ROMA EUROPA FESTIVAL Orestea – Compagnia Anagoor

ROMA EUROPA FESTIVAL Orestea – Compagnia Anagoor

(Teatro Argentina – Roma, 2/3 ottobre 2018)

L’Orestea ed il teatro dilatato di Anagoor nella nuova sfida proposta dalla compagnia diretta da Simone Derai e Marco Menegoni. Quattro ore di spettacolo ed un teatro colmo soprattutto di giovanissimi in cui la variabile tempo scorre senza sussulti, grazie a una costruzione che lentamente cattura l’occhio e assorbe la mente ed a una estetica fatta di classico e ancestrale, ma anche di performing e multimediale, in un’atmosfera rarefatta che viaggia al di sopra di qualsiasi riferimento temporale.

La storia è quella nota della mitologia e parte da Atreo, padre di Agamennone, che somministra al fratello Tieste i propri figli da lui trucidati e affida al sopravvissuto Egisto il ruolo del vendicatore. Elena che scappa con Paride, Agamennone che sacrifica la figlia Ifigenia, il trono di Argo edificato sui cadaveri, Clitennestra che vendica la figlia ed uccide marito e Cassandra, Oreste che è tenuto dall’imposizione di un oracolo a uccidere la madre e a vendicare il padre.

Il dolore della fine e la filosofia che porta rimedio al dolore: ecco la lezione dei Greci.

Il testo eschileo è inizialmente assunto nella sua integralità, ma con linguaggi e strumenti propri della compagnia attraverso riferimenti letterari e salti culturali: registrazioni e canti, lunghi monologhi e una colta babele di linguaggi per meditare su alcuni temi capitali della civiltà occidentale, ma anche un’indagine sulle possibilità di comunicazione del teatro stesso. La storia degli Atridi diventa una interrogazione sul male e sulla violenza, sulla tragedia e sul mondo, sul destino e sulla morte e sulla filosofia che aiuta a comprendere e a sopravvivere.

Le orazioni di Menegoni diventano un racconto denso e immediato sul senso della morte, sui rituali con cui questa è stata inscritta all’interno della nostra esistenza o invece nascosta o offuscata.

L’Orestea, composta da tre parti (Agamennone, Schiavi, Conversio), parte dalla saga della famiglia di Agamennone e man mano si sublima fino a perdere i connotati elementari della storia per diventare movimento, immagine, concetto.

Agamennone, la cui durata copre metà dello spettacolo, è reso pressoché nella sua interezza, a partire dalla caduta di Troia, il ritorno in patria del sovrano e della schiava Cassandra, l’assassinio del re per mano di Clitennestra e di Egisto. Tutto è vivo e reale: Clitennestra che diffonde un requiem per le vittime della guerra, Cassandra che recita in armeno il proprio dolore, Agamennone forte e virile che celebra il proprio ritorno ed attorno un susseguirsi di corse, processioni, pause ieratiche. Un registratore annuncia le vendette, le maledizioni e le morti, il sangue che scorrerà.

Schiavi e Conversio, secondo e terzo capitolo delle trilogia sono meno terreni e fisici: nessun tribunale si riunisce a decidere il destino di Oreste, solo una folta schiera di presenze tra anime e sopravvissuti che alla fine trovano nell’arte e nella filosofia il senso ed il superamento del dolore.

Orestea è la storia del nostro mondo in rivolta, è la storia che del male che ci affligge cui fa da contraltare la fragilità del bene, ma è anche una meditazione sul valore e sulla speranza del cambiamento e sulla fede nella giustizia, quanto di più importante e necessario oggi. Un’esperienza da vivere nel silenzio e nella riflessione, dilatata nel tempo lungo e breve della rappresentazione.

Da applausi.

data di pubblicazione:08/10/2018

ROMA EUROPA FESTIVAL Love Chapter II

ROMA EUROPA FESTIVAL Love Chapter II

(Teatro Argentina – Roma, 25/26 settembre 2018)

Già due anni avevano esultato tutti con lo spettacolo OCD Love, una ventata di amore e sensualità grazie allo splendido lavoro realizzato da Sharon Eyal, coreografa associata alla Batsheva Dance Company. Oggi gli stessi autori tornano con un naturale sequel: Love Chapter II.

La famosa artista, nativa di Gerusalemme, è uno dei tre elementi portanti della L-E-V Company (letteralmente cuore, in ebraico), insieme a Gai Behar animatore della vita notturna di Tel Aviv e il musicista, padre dei techno rave israeliani, Ori Lichtik.

