MARE MATER, LA NAVE DEI BAMBINI di Fabio Cocifoglia, con Manuela Mandracchia

MARE MATER, LA NAVE DEI BAMBINI di Fabio Cocifoglia, con Manuela Mandracchia

(Teatro Vascello – Roma, 14/16 gennaio 2019)

Mare Materla nave dei bambini è un racconto meraviglioso e straordinario, come solo le storie vere sanno essere. L’opera di Fabio Cocifoglia con Manuela Mandracchia, Luca Iervolino, Giampiero Schiano, insieme ai Ciprix, una compagnia di musical composta interamente da ragazzi, in scena al Teatro Vascello dal 14 al 16 gennaio 2019, è il frutto di un complesso lavoro di scrittura realizzato grazie all’importante contributo archivistico del Museo del Mare di Napoli.

 

E’ la storia della Nave-Asilo “Caracciolo”, una corvetta non più utilizzata, che tra il 1913 e il 1928 pose Napoli al centro dell’interesse pedagogico internazionale. Si stava portando avanti un esperimento educativo straordinario, pensato e voluto dalla signora Giulia Civita Franceschi e che aveva accolto a bordo della nave circa 750 bambini e ragazzi detti “i caracciolini”, provenienti soprattutto dai quartieri spagnoli e recuperati da una condizione di abbandono per insegnare loro i valori ed i mestieri del mare e garantirgli una prospettiva di vita decorosa. E il mare restituisce la dignità a questi ragazzi; non più figli di nessuno, non più esseri dimenticati e sbandati nella città di Napoli, ma finalmente futuri uomini e donne strappati alla miseria ed educati al lavoro e alla vita.

In scena, un’istitutrice (Manuela Mandracchia) ed il suo bagaglio di ricordi che riaffiorano assieme a due ex caracciolini ora uomini (Luca Iervolino e Giampiero Schiano) che identificano l’inquieta consapevolezza di un passato lontano ma anche il tormento per aver fatto il possibile ma forse non il massimo per non averli potuti salvare tutti.

Pezzo dopo pezzo in scena prendono vita i ricordi, l’esperienza umana e formativa in grado di restituire ai destinati all’oblio una rinnovata dignità umana. La sveglia, la colazione, la cura personale, la scuola, il pranzo, il riposo, le attività di pesca. La giornata, all’interno della nave scuola, viene ricordata nei minimi dettagli a comporre un puzzle perso nel tempo.

Ma l’apparizione del gerarca fascista incaricato di sollevare la signorina Giulia Civita Franceschini dal suo incarico, stroncherà ogni tentativo di consolazione lasciando la protagonista con la cupa sensazione che alla fine non si era fatto abbastanza.

Educatrice ma anche madre premurosa, Manuela Mandracchia domina la scena e ci conduce attraverso la propria coscienza seguendone il ritmo attraverso immagini vive e forti, ricordi la cui apparizione reca con sé, nello stesso tempo, gioia e dolore. Dolore di una perdita ed incapacità di abbandonarsi alla rassegnazione e, soprattutto, concedersi il perdono.

Un lavoro profondo e intenso condotto da Fabio Cocifoglia su una donna in bilico tra tenerezza e coraggio nell’affrontare scelte difficili per quel periodo storico. Un racconto che diventa poesia e che incanta.

data di pubblicazione:16/01/2019


Il nostro voto:

STUDIO DA LE BACCANTI di Emma Dante

STUDIO DA LE BACCANTI di Emma Dante

(Teatro India – Roma, 22 dicembre 2018/5 gennaio 2019)

La partenza è un laboratorio ed una ricerca sul mito greco, prendendo a riferimento un testo apparentemente distante e devastante, Le Baccanti di Euripide. È lo spettacolo Studio da Le Baccanti, in scena al Teatro India dal 22 dicembre 2018 al 5 gennaio 2019. Una discesa negli inferi interiori alla ricerca delle origini del misticismo e delle contraddizioni della cultura e della religione. Emma Dante, insieme agli allievi dell’Accademia Silvio D’Amico, ne estrae un teatro fisico, trasgressivo che sa di euforia e di morte: una elaborazione che lavora sull’ebbrezza e sulle contraddizioni giovanili.

