ROMA EUROPA FESTIVAL Kirina

ROMA EUROPA FESTIVAL Kirina

(Teatro Argentina – Roma, 19/22 settembre 2018)

Un mondo senza barriere ed un teatro senza confini. La risposta alla mancata caduta dei muri ed alle separazioni tra popoli non può che essere di natura culturale: questa la sfida di Roma Europa 2018 che si apre ad artisti dell’Africa, della Cina, dell’Iran, dell’Argentina per far conoscere l’immaginario di altri paesi e permettere il confronto con altre visioni del mondo.

Allo spettacolo Kirina spetta l’apertura di questa trentatreesima edizione. È un’opera per 9 danzatori, 1 attore, 4 musicisti, 2 cantanti e 40 figuranti, nata dalla collaborazione tra il coreografo Serge-Aimè Coulibaly (già danzatore per Les Ballets C de la B di Alain Platel e fondatore della Faso Danse Théâtre), la cantante maliana, icona della musica mondiale, Rokia Traorè e lo studioso e scrittore Felwine Sarr nelle vesti di librettista.

Kirina è il nome della località situata nell’odierna Guinea, dove si è svolta l’ultima battaglia da cui è nato l’impero mandingo nell’Africa Occidentale: parte proprio da quel luogo questa speciale creazione polimorfa, che racconta e descrive il percorso di un popolo, colto nel suo momento di massima forza e splendore.

Il protagonista Sundjata Keita è anzitutto una figura storica: il fondatore dell’impero del Mali che unificò in un regno pacifico e avanzato varie popolazioni di ceppo mandingo verso la metà del duecento, ma Keita è anche una figura mitologica per i popoli dell’Africa occidentale, una sorta di Orlando che si reincarna e si rigenera e le cui gesta sono state cantate per secoli e tramandate nel tempo.

Un racconto complesso e stratificato che è una lunga marcia verso la nascita del primo impero centralizzato africano, e che in chiave contemporanea rivendica l’essenza della storia e della cultura africana.

Kirina è uno spettacolo di teatro danza che sfugge a ogni tentazione di esotismo o di ricostruzione nostalgica o etnica: musiche tra il tribale e l’elettronico, sublimi voci femminili e coreografie asciutte e incisive, emotivamente legate alla cultura pop.

La forza dello spettacolo si basa sull’interazione tra la potenza delle voci e l’originale disegno dei passi dei danzatori che basta da sola a far rivivere la storia di Sundjata. Meno convincente la musica, non sempre coivolgente, e l’impianto complessivo che non emoziona.

data di pubblicazione:25/09/2018

DOGMAN di Matteo Garrone, 2018

DOGMAN di Matteo Garrone, 2018

In un’angusta toilette per cani un minaccioso pitbull ringhia contro un esile figura di uomo che prova a tranquillizzarlo, prima di accingersi a lavarlo ed asciugarlo. Esplode così il detonatore di Dogman, l’ultimo film di Matteo Garrone, rilasciando nell’aria quella tensione sospesa, quel disagio e quell’apnea emotiva che permangono sino all’ultima incredibile scena.

Una storia ambigua di un rapporto ambiguo, un fatto di cronaca ingombrante come punto di partenza per un racconto al limite, nella migliore tradizione del primo Garrone, quello de L’imbalsamatore e Primo amore, il più forte ed il più toccante, che esaspera e sublima i personaggi delle sue storie.

In una periferia senza tempo di un moderno far west, Marcello (interpretato da uno straordinario Marcello Fonte, Palma d’Oro a Cannes dove il film è stato presentato in Concorso) è un uomo piccolo e mite, che divide le sue giornate tra il lavoro nel suo modesto salone di toelettatura per cani, l’amore per la figlia Sofia, e un ambiguo rapporto di sudditanza con Simoncino (interpretato dal bravissimo Edoardo Pesce), un ex pugile che terrorizza l’intero quartiere.

Continuamente vittima di bullismo e soprusi, ormai stremato da una vita di umiliazioni, Marcello decide di seguire le orme di Simoncino e di diventare il suo aiutante in una serie di rapine: ormai in balia del suo carisma e legato da lealtà e dipendenza, Marcello finisce col tradire non solo la sua stessa moralità, ma anche i suoi compagni di quartiere. Il peso delle proprie azioni diventa sempre più insostenibile, sino a dover pagare con il carcere la sua “fedeltà” all’amico violento. Dopo aver perso tutto e tutti, arriva finalmente per Marcello la presa di coscienza, insieme a un’irrefrenabile sete di vendetta: portando sulle spalle il suo “trofeo”, Marcello cercherà di farsi notare da quella gente che tanto conta per lui, anche se quel trofeo è solo un fardello troppo pesante da esibire, sollevare e sopportare, come la più dolorosa ed amara delle sconfitte.

