagoniste della tragedia greca nella dimensione dei vinti di Euripide, sono oramai oltre il dramma, in un momento successivo rispetto a quanto accaduto, dopo la fine di una guerra, dopo la distruzione di un mondo, dopo un disastro umano e ambientale che tanto evoca situazioni tristemente attuali. Tre protagoniste in scena che seguono la successione degli eventi, tra voci, gestualità e note strazianti. Così si presenta la scena in una visualità essenziale fatta di ombre che incombono tra frammenti di luce, mentre tutto è cosparso di cenere, essenza di un mondo che non c’è più. In relazione esasperata e viva con quella cenere le presenze spettrali di Silvia Calderoni e di Stefania Tansini che si alternano nei ruoli delle Troiane, straordinarie nel dar vita a personaggi e vicende della tragedia coniugando la prima la propria potenza espressiva con una variegata padronanza della voce nel racconto del dolore; la seconda, attraverso differenti e drammatiche azioni danzate che danno forma alla sofferenza interiore conseguente alla perdita di tutto. L’amara constatazione dell’incapacità di sovvertire un destino amaro e crudo è inoltre raccontata dal coro ovvero dal canto in inglese di R.Y.F. (Francesca Morello) drammaticamente essenziale e dirompente. Chitarra e voce danno una profondità epica al lamento della perdita e al desiderio di riscatto dalla disgrazia dei vinti, dall’ingiustizia degli dei e dalla disumanità dei vincitori che saranno condannati a una punizione divina.

Ecco la tragedia contemporanea di Motus che rivivendo la scrittura di Euripide racconta di nuove guerre e di nuove schiavitù, di nuove distruzioni e disastri ambientali legati a contesti attuali e futuri secondo una partitura fatta di frammenti del dramma. Ci troviamo in un campo di tende dove le prigioniere aspettano di essere fatte schiave. La Regina Ecuba latra e scompone e ricompone il corpo delle figlie trucidate mentre echeggiano le parole profetiche di Cassandra ed il grido agghiacciante di Polissena. Si susseguono così l’intervento dei morti richiesto da Andromaca, la tragedia interiore di Elena, il corpo senza vita del piccolo Astianatte, ucciso per paura della vendetta. Ecco le vittime della guerra, i soggetti vulnerabili in uno scenario in cui tutto è bruciato.

Un racconto epico quello messo in scena dai Motus che sapientemente legano il testo classico al teatro di performance per rendere ancor più concreto e attuale il dramma vissuto da figure femminili forti e resilienti, pronte ad affrontare un nuovo destino ridotte in schiavitù ma non cancellate, con una identità da difendere e preservare.

Un teatro politico che vuole raccontare un altro tipo di guerra, quello che il mondo occidentale conduce agli altri, ai migranti in mare, nei deserti, tra le montagne, auspicando che il canto disperato delle donne troiane si trasformi in un’invocazione, nella speranza che quella cenere e quella sofferenza non siano solo una denuncia, ma anche una catarsi verso un mondo migliore.

data di pubblicazione:20/09/2021


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