BERLINALE 2020: ORSO D’ORO AL FILM IRANIANO DI MOHAMMAD RASOULOF

BERLINALE 2020: ORSO D’ORO AL FILM IRANIANO DI MOHAMMAD RASOULOF

logo(70 INTERNATIONALE FILMFESTSPIELE – Berlino, 20 Febbraio/1 Marzo 2020)

Jeremy Irons, presidente della giuria internazionale di questa settantesima edizione della Berlinale, al momento di consegnare l’Orso d’Oro ha voluto precisare che, tra i singoli membri, non è stato facile trovare subito un accordo riguardo l’assegnazione dei premi. In effetti i film in selezione ufficiale quest’anno erano, tranne qualche rara eccezione, tutti di grande interesse. Il premio per il miglior film è andato a There Is No Evil del regista iraniano Mohammad Rasoulof, presentato come ultimo in questa interessante kermesse cinematografica, ma che subito ha colpito per l’argomento e per la delicatezza con la quale è stato affrontano: un tema così realistico e crudo proprio di una società, quella iraniana, in cui il diritto alla democrazia sembra essere poco riconosciuto. Cast eccezionale per un film che sicuramente avrà grande successo e che ci auguriamo troverà una valida distribuzione anche nel nostro Paese. L’Italia comunque riesce a conseguire due importanti premi su entrambi i film in concorso: Orso d’Argento come miglior attore a Elio Germano per l’incredibile interpretazione di Ligabue in Volevo Nascondermi di Giorgio Diritti con la seguente motivazione: “Per il suo straordinario lavoro nel catturare sia la follia esteriore che la vita interiore dell’artista Toni Ligabue”; e Orso d’Argento per la miglior sceneggiatura ai due giovanissimi fratelli D’Innocenzo per il loro Favolacce. Elio Germano è oggi tra gli attori più rappresentativi del cinema italiano, mentre i due simpaticissimi gemelli D’Innocenzo hanno ancora molto da fare, ma per loro, da ora, la strada sarà tutta in discesa. Ecco l’elenco completo dei premi assegnati:

  • Orso d’Oro per miglior film a There Is No Evil di Mohammad Rasoulof
  • Orso d’Argento Premio Speciale della Giuria a Never Rarely Sometimes Always di Eliza Hittman
  • Orso d’Argento per la miglior regia a Hong Sangsoo per il film The Woman Who Ran
  • Orso d’Argento per la miglior attrice a Paula Beer per il film Undine
  • Orso d’Argento per il miglior attore a Elio Germano per il film Volevo nascondermi
  • Orso d’Argento per la miglior sceneggiatura ai fratelli D’Innocenzo per il film Favolacce
  • Orso d’Argento per la miglior fotografia a Jurgen Jurges per il film DAU. Natasha
  • Orso d’Argento speciale per Berlinale 70 al film Delete History.

Si è così conclusa questa edizione della Berlinale. Torniamo a casa contenti soprattutto per i premi assegnati ai due film italiani e si spera che il nostro cinema riesca ad avere sempre più risonanza sul panorama cinematografico internazionale. È stato un buon festival, pieno di tante emozioni, e ci auguriamo di essere stati utili nel segnalare ciò che abbiamo visto e che, in qualche modo, ci ha colpito.

Non rimane che darci appuntamento al prossimo anno!

data di pubblicazione:29/02/2020

UNDINE di Christian Petzold – BERLINALE 2020

UNDINE di Christian Petzold – BERLINALE 2020

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Undine è impiegata come guida presso un importante museo di Berlino e il suo lavoro consiste nello spiegare ai turisti lo sviluppo urbano della città, a partire dalla sua fondazione. Quando il suo fidanzato Johannes gli comunica che sta per lasciarla, perche si è innamorato di un’altra, la ragazza lo minaccia dicendogli che se abbandonata si vendicherà uccidendolo.

  

Christian Petzold è un regista e sceneggiatore tedesco che ha alle spalle un discreto curriculum come cineasta, tra l’altro abbastanza conosciuto anche nel nostro Paese dove nel 2008 si distinse alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia con Jerichow. Nel 2012 vinse a Berlino l’Orso d’Argento per la miglior regia con il lungometraggio Barbara, mentre in questa edizione della Berlinale si presenta in concorso per la quinta volta con Undine di cui ha curato anche la sceneggiatura.