 

Le Baccanti è considerata una delle più grandi opere teatrali di tutti i tempi. Esaspera il tema della forza della religione, il suo messaggio è un monito a tutti gli uomini ad adorare sempre gli dei e a non mettersi contro di essi. Un’accezione religiosa però non certamente positiva: Dioniso si dimostra una divinità assolutamente spietata nel punire chi non aveva creduto in lui, al punto di sterminare i suoi stessi parenti ed esiliare i sopravvissuti.

Dioniso, nato dall’unione tra Zeus e Semele,donna mortale vuole convincere tutta Tebe di essere un dio e non un uomo. A tale scopo per prima cosa ha indotto un germe di follia in tutte le donne tebane, che sono dunque fuggite sul monte Citerone a celebrare riti in onore di Dioniso stesso (le Baccanti). Ma Penteo, re di Tebe, rifiuta strenuamente di riconoscere un dio in Dioniso e lo fa arrestare.

Le Baccanti intanto hanno invaso alcuni villaggi, devastando tutto e mettendo in fuga la popolazione. Dioniso, parlando con Penteo, riesce allora a convincerlo a mascherarsi da donna per poter spiare di nascosto le Baccanti. Una volta che i due sono giunti sul Citerone, però, il dio aizza le Baccanti contro Penteo che si avventano su di lui e lo fanno a pezzi per punire colui che non aveva creduto nella natura divina di Dioniso.

Il progetto è partito da un’attenta analisi del testo, nella traduzione di Edoardo Sanguineti, focalizzandosi principalmente sulla presenza del coro. La suggestione create dalla stessa regista e dal suo staff (Carmine Maringola alle scene, Sandro Maria Campagna per i movimenti scenici, Serena Ganci per le musiche e gli arrangiamenti corali, Cristian Zucaro alle luci) sono come sempre sorprendenti ed efficaci grazie al gioco delle luci, alla gestualità dei corpi ai dettagli espressivi, alla fluidità del racconto, alle scelte musicali. Straordinario nella sua semplicità l’impianto scenico. Una densità emotiva ed una forza d’urto che dal palco si trasferisce agli spettatori.

Bellissimo e intenso il lavoro sulla fisicità e sul ritmo dei giovanissimi protagonisti, mai banali o eccessivi, ognuno con una specifica identità espressiva, unici nel loro essere acerbi e veri.

data di pubblicazione: 26/12/2018


Il nostro voto:

ROMA EUROPA FESTIVAL Nudità, di Mimmo Cuticchio e Virgilio Sieni

ROMA EUROPA FESTIVAL Nudità, di Mimmo Cuticchio e Virgilio Sieni

(Teatro India – Roma, 13/18 novembre 2018)

Il fascino e la bellezza del dialogo tra un corpo e una marionetta. In scena insieme, Mimmo Cuticchio e Virgilio Sieni e i loro mondi che si parlano, camminano, si siedono, cadono, si voltano, si toccano e si sfiorano. È Nudità lo spettacolo in scena al Teatro India di Roma dal 13 al 18 novembre 2018 per il Roma Europa Festival, una produzione Compagnia Virgilio Sieni, Associazione Figli d’arte Cuticchio, con la collaborazione di Fondazione Romaeuropa. 

L’intesa e la corrispondenza tra Danza e Opera dei Pupi è unica. I due maestri hanno lavorato sull’anatomia della marionetta e sulle possibilità che il corpo del danzatore ha inglobare e far rivivere tecniche e azioni non umane. In scena marionetta e corpo, un incontro e un ascolto fatto di braccia, mani, gambe, busti, gesti e posture, scambiate e reinterpretate. E’ di fatto un incontro tre: due uomini ed un’anima di legno viva e cosciente. A darle respiro è il suo burattinaio che appare e scompare, ma che gioca solo apparentemente un ruolo secondario rispetto ad entrambi.

