MADONNA CON TESSUTO – Un filo di seta tra artigiani e artisti, Preview collezione S/S23 Le Gallinelle e opere di Eugenio Carbone

MADONNA CON TESSUTO – Un filo di seta tra artigiani e artisti, Preview collezione S/S23 Le Gallinelle e opere di Eugenio Carbone

(Sacriparte Art Gallery – Via Panisperna 59 – Roma, 2/26 febbraio 2023)

Tema della mostra performativa è il rapporto tra arte e sartoria ieri e oggi. Le sale della Sacripante Art Gallery ospitano le opere pittoriche di Eugenio Carbone couturier cosentino che lavorò con Germana Marucelli e le Sorelle Fontana e la preview della collezione primavera/estate de Le Gallinelle, il brand della designer Wilma Silvestri.

 

Il sarto oggi è quella figura professionale in grado di interpretare i figurini dello stilista. I grandi sarti di una volta racchiudevano in se le figure di stilista, modellista, sarto, consulente. capaci di realizzare direttamente con il tessuto, di ideare varianti, modificare dettagli, fare accorgimenti, sviluppare cartamodelli, prototipi, togliere difetti, disegnare, ricercare tessuti e accessori e ogni altra mansione necessaria allo svolgimento di questa arte.

Il compianto Eugenio Carbone ha creato capi couture realizzati con metodo sartoriale, unendo la tecnica della sartoria, la duttilità dello stylist e le capacità artistiche espresse anche attraverso la pittura. Oggi c’è nell’aria il ritorno di questa figura di couturier che crea capi unici non solo,  un nuovo Rinascimento  a cui si ispirano le creazioni attuali di Wilma Silvestri, Le Gallinelle.

In una sala della galleria Sacripante Wilma reinterpreta i canoni della pittura rinascimentale ispirandosi al pittore Cosmé Tura, attraverso un quadro vivente animato da modelle performer protagoniste di una celebrazione della Speranza e della Trasformazione attraverso l’unicità e l’artigianalità. La designer gioca con dettagli di biancheria intima vintage e con tagli ispirati alla storia del costume e trasformati in gusto e forme proprie. Continua l’impegno per la sostenibilità usando tessuti vintage e in particolare alcuni provenienti da San Leucio, piccolo paese in provincia di Caserta che vanta una storia incredibile di arte della tessitura risalente a Ferdinando IV di Borbone.

La performance è stata inserita nel calendario ufficiale di AltaRoma e presentata a stampa e buyer il 2 febbraio alle ore 19.

data di pubblicazione:13/02/2023

CLOSE di Lukas Dhont, 2023

CLOSE di Lukas Dhont, 2023

Il giovane autore belga Lukas Dhont torna a raccontare il mondo dell’adolescenza in Close, storia di amicizia dolce e dolorosa, un romanzo di formazione che segue la vita dei suoi protagonisti per un anno intero. Un racconto inizialmente semplice, delicato, ma che nel proseguo regala emozioni profonde fatte di amore, rimpianti, desiderio e dolore devastante. Un film bellissimo che arriva dritto al cuore, vincitore del Gran Prix Speciale della Giuria allo scorso Festival di Cannes, un gioiello sapientemente selezionato quest’anno da Alice nella città, che conferma il suo autore come una delle promesse del cinema contemporaneo.

 

Léo (Eden Dambrine) e Rémi (Gustave De Waele) sono amici inseparabili, quasi fratelli come si definiscono loro, cresciuti insieme tra giochi nei boschi e con la presenza costante di due famiglie amorevoli. Passano moltissimo tempo insieme e sembra che nulla possa rovinare il loro rapporto esclusivo. Poi cominciano a frequentare le scuole superiori e l’equilibrio si rompe. Qualche compagna di classe gli chiede se stanno insieme e Léo inizia a staccarsi. Si iscrive ad hockey, non aspetta l’amico per andare in classe insieme e ci litiga sempre più spesso. Poi un giorno, al ritorno da una gita scolastica, cambia tutto.

