SEI FRATELLI di Simone Godano, 2024

I cinque figli di Manfredi Alicante, avventuriero impunito e padre latitante da sempre, si ritrovano a condividere per alcuni giorni la stessa casa, dopo la morte improvvisa di lui. Il tempo di aprire il testamento e decidere il da farsi. L’eredità è un allevamento di ostriche a Bordeaux, convertito in una coltura di perle, illusoria come un miraggio in una duna di sabbia; un mucchio di debiti, qualche mollusco dal sapore salmastro e un’unica perla, imperfetta e di poco valore; una perla di nome Luisa.

 

Sei fratelli è una storia di famiglia. Una come tante, ma amplificata tanto nel numero quanto nella materia. In questo nucleo “allargato” e sfilacciato, Luisa (interpretata da Valentina Bellè) è la sorpresa, la sesta figlia, fino a quel momento ignota a tutti; la sesta punta della stella, il lato nascosto dell’esagono (la storia è ambientata in Francia, forse non a caso), una sesta nota “stonata”, che fa fatica ad entrare nel coro, in una polifonia già di per sé dissonante. Cinque fratelli “legittimi”, noti e riconosciuti, ciascuno con un suo “carattere” senza mai essere fino in fondo stereotipi si contendono la scena, in perenne conflitto con se stessi e con gli altri a loro vicini; perennemente alla ricerca di un proprio centro di gravità, di un legame da recuperare – o da creare – malgrado tutto. Con gli abbracci o con le botte. Urlando vecchi rancori o sussurrando nuove confidenze.

Al di sopra di tutto – narratore onnisciente già dall’incipit del film attraverso la voce fuori campo di Gioele Dix – quel padre che ha dato più volte la vita, ma senza curarsene, e generando menomazioni dell’anima come del corpo: così Marco, il prediletto (Riccardo Scamarcio), zoppica per un male al tallone, il giovane Mattia (Mati Galey) è quasi muto e Leo (Gabriel Montesi) ha problemi d’udito, oppure finge. E poi c’è l’ibrido, Luisa, l’intrusa nella famiglia, simbolo dell’alterità straniante che però aiuterà a chiudere il cerchio (anche fisicamente, attorno al tavolo del notaio, in esordio e in chiusura). Lei che di quel padre “anche suo” ha preso quel “poco” che ha potuto, e che se l’è “fatto bastare”.

E adesso che sono lì, tutti quanti, orfani di colui che era insieme pecora nera e capro espiatorio, quel padre amato e odiato, voluto e respinto, lontano e accusato in contumacia di essere il cattivo per eccellenza… “a chi daranno la colpa, per la loro infelicità”.

Il regista Simone Godano, metteur en scène e direttore d’orchestra, scandisce bene tempi e dinamiche all’interno del film, e si lascia seguire, grazie anche a una sceneggiatura semplice ma intensa, che non cede a facili coups de théâtre, né a luoghi troppo comuni.

Belle le luci di Bordeaux di notte; suggestive le note di quella sonata in si minore, eseguita al piano sin dalle prime scene e che ritorna, più volte, nella storia.

data di pubblicazione:20/05/2024


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2 Commenti

  1. Bella recensione, descrive l’io dei personaggi attraverso una trattazione della loro fisicità, delle loro inquietudini personali e delle loro aspettative. Sei personaggi, ognuno con un proprio vissuto ma che nella recensione appaiono anche nei loro punti in comune. Recensione che stuzzica molto la curiosità di andare a vedere il film

  2. Molto interessante; recensione chiara e convincente. Andrò senza dubbio e vedere il film. Grazie

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