Chi segue l’altro? È il danzatore o la marionetta? Riprendendo i gesti l’uno dell’altro, entrambi si fermano, si guardano, si inginocchiano, rotolano a terra, si toccano, si distanziano. C’è un contatto ora forte ora accennato, nel gioco delle differenti dimensioni. All’inizio nudo e poi rivestito dell’armatura completa, il burattino si muove e racconta se stesso mentre Sieni ne placa l’impeto con un abbraccio dopo avergli preso delicatamente la spada e lo scudo, deponendoli a terra. Nell’ultimo quadro al finale ecco l’apparizione di un piccolo angelo di legno che sfiora il corpo a terra del danzatore, muovendo con dolore e fatica le sue braccia come ali spezzate, ferite.

Per la sua azione coreografica Sieni ha scelto una musica creata da Angelo Badalamenti, soffocata e minimalista, di grande impatto, ma la vera magia della creazione perfomativa sta nella sua semplicità e naturalezza, realizzata grazie alla genialità dei due artisti.

data di pubblicazione:21/11/2018

 

VA PENSIERO ideazione e regia  di Marco Martinelli ed Ermanna Montanari

VA PENSIERO ideazione e regia di Marco Martinelli ed Ermanna Montanari

(Teatro Argentina – Roma, 13/19 novembre 2018)

Una rappresentazione corale e sociale per raccontare l’Italia vista nel suo disagio ma anche nella speranza di un possibile risorgimento. È Va Pensiero, il nuovo spettacolo del Teatro delle Albe, una drammaturgia di Marco Martinelli, che condivide l’ideazione e la regia con Ermanna Montanari, realizzato in coproduzione con ERT ed in scena al Teatro Argentina di Roma dal 13 al 19 novembre.

 

Il testo si ispira ad un fatto di cronaca: siamo all’inizio degli anni 2000 e un vigile urbano di una piccola città dell’Emilia Romagna si fa licenziare pur di mantenere la propria integrità di fronte agli intrecci di mafia, politica e imprenditoria collusa.

Un coro di attori ed un coro di voci (a Roma la Corale Polifonica Città di Anzio) che cambia in ogni contesto in cui lo spettacolo viene rappresentato, che testimoniano l’esigenza di far esplodere la voce del popolo, prigioniero di sottosistemi collusivi, di paure e di sfiducia nelle Istituzioni, che deve ritrovare la forza di rompere la rete che lo opprime. Ed il riferimento all’Italia risorgimentale ed all’opera di Verdi ed al Nabucco in particolare, con la sottomissione degli ebrei da parte dei babilonesi, conferisce alla narrazione una riflessione storica di spessore.

Un lunghissimo lavoro di ricerca, raccolta di testimonianze e documentazione partendo dalla vicenda di Donato Ungaro, l’ex vigile urbano di Brescello. Nella storia c’è un sindaco (Ermanna Montanari) che spesso ripete che la legge è sopra ogni cosa per poi mettere sopra la legge i suoi interessi personali. La Zarina, come viene definita dai suoi concittadini, ha vinto le elezioni diventando primo cittadino proprio come era il volere del padre, sindaco prima di lei. Vincenzo Benedetti (interpretato da Alessandro Argnani) torna in paese e diventa vigile urbano e giornalista mosso da nobili intenzioni, convinto dell’utilità e dell’importanza del suo lavoro. Si trova però a dover fronteggiare un sistema di poteri a lui sconosciuto.

Emergono così le losche figure dell’ufficio stampa del comune (Roberto Magnani), dell’imprenditore legato alla ‘ndrangheta (Ernesto Orrico), Rosario e Maria (Salvatore Carusoe Tonia Garante), gelatai in esilio per scappare alla camorra, un piccolo imprenditore locale (Alessandro Renda) che cambia idea di fronte ai soldi. Non tutti capiscono ciò che succede, oppure fanno finta di non vedere come la segretaria del sindaco (Laura Readaelli), o l’amico d’infanzia della Zarina (Gianni Parmiani) che non può credere alla presenza della mafia.

Un spaccato del sottobosco velato del nostro Paese, ma anche una speranza di presa di coscienza da parte di tutti per guardarsi dentro e ritrovare il senso delle parole giustizia e democrazia.

Va pensiero è anche una grande opera artistica: straordinari gli attori, le atmosfere, i tempi.