Un film profondissimo, fatto di sfumature di grigio, come lo sono tutti i conflitti tra il forte e il debole, in cui i cani sono testimoni e osservatori della bestialità umana. Una periferia al limite del surreale, non ben identificata, un luogo dove le figure estreme di Garrone vivono, dove le loro vite si incontrano e si interscambiano tra gentilezza e violenza, umanità e orrore.

Marcello, nella sua instabilità emotiva e di malato slancio affettivo, non solo accondiscende alle angherie del suo aguzzino, ma addirittura arriva a sacrificarsi per lui dopo avergli salvato la vita.

La lotta per la sopravvivenza non ammette compassione; quel pugno nello stomaco però e quel disagio non trasferiscono solo dolore ma anche tenerezza ed aiutano a guardare oltre, perché l’umanità è anche questo.

data di pubblicazione:01/06/2018


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FESTA DI FAMIGLIA, compagnia Mitipretese

FESTA DI FAMIGLIA, compagnia Mitipretese

(Teatro Vascello – Roma, 2/6 maggio 2018)

Terzo e ultimo appuntamento con Mitiprese al Teatro Vascello di Roma. E gran finale con Festa di famiglia, in scena dal 2 al 6 maggio per celebrare il 60° compleanno di una madre, ma anche per raccontare le dinamiche di violenza e sopruso che spesso si annidano all’interno della famiglia. Il punto di partenza non poteva che essere Pirandello, il signore del teatro borghese del ‘900 che proprio sulla famiglia e sulle relazioni problematiche uomo-donna ha fondato gran parte della sua riflessione: commedie e materiali estratti dalle sue novelle e dai romanzi sono stati assemblati sotto la guida speciale di Andrea Camilleri.

 

 

 

Uno studio denuncia che parte dalla famiglia o meglio dall’intimità della famiglia, da quel nucleo recondito nel quale troppo spesso si perpetrano violenze devastanti ai danni dei più deboli, bambini donne, anziani.

La metafora di Pirandello diventa lo spunto letterario per raccontare la quotidianità ed una storia familiare. Soprusi, percosse, umiliazioni fisiche e morali che diventano cronaca di oggi, sempre più rude, sempre più devastante.

Un eccellente lavoro collettivo che va dalla drammaturgia alla regia condotto dalle magnifiche Fab Four Manuela Mandracchia, Alvia Reale, Sandra Toffolatti e Mariángeles Torres questa volta sostenute e affrontate dai bravissimi Fabio Cocifoglia e Diego Ribon.

Si parte dalla vicenda di Mommina e Rico contenuta in Questa sera si recita a soggetto di Pirandello E’ il giorno del 60° compleanno della mamma, Ignazia. Le tre figlie, Donata, Mommina e Frida le hanno organizzato una piccola festa a sorpresa. Mentre si dispongono attorno al tavolo per la cena si consumano e si sovrappongono tre inferni domestici: il marito ossessivo e violento tortura la debole Mommina, la madre e la figlia più grande Frida rimasta a casa condividono un rapporto malato, fatto di recriminazioni, violenze mai riconosciute, odio e dolori non confessati, mentre l’altra coppia apparentemente più normale (Donata e Leone), convive con a profonda depressione fatta di desideri frustrati. Ma la festa must go on e tra convenevoli e brindisi di rito alla fine arriva la torta.

Un dramma grottesco carico di tensione, un Festen nostrano con inquietanti spunti comici, una scenografia asciutta e fredda scaldata da canzoni degli anni ’50 per un quadro fosco e drammatico, fatto di dialoghi efficacissimi che rimandano alla cronaca ma anche a quell’intimo ferito nel quale più di qualcuno finisce per ritrovare piccole o grandi lacerazioni.

Attualissimo e doloroso. Da applausi.

data di pubblicazione:04/05/2018


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TROIANE/FRAMMENTI DI TRAGEDIA, compagnia Mitipretese

TROIANE/FRAMMENTI DI TRAGEDIA, compagnia Mitipretese

(Teatro Vascello – Roma, 27/30 aprile 2018)

Le donne di Troia, prigioniere di guerra, chiuse in una cella ed in attesa di salpare per la Grecia, strette attorno alla loro regina Ecuba, rivivono i loro drammi: Cassandra, Andromaca, Elena ripercorrono dolore e rabbia ma si fortificano di fronte all’efferata violenza dei Greci ed al futuro che le aspetta.

 

È la rielaborazione drammaturgica della compagnia Miti Pretese, che rivisita la tragedia di Euripide. Lo spettacolo Troiane/Frammenti di tragedia, secondo testo proposto al Vascello dal 27 al 30 aprile dalla compagnia Mitipretese è il racconto delle donne sconfitte della guerra di Troia, ma anche di un universo femminile che non si piega al nemico, che parla di coraggio, di vita oltre la violenza.