In Love Chapter II, presentato il 25 e 26 settembre al Teatro Argentina,una scarica adrenalina ed emotiva avvolge i performer e coinvolge gli spettatori catturati dalla tech trance e dalla danza senza respiro, contratta ed elastica al tempo stesso, avvolgente e coinvolgente, che non conosce tregua,personale ed uguale, attraverso una interpretazione fisica devastante. Questa è l’arte portata in scena da Sharon Eyal, una danza forte, fatta di pura emotività e sentimento, che permette di esternare l’io più interiore e trasportarlo, attraverso suoni, luci e danze sul palcoscenico,capace di trasmettere un’energia dirompente e di fondere con eleganza musica elettronica, rigore coreografico e atmosferaglamour. Una pièce un po’ criptica sul rapporto amoroso che, tra dolcezza e violenza, pulsa vigore e dolore, regalando però bellezza e luminosità.

data di pubblicazione:01/10/2018

ROMA EUROPA FESTIVAL Kirina

ROMA EUROPA FESTIVAL Kirina

(Teatro Argentina – Roma, 19/22 settembre 2018)

Un mondo senza barriere ed un teatro senza confini. La risposta alla mancata caduta dei muri ed alle separazioni tra popoli non può che essere di natura culturale: questa la sfida di Roma Europa 2018 che si apre ad artisti dell’Africa, della Cina, dell’Iran, dell’Argentina per far conoscere l’immaginario di altri paesi e permettere il confronto con altre visioni del mondo.

Allo spettacolo Kirina spetta l’apertura di questa trentatreesima edizione. È un’opera per 9 danzatori, 1 attore, 4 musicisti, 2 cantanti e 40 figuranti, nata dalla collaborazione tra il coreografo Serge-Aimè Coulibaly (già danzatore per Les Ballets C de la B di Alain Platel e fondatore della Faso Danse Théâtre), la cantante maliana, icona della musica mondiale, Rokia Traorè e lo studioso e scrittore Felwine Sarr nelle vesti di librettista.

Kirina è il nome della località situata nell’odierna Guinea, dove si è svolta l’ultima battaglia da cui è nato l’impero mandingo nell’Africa Occidentale: parte proprio da quel luogo questa speciale creazione polimorfa, che racconta e descrive il percorso di un popolo, colto nel suo momento di massima forza e splendore.

Il protagonista Sundjata Keita è anzitutto una figura storica: il fondatore dell’impero del Mali che unificò in un regno pacifico e avanzato varie popolazioni di ceppo mandingo verso la metà del duecento, ma Keita è anche una figura mitologica per i popoli dell’Africa occidentale, una sorta di Orlando che si reincarna e si rigenera e le cui gesta sono state cantate per secoli e tramandate nel tempo.

Un racconto complesso e stratificato che è una lunga marcia verso la nascita del primo impero centralizzato africano, e che in chiave contemporanea rivendica l’essenza della storia e della cultura africana.

Kirina è uno spettacolo di teatro danza che sfugge a ogni tentazione di esotismo o di ricostruzione nostalgica o etnica: musiche tra il tribale e l’elettronico, sublimi voci femminili e coreografie asciutte e incisive, emotivamente legate alla cultura pop.

La forza dello spettacolo si basa sull’interazione tra la potenza delle voci e l’originale disegno dei passi dei danzatori che basta da sola a far rivivere la storia di Sundjata. Meno convincente la musica, non sempre coivolgente, e l’impianto complessivo che non emoziona.

data di pubblicazione:25/09/2018

DOGMAN di Matteo Garrone, 2018

DOGMAN di Matteo Garrone, 2018

In un’angusta toilette per cani un minaccioso pitbull ringhia contro un esile figura di uomo che prova a tranquillizzarlo, prima di accingersi a lavarlo ed asciugarlo. Esplode così il detonatore di Dogman, l’ultimo film di Matteo Garrone, rilasciando nell’aria quella tensione sospesa, quel disagio e quell’apnea emotiva che permangono sino all’ultima incredibile scena.

Una storia ambigua di un rapporto ambiguo, un fatto di cronaca ingombrante come punto di partenza per un racconto al limite, nella migliore tradizione del primo Garrone, quello de L’imbalsamatore e Primo amore, il più forte ed il più toccante, che esaspera e sublima i personaggi delle sue storie.

In una periferia senza tempo di un moderno far west, Marcello (interpretato da uno straordinario Marcello Fonte, Palma d’Oro a Cannes dove il film è stato presentato in Concorso) è un uomo piccolo e mite, che divide le sue giornate tra il lavoro nel suo modesto salone di toelettatura per cani, l’amore per la figlia Sofia, e un ambiguo rapporto di sudditanza con Simoncino (interpretato dal bravissimo Edoardo Pesce), un ex pugile che terrorizza l’intero quartiere.