Il mondo degli adolescenti, continua a essere il territorio di elezione del talento altrettanto giovane del regista belga Lukas Dhont che ha vinto la Caméra d’Or a Cannes con la sua opera prima, Girl, racconto di una quindicenne in transizione e nata uomo alle prese con il durissimo allenamento marziale per diventare una ballerina étoile.

Léo e Rémi hanno grande spontaneità, fanno la lotta, si abbracciano, il tutto con estrema naturalezza. Il loro rapporto esclusivo inizia a essere messo sotto osservazione da occhi esterni rispetto ai loro e a quelli delle rispettive famiglie. Il legame che unisce i due ragazzi viene messo a dura prova nel momento in cui devono confrontarsi con i coetanei: Léo i è più estroverso, Rémi è invece più sensibile, a disagio se inserito nelle dinamiche tipiche dei bambini di quell’età.

Iniziano a diversificare i comportamenti fra la vita a casa e quella a scuola. Iniziano a diversificarsi con il gruppo, con gli altri, e il meccanismo perfetto e armonico della loro simbiosi inizia a scricchiolare. Fino all’evento estremo che toglie la luce ed il respiro, che dopo lo sbocciare dei fiori porta il freddo e l’inverno, ovvero il dolore e la sofferta elaborazione delle responsabilità, per aspettare poi una nuova primavera.

Un racconto straordinario per immagini, aiutato da scelte registiche perfettamente riuscite e funzionali, come i continui primi piani sui volti dei protagonisti o la camera che li segue costantemente, una fotografia avvolgente, che evoca il calore dell’infanzia e, soprattutto, la bravura dei due giovani interpreti. Lukas Dhont realizza un’opera d’arte, un film toccante ma sempre in equilibrio, emozionantissimo.

data di pubblicazione:06/01/2023


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THE FABELMANS di Steven Spielberg, 2022

THE FABELMANS di Steven Spielberg, 2022

The Fabelmans, di Steven Spielberg, già vincitore del Premio del pubblico all’ultimo Toronto Film Festival e presentato in anteprima italiana il 19 ottobre nel programma della Festa del Cinema di Roma e di Alice nella Città, ripercorre in modo intenso e personale l’infanzia e l’adolescenza dello stesso Spielberg, dalla scoperta di uno sconvolgente segreto di famiglia al sogno, poi realizzato, di diventare regista. Il film si può considerare un racconto di formazione ed esplora il potere del Cinema come osservatorio fuori e dentro il mondo ma soprattutto fuori e dentro se stessi. 

 

La critica statunitense già considera The Fabelmans uno dei titoli di punta nella corsa agli Oscar. Il film racconta in parte l’infanzia e soprattutto l’adolescenza di Sammy Fabelman (Gabriel LaBelle), e il suo sogno di fare del cinema la sua vita. Il suo amore per il cinema prende forma e assume più forza ogni giorno, sperimentando e assemblando idee e mezzi più creativi per raccontare le storie, inventando piccoli effetti speciali artigianali che già denunciano il suo talento nel rendere il sogno realtà. Un sognatore romantico già pieno di talento che deve confrontarsi, crescendo, con il trasferirsi continuamente seguendo i vari incarichi del padre (Paul Dano) un geniale e ingenuo ingegnere; l’impatto con l’antisemitismo che gli rovesciano addosso a scuola e la crisi matrimoniale dei sui genitori, causata dal legame della incantevole madre Mitzi (Michelle Williams) sempre dalla sua parte con lo ‘zio’ Bennie (Seth Rogen). Il film è stato scritto da Spielberg insieme al drammaturgo, Premio Pulitzer, Tony Kushner, storico collaboratore del regista.

Sammy cresce con la macchina da presa come fedele compagna che lo protegge anche nei momenti difficili. Quando i suoi divorziano, lui si immagina di riprendere la scena come se fosse qualcosa che non sta accadendo realmente e, attraverso i suoi film, scopre verità non visibili all’occhio nudo, che cambiano la sua vita per sempre. The Fabelmans si sviluppa attorno alle emozioni di chi sta per raggiungere la maggiore età a tratti delicato e divertente, a tratti spietato e drammatico.

Sam sviluppa la giusta sensibilità verso quello che accade intorno a lui, riesce a comprendere la mamma e gli amici attraverso l’obiettivo, e trova alla fine la sua strada.