Il film trova ispirazione nel mito prettamente classico della ninfa Undina, creatura leggendaria acquatica di natura normalmente benevola ma che può cambiare d’umore, diventando implacabile, se tradita o umiliata. Questo è anche il caso della nostra protagonista (Paula Beer) che una volta abbandonata dal suo ragazzo (Jacob Matschenz) provoca la sua reazione dicendogli apertamente che lo punirà con la morte. A distoglierla dal suo sciagurato intento appare inaspettatamente Christoph (Franz Rogowski) e tra i due inizia una relazione, semplice ma intensa, dove la ragazza sembra essere veramente conquistata dal carattere mite e remissivo del giovane. Il film oscilla tra la fiaba e il thriller con elementi che via via ci portano al soprannaturale, tratto questo che non disturba ma anzi sembra essenziale per catturare l’attenzione del pubblico. Il regista mostra un vero talento nel bilanciare i vari aspetti della storia affrontando il rischio di inserire, nel contesto berlinese di oggi, una favola che addirittura trova fondamento nella mitologia greca.

Il risultato ottenuto è sicuramente positivo e il film si lascia seguire con interesse, anche per la buona recitazione degli interpreti, tuttavia non è esente da piccole lungaggini che potevano evitarsi per non appesantire la narrazione. Ci troviamo di fronte a un lavoro sicuramente ben confezionato e facilmente commerciabile, anche perché segue una trama tutto sommato fruibile da un pubblico di poche pretese e dove un tocco di fiabesco sentimentalismo non guasta.

data di pubblicazione:28/02/2020








BERLIN ALEXANDERPLATZ di Burhan Qurbani – BERLINALE 2020

BERLIN ALEXANDERPLATZ di Burhan Qurbani – BERLINALE 2020

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Francis, fuggito dall’Africa, dopo un terribile naufragio in cui perde la sua compagna, approda miracolosamente su una spiaggia. In quel momento, da unico superstite, promette a se stesso che inizierà una nuova vita all’insegna dell’onestà. Arrivato a Berlino da profugo, senza regolari documenti, dovrà presto abbandonare i suoi buoni propositi perché, in quella società che si mostra ostile nei suoi confronti, si renderà conto che per crearsi un futuro dignitoso dovrà scendere a patti con la malavita locale.

 

 

Ispirato dall’omonimo romanzo di Alfred Döblin, un classico della letteratura tedesca moderna di cui lo stesso Fassbinder ne aveva ricavato nel 1979 una miniserie televisiva, Burhan Qurbani presenta alla Berlinale il suo lungometraggio, rivisitandone la storia che era ambientata nella Berlino degli anni venti e che aveva come protagonista Franz Biberkopf. Il regista, esiliato per motivi politici dall’Afganistan e ora cittadino tedesco, ci propone una propria versione della mitiga figura di Franz, riadattandola su Francis, emigrato dalla lontana Guinea. Nonostante la volontà iniziale di integrarsi al meglio in una società occidentale a lui estranea, il giovane rimarrà invece invischiato in situazioni di malaffare per le quali ne pagherà le conseguenze.

Se nel testo originale ci si abbandonava spesso a delle metafore per dare più spazio all’immaginazione, nel film i personaggi sono fortemente condizionati dal contesto in cui si trovano, anche se poi teoricamente liberi di effettuare le proprie scelte. Analogamente si muove Francis che come outsider affronterà molteplici circostanze in contrasto con i propri valori morali, che cambierà come il suo nome, Franz appunto: una sorta di sopravvissuto che a suo modo vuole rimanere buono, ma che la società non gli consentirà mai di esserlo. Il protagonista è Welket Bungué, nato a Bissau in Guinea ed emigrato da piccolo con la famiglia in Portogallo e poi in Brasile, dove ha studiato per diventare attore. Avendo recitato già in circa cinquanta film, non meraviglia come Welket abbia interpretato in maniera più che convincente il ruolo, riuscendo a mantenere una costante tensione emotiva in un film decisamente lungo: cinque capitoli e un epilogo per una durata di oltre tre ore.

Berlin Alexanderplatz, sia pur in questo adattamento contemporaneo, rispecchia comunque l’essenza della sua fonte letteraria perché parla di una società da un lato, con le sue spietate regole, e di individui emarginati dall’altro, con i loro tentativi di integrazione e i loro, a volte, inevitabili fallimenti.

data di pubblicazione:27/02/2020








SIBERIA di Abel Ferrara – BERLINALE 2020

SIBERIA di Abel Ferrara – BERLINALE 2020

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Clint vive solo – unica compagnia i suoi cinque cani da slitta husky – in una casa sperduta tra le nevi della Siberia. Esplorando i suoi sogni e i suoi ricordi, intraprende un viaggio senza tempo alla ricerca della propria identità. In questo percorso intimo incontrerà varie persone, alcune delle quali oramai morte, e dovrà affrontare i numerosi demoni che affollano il suo passato…

 

Siberia è il sesto film che Willem Dafoe interpreta come protagonista sotto la regia di Abel Ferrara. Il regista sembra essere arrivato ad un punto di massima maturità creativa e utilizza l’attore come suo alter ego per rappresentare se stesso in questo suo personale viaggio interiore. Accompagnato dai suoi cani, che infaticabili strascineranno la slitta tra i ghiacci della Siberia, il protagonista si troverà invischiato in strane situazioni del tutto oniriche che lo porteranno a ricordare con nostalgia il tempo della sua infanzia quando andava a pescare con il padre e il fratello. Gradualmente veniamo a ricomporre i tasselli della sua vita, fino ad arrivare al ritiro siberiano dove gestisce uno strano bar frequentato da pochi abitanti del luogo e da un misterioso esploratore: con loro riesce a comunicare nonostante parlino una lingua a lui sconosciuta.

Il film è una sequenza di immagini che si sovrappongono senza apparente logicità, un poco come quei “dream logic” che troviamo in David Lynch, dove sogno e visione si fondono per generare qualcosa di surreale, fuori da ogni dimensione spazio-temporale. Certamente un film di non facile approccio e soprattutto da evitare per coloro che sono alla ricerca comunque di un significato palese in ogni cosa. Non viene seguito un percorso lineare: si passa dai ghiacciai siberiani al deserto magrebino, passando per un lussureggiante giardino dove si incontrano persone e cose che non ci sono più perché da tempo morte. Il film, molto atteso qui a Berlino dove viene presentato in concorso, ha lasciato alquanto interdetti gli spettatori in sala: alcuni hanno disertato dopo i primi dieci minuti di proiezione quando sullo schermo si sono alternate alcune sequenze decisamente splatter. Incuriosisce molto sapere come la giuria internazionale valuterà questo film visto che la Berlinale si è sempre distinta come un festival di nicchia e certamente Siberia è un film per cinefili molto esigenti, quelli che non chiedono spiegazioni ma preferiscono trovarsele da sé.

data di pubblicazione:26/02/2020








FAVOLACCE di Fabio e Damiano D’Innocenzo – BERLINALE 2020

FAVOLACCE di Fabio e Damiano D’Innocenzo – BERLINALE 2020

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In un agglomerato residenziale alla periferia di Roma, diverse famiglie interagiscono di comune accordo mentre i loro figli giocano a fare i grandi. Una voce fuori campo ci legge dal suo diario ciò che accadde in una certa estate quando, davanti alle palpabili frustrazioni dei genitori, i bambini metteranno in scena una drastica protesta. Non è un atto di ribellione in sé, ma il loro rifiuto di entrare a far parte di una società che i loro stessi padri hanno reso vuota e sterile.

 

Per i fratelli-gemelli D’Innocenzo, ancora reduci dal successo ottenuto proprio qui a Berlino nel 2018 con il loro primo film La terra dell’abbastanza, era proprio questo il momento giusto per realizzare un vecchio sogno. Nasce così il loro secondo lungometraggio Favolacce, completamente diverso come genere dal primo, dove loro stessi raccontano, tramite dei bambini, le proprie esperienze vissute nella periferia romana. Come dichiarato nella spassosissima conferenza stampa: “Oramai ci troviamo in un’età intermedia dove non siamo più troppi giovani ma neanche troppo grandi e quindi non potevamo più aspettare a raccontare di quelle sensazioni che noi stessi abbiamo percepito da piccoli”. Il film è uno spaccato sulla nevrosi tipica delle classi medio borghesi italiane, un accumularsi di insuccessi, per la mancata realizzazione di sogni e stupide ambizioni, che si riversano inevitabilmente sui figli. Vittime di questi abusi mentali sono loro che, proprio perché ancora lontani dai condizionamenti di un ambiente diventato indecoroso, riescono a percepire istintivamente il malessere della società. In questo bisogna dare atto ai due giovani registi, appena trentenni, di aver saputo ben inquadrare l’intimo dei singoli piccoli protagonisti, lasciando agli stessi libertà di espressione lontano da qualsiasi forzatura da copione. Ancora una volta il bravo Elio Germano, giusto in tempo per togliersi i panni di Antonio Ligabue nel film di Diritti, in Favolacce è Bruno Placido che insieme alla moglie Dalila (Barbara Chichiarelli) rappresentano un certo tipo genitori dei nostri tempi moderni, molto concentrati su se stessi e poco attenti alla sensibilità dei figli. I D’Innocenzo rivelano ancora una volta un loro lato squisitamente umano, tipico di un certo popolino romano, e con questo film dimostrano di aver raggiunto una genuina maturità necessaria per raccontare una favola piena di amarezza, che si adatta perfettamente ai giorni nostri.

Il film, presentato in concorso, è distribuito da Vision Distribution e arriverà nelle sale italiane dal prossimo 16 Aprile.

data di pubblicazione:25/02/2020