Il Teatro delle Albe evoca ancora una volta la cultura come portavoce di un dramma e di un dolore, portando sul palco la difficoltà o l’incapacità del popolo, per poi trasformarlo in coscienza e desiderio di rinascita.

data di pubblicazione:15/11/2018


Il nostro voto:

GLI SPOSI di Elvira Frosini e Daniele Timpano

GLI SPOSI di Elvira Frosini e Daniele Timpano

(Teatro India – Roma, 9/12 novembre 2018)

Un altro pezzo di storia contemporanea, ancora personaggi scomodi e difficili, portati in scena da Elvira Frosini e Daniele Timpano, Gli Sposi, Nicolae Ceausescu ed Elena Petrescu, capaci di soggiogare la Romania per più di vent’anni, ovvero il più sanguinario tiranno dei paesi del blocco comunista e sua moglie. Dittatori per caso, ignoranti ed arroganti, giustiziati davanti alle telecamere di tutto il mondo il 25 dicembre 1989.

 

 

Un racconto intimo e politico, Gli Sposi, buffo e crudo tratto da testo del drammaturgo francese David Lescot, rivisitato a modo loro dallo straordinario duo Frosini/Timpano ed in scena al teatro India dal 9 al 12 novembre.

Frontali davanti al pubblico, soli e costantemente in scena, sciorinano con impeto quella che è la propria storia e insieme a quella del paese che hanno devastato.

Un palco nudo, il vuoto della dittatura; solo due sedie e altrettanti microfoni per amplificare l’ascesa e la fine dei due protagonisti. Siamo in Romania, pochi anni dopo la Grande Guerra, quando il Movimento Legionario della Guardia di Ferro, di estrema destra ha preso il potere dopo la caduta dell’Impero asburgico. Al regime militare si contrappone il Partito Comunista Romeno, considerato illegale, nel quale il balbuziente giovane Ceausescu e l’operaia Petrescu militano attivamente.

Arrestato più volte, Ceausescu, incontra nel campo di concentramento Gheorghe Gheorghiu-Dej, un importante elemento del Partito Comunista, che lo sosterrà nella sua escalation gerarchica all’interno del partito negli anni che seguiranno e porteranno il socialismo al potere in Romania.
La coppia Ceasescu-Petrescu nel frattempo si sposa nel dicembre 1947.

L’uno parla dell’altra: si raccontano, si rintuzzano, a loro modo si amano, rivivono in scena dagli esordi rivoluzionari al consolidamento del potere.

Elena e Nicolae provengono entrambi dalla campagna, da famiglie semplici: lui è timido e balbuziente, lei studia i polimeri. Scelgono entrambi di militare nel partito comunista e concentrano pian piano nelle proprie mani ogni potere fino a divenire padroni assoluti del proprio paese. Sono goffi, mediocri, non hanno appeal eppure la loro ascesa è rapida e fatale. Incontrano i potenti del mondo e si costruiscono palazzi monumentali, acquistano lauree in chimica e riducono in povertà la popolazione romena. Sarà lei sarà la mente dell’ascesa al potere del suo compagno con la sua ambizione e sete di rivalsa.

Straordinari entrambi gli interpreti/registi nel raccontare la banale mediocrità di una coppia cinica e potentissima: storia di contraddizioni, di soprusi, di avidità tra canti socialisti e hit italiane tradotte in romeno, tra vita privata e incontri pubblici.

Una pièce tragica e ironica al tempo stesso, un testo drammaturgico che scorre con leggerezza fino alla fucilazione che li unisce per sempre, come da loro ultimo desiderio.

Un video mostra l’odierna Romania consumistica: il paese è finalmente libero e può aprirsi all’Occidente ma il mondo kitsch e patinato che ne viene fuori non è certo esaltante.

Un cronoracconto fatto di parole e movimento: il gesticolare convulso con la mano di Ceausescu, la sua balbuzie, l’influenza di una moglie inflessibile, i pugni socialisti levati al cielo, la fuga, tragicomica in elicottero e poi in macchina, fino alla cattura ed alla fucilazione, tutto evocato con rumori e piccoli gesti. L’analisi e la condanna della natura del potere, qualunque esso sia.

data di pubblicazione:12/11/2018


Il nostro voto: