IL FIGLIO PIÚ PICCOLO di Pupi Avati, 2010

IL FIGLIO PIÚ PICCOLO di Pupi Avati, 2010

L’immobiliarista romano Luciano Baietti (Christian De Sica), dietro consiglio del suo commercialista Sergio Bollino (Luca Zingaretti), per salvarsi da una situazione economica e giudiziaria difficile e dalla inevitabile galera avendo addosso Magistratura e Guardia di Finanza, decide di intestare la sua “Baietti Enterprise”, una società che naviga in bruttissime acque, al figlio più piccolo Baldo (il bravo attore esordiente Nicola Nocella). Il ragazzo, ingenuo ma buono e generoso, è stato cresciuto nel mito di questo padre mai conosciuto dalla madre Fiamma (Laura Morante). Ma ciò che fa del personaggio di Luciano Baietti un padre davvero spregevole, è che se ha potuto creare il suo impero immobiliare, è stato tutto grazie ai soldi dell’ingenua donna che lui stesso chiama la scemina, raggirata e derubata dei suoi beni immobili proprio grazie ad un “matrimonio-farsa” di cui solo lei sembra non essersi mai accorta. Commedia dai risvolti drammatici, Il figlio più piccolo nasce, per asserzione dello stesso Avati, da una voluta ispirazione alla famosa Commedia all’italiana dei tempi d’oro, quella che faceva riflettere senza operare delle omissioni sulle atrocità morali di certe azioni. Il regista completa così la sua trilogia sui padri, dedicandosi al peggiore, dopo il melanconico Diego Abatantuono ne La cena per farli conoscere ed l’irriducibile Silvio Orlando ne Il Papà di Giovanna, pellicola questa decisamente più convincente rispetto alle altre due.


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WE WANT SEX di Nigel Cole, 2010

WE WANT SEX di Nigel Cole, 2010

(Festival di Roma 2010- Fuori Concorso)

Presso gli stabilimenti della Ford di Dagenham, piccolo borgo ad est di Londra, 187 operaie addette a cucire i sedili in pelle delle automobili vengono declassate come “non qualificate”. Siamo nel 1968 e queste lavoratrici, al tempo stesso mogli e madri, decidono coraggiosamente di iniziare una lotta per ottenere la parità salariale con i colleghi di sesso maschile: con forza e determinazione riescono ad imporsi sul sindacato, la comunità locale e il management aziendale, sino ad ottenere il sostegno del ministro laburista Barbara Castle. Ispirato ad una storia vera, We want sex è un film ricco di humour, ironico ed intelligente, che affronta con misura e leggerezza problematiche sociali quali la diseguaglianza, ancora oggi molto attuali. Il film, tra i migliori presentati quest’anno Fuori Concorso al Festival di Roma, vanta un cast femminile di alto livello, bei costumi e musiche indovinate. Bravissimi Bob Hoskins e Sally Hawkins.


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ANOTHER YEAR di Mike Leigh, 2010

ANOTHER YEAR di Mike Leigh, 2010

(63^ Festival di Cannes- in Concorso)

Il regista di Segreti e Bugie e de Il segreto di Vera Drake, dopo la digressione con Happy Go Lucky (2008), torna sui temi a lui tanto cari: le persone viste nelle loro dinamiche quotidiane, familiari e di amicizia, osservate nella loro assoluta normalità. Attraverso l’avvicendarsi delle stagioni di un anno solare, Mike Leighci racconta le piccole e grandi gioie, i dolori, le speranze ed i problemi quotidiani, di un manipolo di amici e parenti che interagiscono con il geologo Tom e la psicologa Gerri. I due coniugi, sempre ben disposti ad ascoltare gli altri, accolgono nella loro casa di campagna la segretaria di lei Mary ed il silenzioso fratello di lui Ronnie; l’alcolizzato Ken, vecchio amico di Tom, ma anche il loro unico figlio Joe, avvocato e scapolo, finalmente innamoratosi della la sua nuova compagna Katie. Con Another Year, Leigh ci regala un nuovo, splendido affresco della normalità: un’opera corale, con un cast di attori eccellenti, in cui si respira la vita, quella vera. Jim Broadbent, Ruth Sheen e Lesley Manville semplicemente straordinari.


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THE LAST STATION di Michael Hoffman, 2009

THE LAST STATION di Michael Hoffman, 2009

(Festival di Roma 2009- in Concorso)

The last station è un film drammatico e sentimentale sui conflitti dell’amore: quello appena iniziato tra i giovani Valentin e Masha e quello che si appresta a finire tra la contessa Sofja e Lev Tolstoj, scrittore tra i più grandi della letteratura russa. Ne nasce una storia articolata e complessa, ricca ed emozionante, sulle difficoltà di vivere l’amore a tutti i livelli, esistenziali e culturali, ma soprattutto sull’impossibilità di esistere senza di esso. Tolstoj è sul finire della vita e, dopo 48 anni di matrimonio con Sofja si appresta a firmare un testamento segreto, decidendo di rinunciare alla famiglia, al suo titolo nobiliare e alle proprietà, per vivere in povertà e castità sotto gli occhi del giovane assistente Valentin e tra lo sgomento della consorte. Sofja, donna appassionata e di forte temperamento, grazie ad affannose quanto “rumorose” indagini, scopre che un discepolo del romanziere è tra i responsabili di questo programma così dannoso per lei ed i suoi figli. Il film ha una sceneggiatura ed una fotografia impeccabili ed i coniugi Tolstoj, Helen Mirren (Oscar per The Queen e premiata per questo ruolo al Festival Internazionale del film di Roma 2009) e Christofer Plummer, sono leggendari; tra gli altri interpreti si segnalano i molto convincenti Paul Giamatti e James McAvoy.


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IL CONCERTO di Radu Mihaileanu, 2009

IL CONCERTO di Radu Mihaileanu, 2009

(Festival di Roma, 2009- Fuori Concorso)

Teatro Bolshoi di Mosca: nel buio della sala, durante le prove di un concerto, un inserviente si ferma ad ascoltare ad occhi chiusi la musica e, senza essere visto, non può fare a meno di fingere di dirigere gli orchestrali. Quell’uomo non è altri che il grande direttore d’orchestra Andrei Filipov che nella ex Unione Sovietica di Breznev, durante l’esecuzione di un concerto, rimase vittima con i suoi musicisti di un’epurazione politica. Assunto molti anni dopo al Bolshoi come uomo delle pulizie, una sera, mentre si accinge a spolverare la scrivania del Direttore artistico, apprende che il Theatre du Chatelet di Parigi vuole invitare l’orchestra sovietica a suonare per loro: e dunque, perché non sostituirsi assieme ai suoi vecchi orchestrali alla vera orchestra del Bolshoi? Parigi potrebbe diventare in questo modo la degna cornice di quel loro concerto per violino ed orchestra, così traumaticamente interrotto anni prima. Le concert, del regista rumeno Radu Mihaileanu, presentato fuori concorso al Festival Internazionale del Film di Roma tra gli applausi di una platea profondamente commossa dalla ricchezza di sentimenti ed emozioni che la pellicola riesce a trasmettere, cattura lo spettatore con umorismo ed ironia: attraverso la metafora, ci fa regalo dell’idea di quanto sia difficile il raggiungimento dell’equilibrio tra individuo e collettività, soprattutto in presenza di diverse etnie, allo stesso modo di come è per il grande Andrei Filipov riuscire a far arrivare alla suprema armonia il violino ed l’orchestra nel concerto di Cajkovskij. Come in Train de vie, infatti, i protagonisti della storia sono un gruppo di ebrei di diverse etnie in fuga, costretti dalle circostanze a praticare l’imbroglio a fin di bene fingendo di essere quello che non sono; quando “la falsa orchestra” approda a Parigi, per lo spettatore è evidente quante e quali difficoltà nascono dal divario tra la cultura slava e quella francese: soltanto la musica, se ben eseguita, potrà fare da collante tra realtà così diverse, realizzando l’utopico sogno dell’armonia suprema inseguito da Andrei.


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ABOUT ELLY di Asghar Fahradi, 2009

 

 

(Festival di Berlino 2009 – Orso d’Argento)

Ahmad, che vive in Germania da anni, decide di tornare in Iran per un breve soggiorno. I suoi vecchi compagni di Università, un gruppo di trentenni borghesi sposati e con figli, decidono di festeggiarlo organizzando una vacanza di tre giorni sulle rive del Mar Caspio. All’insaputa di tutti, Sephideh invita Elly, la maestra di scuola di sua figlia. Questa occasione, artatamente creata, si palesa ben presto agli occhi dei presenti: conoscendo l’infelicità di Ahmad dopo il recente divorzio dalla moglie tedesca, Elly potrebbe essere la donna giusta al suo fianco. Tutti si mostrano subito gentili con lei, dedicandole mille attenzioni e lodandone platealmente le qualità. Ma un incidente in mare ed l’improvvisa sparizione della giovane maestra, fanno deviare la storia verso un contesto inaspettatamente noir, portando in superficie bugie e realtà nascoste. About Elly è un film d’autore sul potere delle tradizioni, sulle dinamiche di gruppo e sulla posizione della donna in Iran, del giovane regista iraniano Asghar Fahradi, vincitore con questa pellicola dell’Orso d’Argento al 59° Festival di Berlino ed al Tribeca Film Festival. Attori bravissimi. Dialoghi molto curati.


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BASTARDI SENZA GLORIA di Quentin Tarantino, 2009

BASTARDI SENZA GLORIA di Quentin Tarantino, 2009

Quentin Tarantino in Inglorious Basterds ci racconta la sua fanta-storia (come lui stesso l’ha definita) secondo la quale, durante l’assedio dei tedeschi in Francia nel ‘44, un gruppo di soldati americani ebrei, capitanati da Aldo Raine (Brad Pitt), vengono paracadutati nella Francia occupata dalle truppe tedesche, allo scopo di uccidere, anzi massacrare, il più alto numero di nazisti. In questa loro impresa-missione saranno aiutati, solo casualmente, da una giovane ebrea sfuggita al massacro della sua famiglia ad opera del colonnello nazista Hans Landa (Christoph Waltz).

La storia-non Storia raccontata nel film, è ovviamente una rilettura-invenzione partorita dalla mente vivace e geniale del regista, che, al pari della trilogia di Kill Bill, ce la porge come una favola preceduta dal c’era una volta e divisa in capitoli; ma questa contestualizzazione durante il secondo conflitto mondiale, seppur fantasiosa, ci lascia basiti e le scene forzate di sangue a cui ci aveva abituati anche in passato qui non ci sembrano “pomodoro”. Infatti, pur sapendo che la Storia è stata tutt’altra cosa, quella raccontata da Tarantino ci tiene in tensione come se, speranzosi, dovessimo scoprirne un inaspettato altro epilogo che, peraltro, non tarda ad arrivare allorquando, il terzo Reich al completo, verrà riunito in una sala cinematografica di Parigi per assistere ad una proiezione auto-celebrativa di una pellicola di propaganda nazista: sarà in quella sala che Tarantino rileggerà la Storia a modo suo. Film da non perdere.


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BRIGHT STAR di Jane Campion, 2009

BRIGHT STAR di Jane Campion, 2009

Bright Star è il titolo di un poema d’amore che Jhon Keats, poeta inglese morto a soli 25 anni, scrisse per Fanny Brawne: Jane Campion ha tradotto la suggestione evocata da tanta poesia in meravigliose immagini. Siamo nel 1818, in un quartiere a nord di Londra, che all’epoca era aperta campagna con dimore in stile georgiano, boschi e giardini, alberi da frutto, distese di lavanda e giacinti selvatici: è in questa cornice, che somiglia ad un quadro di Monet, che ha inizio la frequentazione tra John Keats (un meraviglioso Ben Whishaw) e la sua vicina di casa, la studentessa di moda Fanny Brawne (Abbie Cornish), da cui ne nasce una relazione breve amorosa, molto ostacolata, che suggella un legame intensissimo ed indissolubile tra i due giovani. Tuttavia John, dietro insistente consiglio degli amici, decide di lasciare Londra per recarsi in Italia, nel disperato tentativo che condizioni climatiche più favorevoli possano aiutarlo a superare la tubercolosi da cui è affetto. Questa breve storia d’amore, tragica e tenera al tempo stesso, un misto di dolore e bellezza, rappresenterà tuttavia un momento particolarmente stimolante di creatività nella produzione poetica di Keats, e Jane Campion ha deciso di raccontarci la magnificenza talentuosa di questo giovane poeta, attraverso gli occhi e le emozioni di Fanny: scopriamo così le poesie nate in quel “fulgido”periodo di frequentazione, le lettere, intense e struggenti, fonti preziose da cui la regista ha attinto, nell’intento di rimanere fermamente fedele allo spirito di questi due esseri straordinari. L’epitaffio scolpito sulla lapide di Keats, sepolto nel cimitero acattolico del quartiere Testaccio, recita così: “Qui giace uno il cui nome fu scritto sull’acqua”.


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RACHEL STA PER SPOSARSI di Jonathan Demme, 2008

RACHEL STA PER SPOSARSI di Jonathan Demme, 2008

Jonathan Demme con questo film ha diretto una storia di donne coraggiose e forti, riprendendole con l’occhio di chi, con spontaneità e naturalezza, riesce a trasporre tutto il loro bagaglio interiore, fatto di dolori ma anche di tanto amore. Ne è nato un film profondo e commovente dal titolo Rachel sta per sposarsi, in cui assistiamo alle dinamiche di un nucleo familiare distrutto da alcuni eventi della vita e che si ricompone in occasione delle nozze della giovane Rachel. I preparativi e poi le nozze, consumati durante un intero week end in cui parenti ed amici si incontrano e convivono, fanno riemergere vecchi rancori, paure, rimorsi, tensioni nate da cose non dette e soprattutto lo spettro di un lutto mai elaborato da parte di tutti i componenti della famiglia: ognuno cerca di soffocare questo dolore che li accomuna, tentando di ritrovare dopo tanto tempo un pò di armonia in occasione di questo lieto evento; fa eccezione Kym, fragile e problematica sorella della sposa, ex tossicodipendente e piena di rabbia nei confronti dei suoi familiari, decisa a “riprendersi” a suo modo l’affetto di tutti. Buone le prove da attrici di Anne Hathaway e Rosemarie DeWitt; superba Debra Winger.

 


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LA FAMIGLIA SAVAGE di Tamara Jenkins, 2008

LA FAMIGLIA SAVAGE di Tamara Jenkins, 2008

Jon (Philip Seymour Hoffman) e Wendy (Laura Linney) Savage sono due fratelli adulti che vivono separatamente le loro vite, insoddisfatte sul piano affettivo-familiare e malamente realizzate su quello lavorativo. Lui, appassionato e specialista di teatro brechtiano, si accontenta di insegnare drammaturgia presso l’Università di Buffalo e di convivere con una donna, di nazionalità polacca, che dice di amare ma che vigliaccamente preferirà far tornare al suo paese piuttosto che impalmare; lei, trentanovenne, ha un impiego temporaneo a New York e conduce una vita frustrata dal perenne sogno di diventare autrice teatrale, scrive commedie autobiografiche che nessuno vuole pubblicare, e si consola vivendo una relazione, fatta di incontri fugaci e senza futuro, con il suo vicino di casa. Jon e Wendy hanno un padre, Lenny (Philip Bosco), che vive tranquillo e solo in Arizona, lontano da entrambi, distratto da se stesso e non amorevole, presente nei ricordi adolescenziali dei due fratelli come un genitore severo e dispotico, che un bel giorno comincia a manifestare segni di demenza senile, malattia che obbligherà i figli a prendersi cura di lui, dopo averlo fatto ricoverare a Buffalo in un centro di assistenza per anziani. Per assicurare la loro vicinanza al padre, i fratelli decidono di vivere insieme a casa di Jon: ma la convivenza coatta tra i due farà riemergere in entrambi alcune fragilità, vecchi rancori e amarezze, oltre a sensi di colpa accompagnati da generose manciate di tristezza.

In questo film, targato U.S.A., inusuale e delicato, si parla con realismo ed ironia della profonda umanità di cui sono intrisi i personaggi di Jon e Wendy, grazie anche ad interpreti degni di nota, provati sì dalla vita, ma che nonostante tutto riescono a dare all’anziano genitore quello che possono in attenzioni sgangherate, affetto e sostentamento, ed indubbiamente più di quanto lui non abbia mai dato loro, con un finale per il spettatore tutto da scoprire.

 


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