Girato in maniera impeccabile con una sceneggiatura che aderisce in maniera straordinaria ad ogni fotogramma, il film ha forse la pecca di risultare perfetto ma con un’anima predefinita. Ci teniamo stretto il nostro Nuovo Cinema Paradiso che con la sua tenerezza emotiva ha reso magico il mondo del cinema.

data di pubblicazione:26/12/2022


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AMLETO di William Shakespeare, regia di Giorgio Barberio Corsetti

AMLETO di William Shakespeare, regia di Giorgio Barberio Corsetti

(Teatro Argentina – Roma,15 novembre /4 dicembre 2022)

Amleto, nella rilettura della tragedia shakespeariana di Giorgio Barberio Corsetti, torna sulla scena nel  teatro Argentinas di Roma fino al 4 dicembre 2022. Nel ruolo di Amleto Fausto Cabra, affiancato da una compagnia di giovani attori professionisti. Corsetti situa la tragedia shakespeariana in un complesso gioco di scatole sceniche a più piani ed in continua trasformazione che danno anima all’immaginaria reggia danese in cui si svolge la tragedia, davanti a un pubblico direttamente coinvolto nei desideri, nelle paure, nella lotta che Amleto ingaggia con personaggi reali e immaginari e con sé stesso, alla ricerca della propria identità (foto di Claudia Pajewski).

 

Amleto è da sempre l’essenza stessa del teatro. Alla cruda vicenda dell’assassinio del padre da parte del fratello per succedergli, alle congiure di corte e agli amori impossibili, il protagonista risponde con la sua apparente follia, riuscendo grazie ad una compagnia di attori a rappresentare e denunciare l’inganno, che porterà al tragico ed inevitabile finale. Amleto stesso diventa il narratore, in un lungo racconto di tutto quanto è successo nella reggia di Elsinore, seguendo il filo del proprio punto di vista all’interno di una macchina scenica (di Massimo Troncanetti) fatta di salite e discese, piani inclinati e false prospettive che identificano i percorsi dell’esistenza.

Mentre luci in sala sono ancora accese Amleto è già sul palco, si toglie la scarpa e poi un calzino, poggia il piede nudo su una presa, mentre ha in mano una bottiglietta d’acqua; recita così il suo “essere o non essere”, sapendo che la caduta di una sola goccia d’acqua potrebbe costargli la vita. Ma che importanza ha, il destino gli ha già inflitto dolorose angosce mentre lo spettro del padre rivendica la sua infame uccisione.

Intorno costruzioni in movimento, fondali con sempre nuove forme, giardinetti con sedie a sdraio, tapis roulant e  pungiball, balconi asimmetrici e tetti spioventi che costringono gli attori a precari equilibri ed affanni. La sensuale Regina Gertrude (Sara Putignano), lo spregiudicato e lucido re Claudio (Michelangelo Dalisi), il cordiale Polonio (Francesco Bolo Rossini), la povera Ofelia (Mimosa Campironi) si muovono vestiti in abiti contemporanei, tra sentimenti e intrighi, dando vita ai loro personaggi con corpo e anima, mentre la macchina implacabile del fato li trascina verso la fine.

Fausto Cabra è un Amleto vitale, combattivo e rock per certi versi, su un telo di plastica con la bomboletta scrive “morte al Re”, ma è anche angosciato dalla colpa, perché Ofelia, a causa dei suoi tormenti interiori, si è suicidata.

Tanti personaggi e diverse modalità recitative non omogenee, anche se lo spettacolo ha il merito di tenere il pubblico attento e partecipe, ponendolo di fronte a una messinscena vitale e rispettosa del testo. Una versione del capolavoro shakespeariano non sofisticata, ma fisica e spettacolare.