Alvia Reale è un’Ecuba oramai oltre il dolore, che alterna lucidità e follia, Manuela Mandracchia è una Cassandra in delirio disperato per i suoi vaticini inascoltati, Mariangeles Torres ha il volto impietrito di Andromaca, vedova di un eroe incapace di proteggere il figlioletto e la stirpe, mentre Sandra Toffolatti incarna la figura di Elena devastata da un destino che le semina intorno solo odio, vera vittima e capro espiatorio dei capricci degli dei.

La drammaturgia tratta dalle opere di Euripide e Seneca porta le quattro donne in uno spazio post moderno, idealmente vicino a Pistoletto, in compagnia dei propri ricordi ridotti ad un cumulo di stracci. Uno spettacolo tutto al femminile che enfatizza la contemporaneità della tragedia classica e di quel grido inascoltato che arriva diretto ad ognuno, l’urlo delle donne e degli sconfitti della guerra, sopravvissuti e destinati ad ancora più vili soprusi.

Una rilettura delle Troiane, concentrata sulle quattro figure femminili e sulle straordinarie protagoniste sempre insieme sulla scena, che porta allo scoperto relazioni sconosciute, intime, familiari e segrete. Il rapporto tra le donne, i dialoghi, i vestiti, le ossa di uno scheletro, il piumino appartenuto al figlioletto diventano immagini e voci strazianti che raccontano l’accettazione di un destino ma non la resa.

Sofferenza e dolore profondo associato alla volontà di sopravvivere. Per non dimenticare.

data di pubblicazione:03/05/2018


Il nostro voto:

ROMA ORE 11 di Elio Petri, compagnia Mitipretese

ROMA ORE 11 di Elio Petri, compagnia Mitipretese

(Teatro Vascello – Roma, 23/26 aprile 2018)

A distanza di dieci anni dal debutto, il Teatro Vascello in collaborazione con il Teatro Stabile di Brescia ospita i primi tre lavori della compagnia Mitipretese, composta da quattro bravissime attrici, Sandra Toffolati, Mariàngeles Torres, Manuela Mandracchia e Alvia Reale, tratti dal loro repertorio: Roma ore 11, Troiane, Festa di famiglia. Tre spettacoli che identificano le scelte e le tematiche affrontate in chiave di interpreti, scenaggiatrici e registe, dall’inchiesta sul lavoro, agli orrori della guerra, alle violenze all’interno della famiglia, secondo una visione al femminile fatta di complicità e di un vissuto comune.

Signorina giovane, intelligente, volenterosissima, attiva, conoscenza dattilografia, miti pretese, per primo impiego cercasi”. Un fatto di cronaca del 1951, una inserzione per un posto di dattilografa a Roma al quale si presentano duecento ragazze con la scala della palazzina di Via Savoia, luogo della selezione, che crolla per il troppo peso, provocando la morte di una di loro ed il ferimento di altre settantasette costrette al ricovero in ospedale ed a una degenza alla fine pagata di tasca propria. Elio Petri fece un’inchiesta preparatoria alla sceneggiatura del film che De Santis realizzò di li a poco, film molto bistrattato per la realtà scottante che proponeva. La pellicola, infatti, fu esclusa dal Festival del Cinema d Venezia.

Da tutto ciò prende spunto Roma ore 11, Premio ETI Olimpici del Teatro 2008 come spettacolo d’innovazione, l’adattamento teatrale proposto da Mitipretese attraverso una regia a otto mani che racconta le storie di quelle ragazze, dei soprusi subiti, del lavoro che manca, ma più in generale di povertà, di morti bianche, di speranze disilluse, di un passato così tanto presente. Un reportage giornalistico, una cronaca cruda e colorata, un affresco della vita delle ragazze italiane degli anni Cinquanta che scorre secondo un piano sequenza fatto di mille personaggi, di piccole donne e delle loro famiglie, di portieri, nonne, suore e fattucchiere, di piccoli sogni e speranze, di miseria e volontà, di una giovane Italia in ricostruzione ma in fermento.

Lo straordinario alternarsi delle quattro interpreti viaggia con emozione e leggerezza tra lenzuola bianche distese alternato ad un cha cha cha rivisitato e a canzoni popolari, con un linguaggio vivo e sentito, mai banale. Sono i volti dell’Italia del dopoguerra, della disoccupazione, del boom edilizio, dei datori di lavoro e delle segretarie.

È uno spaccato solo apparentemente lontano dall’Italia di oggi e dei suoi falsi miti e con i suoi grandi problemi di occupazione. A distanza di 67 anni dall’inchiesta di Elio Petri e di dieci anni dal debutto dello spettacolo, queste quattro donne hanno il grandissimo merito di riproporre e rendere ancora più vivi gli intenti e sentimenti, una concreta presa di coscienza della condizione sociale e psicologica della donna, ancora più attuale oggi, senza alcuna retorica ma bensì con un forte messaggio di vitalità. E i loro volti ed i loro sorrisi ci illuminano.

data di pubblicazione:28/04/2018


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