SE IL BUONGIORNO SI VEDE DAL MATTINO….

SE IL BUONGIORNO SI VEDE DAL MATTINO….

(Festival Internazionale del film di Roma 2014 – Gala, Alice nella Città)

Se il buongiorno si vede dal mattino, questo esordio della nona edizione del Festival di Roma dovrebbe decisamente scoraggiarci. Ma il Direttore Marco Muller, anche nella scorsa edizione adottò una politica al rialzo, facendo aprire la kermesse romana al poco fortunato L’ultima ruota del carro di Giovanni Veronesi, interpretato da Ricky Memphis e da un improbabile Elio Germano (che oggi stesso incanterà le platee con l’uscita nelle sale de Il giovane favoloso di Mario Martone), per poi alzare il tiro con film di ben altro spessore. La commedia, che anche quest’anno ha aperto il Festival, è Soap Opera terza pellicola di Alessandro Genovesi, che conferma Fabio De Luigi come protagonista al pari delle precedenti. Il film, al di là di qualche piccola trovata come un’ambientazione fatata, non reale o quanto meno non propriamente italiana, in un condominio che sembra la sezione di una casa delle bambole, in cui in contemporanea possono godersi le scenette di una vita di personaggi che sembrano proprio usciti da una soap, ha ben poco da regalarci, anche in termini di divertimento. Il cast di attori, tutto nostrano, tra cui ritroviamo Ricky Memphis oltre a Diego Abatantuono, Cristina Capotondi e la coppia di comici Ale & Franz, non basta a dare corpo ad un film che ci lascia davvero indifferenti. Meno deludente ma altrettanto non convincente (peraltro con una platea alquanto rumorosa che ha tolto molta della sacralità che una manifestazione internazionale dovrebbe avere), è stato il film di Rob Meyer Guida tascabile per la felicità, primo lungometraggio presentato nella sezione Alice. La storia ha spunti interessanti e narra di un quindicenne alle prese con l’elaborazione di uno dei lutti peggiori, quello della perdita della mamma, dalla quale ha ereditato la passione per il birdwatching (infatti il titolo originale del film è A birder’s guide to everything). A tratti poetico, a tratti banale, con una positiva leggerezza che forse si addice ad un pubblico di adolescenti rumorosi, il film è tuttavia segnato da un brutto doppiaggio e da un inedito Ben kingsley, la cui presenza ad inizio film fa inutilmente ben sperare in un decollo che, purtroppo per lo spettatore, non arriva.

L’unica nota di merito di questa prima mattinata festivaliera, e che non associamo al giudizio delle precedenti pellicole, ci è arrivata dal film, o meglio docufilm, di Oren Jacoby dal titolo My Italian Secret The Forgotten Heroes, presentato nella Sezione Eventi Speciali. Il documentario è una di quelle chicche che a volte, purtroppo, si vedono solo nei Festival, e narra le storie di quattro persone che durante la seconda guerra mondiale in Italia furono salvate dalla persecuzione razziale di Hitler, grazie al coraggio di alcuni italiani che per fare questo misero in serio pericolo le loro vite e quelle dei loro familiari. Uno di questi eroi fu Gino Bartali, che in vita non volle mai raccontare quando in sella alla sua bicicletta portava, durante gli allenamenti, documenti falsi nascosti sotto il sellino all’interno del telaio, insegnando al figlio, che oggi ci fa conoscere questo lato inedito del genitore, che il bene si fa e non si dice.

data di pubblicazione 16/10/2014







PRETTY WOMAN di Garry Marshall, 1990

PRETTY WOMAN di Garry Marshall, 1990

Chi non ricorda la frase le fragole esaltano il gusto dello champagne? E chi non ha visto almeno 20 volte questa divertente ed inossidabile commedia romantica, che ha marchiato a fuoco i due splendidi protagonisti: Julia Roberts e Richard Gere? Chi almeno una volta non avrebbe voluto essere quella gran culo di Cenerentola? Per tutte coloro che aspettano ancora il principe azzurro, proponiamo una variazione del crumble, questa volta alle fragole, che rendono questa ricetta facile, facile e molto profumata….aspettando Richard, magari in smoking, con una rosa rossa in mano, che sale da una scala mobile e ci sorride…. ma perdonate: quello è un altro film!!!!

INGREDIENTI:  ½ kg di fragole – alcuni pezzettini di zenzero fresco o alcune foglioline di menta- 80 gr  di burro – 100 gr di zucchero di canna – 100 gr di farina.

PROCEDIMENTO: Lavare e tagliare a metà le fragole, disporle in una terrina da forno (circa 18/20 cm di diametro) o in un contenitore di alluminio o in cocotte monoporzione da forno, in quantitativo sufficiente a coprirne 2/3, lasciando poco più di un dito dal bordo. Su questo strato di fragole grattare dello zenzero fresco o sminuzzare delle foglioline di menta. Mettere in un’altra terrina la farina con la zucchero e versarci sopra il burro fuso. Lavorare con le mani sino ad ottenere un impasto granuloso, come delle palline irregolari. Cospargere con le mani questo impasto sulle fragole, sino ad arrivare al bordo della terrina. Infornare per 20/30 minuti a 180° forno temo-ventilato, già riscaldato in precedenza. Servire tiepido a pezzetti irregolari o nelle loro cocotte, con della panna montata accanto ed…. un calice di champagne!

IL TEMPO DELLE MELE 2 di Claude Pinoteau, 1982

IL TEMPO DELLE MELE 2 di Claude Pinoteau, 1982

Questa seconda pellicola, a distanza di soli due anni dal grande successo de Il tempo delle mele, conferma la popolarità Sophie Marceau nei panni di Vic e porta a conoscenza del grande pubblico il bel Pierre Cosso, nei panni di Philippe, primo grande amore della sedicenne. Non potevamo non abbinare un altro dolce a base di mele, anche se non propriamente di origine francese.

INGREDIENTI: 80 gr  di burro – 100 gr di zucchero di canna – 100 gr di farina – 3 mele di diversi tipi – 1 cucchiaio abbondante di cannella – ½ limone -½ etto di pinoli tostati- gelato alla crema

PROCEDIMENTO: Sbucciare le mele, farle a spicchi non troppo spessi e metterle in una terrina con il succo di ½ limone. Girarle, scolarle ed adagiarle su di una teglia da 4 pozioni di alluminio o dentro delle cocotte da forno monoporzione. Su questo strato di mele spolverare la cannella. Mettere poi in una terrina la farina con la zucchero e versarci sopra il burro fuso. Lavorare con le mani sino ad ottenere un impasto granuloso, come delle palline irregolari. Cospargere con le mani questo impasto sulle mele aromatizzate alla cannella. Infornare per 15/20 minuti a 180° forno temo-ventilato, già riscaldato in precedenza. Servire tiepido a pezzetti irregolari o con la loro cocotte, accanto a due palline di gelato alla crema su cui avrete adagiato qualche pinolo tostato. L’apple crumble è ottimo come dolce a fine pasto, accompagnato da un passito di Pantelleria.

CHINATOWN di Roman Polanski, 1974

CHINATOWN di Roman Polanski, 1974

Straordinari sono gli interpreti di questo noir ambientato a Los Angeles del grande Roman Polanski, assolutamente da rivedere. Il quartiere cinese di questa città fa da sfondo ad una storia intrigata dai risvolti drammatici, dove emerge una intensissima femme fatale Fave Dunaway, un cinico ma anche ingenuo detective ed ex-poliziotto Jack Nicolson, un patriarca dannatamente cattivo John Huston. E sulla scia della splendida colonna sonora di Jerry Goldsmith, vi proponiamo la nostra ricetta di riso alla cantonese, ottimo da servire come contorno per carne e pesce.

INGREDIENTI (x 4/6 persone):160 gr. di riso parboiled – 3 pugni di pisellini surgelati –2 uova – 80 gr.di prosciutto cotto – cipolla- brodo vegetale- sale, pepe e olio q.b. -1/2 bicchiere di vino bianco.

PROCEDIMENTO: Lessare 3 pugni di pisellini anche surgelati, fare una stracciatella molto fine con 2 uova e sminuzzare 80 gr. di prosciutto cotto; unire poi questi tre ingredienti in una terrina e teneteli da parte. Mettere in una pentola antiaderente a rosolare la cipolla tagliata finemente con l’olio; buttarci il riso e farlo tostare con la cipolla, quindi bagnarlo con mezzo bicchiere di vino. Appena il vino sarà evaporato, salare, pepare e coprire di un dito sopra il riso con del brodo vegetale bollente; girare, abbassare al minimo il fuoco e coprire con due fogli di carta scottex sormontati da un coperchio, in modo da creare umidità tra il coperchio e la pentola grazie. Cuocere per 8/9 minuti senza mai scoprire. Appena cotto, spegnere il fuoco e inserire i pisellini, l’uovo e il prosciutto cotto preparati precedentemente e girare. E’ ottimo sia caldo che freddo, servito come contorno per il pollo all’ananas o per del pesce.

IL TEMPO DELLE MELE di Claude Pinoteau, 1980

IL TEMPO DELLE MELE di Claude Pinoteau, 1980

L’esordio cinematografico di Sophie Marceau, nonché la famosa colonna sonora rappresentata dalla canzone Reality di Richard Sanderson, hanno ispirato il nome di questo dolce: si tratta di uno strudel veloce, la cui ricetta mi è stata raccontata in strada da una signora, di cui non ricordo il nome, mentre ci accingevamo a fare una vendita di beneficienza. Semplice, ma di gran gusto.

INGREDIENTI:1 rotolo di pasta frolla surgelata già stesa – 3 cucchiai di zucchero di canna – il succo di ½ limone – 3 mele di diversi tipi – 1 cucchiaio abbondante di cannella –-½ etto di pinoli – 4 gherigli di noci tritate grossolanamente- ½ etto di uvette passe di diversi tipi- 3 cucchiai di marmellata di albicocche o di limoni o di pere – zucchero a velo per decorare.

PROCEDIMENTO: Sbucciare le mele, farle a spicchi non troppo spessi e metterle in una terrina con il succo di ½ limone. Girarle, scolarle ed adagiarle su di una padella antiaderente con lo zucchero di canna. Fatele caramellare a fuoco moderato. Quando saranno asciutte perché avranno assorbito lo zucchero, mettetele in una pirofila per farle freddare. Aggiungete i pinoli, le noci sminuzzate a mano, le uvette fatte rinvenire in un po’ di rum e strizzate, e la cannella. Girate. Su di una leccarda mettete un foglio di carta da forno e stendeteci il rotolo di pasta frolla; mettete l’impasto di mele e frutta secca, spandete per tutta la superficie le mele con un cucchiaio e mettete qua e là piccole porzioni di marmellata. Arrotolate, rimboccate gli orli e punzecchiate con una forchetta. Se volete potete mettere dei piccoli fiocchi di burro, ma non è indispensabile oppure con un pennellino da cucina spalmare un tuorlo d’uovo per rendere lucida la superficie dello strudel. Infornate in forno termo-ventilato ben caldo a 180° per circa 20 minuti. Quando la superficie sarà dorata, estraete il tutto e fate intiepidire. Spolverizzate di zucchero a velo.

Questo strudel è ottimo da servire con un the al pomeriggio anche freddo, oppure tiepido come dolce a fine pasto servito a porzioni ed accompagnato con del gelato alla crema o con della panna montata.

SALVO di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, 2013

SALVO di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, 2013

(Festival di Cannes 2013- Settimana della Critica)

Salvo è un killer e lo sguardo magnetico di lui parla più della sua bocca; Rita è una ragazza cieca dalla nascita ed ha la colpa di essere la sorella del mandante di un agguato mafioso: le loro strade “miracolosamente” si incontrano e i loro destini si mescolano, dando origine ad una sorprendente storia di redenzione. Questo film, rigorosamente ambientato a Palermo, non poteva che essere abbinato alla ricetta degli “spitini” alla palermitana.

INGREDIENTI (x 6 persone): 400 grammi di carne di manzo tagliata a fettine sottilissime e delle dimensioni di circa 10 cm per lato – 2 cipolle bianche – alcune foglie di alloro fresco – per il ripieno:80 gr. di pan grattato – 100 gr. di pecorino o caciocavallo grattugiato – sale e pepe q.b. – uvetta passa di corinto (è quel tipo di uvetta molto piccola e scura) – una manciata di pinoli – qualche pezzetto di pomodoro – olio d’oliva q.b. – una fetta spessa di salame milano.

PROCEDIMENTO: Preparare l’impasto mescolando gli ingredienti sopra indicati e tagliando a pezzettini minuscoli la fetta di salame milano ed il pomodoro. Il tutto deve essere amalgamato con abbondante olio d’oliva in modo da rendere il ripieno abbastanza umido.

Sistemare le fettine su di un tagliere (volendo all’interno possono essere leggermente imburrate per renderle più soffici alla cottura), non troppo grandi ma tali da poter essere arrotolate senza far fuoriuscire il ripieno, e farcire. Una volta completata la farcitura, gli involtini andranno infilzati con uno stecchino lungo a tre o quattro per volta, alternando ad ogni involtino infilzato un pezzetto di cipolla ed una foglia di alloro. Gli “spitini” così pronti vanno poi unti di olio e passati nel pan grattato, e dunque messi al forno a 200°, ma solo per 10 minuti altrimenti si seccano troppo. Da servire tiepidi con un contorno di insalata o patate al forno.

MOLIERE IN BICICLETTA di Philippe Le Gusy, 2014

MOLIERE IN BICICLETTA di Philippe Le Gusy, 2014

Due Misantropi al prezzo di uno

12 sillabe: potrebbe essere questa l’epigrafe con cui scolpire nella memoria l’effetto prodotto dalla rappresentazione de Il Misantropo di Molière, messo in scena dalla compagnia del regista De Guai,  sugli schermi italiani come Molière in bicicletta. E non solo perché la commedia è scritta in versi alessandrini, 12 sillabe, appunto, ma perché particolarmente e filologicamente attenta è la resa del testo, del ritmo, del gioco verbale e temporale che una simile scansione metrica produce.  12 sillabe che costringono gli attori alla misura dei sentimenti, degli atteggiamenti, dell’enfasi da porre sulle sillabe come accenti, come segni espressivi sulla partitura musicale di questo capolavoro della commedia francese. La messinscena si fa molto interessante perché l’alternanza nei ruoli,  in una sorta di gioco delle parti, dei due attori principali, diventa sottolineatura espressiva del confronto dialogico tra Alceste, il protagonista, intransigente idealista impegnato in una lotta senza quartiere contro il compromesso, la falsità e l’adulazione, e Filinte, l’amico di vecchia data, profondamente ancorato alla realtà, il quale sceglie l’adattamento al mondo così com’è quale unico strumento possibile per affrontare una lotta persa in partenza.  Ma questa alternanza è anche sovrapposizione dei due atteggiamenti in un solo personaggio tragico, quell’Alceste/Filinte che potrebbe essere un’unica maschera tragica nel suo percorso alla ricerca della felicità. I costumi, soprattutto nella scelta dei colori, assieme alle luci che li scaldano e li raffreddano, rafforzano la contrapposizione tra i due,  che è poi quella tra due visioni della vita, quel confronto serrato tra sincerità ed ipocrisia con cui tutti gli uomini, se tali posson dirsi, si sono trovati a misurarsi nelle piccole a grandi questioni dell’esistenza. E la felice scelta di rappresentare i dialoghi tra di loro  nelle situazioni e condizioni più disparate, su una biciletta o comodamente in poltrona, durante una passeggiata o davanti ad una tavola imbandita, con una scelta scenografica di fondo piuttosto essenziale ma arricchita di piccoli dettagli qualificanti, di volta in volta, oltre a conferire originalità all’insieme, restituisce il senso di quella universalità dei caratteri e delle situazioni che, sfidando i tempi, gli spazi, i luoghi, arriva direttamente ai sensi e all’intelletto dello spettatore contemporaneo.  Il quale sorride, forse un po’ cinicamente, ride di sé stesso, specchiandosi ora nell’uno ora nell’altro, e alla fine applaude la doppia maschera di un grande Alceste/Filinte nella resa dei bravissimi Fabrizio Luchini e Lamberto Vilson.  Ed infine,  valore aggiunto a quanto già detto,  la  rappresentazione  regala allo spettatore anche una domanda da portarsi a casa: ma il vero misantropo è colui che lotta in nome della verità, della purezza, ed è costretto ad una scelta di mesta solitudine, o chi ha rinunciato alla lotta a priori, pur di rimanere in un mondo in cui non crede?


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MEDIANERAS – INNAMORARSI A BUENOS AIRES di Gustavo Taretto, 2014

MEDIANERAS – INNAMORARSI A BUENOS AIRES di Gustavo Taretto, 2014

Medianeras sono le pareti interne dei palazzi, quelle laterali, i fianchi, senza finestre, senza affaccio sulla strada, senza sguardo e prospettiva. Quelle su cui si dipingono messaggi pubblicitari che si guardano distrattamente fermi ad un semaforo.  Ma rappresentano anche la possibilità di evadere, se si decide di aprire in esse una breccia, una finestrella, abusiva, illegale come tutte le vie di fuga, si dice nel film.  Medianeras  è una mappa dei sentieri urbani del vivere, dell’amare, di esseri umani rinchiusi in scatole di scarpe, circondati da folle di estranei, ingabbiati in tentativi di relazioni senza prospettiva, senza finestre, come le medianeras. Un racconto che si snoda attraverso le strade e gli edifici di Buenos Aires, utilizzando anche i tratti di una graphic novel  e le voci fuori campo dei due protagonisti che, ancora sconosciuti l’uno all’altro, ricercano se stessi e l’amore in questa folla di strade, nel groviglio delle esistenze altrui, come si cerca qualcosa o qualcuno nel Corvo parlante  della Settimana Enigmistica, con una lente d’ingrandimento a portata di mano. Innamorarsi a Buenos Aires è il solito sottotitolo italiano volto ad attirare un pubblico che non vedrebbe Medianeras, perché non è semplicemente una leggera e sorridente commedia romantica, ma scorre, a volte un pò a rallentatore, con l’affanno delle vite che racconta, deliziando anche palati più fini.

data di pubblicazione 13/10/2014


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LO SPLENDORE E LA SCIMMIA di Anton Giulio Onofri

LO SPLENDORE E LA SCIMMIA di Anton Giulio Onofri

Le passioni del giovane adulto Onofri. E non mi riferisco a quelle amorose, sentimentali o puramente carnali, che pure sono il filo rosso dei racconti dei nostri amici, Roberto ed Antonello su tutti. Ma le passioni che percorrono il romanzo, avvolgendolo in una sorta di ragnatela sottilissima ma ben visibile, intrappolando ma senza interferire nella visione di ciò che è custodito al suo interno, sono quelle del narratore per eccellenza, l’autore, che però si palesa solo attraverso di esse, per chi lo conosca (anche solo virtualmente). Perché se il racconto viene portato avanti in una quanto mai originale forma che potremmo dire “epistolare”, usando il termine in un’accezione molto ampia e oserei dire contemporanea (visto che siamo in un’epoca in cui non si scrivono più lettere nel senso tradizionale del termine, anche se il romanzo è ambientato negli anni ’90), scambio epistolare in cui si possa anche evitare di prendere a pretesto un interlocutore interno al romanzo stesso, ma quasi sfondando , teatralmente, la quarta parete, a rendere destinatario della “epistola”  il lettore stesso (e d’altronde, quanti ammiccamenti al lettore, nei continui rimandi e citazioni sussurrate all’orecchio di chi sappia e voglia coglierle), così l’autore, invece di ritagliarsi un ruolo, scegliendo di essere narratore, o calandosi nei panni di uno solo dei personaggi, si fa qui vivo e vibrante attraverso la trama sottile della ragnatela di ciò che va vibrare le corde della sua anima. E sembra quasi che tutto il resto, il romanzo stesso, sia semplicemente un pretesto, ottimamente congegnato, perché tali vibrazioni  possano trovare espressione ed essere condivise. Sto parlando di Karajan, di Mozia, Siracusa, della Sicilia, dell’entusiasmo di fronte allo spettacolo delle mille fiammelle di Madre Natura, di Sibelius, i dischi dei quartetti di Haydn, del Recioto, la piazza di Vigevano, Siena…e mi fermo, perché continuare sarebbe lungo e non altrettanto piacevole alla lettura quanto il romanzo. E il lettore/destinatario, ovviamente, ci mette poi il suo, se la sottoscritta si ritrova ad essere stata, recentemente, voce sopranile all’interno dell’orecchio di Dioniso, a Siracusa (anche se non era Greensleeves ma il “Vorrei e non vorrei” di Zerlina, sollecitata nel duetto dal bravissimo Don Giovanni  che era la mia guida locale. E anche qui cortocircuito con i libretti di Da Ponte citati più avanti), a pensare le stesse cose delle opere a Caracalla (continuando, ogni tanto, a cascarci), a seguire il sentiero del bosco vecchio, o a fare i cruciverba di Bartezzaghi nei viaggi in treno. Se dovessi creare un teaser per il romanzo, non potrei che scegliere: ”Tu dove hai fatto il CAR?”,”A Hollywood”, che fulminante fa la sua apparizione nelle prima pagine e poi la lingua, quel fluire armonioso, ricercato ma mai pedante, quelle “emozioni tutte giapponesi”, “i suoi modi da scoiattolo”, e quel meraviglioso “Pompei and Circumstance..” buttato lì, a pagina 81, che andrebbe commentato solo musicalmente, cogliendone  lo spunto. Se dovessi trovare una ulteriore definizione, oserei un “asimmetrico”, fin dal titolo, Lo splendore e la scimmia, chiarendo quanto l’asimmetria sia per me motivo di compiacimento, in generale. Asimmetrico, o forse sbilanciato, direbbe qualcuno, il racconto, asimmetrici mi piacerebbe chiamare i rapporti descritti, asimmetrica la vita. Certo un libro che interroga le donne, presenti in qualità di madri o di sfondi piuttosto anonimi e/o simmetrici, nelle vite dei vari Luigi, Natale, etc. E lascerei chiudere questo asimmetrico commento sul libro, alle parole di Antonello : “…mi suscitava voglie invereconde, dunque assolutamente legittime”.