La storia di Amleto rimane universale, sintesi di tutta la complessità dell’essere umano, con le sue fragilità e le sue pulsioni, un affresco di lotte e contraddizioni che ai tempi di Shakespeare, come ai giorni nostri, restano insolute, ma drammaticamente presenti.

data di pubblicazione:18/11/2022


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PUPO DI ZUCCHERO LA FESTA DEI MORTI di Emma Dante, con Carmine Maringola

PUPO DI ZUCCHERO LA FESTA DEI MORTI di Emma Dante, con Carmine Maringola

(Teatro Argentina – Roma,18/30 ottobre 2022)

Pupo di zucchero. La festa dei morti, opera firmata da Emma Dante e liberamente ispirata al celeberrimo Lo cunto de li cunti di Gianbattista Basile, regala emozioni interiori e purissime. Ricordi d’infanzia che si mescolano a storie familiari nel giorno di celebrazione dei morti, atmosfera sospesa che non ha nulla di pauroso o spaventoso, ma anzi diffonde un dolore che sa di nostalgia e ricordi. In una stanza abitata dalla solitudine di un anziano, le immagini di una vita prendono corpo e fiato, in un vortice di storie sovrapposte e traslate che culminano nello spettrale e suggestivo trapasso finale (foto di Ivan Nocera).

 

In una casa vuota e buia un Vecchio (uno sconvolgente Carmine Maringola) è impegnatissimo nella cura di un impasto: “l’esca pe li pesci de lo cielo”, che non tarderà ad attirare dall’aldilà le sorelle Rosa (Nancy Trabona), Viola (Maria Sgro) e Primula (Federica Greco) e dal buio della solitudine si passa al tintinnio ritmico e squillante dei campanelli. Piano piano la casa si popola. È poi la volta dell’esuberante Pedro (Sandro Maria Campagna), spasimante di Viola, del papà scomparso in mare (Giuseppe Lino), della mamma malata (Stephanie Taillandier), di Pasqualino (Tiebeu Marc-Henry Brissy Ghadout), della zia Rita (Martina Caracappa) unita allo zio Antonio (Valter Sarzi Sartori) in un legame di desiderio e violenza. Racconti di famiglia asciutti, sovrapposti, sfocati ma intensissimi, mai banali. Il tempo dell’azione è il giorno dei morti, un tempo preciso eppure sospeso.

Carmine Maringola racconta dei propri cari defunti e ci presenta la sua famiglia che fu, è intento a preparare un pupo di zucchero, un impasto di forma antropomorfa da offrire ai defunti stessi.

Il lavoro di Emma Dante è ben connotato per il suo stile eclettico e originale, che pesca nella tradizione per esternare nuove ricerche estetiche e artistiche di presenza e movimento.

I quadri dei ricordi appaiono e scompaiono, si susseguono, la trama si sfuma, ogni scena si riempie di immagini iconiche, talvolta poetiche, talvolta allegre, alcune potenti altre solo accennate. Sulle teste piovono frammenti di coriandoli lanciati dalla tasca, insieme a zuccheri e farine leggeri e sospesi nell’aria.

Le suggestioni di danza, insieme a quelle del canto, sono i momenti in cui il fervore della vita prende il sopravvento. Ma tutto ciò che accade è sempre e solo nella mente del vecchio, è un flusso di frammenti che si affollano, si accavallano e, scompaiono. È un dolore privato suo e dei suoi morti.

Carmine Maringola popola la solitudine e il buio della sua casa ricostruendo frammenti di vita passata, dove tutta la sua famiglia ridiventa carne e materia. Una matassa di pasta lievitata e zuccherata, dunque, diventa il legame tra la vita e la morte. l vecchio protagonista la lavora, a morsi ne strappa pezzi coinvolgendo famiglia e ricordi in un rituale selvaggio e potente. Legato a loro, come da un cordone ombelicale, il vecchio gioca con una catena a un tiro alla fune.

Ma la vita è anche morte: le straordinarie sculture di Cesare Inzerillo appaiono e si muovono in scena per ricordare l’essenza della materialità e della spiritualità, in una sorta di penombra da cimitero dove brillano solo le fiammelle dei lumini i cadaveri mummificati della famiglia diventano corpi morti, solidificati. Sono sculture realistiche, a grandezza naturale, trasfigurazione del dolore e del trapasso.

Uno spettacolo ancora una volta spiazzante ma non addolorato, un bellissimo specchio che ripercorre e riflette le vite e gli affetti di ognuno di noi.

data di pubblicazione:29/10/2022


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