Continuamente vittima di bullismo e soprusi, ormai stremato da una vita di umiliazioni, Marcello decide di seguire le orme di Simoncino e di diventare il suo aiutante in una serie di rapine: ormai in balia del suo carisma e legato da lealtà e dipendenza, Marcello finisce col tradire non solo la sua stessa moralità, ma anche i suoi compagni di quartiere. Il peso delle proprie azioni diventa sempre più insostenibile, sino a dover pagare con il carcere la sua “fedeltà” all’amico violento. Dopo aver perso tutto e tutti, arriva finalmente per Marcello la presa di coscienza, insieme a un’irrefrenabile sete di vendetta: portando sulle spalle il suo “trofeo”, Marcello cercherà di farsi notare da quella gente che tanto conta per lui, anche se quel trofeo è solo un fardello troppo pesante da esibire, sollevare e sopportare, come la più dolorosa ed amara delle sconfitte.

Un film profondissimo, fatto di sfumature di grigio, come lo sono tutti i conflitti tra il forte e il debole, in cui i cani sono testimoni e osservatori della bestialità umana. Una periferia al limite del surreale, non ben identificata, un luogo dove le figure estreme di Garrone vivono, dove le loro vite si incontrano e si interscambiano tra gentilezza e violenza, umanità e orrore.

Marcello, nella sua instabilità emotiva e di malato slancio affettivo, non solo accondiscende alle angherie del suo aguzzino, ma addirittura arriva a sacrificarsi per lui dopo avergli salvato la vita.

La lotta per la sopravvivenza non ammette compassione; quel pugno nello stomaco però e quel disagio non trasferiscono solo dolore ma anche tenerezza ed aiutano a guardare oltre, perché l’umanità è anche questo.

data di pubblicazione:01/06/2018


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FESTA DI FAMIGLIA, compagnia Mitipretese

FESTA DI FAMIGLIA, compagnia Mitipretese

(Teatro Vascello – Roma, 2/6 maggio 2018)

Terzo e ultimo appuntamento con Mitiprese al Teatro Vascello di Roma. E gran finale con Festa di famiglia, in scena dal 2 al 6 maggio per celebrare il 60° compleanno di una madre, ma anche per raccontare le dinamiche di violenza e sopruso che spesso si annidano all’interno della famiglia. Il punto di partenza non poteva che essere Pirandello, il signore del teatro borghese del ‘900 che proprio sulla famiglia e sulle relazioni problematiche uomo-donna ha fondato gran parte della sua riflessione: commedie e materiali estratti dalle sue novelle e dai romanzi sono stati assemblati sotto la guida speciale di Andrea Camilleri.

 

 

 

Uno studio denuncia che parte dalla famiglia o meglio dall’intimità della famiglia, da quel nucleo recondito nel quale troppo spesso si perpetrano violenze devastanti ai danni dei più deboli, bambini donne, anziani.

La metafora di Pirandello diventa lo spunto letterario per raccontare la quotidianità ed una storia familiare. Soprusi, percosse, umiliazioni fisiche e morali che diventano cronaca di oggi, sempre più rude, sempre più devastante.

Un eccellente lavoro collettivo che va dalla drammaturgia alla regia condotto dalle magnifiche Fab Four Manuela Mandracchia, Alvia Reale, Sandra Toffolatti e Mariángeles Torres questa volta sostenute e affrontate dai bravissimi Fabio Cocifoglia e Diego Ribon.

Si parte dalla vicenda di Mommina e Rico contenuta in Questa sera si recita a soggetto di Pirandello E’ il giorno del 60° compleanno della mamma, Ignazia. Le tre figlie, Donata, Mommina e Frida le hanno organizzato una piccola festa a sorpresa. Mentre si dispongono attorno al tavolo per la cena si consumano e si sovrappongono tre inferni domestici: il marito ossessivo e violento tortura la debole Mommina, la madre e la figlia più grande Frida rimasta a casa condividono un rapporto malato, fatto di recriminazioni, violenze mai riconosciute, odio e dolori non confessati, mentre l’altra coppia apparentemente più normale (Donata e Leone), convive con a profonda depressione fatta di desideri frustrati. Ma la festa must go on e tra convenevoli e brindisi di rito alla fine arriva la torta.

Un dramma grottesco carico di tensione, un Festen nostrano con inquietanti spunti comici, una scenografia asciutta e fredda scaldata da canzoni degli anni ’50 per un quadro fosco e drammatico, fatto di dialoghi efficacissimi che rimandano alla cronaca ma anche a quell’intimo ferito nel quale più di qualcuno finisce per ritrovare piccole o grandi lacerazioni.

Attualissimo e doloroso. Da applausi.

data di pubblicazione:04/05/2018


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