data di pubblicazione 13/10/2014

LO SPLENDORE E LA SCIMMIA di Anton Giulio Onofri

MATRIX E LA FISICA QUANTISTICA

Riflessioni in libertà su Il Tao della Fisica di Fritjof Capra- edizioni Adelphi –

Quando nel 1999 Lana e Andy Wachowski ci presentarono il primo Matrix, pellicola definita di pura fantascienza, il film conquistò pubblico e critica e vinse numerosi premi cinematografici tra cui 4 Oscar per miglior montaggio, sonoro, montaggio sonoro ed effetti speciali. I due personaggi principali, Neo e Morpheus interpretati rispettivamente da Keanu Reeves e Laurance Fishburne, entravano ed uscivano da due realtà virtuali ed immaginarie quali proiezioni mentali del proprio “io” digitale, vale a dire della propria immagine del sé, in Matrix. In particolare, in una delle prime scene, Neo si trova inserito in un programma a campo bianco dove chiede a Morpheus se quello che sta toccando o vedendo è realtà: Morpheus risponde che il reale non esiste. Non si può dunque definire reale quello che tocchiamo o vediamo, perché ciò si traduce in semplici segnali o impulsi elettrici che gli organi preposti trasmettono al cervello, che vengono poi codificati ed immagazzinati creando una intelligenza artificiale; tale intelligenza ci permette quindi di interpretare i fenomeni stessi al momento, per poi decodificarli quando ci sembrerà più opportuno.

In un futuro incerto, dove si è persa la cognizione del tempo, il sistema Matrix prenderà il sopravvento sull’umanità e ci dimostrerà che, quello che ci appariva sin ad ora reale, era al contrario una pura illusione. La realtà dunque non va capita o spiegata, è solo un mezzo virtuale che ci serve  per accostarci alla verità. Ma quale? La fisica quantistica ci spiega oggi che ciò che la nostra immaginazione elabora, come esseri pensanti superiori alle formiche, ci permetterà domani di creare qualcosa che oggi ci appare impossibile o fantasioso. Il fatto di pensare che si possa volare ci consentirà un giorno, prossimo o lontano che sia, di volare effettivamente; la mente umana crea quindi con l’immaginazione ciò che l’uomo in futuro renderà possibile concretamente, ovviamente solo quando sarà in possesso degli strumenti adatti per realizzarlo.

Fritjof Capra con Il Tao della Fisica – edito da Adelphi -, ci spiega da una parte i concetti, i paradossi e gli enigmi della teoria della relatività, della meccanica quantistica e del mondo submicroscopico e, dall’altra, evidenzia l’analogia di tutto ciò con le idee millenarie dei filosofi e mistici orientali. Uscire dalle categorie di spazio e tempo, la tanto elaborata teoria della relatività, permetterà quindi, all’uomo di domani, di capire ciò che oggi è ancora oscuro e fuori dalla sua portata.

data di pubblicazione 12/10/2014